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Trino – Deposito nucleare: cosa c’è dietro il ritiro dell’autocandidatura?

TRINO. Il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi non sarà costruito in mezzo alle risaie del Vercellese. Dopo aver chiesto ed ottenuto da Governo e Parlamento una modifica legislativa che gli ha permesso di candidare, per la realizzazione del Deposito, il territorio di Trino già dichiarato inidoneo da Sogin e Isin, ed esattamente tre mesi dopo aver presentato l’autocandidatura, il sindaco Daniele Pane è stato costretto a ritirarla.
Il lungo pressing sulle istituzioni
Da anni Pane è convinto che la soluzione per lo stoccaggio del materiale radioattivo attualmente immagazzinato a Trino (in minima parte), a Saluggia e in altre decine di siti “temporanei”, oltre a quello che rientrerà dal ritrattamento all’estero e a quello prodotto per usi diagnostici e medicali, sia la costruzione del Deposito a Trino. Ne aveva già parlato nel 2019 in un convegno romano organizzato dalla Fondazione Farefuturo dell’attuale ministro Adolfo Urso, a cui aveva partecipato insieme al suo mentore Roberto Rosso. Ha continuato a coltivare questa ipotesi anche quando Trino – con la pubblicazione della CNAPI, prima tappa del percorso verso l’individuazione del sito – era stata esclusa dal novero delle aree potenzialmente idonee, fino a proporla ufficialmente intervenendo nel novembre 2021 al Seminario Nazionale sul Deposito organizzato da Sogin. E finalmente tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 – con un intervento alla Commissione Ambiente della Camera l’8 novembre 2023, e con l’invio di richieste scritte – ha ottenuto dal Governo amico (Pane è esponente di Fratelli d’Italia), che ha inserito nella norma una modifica ad hoc, la possibilità di candidare Trino. Il 12 gennaio scorso, poche ore dopo la conclusione di una lunga seduta del Consiglio comunale, ha riunito la Giunta, ha deliberato e ha inviato a Sogin la pec con l’autocandidatura.
Tre mesi di mobilitazione
Fin da dicembre, da quando si era capito che il ministro (piemontese) Gilberto Pichetto Fratin aveva inserito nel decreto-legge 181 il comma ad Tridinum richiesto da Pane, tra basso Vercellese e Monferrato i cittadini hanno cominciato a mobilitarsi contro la (possibile, poi dichiarata) autocandidatura. E’ nato il Comitato Tri-No, che ha coordinato i gruppi spontanei sorti in vari centri, ha superato il migliaio di iscritti, ha supportato una petizione con oltre cinquemila firme e ha instancabilmente organizzato incontri informativi in molti paesi della zona. Legambiente il 3 febbraio ha organizzato una manifestazione che ha toccato il Principato di Lucedio, la centrale “Galileo Ferraris” e il centro storico di Trino.
Pronti i ricorsi
Il sindaco Pane ha sempre snobbato con ostentazione le obiezioni delle associazioni ambientaliste, del Comitato Tri-No e delle forze politiche che gli chiedevano di ritirare l’autocandidatura. Forte dell’appoggio della sua maggioranza in Consiglio comunale, attendeva che Sogin certificasse l’idoneità del già scartato sito di Trino. Ha però cominciato a preoccuparsi quando, ai primi di marzo, è risultato chiaro che contro la sua delibera di autocandidatura sarebbero stati presentati diversi ricorsi amministrativi: dalle associazioni ambientaliste (Legambiente dispone di un proprio Centro di azione giuridica) e dal Comitato Tri-No, certo, ma anche da alcuni agricoltori e, soprattutto, da almeno una decina di Comuni circostanti, i cui sindaci si erano già riuniti a Crescentino e avevano deciso di affidare congiuntamente l’incarico allo studio dell’avvocato Paolo Scaparone, già docente di Diritto amministrativo all’Università di Torino. Battaglie legali su più fronti che avrebbero coinvolto il Comune di Trino per lunghi mesi, se non addirittura anni.
Correzione “fraterna”
Ma a costringere Pane a ritirare l’autocandidatura sono stati, in alcuni concitati conciliaboli che hanno preceduto di poche ore la riunione di Giunta – convocata in tutta fretta e tenutasi in videoconferenza – di martedì 12 marzo, soprattutto alcuni influenti esponenti della coalizione di destra e, in particolare, del suo partito. L’autocandidatura del Comune di Trino infatti, decisa da Pane senza consultarsi con i maggiorenti di Fratelli d’Italia e con gli altri amministratori della zona (in gran parte alla guida di Giunte di destra), stava creando grossi problemi alla coalizione e al partito: il malcontento stava crescendo, anche tra la popolazione e tra alcuni “grandi elettori” dei partiti attualmente al governo del Paese, della Regione, della Provincia e della città di Vercelli. A tre mesi dalle elezioni europee, regionali e