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La ragazza con la valigia …

Il CIP, Club Italianiste de Provence, nell’ambito della serie di film in lingua italiana,  ha fatto proiettare al Cinema Vox di Frejus:  ”La ragazza con la valigia”,  un film del 1961 diretto da Valerio Zurlini. Sono andata a vederlo assieme a Simone, Yvette, Muriel e Yannick .

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la locandina del Film

Trama

La storia si svolge in estate tra Parma e la Riviera romagnola.
Aida Zepponi (Claudia Cardinale) una giovane e bella ragazza che aspira a diventare una cantante è stata sedotta, o forse per meglio dire, si è fatta sedurre, da Marcello (Corrado Pani) credendolo un imprenditore artistico.
Marcello è un viziato, ricco dongiovanni appartenente alla ”Alta borghesia” che cerca di portarsi a letto la bella Aida. Nel film non si capisce se abbiano avuto o meno ”rapporti carnali”, ma, sta di fatto, che Marcello stanco di lei la pianta in asso.
Aida per seguire Marcello aveva lasciato Piero (Gian Maria Volontè) che suonava in un gruppo musicale.
Marcello aveva dato ad Aida un falso cognome ma il numero di telefono era quello giusto, quindi Aida lo rintraccia e si presenta a casa sua.
Marcello chiede al fratello minore,  Lorenzo,  (Jacques Perrin) di andare lui alla porta e liberarsi della donna.
Lorenzo è impietosito alla vista di una bella donna sola e con una pesante valigia … e le consiglia una piccola pensione poco lontana.
Lorenzo, sedicenne inesperto, si innamora perdutamente di Aida e le procura una camera in un Hotel della città, utilizzando il denaro destinato al Parroco (Romolo Valli) amico di famiglia, che gli dà ripetizioni.
Il comportamento di Lorenzo cambia e la zia, che si occupa di lui, è preoccupata. Il ragazzo non studia … rientra tardi … racconta bugie.
Aida, apprezzando la gentilezza e le attenzioni di Lorenzo confessa a quest’ultimo di aver un bambino. Lorenzo è sconvolto ma l’amore ha il sopravvento e la sera dopo raggiunge Aida nell’Hotel, sperando di passare assieme una serata, invece si ritrova a cena con degli sconosciuti e poi a guardarla ballare con un uomo maturo fino a mezzanotte. Aida che sogna di fare la cantante, beve come una spugna tutte le promesse che le vengono fatte.

Il Parroco don Pietro, organizza un incontro con Aida e le spiega che Lorenzo è il fratello minore di Marcello, le chiede di non approfittare di lui, e le chiede di lasciare Parma.
Aida torna a Rimini dove lavora Piero e gli domanda di poter tornare a cantare con loro. Piero, ancora offeso, le dà un ceffone e la manda via.
Un  amico di Piero, Romolo (Riccardo Garrone) attratto dall’avvenenza di Aida, le offre da bere … le fa promesse … e passa il resto del pomeriggio con lei. Aida nonostante sia ubriaca non gli crede e non cede le sue grazie, accettando però del denaro.
Lorenzo la raggiunge mentre Aida è con Romolo. Tra i due, Lorenzo e Romolo, nasce una rissa e, prima che Lorenzo si faccia troppo male, dei passanti allontanano Romolo. Sulla spiaggia Aida e Lorenzo si scambiano il loro primo e forse unico bacio.
Aida accompagna alla stazione Lorenzo, che deve ripartire per Parma. Sono le due di notte … Lorenzo le consegna una busta dicendole che contiene una lettera, in realtà contiene solo del denaro. Aida vede il treno di Lorenzo partire, poi, immersa nei suoi pensieri esce dalla stazione e cammina senza una meta precisa.

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Che dire?

Bellissima Claudia Cardinale, bravo il giovane Jacques Perrin, i lunghi primi piani sui loro visi, hanno il ”sapore” del dramma e sono un po’ anacronistici se paragonati all’azione frenetica dei film di oggi.
Nonostante la lentezza di alcune scene l’argomento è comunque di grande attualità.
Una giovane senza ”mezzi” né economici né culturali, che insegue il sogno di diventare una cantante famosa.
Un ragazzo sedicenne che si innamora perdutamente della bella donna, pseudo-indifesa, che rincorre il proprio sogno.
Cosa c’è di più romantico?
In fondo anche Macron si era innamorato della matura Brigitte no? Il livello culturale … ed il periodo ”storico” in quest’ultimo caso sono molto diversi, tant’è che le cose sono andate in modo altrettanto diverso.
Ma continuiamo a parlare del ”periodo” in cui si svolge il film in questione.
Dunque, il film è del 1961, all’epoca le donne in Italia erano ancora viste principalmente come: spose e madri. Fare l’attrice, la cantante, la ballerina, era un qualche cosa che usciva dagli ‘schemi classici” accettati e condivisi dalla mentalità generale della società.
Una donna poteva lavorare certo, ma, per la medio-alta borghesia l’insegnamento, la libera professione, la segretaria,  erano lo sbocco ottimale, mentre per il ceto basso,  l’operaia in catena di montaggio o la donna delle pulizie a casa altrui, erano le attività riconosciute socialmente e non compromettenti.
Mestieri cosiddetti ”artistici” avevano sempre un risvolto considerato ”frivolo” e quindi, automaticamente la donna diventava di ”facili costumi”.
Quindi per ”riuscire” nel campo dello spettacolo la donna doveva sottostare a delle regole. Inutile dire di che regole stiamo parlando no?
Per farla breve potremmo sintetizzare con: ” O me la dai … oppure quella è la porta”!
Nella maggior parte dei casi quindi, le donne erano ”prede-vittime” consapevoli o meno di ricchi ”industriali e/o produttori che, o le mantenevano, o le facevano lavorare in cambio di sesso.
Nel film in oggetto l’argomento ”sesso” è trattato in maniera molto elegante, lasciando allo spettatore ampia immaginazione.

Ognuno quindi è libero di interpretare se la bella Aida avesse o meno concesso le sue grazie. A qualcuno doveva averle concesse, visto che aveva un figlio, ma lo aveva fatto per amore o per interesse?
Secondo me … che sono una ”romanticona” lo aveva fatto per amore!

Ringraziamo Jerome Reber per le scelte sempre felici.

Alla prossima

Elena

SEDOTTA E ABBANDONATA …

Ieri sera, domenica,  sono andata al Vox di Frejus per assistere alla proiezione di ”Sedotta ed abbandonata”.
Della ”classe di italiano” della Sasel ho incontrato Monique G. e Jean Paul B.

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Sedotta ed Abbandonata è un film di Pietro Germi del 1964, girato a Sciacca (°) in Sicilia, una produzione italo-francese distribuita dalla Paramount.

