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IN NOME DEL PAPA RE

… E’ finita perché arrivano gli italiani …  No ! Arrivano gli italiani perché finita!  

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Ieri pomeriggio, assieme a Leonor, Barthè, Janine, Yvette, Jaqueline e Josiane, studenti della sezione italiana della Sasel,  siamo andati al Vox di Frejus a vedere ”In Nome del Papa Re”.

La proiezione fa parte del ciclo ”film in lingua italiana” del Club Italianiste de Provence (C.I.P.),  che ringraziamo per le sempre felici scelte.

E’ un film italiano del 1977 diretto da Luigi Magni. Un film storico e drammatico che si basa su un fatto reale, e che trae spunto dal romanzo: ”I segreti dei processi Monti e Tognetti” scritto da Gaetano Sanvittore.

Il film è il secondo di una trilogia iniziata con: ”Nell’anno del Signore (del 1969)  e conclusasi poi con il film:  ”In nome del popolo sovrano (del 1990) .

Tutti e tre mettono in evidenza il rapporto che l’aristocrazia romana aveva con il potere temporale del Papa, durante gli sconvolgimenti nel Risorgimento Italiano. Il Papato, in cambio della fede cattolica cristiana e del riconoscimento del papa come Re assoluto,  assicurava loro benefici e privilegi.  La nascita dell’Italia, o un qualsiasi altro cambiamento,  avrebbe sconvolto la loro placida e ”agiata” esistenza.

La trama:

Nell’ottobre del 1867,  la  Roma pontificia guidata da Pio IX , viene sconvolta da un attentato dinamitardo compiuto nelle fogne della caserma Serristori. Nell’attentato perdono la vita ventitré zuavi pontifici. I mercenari di provenienza francese, belga e olandese, che combattevano al servizio del pontefice.

La contessa Flaminia, madre biologica del rivoluzionario Cesare Costa, affidato per motivi di ”decenza’, alla povera famiglia Monti affinché lo crescesse, scopre che Cesare è tra gli arrestati.

Cesare è infatti accusato, insieme al fratellastro Giuseppe Monti e all’amico Gaetano Tognetti, di aver compiuto l’attentato.

La contessa si rivolge al giudice della Sacra Consulta Mons. Colombo da Priverno (interpretato da Nino Manfredi) affinché l’aiuti a salvare la vita di Cesare. Per vincere la resistenza del Monsignore gli confessa che è proprio lui il padre dell’arrestato, nato da una loro ”fugace” relazione nel 1849.

Il prelato, sconvolto da questa rivelazione,  riuscirà a liberare Cesare nascondendolo nella cantina della propria casa. Lo libererà grazie alla corruzione e all’abuso di potere … promettendo cioè di perorare la nomina a Vescovo del prelato che controlla le carceri. Quest’ultimo con un ”mellifluo” una ”mano lava l’altra” … gli promette di lasciar liberare il ragazzo.

Monsignor Colombo non riuscirà però a far nulla a favore degli altri due arrestati. Celebre l’arringa da lui tenuta con l’obiettivo di chiedere un gesto di clemenza da parte del Tribunale, nei confronti dei giovani Gaetano Tognetti e Giuseppe Monti. Il suo impegno oratorio non riuscirà a scalfire la mentalità ottusa degli altri componenti del Tribunale. Sconfitto non parteciperà alla votazione, mentre gli altri 11 giudici del tribunale ecclesiastico, voteranno per la condanna a morte dei due giovani.

Per questa arringa verrà pesantemente redarguito sia dal pontefice che dal potentissimo padre generale dei gesuiti – chiamato anche il ”papa nero”, tanta  era la sua influenza.

Il giovane Cesare alla fine non avrà salva la vita perché verrà comunque ucciso in un agguato teso dal marito della contessa che lo credeva il suo amante.

Monsignor Colombo romperà definitivamente i contatti con il generale della Compagnia di Gesù – il ”papa nero” –  rifiutandogli la Santa Comunione durante la Messa.

Il film mette bene in evidenza il declino del potere temporale e delle sue leggi nella Roma papalina. In seguito alla rivoluzionaria arringa di monsignor Colombo, uno degli anziani vescovi, che, ignorando il discorso,  si era addirittura addormentato al tavolo del tribunale, deve venir risvegliato dal sonno, per il tempo necessario a dire ”si’.  Senza nemmeno aver fatto lo sforzo di provar a pensare.

Il decadente e corrotto potere del Papa terminerà tre anni dopo, il 20 Settembre del 1870 con la presa di Roma attraverso la ”Breccia di Porta Pia”.

Nonostante il periodo cupo e travagliato che caratterizza storicamente i cambiamenti epocali, il film riesce ad essere in qualche maniera ”leggero” e divertente, grazie all’interpretazione di un grande Nino Manfredi, che, assieme al ”perpetuo” Serafino (Carlo Bagni) gioca sapientemente con l’umorismo disincantato e solare tipico dei romani.

Alla prossima

 

Elena