amministrative (di Vercelli, Crescentino, Cigliano ecc.) nelle quali Fratelli d’Italia auspica di raddoppiare i consensi rispetto a cinque anni fa, il partito non poteva permettersi né di sostenere né di ignorare (come per qualche settimana ha tentato di fare) la dirompente iniziativa del suo rampante esponente Daniele Pane. E così, accerchiato dal sottosegretario Andrea Delmastro, dal consigliere regionale Carlo Riva Vercellotti, dal presidente della Provincia vercellese Davide Gilardino e dal sindaco casalese (e probabile candidato al Consiglio Regionale) Federico Riboldi, Pane ha dovuto capitolare. Non per nulla, alla conferenza stampa del giorno successivo in municipio a Trino, il partito gli ha affiancato come “badante” proprio Gilardino, in rappresentanza di tutti i Comuni della provincia contrari all’autocandidatura.
Una delibera che gronda falsità
Anziché limitarsi a deliberare la revoca (alcuni giuristi ritengono che sarebbe stato preferibile l’annullamento) della delibera di autocandidatura del 12 gennaio, nella relazione che precede il dispositivo di deliberazione il sindaco Pane – con la mano evidentemente guidata dalla rabbia e non da una ponderata valutazione dei fatti – ha infilato una serie di affermazioni oggettivamente false.
Innanzitutto Pane scrive che la richiesta di «rivalutazione del territorio di Trino» è «l’unica scelta allo stato percorribile ai fini dell’accelerazione del processo di realizzazione del deposito». Affermazione falsa: l’introduzione – chiesta e ottenuta da Pane – nel decreto 31 del 2010 della possibilità di autocandidature da parte di aree già valutate come non idonee (e quindi la necessità di predisporre una CNAA, Carta Nazionale delle Aree Autocandidate) non ha accelerato, bensì rallentato la procedura già in corso, che prosegue con i passaggi previsti dall’art. 27 del decreto dopo la pubblicazione della proposta di CNAI (risalente al 13 dicembre 2023): «il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, con proprio decreto, di concerto con Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, approva la CNAI, con il relativo ordine di idoneità. La CNAI è pubblicata sui siti della Sogin, dei suddetti Ministeri e dell’Agenzia».
L’autocandidatura di Trino si è inserita come una zeppa in questo lineare percorso previsto fin dal 2010 e di fatto lo ha bloccato perché ha aperto la procedura di CNAA e, come ha spiegato il funzionario ministeriale Nicola Ippolito – invitato proprio da Pane al Consiglio comunale dell’11 gennaio – «i Comuni della CNAI rimangono in attesa: o è l’una o è l’altra; solo se la procedura CNAA viene interrotta si torna alla CNAI».
Checché ne dica Pane, quindi, l’autocandidatura del Comune di Trino non ha portato alcuna «accelerazione», anzi: dal 13 dicembre sono trascorsi più di tre mesi, e proprio a causa dell’inserimento di Trino – funzionale all’apertura del percorso CNAA – non sono stati fatti dal Governo ulteriori passi verso l’approvazione della CNAI, atto necessario per i successivi passaggi previsti dal decreto al fine dell’individuazione del sito tra i 51 selezionati. Ora che l’autocandidatura di Trino è saltata occorre che Sogin, enti locali, associazioni e cittadini esaminino con attenzione le caratteristiche dei siti inseriti nella CNAI: ed è ciò che si poteva e doveva fare fin dal dicembre scorso, se non fosse stata messa in campo da Pane la turbativa dell’autocandidatura.
In un altro punto della delibera di revoca, poi, il sindaco Pane afferma che «diversi Comuni sia della provincia di Vercelli che di Alessandria, i presidenti delle Province di Vercelli e di Alessandria e quello della Regione Piemonte nonché alcune associazioni ambientaliste hanno evidenziato di non condividere alcun metodo previsto dalla vigente normativa per l’individuazione del sito idoneo per la realizzazione del Parco Tecnologico e del Deposito Unico Nazionale».
Anche questa affermazione è oggettivamente falsa. Comuni, Province, Regioni e associazioni ambientaliste hanno attivamente partecipato alla procedura per l’individuazione del sito idoneo, tanto che nel 2021 hanno inviato puntuali e dettagliate «osservazioni e proposte tecniche» a Sogin dopo la pubblicazione della CNAPI e hanno partecipato al Seminario Nazionale: osservazioni e Seminario espressamente previsti dalla normativa (il già citato decreto del 2010). Quanto alle associazioni ambientaliste, poi, sono state proprio loro, fin dal 2017, a collaborare alla stesura del “Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi”, tuttora reperibile sul sito internet del Ministero dell’Ambiente: Programma in cui si prevede espressamente la necessità della realizzazione di un Deposito Nazionale. Come si può, sulla base di tutto ciò, accusare gli ambientalisti di non «condividere il metodo»?