Trama:

Tutto ha inizio in un torrido pomeriggio d’estate durante la ”siesta” … e la faccenda è complicata , perché il seduttore in questione è niente-di-meno che il fidanzato della sorella maggiore di Agnese, Matilde.
Il ”fattaccio” avviene in un pomeriggio estivo siciliano durante la ”siesta” che in Sicilia è un ”dovere”! Fa caldo …  il cibo è pesante e … dopo aver pranzato tutti vanno a dormire. Nelle fresche camere da letto trovano un po’ di refrigerio durante la difficile digestione ed il caldo africano!
Matilde, il suo fidanzato Peppino ed Agnese sono in salotto.  Matilde dorme sul divano mentre Agnese fa i compiti.  Peppino fa delle ”avances” alla inesperta Agnese … la porta sul terrazzino  e … ”approfitta” di lei!
Quando il ”fattaccio” viene scoperto il padre, Don Vincenzo,  obbliga Peppino a sposare Agnese.
Matilde, non sa nulla dell’accaduto, crede semplicemente che il fidanzato l’abbia lasciata, ma pur di non rimanere zitella, accetta il nuovo ”fidanzato” impostole dal padre, e ripiega quindi su un brutto barone squattrinato.
La ”dura legge” dell’onore siciliano, viene messa in evidenza, in maniera sconcertante,  quando il Peppino seduttore si rifiuta di sposare la sedotta Agnese!
”Ma come”? diremmo noialtri oggi, il seduttore impazziva per lei e lei era, segretamente, innamorata di lui come possono esserlo solo le ragazzine di quell’età che ”sognano l’amore …
Ebbene lui non la voleva perché NON più illibata!
Forzando il concetto in maniera grottesca sosteneva convinto: ”Se ha ceduto a me, avrebbe potuto cedere a chiunque”, quindi … è una puttana”!
Incredibile no? Mica tanto per quegli anni in Italia e assolutamente NON tanto per la Sicilia!

A proposito del film, ecco cosa dice il critico cinematografico Enrico Giacovelli (°°) :

”Questa è probabilmente la commedia più violenta e congestionata, ai limiti dell’isterismo, della trilogia barocca di P. Germi, aperta da Divorzio all’italiana (1961) e chiusa da Signore e signori (1965). E’ una farsa tragica con qualche vertigine grottesca, una tarantella macabra che accompagna con forzata allegria i funerali della ragione.
Non esiste, forse, un film più anti meridionale e anti siciliano nel suo tiro al bersaglio contro la concezione insulare dell’onore. Galleria di personaggi brutti sporchi e cattivi su cui il regista s’accanisce con zoom e obiettivi deformanti, con le armi della natura incattivita e della farsa acida.

Questo film potrebbe sembrare anacronistico per i giovani di oggi, ma per le generazioni precedenti, soprattutto nel sud Italia è percepito come qualche cosa di molto vicino e reale.

In Italia le leggi contro il cosiddetto ”omicidio d’onore” sono state, fino al 1981, troppo lievi rispetto ad altri tipi di omicidio che prevedono da 24 anni in su, fino all’ergastolo.

Ma … che cos’è esattamente ‘sto ”omicidio d’onore”? Ecco la definizione giuridica:

Codice Penale, art. 587 – ”Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

Quindi l’art. 587 del codice penale consentiva che la pena fosse ridotta per chi uccidesse la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere “l’onor suo o della famiglia”.

Per ottenere la riduzione della pena era necessario che ci fosse uno stato d’ ira … (di rabbia), che veniva in pratica sempre presunto. La ragione della riduzione della pena veniva giustificata dalla “illegittima relazione carnale” che coinvolgesse una delle donne della famiglia; di questa si dava per acquisito, come si è letto precedentemente, che costituisse offesa all’onore.
Anche l’altro protagonista della illegittima relazione poteva dunque essere ucciso contro egual sanzione.

Esisteva comunque quello che era chiamato il ”matrimonio riparatore” che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale, nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando così l’onore della famiglia.
Ecco perché i giovani ricorrevano, per delle unioni contrastate dalle loro famiglie, alla cosiddetta: ”fuitina”. O ”piccola fuga”. I giovani scappavano assieme, facendo in modo che tutti sapessero e tutti li vedessero fuggire, rimanevano soli,  nascosti da qualche parte per una notte,  e poi tornavano dicendo di aver avuto ”rapporti sessuali” e che quindi erano obbligati a sposarsi. L’onore era comunque salvo!

Tornando all’ordinamento penale italiano si è dovuti arrivare alle sentenze della Corte Costituzionale del 1968 e 1969, per vedere puniti finalmente l’adulterio e il concubinato del marito e NON solo quello della moglie. Prima del 1969 infatti l’art. 559 prevedeva la punizione del solo adulterio e concubinato della moglie, mentre in marito, in quanto ”uomo” poteva fare tutto quello che voleva!  Sigh … 🙁

Solo dopo il referendum sul divorzio nel 1974, dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975 (legge 151/1975) e dopo il referendum sull’aborto del 17 maggio 1981, le disposizioni ”riduttive” sulle pene nel delitto d’onore furono abrogate (eliminate) con la legge n. 442 del 5 settembre 1981.

Alla luce di quanto sopra, possiamo davvero dire che il film di Pietro Germi, Sedotta ed Abbandonata, sia una commedia che rientra nell’ambito della sensibilizzazione della popolazione italica in termini di libertà ed emancipazione della donna. Così come lo era stato il suo precedente film: ”Divorzio all’italiana”.

In un mondo, privo di Internet, dove le notizie viaggiavano lentamente, dove la RAI, in quanto tv di Stato, era assoggettata ai poteri conservatori, film di questa ”portata” servivano a denunciare comportamenti arcaici e penalizzanti nei confronti di noi povere donne, considerate come oggetti di uso e consumo e non come persone autonome e ragionanti.

Non dimentichiamo che i film vengono proiettati in tutte le sale cinematografiche del Paese,  dal Nord al Sud, ed ovviamente, la ”retrograda mentalità siciliana”  erano, all’epoca,  oggetto di scherno,  per quanto … anche nel cosiddetto ”evoluto Nord Italia” non è che le cose fossero poi tanto diverse, visto che le leggi erano uguali su tutto il territorio nazionale.

Non bisogna sottovalutare mai l’influenza culturale che il Cinema ha sugli individui. In un mondo come quello odierno, in cui la ”superficialità” dell’informazione fornita da Internet, va per la maggiore …  il cinema può tornare ad avere un ”ruolo importantissimo” per l’evoluzione dei cittadini.

Grazie mille a Jerome Reber per le scelte sempre felici, grazie al CIP, grazie al Cinema d’essai Vox di Frejus, per la bellissima serata, tra l’altro in lingua italiana!
Alla prossima
Elena

.-.-.-.-.-

Attori principali: Stefania Sandrelli = Agnese Ascalone
Saro Urzi = Don Vincenzo Ascalone
Aldo Puglisi = Peppino Califano
Lando Buzzanca = Antonio Ascalone figlio di Don Vincenzo
Leopoldo Trieste = Barone Rizieri
(°) Sciacca è una città sul mare che si trova a circa 40 chilometri da Mazara del Vallo. E’ una stazione termale, furono i greci a scoprire le virtù terapeutiche delle acque della zona.

(°°) Enrico Giacovelli nato a Torino il 25 maggio del 1958, è un critico cinematografico e giornalista italiano. Laureato in Storia e Critica del cinema presso l’Università degli Studi di Torino.

La vita è tutto – cortometraggio di Matteo Querci

Ieri sera, al Cinema Vox di Frejus, in occasione dell’ottava edizione del ”Ciclo del Cinema Italiano”, abbiamo avuto l’occasione di aver tra noi  il regista Matteo Querci.

Il ”ciclo cinematografico italiano” è stato creato nel 2010 ed è il frutto del lavoro congiunto tra:  il ”Cinema d’Art et d’Essai Vox” ed il Club italianiste de Provence (CIP) e permette di vedere durante tutto l’anno film in lingua italiana, cosa utilissima per chi vuole approfondirne la conoscenza.

Il film in programma ieri era: ”C’era una volta il West” di Sergio Leone nella versione originale del dicembre 1968. Attori principali: Claudia Cardinale, Henry Fonda, Jason Robards e Charles Bronson. Il tutto accompagnato dalle indimenticabili musiche di Ennio Morricone.

Ieri però era una serata ”speciale” … dedicata anche al ”Festival del cortometraggio”.  Per tale occasione Matteo Querci, il regista del corto ”La vita è tutto”, era presente in sala.

Matteo Querci

Ho la fortuna di far parte della Corale ”Note Azzurre” che si è esibita in questa occasione con alcune canzoni italiane DOC! Forse un po’ ”datate” … ma ancora molto amate sia dagli italiani di ”seconda generazione” che dai francesi. I primi hanno ormai dell’Italia un’idea ”sentimental-romantica”, i secondi amano a prescindere la musica italiana.

Più di una volta mi sono stupita di quanto gli ”stereotipi” siano radicati. Sia in Inghilterra che in Francia, dove rispettivamente ho avuto e ho occasione di vivere, mi sono trovata a discutere con ”nativi”,  convinti che tutti gli italiani siano in grado di cantare e ballare e che siano delle persone estremamente allegre! Evidentemente non conoscono molti dei miei amici italiani … se li conoscessero cambierebbero idea in pochi minuti!

Appena entrata nella hall del cinema, Anna Piccini-Mace, la ”vulcanica” segretaria del CIP, mi ha presentato Matteo Querci.
Con la testa tra le nuvole che mi caratterizza,  gli ho detto che ci eravamo ”sentiti” l’anno scorso su FB, al che lui ha risposto stupito di NON esserci proprio su quella piattaforma! Attimo di panico … Anna ha salvato la situazione dicendo che mi confondevo con Massimiliano Vergani, il regista che, l’anno scorso, aveva presentato il cortometraggio: ”il regalo di compleanno”!
Chiarito l’equivoco, ho chiesto al Querci il motivo che lo ha spinto a non esser su FB, piattaforma dove ormai ”comunicano” tutti quanti, presidenti della Repubblica compresi.
La risposta è stata simpaticissima. Dopo avermi detto che considera FB troppo invadente e che richiede un tempo ”dedicato” eccessivo, mi ha fatto questo esempio: ”Due ex compagni di scuola si incontrano ”virtualmente” su FB dopo una ventina d’anni e uno dice all’altro: ”Cribbio! Che strano avere tue notizie dopo venti anni che non ci sentivamo …” Risposta dell’altro: ”E ci sarà pure stato un motivo no”?
Questa risposta la dice lunga sull’opinione che il regista ha di FB. Concordo comunque con il fatto che sia davvero una piattaforma da ”prendere con le molle” e con le dovute ”distanze”.

Dopo una chiacchierata di pochi minuti, con questo giovane simpatico, diretto, intelligente, non aggressivo e dalla piacevole parlata toscana, siamo entrati in sala dove si è tenuta la presentazione del Ciclo del Cinema in Italiano per il 2017 fatta da Jerome Reber, dottorando in Storia del Cinema, e dall’attuale presidente del CIP, Luigi Resetta.

Sono stati ricordati, con grande affetto e simpatia: Learco Calitri – fondatore/presidente del CIP e Paul-Louis Martin – regista /sceneggiatore,  i promotori ed ideatori di questa bella manifestazione.  Purtroppo entrambi sono scomparsi l’anno scorso a breve distanza uno dall’altro, ma sempre vivi nel cuore di tutti noi.

La corale Note Azzurre, diretta da Giuseppe Comes, e rigorosamente composta da ”dilettanti”, ha cantato tre canzoni. E’ stato piacevole vedere tra il pubblico alcuni cantare assieme a noi e sorridere felici battendo le mani. Piacevoli attimi di condivisione semplice e serena, cosa della quale abbiamo tanto bisogno al giorno d’oggi.

Dopo di che abbiamo assistito alla proiezione di: ”La vita è tutto”.

Il cortometraggio è girato tra le vie di Prato, una città non lontana da Firenze. Protagonista il bravo attore Francesco Ciampi nella parte di un ”barbone”, senza fissa dimora, che si accontenta di soddisfare i bisogni basilari dell’essere umano: mangiare qualche cosa, spostarsi con una bicicletta, avere un amico con cui condividere il poco che possiede.

Il ”barbone”, dopo aver trascorso le sue giornate, seduto su qualche panchina o angolo di strada, chiedendo l’elemosina, si ritrova la sera con l’amico, che vive nelle sue stesse condizioni. Dopo aver mangiato una più che frugale cena a base di un singolo pezzo di focaccia, si apprestano entrambi a dormire in un angolo riparato. Questa è la loro routine.

Una sera prima di addormentarsi, il protagonista trova la ricevuta di una schedina del totocalcio e sogna di aver vinto il primo premio! Nel sogno si vede ricco, proprietario di ville, circondato da belle donne, con piscine, auto di lusso, elicotteri. Si vede discutere con dipendenti ossequiosi e con ”personaggi in odor di mafia” a cui deve a suo volta ”rispetto” . Insomma una vita ”dorata” ma, molto probabilmente, ”vuota e stressante”.
Nel sogno è vittima di un incidente mortale su una lussuosa vettura sportiva. (°) Quando si sveglia e realizza di aver solo ”sognato” è felicissimo di esser vivo e vegeto! Straccia quindi la ricevuta della schedina, senza nemmeno pensare di controllare se effettivamente avesse vinto oppure no.

Dopo la proiezione il pubblico presente ha avuto l’occasione di porre al regista alcune domande. Splendido modo questo per avvicinare due ”mondi” che difficilmente hanno occasione di dialogare tra loro.

Dopo una prima istintiva e positiva reazione per il condiviso ”scampato pericolo” … ho pensato alla crisi economica che ci attanaglia e a quanto questo cortometraggio, più ci penso, più mi lascia perplessa.
Pur essendo perfettamente d’accordo che la cosa più importante sia semplicemente la ”vita”, mi chiedo quale messaggio questo film possa avere per i giovani.
Ho come l’impressione che sia un inno al ”buttare la spugna”. Il fatto poi che il regista sia un ”giovane” mi mette ancor più in imbarazzo.
Hanno forse i giovani smesso di aver fiducia nel futuro?
Hanno forse deciso che non vale più la pena di combattere per ottenere qualche cosa?
L’imprenditoria che ci circonda … è vista dai giovani come talmente ”marcia” e compromessa, che non vale più nemmeno la pena di attivarsi per ”fare qualche cosa”?
La superficialità dorata di cui trasudano i ”ricchi” … serve solo a coprire una mancanza di valori veri?
E’ meglio chiudersi nel proprio minuscolo recinto, cercando di sopravvivere, smettendo di lottare contro i ”mulini a vento”?
Dove andremo a finire con questo tipo di ”visione del mondo”?