A non «condividere il metodo» per l’individuazione del sito per il Deposito, ed anzi a cercare di “minarlo” introducendo – tredici anni dopo l’approvazione del decreto – la possibilità di rivalutazione di siti già giudicati inidonei, è sempre stato soltanto Pane, che ora accusa di ciò le altre istituzioni e le associazioni ambientaliste. E’ il tipico caso di bue che dà del cornuto all’asino, ma il problema è che Pane lo fa non nella stalla ma in una delibera del Comune che amministra.
Infine Pane, anche in questo caso spinto dal livore verso coloro che l’hanno costretto al clamoroso dietrofront, sempre nella delibera di Giunta del 12 gennaio scrive che è «in capo ai soggetti che si oppongono» all’autocandidatura «la responsabilità di ogni conseguenza negativa dovesse derivare» dalla permanenza dei rifiuti radioattivi a Trino «stoccati in un deposito temporaneo».
Anche in questo caso al sindaco fa difetto la memoria. Pane dimentica che proprio questi soggetti – in primis le associazioni ambientaliste e il comitato locale – sono coloro che negli ultimi vent’anni hanno sollecitato lo smantellamento della centrale nucleare “Fermi”, hanno vigilato sul cosiddetto decommissioning e hanno ottenuto – fin da quando lui nemmeno era ancora sindaco – l’istituzione di una commissione comunale ad hoc, che più volte ha convocato Sogin a riferire sull’andamento dei lavori di smantellamento. Commissione che Pane, da quando è stato rieletto, nonostante le sollecitazioni non ha mai convocato.
Dimentica inoltre che proprio nella seduta consiliare dell’11 gennaio scorso lui e la sua maggioranza hanno respinto una mozione, redatta dalle associazioni ambientaliste e proposta dal gruppo consiliare di minoranza, intitolata “Liberare definitivamente il territorio di Trino dalla presenza di materiali radioattivi”, e che impegnava il sindaco e la Giunta
- a sollecitare il Governo a proseguire rapidamente nell’iter per l’individuazione del sito per il deposito nazionale, valutando le caratteristiche dei 51 siti contenuti nella Cnai, in modo da liberare quanto prima Trino dalla presenza di materiale radioattivo sul proprio territorio;
- a sollecitare Sogin ad aggiornare il cronoprogramma dei lavori di smantellamento dell’ex centrale nucleare “Fermi”, che vanno avanti da 25 anni con enorme dispendio di denaro pubblico, in modo da pervenire quanto prima alla situazione di brown field e predisporre il materiale radioattivo al trasferimento al deposito nazionale, da realizzare in un sito che risponda ai criteri della citata Guida tecnica n. 29.
E’ evidente che un sindaco dimostratosi sordo a tutte le iniziative propostegli per accelerare la liberazione di Trino dalla presenza di materiale radioattivo non può attribuire, con una delibera, la «responsabilità di ogni conseguenza negativa» di tale presenza proprio ai soggetti che da anni stanno lavorando in senso opposto.
Triste, solitario y final
Daniele Pane si sta rendendo conto, in questi giorni, che il ritiro a furor di popolo della sua delibera che candidava Trino ad ospitare il Deposito Nazionale non costituisce per lui soltanto una sconfitta su questo punto, ma è il sintomo di un malcontento che potrà avere conseguenze molto più ampie. Con la sua battaglia solitaria per ottenere da Governo e Parlamento la possibilità di autocandidatura (e poi con le conseguenti delibera e pec) Pane ha scavato un solco profondo tra sé e buona parte dei cittadini di Trino, che l’avevano recentemente rieletto con una percentuale bulgara, e inoltre ha indispettito i colleghi amministratori di città e paesi del circondario: sia quelli del suo partito che quelli delle altre forze politiche e delle liste civiche. La richiesta che Pane si dimetta da presidente dell’associazione di Comuni “Borghi delle vie d’acqua”, avanzata a febbraio da Carlo Bailo sindaco di Bianzè e di cui stanno discutendo altri primi cittadini della zona, è il primo risultato dell’evidente disconnessione di Pane dal territorio e dalle sue istituzioni, e del crollo di fiducia che la sua iniziativa – concordata con Roma ma non con il Vercellese e il Monferrato – ha comportato.
L’autocandidatura per ospitare il Deposito alla fine è saltata, ma per il “nuclearista” Pane – e per le sue ambizioni di carriera politica: fare il sindaco di Trino è soltanto il primo gradino – si è rivelata un boomerang. Il ragazzo è ambizioso e cercherà di recuperare, ma in un partito rampante qual è Fratelli d’Italia, dove in tanti dal Vercellese e dal Monferrato sgomitano per arrivare in Regione o in Parlamento, ora parte più indietro.
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Fonte: La Voce

Cucini tu o … preferisci l’abbonamento mensile al ristorante?

E’ interessante osservare come, nell’arco di una sola esistenza,  il ‘’mondo’’ cambi.

Ma d’altronde, le esigenze di vita si modificano in base al ritmo della vita stessa.

Oggi le donne lavorano tutte, quindi il tempo dedicato alla ‘’cura della famiglia’’, diminuisce per forza di cose.

Le donne di oggi poi … non sono più quelle di 30/40 anni fa. 

Oggi le donne che lavorano pretendono, giustamente, che il loro compagno condivida con loro i ‘’carichi’’ della casa e della famiglia.  Ecco quindi che i papà odierni sono tanto diversi da quelli dei ‘’miei’’ tempi.

Ho lavorato per tanti anni ed ero Assistente di Direzione in una grande compagnia automobilistica. Il mio orario era ‘’pesante’’, sapevo quando entravo in ufficio ma mai quando ne sarei uscita. Utilizzavo, l’ora di intervallo che mi era concessa, per correre al mercato poco lontano, per fare la spesa. Per fortuna avevo un frigorifero in ufficio, il cui scopo principale era quello di ospitare dei ‘’rinfreschi’’ da utilizzare durante le riunioni.  Il mio ‘’Capo’’ però ci trovava dentro, quando andava ad aprirlo per bere qualche cosa:  pesce, carne, formaggio e frutta. 