Ma … soprattutto che razza di ”futuro” abbiamo lasciato loro?

Tutte queste domande continuano a frullarmi nella testa e non alimentano certo la mia recondita e vigliacca necessità di sentirmi in ”buone mani”. Stranamente ho bisogno di pensare che i giovani siano in grado di gestire al meglio questo mondo difficile e sempre più complicato, che agli occhi della mia generazione appare sempre più ”alieno”!

Non mi sono fermata per assistere alla proiezione del film di Sergio Leone, che già avevo visto un paio di volte nel passato, ma sono certa che chi lo ha fatto non ne sia rimasto deluso.

Grazie ancora al CIP ed al VOX per la piacevolissima serata.

Alla prossima
Elena
(°) La vettura dell’incidente nel cortometraggio era la splendida Aston Martin usata in un film di James Bond

Fai Bei Sogni – CIP – Cinema VOX Frejus

Ieri, domenica 27 novembre, al Cinema VOX di Frejus abbiamo assistito al film di Marco Bellocchio: ”Fai bei Sogni” .

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In Francia, la distribuzione è prevista da gennaio 2017, ma, grazie al CIP – Club Italianiste de Provence, abbiamo potuto vederlo in anteprima.
Fai bei sogni è un film di Marco Bellocchio uscito in Italia nel 2016 ed è tratto dal romanzo autobiografico di Massimo Gramellini.

L’autore racconta il proprio percorso interiore per superare il dolore e il senso di abbandono dovuto alla morte della madre quando lui aveva solo nove anni. Il libro ha avuto un grande successo di pubblico, ed è rimasto tra  i primi 10 libri più venduti per più di 50 settimane.

Prima di tutto vediamo chi è Massimo Gramellini

Nato a Torino nel 1960 da genitori originari della Romagna, all’età di nove anni perde tragicamente la madre.
Massimo frequenta il Liceo classico ”San Giuseppe” di Torino e si diploma con il massimo dei voti; dopo gli studi in giurisprudenza presso l’Università di Torino, nel 1985 inizia a collaborare con la redazione torinese del Corriere dello Sport.  Un anno dopo viene assunto come praticante nella redazione sportiva del quotidiano milanese: Il Giorno.
Nel 1988 si trasferisce alla redazione romana de La Stampa dove continua a scrivere di sport fino ai Mondiali del 1990.
L’anno seguente passa dal calcio alla politica diventando corrispondente da Montecitorio.  Nel 1993 è inviato di guerra a Serajevo (Iugoslavia) .
Nel 1998 torna a Torino per dirigere ”Specchio”, il settimanale de La Stampa, dove si occupa tra l’altro di una rubrica di posta sentimentale: ”Cuori allo Specchio”. L’anno successivo è di nuovo a Roma e dal 1999 inizia a scrivere sulla prima pagina de La Stampa, una rubrica intitolata:   il ”Buongiorno” di Massimo Gramellini,  in cui commenta uno dei fatti più significativi della giornata. Questa  rubrica piace molto ed ha ha un successo crescente nel tempo.
Nell’ottobre 2005 lascia Roma e ritorna a  Torino dove diventa vice direttore de La Stampa. Collabora con la trasmissione televisiva ”Che tempo che fa” di Rai3  dove ogni sabato sera commenta con Fabio Fazio i sette fatti più importanti della settimana.
Ha pubblicato alcuni saggi che trattano della società e della politica italiana, un almanacco sui 150 anni della  Storia d’Italia e due serie di racconti sulla sua squadra del cuore:  il Torino.
Nel 2010 è uscito il suo primo romanzo: ”L’ultima riga delle favole”, una favola sull’amore,  che in Italia ha venduto oltre 250 mila copie ed è stata tradotta in vari Paesi. Nel 2012 è uscito il suo secondo romanzo: ”Fai bei sogni”,  che è stato il libro più venduto del 2012, con oltre un milione di copie.

Proprio da quest’ultimo libro, Marco Bellocchio,  ha realizzato il film che abbiamo visto ieri sera.

iu-3Massimo Gramellini

Trama

La mattina del 31 dicembre del 1969 Massimo, nove anni, si sveglia di soprassalto sentendo un urlo, esce dalla sua camera e trova in corridoio il padre sconvolto e sorretto da due uomini. Senza nessuna spiegazione viene affidato agli zii che gli dicono che la mamma non sta bene.
Un paio di giorni dopo dopo, il padre lo porta dal sacerdote, capo della sezione ”boy-scout” di Massimo, che si prende la responsabilità di spiegare al piccolo che la mamma non c’è più.
Massimo rifiuta questa verità e preferisce rifugiarsi un una specie di  ”limbo protettivo”.
Il giorno del funerale la bara chiusa viene messa in salotto a casa per l’estremo saluto. Massimo rifiuta di credere che la sua mamma sia lì dentro e grida di aprire la bara, cosa che naturalmente non viene fatta,  questo aumenta la convinzione nel bambino che presto, la sua mamma sarebbe tornata.
A scuola racconta ai compagni che la mamma vive a New York. Cresciuto e divenuto giornalista, passa dal giornalismo sportivo alla politica e nel 1993 viene inviato a Serajevo per seguire gli eventi bellici. Gli orrori a cui assiste lo segnano profondamente. Tornato a casa riceve dalla zia una scatola di fiammiferi appartenuta alla mamma, come si trova l’oggetto tra le mani viene preso da una crisi di panico. Telefona in ospedale dove Elisa, una dottoressa si prende cura di lui. Inizia tra i due una storia d’amore importante.
Mentre svuota l’appartamento di famiglia, in cui ormai non vive più nessuno, preso dallo sconforto alla vista di tanti ”ricordi” , chiama la zia, alla quale chiede la verità!  La donna è dolorosamente stupita, in buona fede, credeva veramente che Massimo avesse capito.
A quel punto gli consegna un vecchio articolo di giornale, custodito tra uno dei volumi di una enciclopedia, il cui titolo è: ”Giovane madre di famiglia si getta dal 5° piano” …
In quel momento il mondo ”finto” che si era costruito per auto-difendersi, crolla! Lui si trova a fare i conti con la realtà che aveva sempre rifiutato.
Riuscirà nel tempo ad accettare il suicidio della madre.

Il film di Bellocchio si articola abilmente tra ”presente” e ”lunghi flashback” relativi ai ricordi di infanzia del protagonista. E’ un film triste, toccante, ma che mette in luce il ”coraggio” e gli ”strumenti” che, comunque, questo bambino ha saputo ”tirar fuori” nella sua vita di uomo.
E’ riuscito a ”diventare qualcuno” nel mondo, nonostante il dramma in cui è stato coinvolto.
Il film mette anche in evidenza il carattere ”torinese” di tutta la situazione. Il suicidio della donna, anche se dettato dalla paura mal gestita della malattia, era comunque da non mettere in evidenza. Il suicidio, nella borghesia cattolica torinese,  è una ”vergogna” che va, il più possibile, nascosta.