Mi guardava … ci facevamo una risata e la cosa finiva lì. Spesso mi chiedeva che cosa contavo di cucinare la sera, glielo spiegavo e passavamo tranquilli qualche minuto, prima che al ”Grande Boss” all’ultimo piano, venisse in mente qualche cosa.

Ma non voglio parlare del mio lavoro, ma bensì del fatto che oggi, la ‘’cucina’’ di casa, quella di ‘’tutti i giorni’’ sembra essere diventata merce rara.

Il dramma è che questo non è, come dovrebbe essere, il ”lavoretto” degli studenti per arrotondare. Sta diventando un lavoro vero e proprio.

Oggi si telefona a ‘’qualcuno’’, si ordina quel che si vuole mangiare e ‘’qualche povero disperato’’, sia estate che inverno,  sia che piova o faccia sole, arriva in bicicletta e te lo consegna direttamente in casa tua, davanti alla tua porta di casa, abitassi anche al 10° piano!

A questa persona, spessissimo non si dà nemmeno una ‘’mancia’’ in quanto è ‘’tutto compreso’’!

Personalmente mi vergognerei di fare una cosa simile, soprattutto sapendo come sono ‘’inquadrate’’ sindacalmente queste persone!

Considerata l’accoglienza del locale ovvio che preferirei ordinare telefono e farmi portare i ”pasti” a casa …

Considerato questo ‘’andazzo’’ al ristorante Weedoo di Limena –  in provincia di Padova –  nel Veneto, hanno avuto un’idea!  Visto che la gente non ha voglia di cucinare e fare la spesa, ecco che, i titolari di questo ristorante,  si sono inventati la formula:  ‘’abbonamento mensile’’ per mangiare a volontà al ristorante.  Cioè, i clienti, pagando una tariffa fissa di 149 euro al mese,  potranno mangiare e bere a volontà.

L’esperimento durerà 6 mesi, dopo di che si vedrà se continuare l’esperimento oppure no.

 In fondo, in un mondo in cui si usano ‘’tariffe mensili’’ per tutto, vedi per esempio:  telefono, Internet, ‘’Pay TV’’ , auto in leasing … perché mai non farlo anche per il pranzo o la cena?

Da un punto di vista prettamente economico,  specie se ”single”,  sarà anche conveniente. In fondo fare la spesa costa, sia in termini di tempo che economici. 

Pensate allo stoccaggio di alimenti base a lunga conservazione che teniamo in casa come: olio, burro, zucchero, farina, pasta, etc …utilizzando questo sistema non si è più vincolati alla spesa alimentare al supermercato.

Basta cucinare! A casa all’ora di pranzo o cena si alza la cornetta e via … qualcuno ti porta tutto a casa belle e fatto!

Che dire? Mah … non saprei. 

Trovo strano che, in un mondo in cui, accendendo la TV , non si vedono altro che personaggi come ‘’Giorgione’’ che spignattano dal mattino alla sera, le persone normali abbiano invece smesso di farlo. 

Forse sarà perché appartengo ad una generazione ‘’morta e passata’’ ma, nonostante lavorassi, non mi sarei mai sognata di chiedere a mio marito, che lavorava con orari ancora peggio dei miei, di fare la spesa, o di fare i letti, o di stendere, o di stirare, o di cucinare.

Per quanto su quest’ultimo punto, lo avrebbe fatto sicuramente meglio di me, visto che come ‘’cuoca’’ non è che io sia poi chissà che cosa. 

Erano ‘’compiti’’,  quelli sopra elencati, che spettavano a me e, anche se aspettavo con ansia il week-end, mi sembravano normali. 

Mi domando: ‘’Ma che cosa se ne fanno le famiglie odierne di cucine galattiche con tre forni: elettrico, microonde,  vapore se non cucinano una cippa?  A cosa servono immensi frigoriferi-congelatori di ultima generazione se dentro ci tengono il sacchetto delle patatine?