Ho avuto occasione di parlare al telefono con Massimo Gramellini un paio di volte,  ed è una persona gentilissima, che dedica la sua piena attenzione a tutti.

Grazie al Club Italianiste de Provence per questa bella occasione.

Alla prossima

 

Elena

 

Ho conosciuto Mariano Perrella! Chi lo avrebbe mai detto? :-)

Mariano Perrella, è partito sabato 15 ottobre da Roma ed è venuto a Frejus, dove ha cantato e suonato gratuitamente presso la ”Salles des Sport de Villeneuve”.
Lo ha fatto per contribuire alla raccolta fondi organizzata dal CIP – Club italianiste de Provence, con la collaborazione del Municipio di Frejus, per le vittime del terremoto di Agosto in Italia.
Ovviamente c’erano anche altri musicisti, ma io voglio parlare di questo Signore, che ho avuto la fortuna di conoscere, andandolo a prendere all’aeroporto di Nizza assieme a Giuseppe Comes, il ”capocoro” di ”Note azzurre”, la corale del CIP.

Dunque per chi non conoscesse il personaggio, ecco qui di seguito qualche cosa a proposito della sua vita.

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”Mariano Perrella è un cantante, musicista (chitarrista, pianista, mandolinista, bassista), compositore, autore di programmi radiofonici e spettacoli teatrali.
 
E’ nato a Napoli, dove ha iniziato la sua lunga attività di “orchestrale”, suonando, per farsi le ”ossa” , in vari locali ed in seguito con famosi cantanti.
E stiamo parlando di cantanti del calibro di Massimo Ranieri,  i Vianella, Wes, Gianni Nazzaro, Mal dei Primitives , Ivan Graziani ed altri ancora. 
 
Nel 1970 Parrella si trasferisce a Roma dove inizia l’attività di “ turnista” di sala d’incisione, con i maestri come:  Piero Pintucci, Renato Serio, Toto Torquati, Toni Mims, Detto Mariano, Lally Stott, Marcello Faneschi, Vito Tommasi, Berto Pisano, e per artisti come: Domenico Modugno, Renato Zero, Mia Martini, Amedeo Minghi, Edoardo de Crescenzo, Ivan Graziani, Anna Oxa, Wilma Goich, Rino Gaetano, Edoardo Vianello, Gabriella Ferri, Renato Rascel, Gigi Proietti.
Nel 1976  entra a far parte del gruppo ”Pandemonium” come musicista e arrangiatore e dal 1980 è coautore di tutte le canzoni del gruppo.
Dal 1986 é autore delle musiche delle produzioni del  teatro “ Delle Muse” di Roma, dove collabora con Gigi Reder, Enzo Garinei, Lando Buzzanca, Vittorio Marsiglia, Giacomo Rizzo e la compagnia stabile Pirol-Santoro.
 
Dal 2000 è il musicista del teatro “ Prati ”  di Roma di Fabio Gravina.
Ha scritto le musiche di spettacoli teatrali per Nino Castelnuovo, Luigi De Filippo, Pippo Franco, Aldo Giuffré, Oreste Lionello, Nino Manfredi, Gigi Proietti, ed altri ancora.
 
Nel cinema, è autore di colonne sonore, fra le quali, insieme a Edoardo Vianello, quella del film “ Sapore di mare” diretto da Carlo Vanzina.
 
Ha lavorato per la televisione italiana dal 1990 al ‘95  ed é stato il responsabile musicale, nonché autore ed esecutore  delle musiche originali, del programma di  Rai 1  “Più sani più belli” condotto da Rosanna Lambertucci ”.
 
Ecco, ora sapete qualche cosa in più sul Signore, amico da anni di Giuseppe Comes, che ha cantato e suonato per contribuire alla raccolta fondi per Amatrice.

Mondi completamente diversi a volte si incontrano per puro caso! Ammiro le persone che, grazie alla loro musica, vivono ”libere come l’aria”! Ebbene si … esistono persone il cui ”lavoro” consiste nel coltivare il proprio hobby!
L’ho visto all’opera e devo dire che è ”impressionante”! Pur non conoscendo le artiste francesi con le quali si è esibito domenica, ha accompagnato le cantanti nei loro ”gorgheggi” in maniera talmente ”naturale” e, diciamolo pure, ”virtuosa” , che pareva quasi avessero provato assieme più volte, mentre invece le aveva appena incontrate!
Per il pubblico presente Mariano Perrella ha suonato e cantato: ”Reginella”, ”Io te vurria vasà”  e  ”Surdato ennamurato”! Un tuffo al cuore per chi ama la canzone napoletana come me.

Che dire? Grazieeeeeeee

Alla prossima

 

Elena

p.s.: qui Mariano Perrella suona per il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella – https://www.youtube.com/watchv=U61LkUOOemo&feature=youtu.be&app=desktop

AMATRICE – famosa per uno dei sughi più buoni al mondo!

Il sisma del 24 agosto l’ha distrutta … i morti nella città e nelle frazioni circostanti ammontano a 250  … gli edifici più antichi nel centro storico (ricordo al ”giornale satirico Charlie Hebdo” che all’epoca la mafia non costruiva case) sono crollati praticamente tutti, fra le macerie è rimasto in piedi ancora l’antico campanile della Torre Civica, risalente al XIII secolo, il simbolo stesso della città. Tutti si augurano che questo sia un ”buon segno” e che magari la città possa rinascere.

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Onestamente, quando sento parlare di ”rinascita” mi chiedo: ”Ma come potranno ricostruire, considerata la crisi economica che ci attanaglia, edifici medioevali” ?Ho paura queste siano solo ”speranze” ma che la realtà sia molto più ”dura”.
Ma torniamo ad Amatrice … e parliamone in modo più ”leggero” facendo nel contempo i più sentiti auguri affinché possa rimettersi presto ”in piedi”!

Questa cittadina del Lazio conta durante l’inverno circa 2.600 abitanti, in estate, però,  la popolazione raddoppia. Amatrice è infatti  una delle mete turistiche della regione preferita dai romani, molti di loro originari della zona, hanno qui la loro seconda casa.
La città si trova al centro di una conca verdeggiante, incastonata in un’area al confine di ben 4 regioni: Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, in una zona strategica di passaggio tra versante adriatico e quello tirrenico, nell’alto bacino idrografico del fiume Tronto.

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Non voglio parlare del terremoto, lo hanno già fatto in troppi, voglio ricordare invece che Amatrice è famosa nel mondo intero per aver dato i natali al ”sugo all’amatriciana”.
Fin dal Settecento i Pastori dell’Agro Romano e dell’Agro Pontino portavano in estate le greggi sui Monti della Laga, che circondano la Conca Amatriciana.
Durante il periodo degli ”alpeggi” i pastori erano soliti preparare la “gricia”, ritenuta da molti l’originale sugo da cui derivò in seguito la variante  con il pomodoro, conosciuta come: ”Amatriciana”
Le vere origini della ricetta non prevedevano il pomodoro, per il semplice fatto che il pomodoro era troppo delicato per esser trasportato sui monti.
Gli ingredienti più facili da portare e da conservare per i pastori erano il ”guanciale” e la pasta secca,  il formaggio pecorino lo producevano loro stessi grazie alle pecore. Con questi semplici ingredienti potevano mangiare a sazietà. Ricordiamoci che i pastori agli alpeggi non avevano certo i frigoriferi per conservare i cibi, ma vivevano in maniera ”spartana” …  si alzavano all’alba, lavoravano tutto il giorno e andavano a dormire quando calava il sole.

Tra gli ingredienti tipici  del sugo dei pastori c’era quindi il guanciale stagionato (la guancia del maiale) da sempre prodotto ad Amatrice perché saporito e, soprattutto,  duraturo, l’ideale insomma per i pastori del luogo che dovevano trascorrere quattro o cinque mesi all’anno sulle montagne durante il periodo della transumanza.

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Molti ”amatriciani” nell’ottocento furono costretti ad abbandonare il paese a causa della mancanza di lavoro e della crisi della pastorizia. L’emigrazione come ben sappiamo, non è un fenomeno del momento, ma è antica come il ”mondo”. L’essere umano va dove può vivere in pace … molti amatriciani quindi emigrarono a Roma dove trovarono lavoro nel settore della ”ristorazione” facendo conoscere la  ricetta. Essendo Roma una città turistica per eccellenza, in pochissimo tempo, la specialità  divenne famosa ovunque.

Per chi volesse cimentarsi, ecco la ricetta originaria:

Ingredienti per 4 persone:
– 500 gr. di pasta “Mezze Maniche Rigate”
– 500 gr. di Guanciale Amatriciano Stagionato già pulito (che corrisponde ad un Guanciale intero che in origine pesa circa 700 – 800 gr.)
– 100 gr. di Pecorino Romano
– sale grosso
– pepe (dose: mezzo cucchiaio di caffé)

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Preparazione:

Pulire bene il Guanciale, asportando la cotenna e tagliandolo in piccoli pezzi (3 x 1 cm. circa), avendo anche cura di eliminare il pepe.
Mettere il Guanciale in una grande padella (preferibilmente in ferro) e rosolare senza olio, a fuoco lento, per circa 20 minuti, girandolo continuamente finché non appare ben rosolato.
A questo punto scolare con la schiumarola  – mestolo forato –  e appoggiare su “Carta” dove il Guanciale, asciugando, diventerà croccante.
Cuocere le “Mezze Maniche” in acqua bollente già salata e scolarle al dente.
Condire la pasta nella sua pentola, aggiungendo il Guanciale ed il fondo di cottura, nella misura desiderata.
Aggiungere al tutto un’abbondante grattugiata di “Pecorino Romano” , del pepe macinato e … Buon appetito!

Alla prossima

Elena

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Ricordo a chi legge che il CIP (Club Italianiste da Provence) assieme al Comune di Frejus  organizza il 16 ottobre  alle ore 15.00 un concerto i cui introiti saranno interamente devoluti ai comuni terremotati.
Siete pregati di venire numerosi …

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Terremoto 24 Agosto 2016 … il confine tra la satira e lo squallore …

Quando e dove?
La scossa principale di magnitudo 6.0 si è prodotta il 24 agosto 2016 alle 3:36:32 con epicentro situato lungo la Valle del Tronto tra i comuni di  Accumoli e Amatrice, in provincia di Rieti e Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno.

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L’area colpita dal terremoto rientra nella fascia ad altissima pericolosità sismica che corre lungo l’asse della catena appenninica.

Il più antico terremoto registrato nell’area risale al 1627, con possibile epicentro proprio ad Accumoli. Le descrizioni storiche in possesso suggeriscono che potrebbe essere stato di magnitudo 5-5.3. Il terremoto più intenso invece, si ebbe nel 1639, con epicentro ad Amatrice e si suppone possa essere stato di magnitudo 6.2, devastò Amatrice e varie località circostanti, quasi una fotocopia di quello avvenuto adesso.

Perché è una zona sismica?

Come si nota dalla particolare disposizione delle Alpi e degli Appennini, si intuisce come vi sia ancor oggi uno scontro tra la ”zolla Africana” di cui l’Italia ne fa parte e la ”zolla Europea”. Nessuna delle due zolle “vuole cedere” pertanto anziché avere una zolla che si infila sotto all’altra abbiamo uno scontro “frontale” con l’innalzamento di conseguenza delle montagne.

Va da se che spostamenti di questa portata creano instabilità nelle aree della nostra penisola.

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Non è il terremoto che uccide ma sono le case…

In Italia abbiamo una “sfortuna” tutta nostra a causa  della tipologia di terremoto e della tipologia del patrimonio edilizio esistente.
La frequenza delle oscillazione del terreno, sottoposto ad eventi sismici tipici dell’Italia centro meridionale, è simile alla frequenza propria di oscillazione dell’edificio tipico Italiano (casa a 3 piani da 100 mq). L’edificio sotto l’effetto delle oscillazioni del terreno ”entra in risonanza e … crolla”!

Ma non dobbiamo nemmeno dimenticare che molte delle nostre Città nell’Appennino sono medioevali.
Amatrice ad esempio era entrata a far parte dei “borghi più belli d’Italia” ed ha perso quasi completamente il  suo centro storico ed il suo patrimonio storico artistico nel sisma.
Tra i beni lesionati o totalmente distrutti dal sisma sono crollate le Basiliche di San Francesco e di Sant’Agostino, le Chiese di San Giovanni, Sant’Agnese, Santa Maria del Suffragio, di San Giuseppe, Sant’Emidio, la Chiesa del Crocifisso e la Biblioteca comunale.
Crollato il Museo Civico, l’Archivio Comunale, distrutto anche l’Arco di San Francesco. Danneggiate gravemente sono la Porta Romana, la Porta Ascolana e la Torre Civica, storico simbolo delle libertà comunali, unica in tutta la valle del Tronto. Nella chiesa di Sant’Agostino, costruita nel 1428 in pietra arenaria, il tetto e il rosone sono scomparsi.
Il Museo Civico “Cola Filotesio” ospitava le croci processionali di Pinaco–Arafranca e Preta del XV secolo.
La Torre Civica del XIII secolo, con l’orologio in cima, è diventato il simbolo della tragedia con le lancette ferme all’ora del sisma. La Basilica di San Francesco è stata devastata, gli affreschi trecenteschi danneggiati e il Giudizio Universale è andato completamente perduto.
Questi,  per forza di cosa, considerata l’epoca di costruzione, non sono ovviamente edifici anti-sismici!