Oggi trovare una donna che sappia fare un orlo ad una gonna o ad un paio di pantaloni in maniera decente è merce rara, tra un pò non sarà nemmeno più capace di far bollire un uovo sodo.

Mah … 

Proprio vero che i ‘’vecchi’’ tendono a ‘’frenare’’ l’innovazione. Eppure, noialtri, all’ora di cena, ci si sedeva tutti assieme attorno alla tavola, io mettevo nel centro quello che avevo preparato e, davanti ad un piatto cucinato in casa, ci si chiedeva l’un l’altro come aveva passato la giornata. Noi non abbiamo mai avuto la TV in cucina, proprio per poter parlare tra noi. La TV la si guardava assieme in un’altra stanza.

Poi i figli sono cresciuti e se ne sono andati ognuno per la propria strada, ma noi due continuiamo a sederci a tavola, all’ora di pranzo o di cena, senza televisione e ci scambiamo le idee della giornata davanti ad un piatto cucinato o da me o da mio marito. 

Quando saremo ‘’vecchi’’ e ‘’rimbambiti’’ forse … telefoneremo a qualcuno per farci portare il pranzo o la cena.

Alla prossima

Elena 

 

L’ ILVA e la ”gestione ricatto” …

… l’unica che sappiamo fare purtroppo. Il caso ILVA è ovviamente uno dei tanti casi ‘’difficili’’ del nostro paese.

Da una parte si lotta con quelli che non vogliono l’inquinamento che provoca e che vorrebbero smantellare tutto e vivere di ‘’turismo’’, come quel ‘’genio’’ di Grillo per esempio.

Peccato che per fare una cosa simile, specie con le tempistiche italiche avremmo bisogno di almeno 30 anni, minimo, e nel frattempo i 14,000 che lavorano grazie  all’ILVA dove mangerebbero? Mah … gli diamo il reddito di cittadinanza?

Ma la domanda giusta sarebbe: ‘’Perchè non hanno risolto il problema inquinamento ‘prima’ di venderla a degli stranieri”? 

Adesso facciamo i ‘’difficili’’ … tutti si interessano a questa questione … ma il fatto di perdere la più grande acciaieria d’Europa non ci disturbava ‘’prima’’?  

Possibile che noialtri, che ci fregiavamo del possedere la più grande acciaieria europea, non siamo stati in grado di mettere in sicurezza le polveri derivanti dalla lavorazione, che sono le maggiori cause per la salute di chi abita in zona?  Ma … non sarebbero bastati dei capannoni chiusi? Certo che sarebbero bastati! E allora? Perchè non li abbiamo fatti? Erano ‘’brutti’’? Deturpavano l’ambiente? 

Dei capannoni che trattengono le polveri quando c’è vento sarebbero stati sufficienti. Ma manco quello …

Adesso che il gruppo indiano Arcelor ha acquistato l’Ilva,  che noi non eravamo in grado di gestire in maniera ‘’civile’’ , ma che inquinavamo e morivamo tutti di cancro … mò  vogliamo che Arcelor, che perde 30 milioni di euro al mese, perchè l’Ilva non lavora a massimo regime per via del commissariamento ambientale … mò gli chiediamo ulteriori ‘’sforzi’’ per il risanamento dell’ambiente e maggiori ‘’tutele’’ per i nostri lavoratori. Che faccia di ‘’tolla’’! 

Giusto gli ‘’indiani’’ ci danno retta … secondo me gli facciamo ‘’pena’’ …  pensate ad un gruppo del Nord dove ci manderebbe … così per dire. 

Dunque … ricapitolando, non siamo stati capaci di gestire una cippa … abbiamo perso il ‘’treno’’ anche dell’acciaio … non abbiamo praticamente più niente di ‘’grande industria’’, eravamo nella situazione del: ‘’O lavoriamo e moriamo di cancro  … oppure non moriamo di cancro ma di fame’’. Adesso che gli indiani hanno acquistato, vincendo una gara,  noi pretendiamo che: ‘’Non licenzino nessuno … anzi che assumano e che bonifichino, altrimenti gli facciamo ‘’saltare l’accordo di acquisto’’. 

Se voi foste i proprietari di Arcelor cosa fareste?  La nostra lungimiranza in politica industriale ed economica si direbbe più simile al ‘’ricatto’’  che alla ‘’gestione moderna’’. 

Vabbè che gli acquirenti sono ‘’indiani’’ … quindi un accordo, ‘’magari finto’’ lo si troverà per far contenti capra e cavolo almeno sulla ‘’carta’’, poi … si ‘’vedrà’’. 

A cosa serve a noialtri la ‘’sovranità nazionale’’? A cosa? Ad andare a Pontida vestiti come Robin Hood e con le corna in testa?  Oppure ad andare nelle piazze a fare i ‘’vaffaday’’ bevendo pintoni di vino rosso? 

Mah … 

Alla prossima

Elena 

 

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ILVA … verrebbe da ”ridere” se non ci fosse invece da …

Riforme Costituzionali e … ”Facite ammuina” !

”Facite ammuina” e … le ”riforme costituzionali” …

”Facite Ammuina” in dialetto napoletano significa letteralmente: ”fate confusione” !

A proposito di questa frase, molti sostengono si tratti di un ”falso storico”. Un falso spacciato erroneamente per un comando contenuto nel Regolamento da impiegare a bordo dei ”Legni e dei Bastimenti della Real Marina del Regno delle Due Sicilie”.

Secondo alcuni storici invece questa frase trae origine da un fatto realmente accaduto dopo la nascita della Regia Marina Italiana.

433px-Facite_ammuinadocumento ”pescato” in rete … sarà vero? Mah …  

Un ufficiale napoletano, un certo Federico Cafiero, passato ai piemontesi già durante l’invasione del Regno delle Due Sicilie, (°) fu sorpreso, durante un’ispezione, a dormire pacificamente a bordo insieme al suo equipaggio. Per questo motivo fu messo agli arresti da un ammiraglio piemontese per indisciplina!

Scontata la pena l’ufficiale fu rimesso al comando della sua nave dove pensò bene, per evitare altre noie con i ”pignoli” ammiragli piemontesi, di istruire il proprio equipaggio a “fare ammuina”!

Fare ammuina, consisteva nel produrre il maggior rumore e confusione possibile, ogni volta che si fosse presentato un ufficiale superiore. Questo rumore serviva, prima cosa, ad essere avvertito nel caso stesse dormendo e contemporaneamente a dimostrare l’operosità dell’equipaggio.
Gli ordini erano di questo tipo: tutti quelli in cambusa salgano sul ponte … tutti quelli sul ponte scendano in cambusa … tutti quelli a poppa vadano a prua, e tutti quelli a prua vadano a poppa, il tutto gridando ordini e vociferando! Fatto questo, si ricominciava daccapo! Tutto ‘sto tramestio dava l’impressione che ci fosse a bordo un’enorme attività, anche se ovviamente in realtà non stessero facendo proprio nulla, se non perdere tempo.

Questo ordine di ”facite ammuina” mi richiama alla mente un po’ le ”riforme” che il nostro Paese ha messo in cantiere.
Sempre di più mi paiono soltanto ”tanta confusione” … tanto ”fumo negli occhi” … per far vedere al resto dell’Europa che ”stiamo finalmente facendo qualche cosa” … mentre in realtà ”che” cosa effettivamente si stia facendo e quali saranno i risultati lo sanno in pochi.

Non si possono fare delle riforme costituzionali alla ”carlona” tanto per far vedere che ”si sta facendo qualche cosa” … non possiamo ”fare ammuina” in questo caso … non possiamo!

Alla prossima

Elena

 

 

(°) Il Regno delle Due Sicilie, sotto i Borboni, fu uno Stato sovrano dell’ Europa meridionale esistito tra dicembre 1816 e il febbraio 1861 nascita dell’Unità d’Italia.