I Paesi colpiti durante l’anno sono poco abitati e si ripopolano solo in estate. Sono molti coloro che, nell’arco del tempo  sono andati a vivere altrove anziché restare in queste zone economicamente povere.  Ma l’estate si ritorna in questi paesini tranquilli e con l’aria buona, si viene qui per rigenerarsi.  Qui si coltivano amicizie da anni, qui si possiede la casetta, magari dei genitori o dei nonni, ristrutturata a fatica nell’arco del tempo, ecco il motivo per cui il numero dei morti è stato di 291 persone.

La ”misera” satira di Charlie Hebdò

Non mi sembra questa la sede adatta per fare delle polemiche approfondite sulla  malavita organizzata … ma non posso esimermi dal ricordare a quei geni di Charlie Hebdo, che la ”malavita organizzata” non perde tempo per ristrutturare delle piccole casette private, preferisce di gran lunga le ”grandi opere”, dove su importi ben più consistenti si possono fare delle ”creste maggiori”! In ogni caso gli edifici scolastici che sono inagibili a causa del sisma sono stati requisiti dai PM e si sono aperte le indagini. Se ”qualcuno” ci ha fatto la ”cresta” … speriamo finisca in galera al più presto!

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Non giustifico nulla e nessuno e non sottovaluto il fatto che la terra faccia il suo mestiere e che noi dobbiamo imparare a conviverci, ma … crede forse il giornale satirico Charlie Hebdo che se nella bellissima St. Paul De Vence ci fosse un terremoto del 6° grado, tutto starebbe in piedi? Darebbe, anche in questo caso, la colpa alla ‘Mafia”?

Un tempo la satira, come la ”politica d’altronde”,  era ”elegante ed intelligente”, arrivava al ”cervello” e faceva pensare!  Oggi la ”pseudo-satira” di Charlie Hebdo va solo alla ”pancia” delle persone  e quando va ”solo” alla ”pancia” … ahimè … crea solo ed esclusivamente odio e rabbia! Il che la dice lunga sul livello di squallida regressione che sta coinvolgendo tutti.

Alla prossima

Elena

Segnalo che Il Club Italianiste de Provence organizza un concerto di solidarietà la domenica 16 ottobre  alle 15.00 nella Sala sportiva di Villeneuve a Frejus, il ricavato sarà devoluto ad uno dei Comuni più colpiti.  Ovviamente vi aspettiamo numerosi. 

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Learco Calitri è tornato alla casa del ”Padre” …

Ieri una mia cara amica, Isa, mi ha telefonato dicendomi che era mancato Learco Calitri!

Mamma mia come sono stata male nel sentire quella notizia! Learco rappresentava per me uno spirito libero, forte e vitale! Strano a dirsi … ma c’era più ”vitalità” in lui, ormai avanti negli anni, di molte persone che conosco e anche tanto tanto più giovani.

Ci siamo conosciuti perché, mi ero iscritta al CIP anni fa ed avevo avuto con lui una prima bella chiacchierata. Una chiacchierata che aveva messo in luce quanto fossimo ”affini” su molti fronti.

Ho frequentato il CIP per qualche tempo, poi per motivi di salute, me ne sono allontanata.  Questo non significa però che non ci sentissimo, era venuto a casa nostra più volte ed il rispetto che avevo per lui era andato crescendo.

Learco voleva scrivere un libro sulla sua vita –  decisamente molto movimentata – fosse anche solo per gli anni passati nella Legione Straniera. Avevamo discusso a lungo sull’argomento e ho avuto il piacere di conoscere una persona che non metteva nei miei riguardi ”filtri” di sorta, era schietto come il vino novello!

Recentemente, sentendomi un po’ in colpa per non aver rinnovato la tessera al CIP e conoscendo le sue cattive condizioni di salute, mi sono iscritta nuovamente e ho fatto una prova per essere inserita nella corale del CIP. Giuseppe il ”capo coro” mi ha accolta in ”Note Azzurre”!  Appena ricevuto l’ok di Giuseppe, avevo dato la notizia a Learco, che ormai in cura, mi aveva risposto di esserne felice, e che in questo modo avremmo potuto vederci più sovente.

Purtroppo le cose non sono andate in questo modo … non ci siamo più né visti né sentiti.  Avrebbe voluto fare ancora tante cose … ma la ”morte” non accetta consigli mai da nessuno!

Addio Learco Calitri, felice ed onorata di aver potuto fare la tua conoscenza, guardaci da lassù … ci hai solo preceduti, verremo anche noi a far parte del ‘tutto”!

Un abbraccio con affetto

Elena 

Ricordiamolo così:

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il giorno della ”medaglia d’oro” … 

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Durante la premiazione e, a destra,  mentre balla con la sua Renata!

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Funerali al Duomo di Frejus – venerdì 8 aprile – ore 10.30

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Video della premiazione: https://www.youtube.com/watch?v=KSRX12yUU8IUn momento sereno: https://www.youtube.com/watch?v=2sNWJr2yrqw

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TRADUZIONE  – S’il vous plaît excuser mon horrible français

Learco Calitri est de retour à la «maison» du Notre Père ” …

Hier, mon cher ami, Isa, m’a appelé et m’a dit que Learco Calitri il était dècèdè !

Mamma mia! Comme j’ ai été malade d’entendre cette nouvelle! Learco représenté un esprit libre, fort et vital pour moi! Chose étrange à dire, mais il y avait plus ”vitalité” en lui, déjà avancé dans les années, que en beaucoup de gens que je connais et … même beaucoup plus jeune.

Nous nous sommes rencontré parce que quand j’étais entré ou CIP et  j’ai eu avec lui une première conversation, qu’il avait mis en évidence ce que nous étions ” similaire” sur de nombreux fronts.

J’ai fait part du CIP pendant un certain temps, puis, pour des raisons de santé, je suis parti.

Cela ne signifie pas que nous nous sommes plu vu, il était venu à notre maison à plusieurs reprises et le respect que je lui devais a grandi de plus en plus.

Learco voulait écrire un livre sur sa vie – très mouvimentèè – même si seulement pour les années passées dans la Légion étrangère. Nous avons eu des longues discussions sur le sujet et j’ai eu le plaisir de rencontrer une personne qui n’a pas mis à mon égard  filtres de toute nature, Learco était sincère comme le vin nouveau!

Récemment, je me sentant un peu coupable de ne pas avoir renouvelé la carte au CIP et connaissant sa mauvaise santé, je me suis inscrit à nouveau et je l’ai fait un test pour être inséré dans le chœur du CIP. Le Chef de chœur ‘Joseph’ ‘m’a accueilli dans ”Note Azzurre”.  Juste reçu le ”feu vert” da parte de Joseph, j’ai donné la nouvelle à Learco, maintenant déjà sous traitement, et il me répondit d’être heureux, et que de cette manière nous aurons l’occasion  pour nous nous voir plus souvent.

Malheureusement, les choses ne se sont pas passe comme ça … on n’a pas vu ou entendu. Il voulait faire encore beaucoup de choses … mais la mort ” ” n’accepte conseil par personne!

Adieu Learco Calitri, je suis heureuse  et honoré d’avoir été en mesure de te rencontrer …  regarde nous de là-haut …  tu as seulement nous précédés …

Une étreinte avec affection

Elena

Buoni a Nulla …

Domenica e lunedì, al Cinema Vox di Frejus, per la serie ”film in italiano” in collaborazione con il CIP (Club Italianista di Provenza) hanno proiettato il film  ”Buoni a nulla”.

Questa è la locandina:

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Il regista ma anche attore e sceneggiatore è il romano Gianni Di Gregorio qui alla sua terza prova da regista. I precedenti film, che non conosco sono:  ”Pranzo di Ferragosto” e ”Gianni e le donne”.

L’attore principale, come nella realtà, si chiama Gianni, ed è un impiegato statale che, dopo aver passato una vita tra casa e ufficio in centro a Roma, ed è ormai prossimo alla pensione, si ritrova  costretto a continuare a lavorare per altri tre anni! Non solo, ma per peggiorare ulteriormente la situazione, viene anche trasferito dall’ufficio nel centro di Roma, a lui tanto comodo,  alla periferia della città.

Abituato ad andare al lavoro a piedi … sbaglia  i tempi del trasporto, ed  il primo giorno di lavoro nel nuovo ufficio, arriva in enorme ritardo, alle undici e mezza di mattina anziché alle 8.30! Iniziando subito male il suo rapporto con la Direttrice del Reparto.

Gianni è un personaggio mite … che subisce ingiustizie da parte di tutti!  Dai suoi capi e dai suoi colleghi in ufficio, dai condomini nella casa in cui abita, dai vicini di casa che parcheggiano il loro SUV in maniera selvaggia, da sua figlia e dalla sua ex moglie, che insistono per fargli lasciare l’appartamento in centro città, per andare a vivere nella periferia sud della Capitale.

Gianni non riesce mai a dire di no a nessuno … non è capace di ribellarsi … non sa far valere le sue ragioni.  Un giorno si sente male e viene visitato dal compagno della sua prima moglie. Non è proprio un medico, è solo un dentista, ma sarà proprio lui, quello che lo aiuterà a cambiare.

Il dentista in questione , trova simpatico  ed è affezionato a Gianni, gli farà quindi da ”amico psicologo”  e gli consiglierà il giusto comportamento. Quello cioè di diventare un po’ più egoisti e di imparare a dire di NO!

Nel nuovo ufficio Gianni fa amicizia con il collega Marco (interpretato da Marco Marzocca).  Marco è l’unico capace di fare bene il proprio lavoro, ma è altrettanto buono come Gianni, quindi tutti approfittano di lui.  Tutti gli danno del lavoro da fare e tutti gli chiedono dei favori.   Gianni si innamorerà della sorella di Marco, e aiuterà quest’ultimo a reagire ai soprusi di tutti i giorni.

Un film carino, abbastanza divertente, educato, mai sopra le righe.  I due personaggi, Gianni e Marco, sono l’esatto contrario degli individui aggressivi considerati ”vincenti” dalla società di oggi.

La cosa che più mi ha dato da pensare di questo film, non è stata tanto la ”gentilezza” del personaggio che, grazie o a causa della sua educazione, subisce la maleducazione altrui, ma piuttosto è stata la denuncia nei confronti degli impiegati statali!

Gianni lavora in un Ministero. Roma è la sede dei Ministeri e questi uffici forniscono probabilmente lavoro all’80% dei romani.  Il film denuncia la totale incapacità ed inutilità della maggior parte dei dipendenti. Il loro tempo passa, non lavorando, ma cercando di entrare nelle ”grazie”  dei ”gradi superiori” per ottenere dei benefici. Nel caso del film una ”direttrice” alla quale portavano persino a spasso il cane.   Oppure passano il tempo leggendo il giornale, telefonando,  prendendo il caffè, facendosi gli affari propri. Insomma … un quadro poco edificante nei confronti dei numerosissimi impiegati dei nostri Ministeri, che paiono più un gravoso onere per noi contribuenti,  piuttosto che un servizio.

Comunque … nell’insieme il film non è male.

Alla prossima

 

Elena

 

”MIA MADRE” – VOX FREJUS

Domenica 29 al Vox di Frejus è stato proiettato il film: ” Mia Madre”  di Nanni Moretti.

La sala era piena com un uovo, sono state persino aggiunte delle sedie in plastica per accogliere tutti quanti. Il film è stato introdotto da un breve saluto al pubblico del presidente del CIP (Club Italianisti di Provenza) Learco Calitri. Ci siamo stupiti del fatto che per la Francia fosse una ”prima assoluta”.

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Trama: – Ada (Giulia Lazzarini) è una mamma malata in ospedale e i suoi due figli, Margherita (Margherita Buy) ed il fratello (Nanni Moretti), si alternano al suo capezzale.  Margherita è una regista in crisi,  separata dal marito con una figlia liceale.  Il fratello è un ingegnere scapolo che, ”spaesato” dalla malattia della madre, prende un periodo di aspettativa per potersene occupare meglio. Ada è una insegnante in pensione che aiuta la nipote Livia, figlia di Margherita, con le traduzioni di latino, è una donna resa fragile dalla malattia ma vitale ed ostinata, costretta a passare da una camera d’ospedale all’altra man mano che la sua salute peggiora, ma che affronta, volente o nolente, la paura della morte ormai prossima.  I figli quando comprenderanno che il traguardo è vicino la porteranno a casa sua e staranno con lei, cercando di vivere il più normalmente possibile, fino all’ultimo momento. 

E’ impossibile per lo spettatore non identificarsi in quei due figli che pian piano prendono coscienza ed accettano quello che sta per accadere.  Nanni Moretti ha provato a trasmettere, riuscendoci perfettamente,  il dolore e l’inadeguatezza che si provano al cospetto della morte della propria madre. Tra l’altro la mamma di Nanni Moretti è davvero mancata recentemente, ed era una professoressa di lettere al ginnasio.

Si tratta quindi di un film autobiografico, ma il regista ha preferito ritagliare per se stesso la parte di un fratello presente, preciso, attento,  ma un po’ ”defilato, mentre la vera protagonista è Margherita.

Margherita che, guarda caso, fa la regista e dirige un film su licenziamenti e crisi economica. Una regista che si lascia andare a riflessioni tipiche di Moretti, come quando riprende un operatore di macchina che è stato morbosamente vicino ad una scena violenta e domanda ad un assistente: “Ma … Lui vorrebbe essere il poliziotto o l’operaio? Vuole picchiare o essere picchiato?

Oppure quando ai suoi attori ripete un’indicazione che li lascia ogni volta perplessi: “Devi interpretare un personaggio ma … tu attore devi pure stargli accanto”.  Frase questa che Moretti sostiene di dire lui stesso quando gira.

Comunque,  se un film per essere bello,  dicono debba fare sia piangere che ridere,  ebbene questo film ci è riuscito in pieno! Personalmente ho dovuto asciugarmi più di una lacrima … ma ho anche riso di cuore quando l’attore Barry (John Turturro) , simpatico confusionario, presuntuoso senza memoria, con una terribile pronuncia … è alla guida di una vettura il cui parabrezza è letteralmente coperto da telecamere …

Insomma, per farla breve, andate a vederlo! Ne vale proprio la pena!

 

Alla prossima

 

Elena