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Tassisti UBER e tassisti tradizionali, due ”mondi” in conflitto!

Noi si vuole distruggere la lobby delle armi … del petrolio … della finanza … delle multinazionali … in compenso non ci passa nemmeno per la testa il ”rivedere” la lobby dei tassisti.

Perché? Ma perché ”sentiamo a pancia” che sono dei poveri cristi come noialtri e non ce la sentiamo di tartassarli! E’ come tartassare chi ha i ”banchi sul mercato”! Siamo onesti, con quello che combinano le multinazionali, come facciamo a prendercela con chi ”si arrangia”?

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Eppure a favore di UBER ci sono un sacco di cose.

Uber per esempio aumenta enormemente la dimensione del mercato dei trasporti a pagamento. E non lo fa riducendo il compenso del guidatore, ma riducendo i tempi morti. L’inefficienza vera è data dal tempo che un tassista passa a girarsi i pollici aspettando delle chiamate. Più questo tempo viene ridotto dalla tecnologia, più ci guadagnano sia il guidatore che il passeggero.

Questa espansione del mercato aumenta l’occupazione – nella sola città di Chicago ci sono 30mila nuovi guidatori Uber, a vantaggio ovviamente di chi più fatica a trovare lavoro, ad esempio le persone di colore  e le donne. Un terzo dei guidatori Uber sono infatti donne, spesso mamme  che, grazie a questo lavoro, possono coordinare gli orari in funzione delle necessità dei loro figli.

Inoltre una guidatrice intervistata ha detto di sentirsi più protetta perché fa salire solo clienti che sono ”preventivamente identificati” – devono infatti registrare la loro carta di credito, come avviene in tutti gli Hotel americani. Se negli USA non gli dai prima il numero della carta di credito, devi pagare tutto in anticipo.

Da noi si è diffidenti a dare il numero della carta di credito anche al ristorante, figuriamoci ad un tassista!

E comunque negli USA Uber ha avuto successo anche perché Obama,  aveva incaricato un esperto di regolamentazione,  Cass Sunstein,  di eliminare con un unico atto, tutte le regole inutili e tutte quelle il cui unico scopo mirava a proteggere una piccola casta.

Tutto questo può sembrare ”positivo”!  In fondo in questo modo molti potrebbero trovare lavoro e guadagnare dai 1000 ai 1500 euro al mese. Sarebbe un ”toccasana” per tutti i nostri giovani disoccupati, che sono proprio tanti.

Ma … cosa ne facciamo dei ”vecchi tassisti”? Non è che dall’oggi al domani possiamo dar loro un ”calcio” e dire: ”Ciao la tecnologia ti ha sostituito, non servi più”!”

Per essere onesti questo è quello che è stato detto ad operai e negozianti … categorie sempre più ”striminzite” nel ”ricco occidente”.

Per i tassisti,  c’è un altro enorme problema! Le licenze i tassisti italiani le pagano!

Per aprire l’attività di tassista è necessario essere provvisti di una licenza, di un’auto e di un tassametro. Il numero di licenze sono stabilite dal Comune in misura fissa. In teoria (e qui viene il bello) si dovrebbe accedere alle licenze attraverso un ”concorso” ma, in realtà,  sono al centro di una continua compravendita!

Vi sembra normale? Ma lasciamo perdere …

Per ogni Comune esiste un vero e proprio ”mercato di compravendita” delle licenze. In base al Comune queste licenze hanno delle quotazioni più o meno fisse. Per una licenza a Milano o a Roma sono necessari tra i 150.000 euro e i 170.000 euro. Per una licenza a Firenze si arriva a 300.000 e in città del nord est  circa 200.000. A Napoli qualcosa in meno ma stiamo sempre sopra i 100.000.

In genere un tassista, attraverso un mutuo, acquista licenza e auto, e in 15 anni rientra dell’investimento restituendo tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese. Ma le licenze, sono diventate per molti tassisti una forma di TFR. Infatti, generalmente, un tassista quando decide di andare in pensione, vende la sua licenza.

Quindi ricapitolando, ci sarebbe un concorso da sostenere … ma tutti fanno orecchie da mercante e ”comprano” invece le licenze da altri.

Ma … nessuno controlla mai niente in ‘sto Paese?

Comunque detto questo, è ovvio che chi paga 100.000 euro per acquistare una licenza o ”ereditarla” dal papà … non è contento che appaia un ragazzino di 20 anni con la sua vetturetta pulita ed il suo telefonino e gli porti via il lavoro.

Eppure Uber creerebbe lavoro per i giovani … ma ai tassisti chi rimborsa il costo di una licenza ”comprata” senza fare il previsto concorso?

Meditiamo gente … meditiamo …

Alla prossima

 

Elena

 

 

http://www.taxi.it/normativa/8-decreto-bersani-legge-4-ago-2006-n248

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

”WAG” … una sorta di ”UBER” per cani …

Per chi non ha il tempo per portare a spasso ”Fido” tutti i giorni, negli Stati Uniti esiste un’applicazione ideale, una sorta di ‘Uber’ per i cani.  Si chiama ‘Wag!’ e con pochi click consente di ‘noleggiare’ il servizio di una persona che porti il proprio cane a fare una passeggiata.

wag_0Sullo smartphone – strumento ormai indispensabile per la vita quotidiana, chi non lo possiede è considerato alla stregua di ”figlio di un Dio minore” –  i proprietari dei cani potranno conoscere in ogni momento il percorso svolto grazie alla posizione in tempo reale indicata su una mappa. Il servizio non è gratuito ovviamente ma costa ben 20 dollari per una passeggiata di mezz’ora e  30 dollari per un’ora. La trovata geniale di ”marketing” (alla Casaleggio per intenderci)  è che per ogni miglio percorso dal cane vengono donati 10 centesimi a un’associazione che si occupa dei migliori amici dell’uomo.  Quindi chi lo utilizza si sente anche un ”benefattore”! Cosa volere di più? Oltre a delegare le faccende ”scomode” si fa pure del bene! Per ora il servizio è disponibile solo a San Francisco, Los Angeles e New York, ma in futuro potrebbe ampliarsi e di sicuro arrivare qui da noi che amiamo tantissimo scimmiottare gli altri.

Ma vi rendete conto? Ci si compra un cane e poi non si ha nemmeno il tempo per portarlo a spasso!  Quindi che cosa si fa? Si telefona ad uno sconosciuto e gli si chiede di portarlo a sgranchirsi le zampe.

Prima o poi arriveremo a fare la stessa cosa con i figli. Dobbiamo andare a prenderli a scuola? Non possiamo? Perché scomodare la nonna impegnata a quell’ora a far ”pilates”? Ormai le ”nonne” sono molto impegnate, finiti i tempi di quando facevano i ”ragù” per i figli che lavoravano, facevano orli e rammendavano calzini. Ora la ”famiglia moderna” previo ”smartphone, manda un messaggio a qualche perfetto sconosciuto e gli affida serenamente il cane e … prossimamente, se le cose continueranno di questo passo, gli affiderà anche i propri figli!

Queste soluzioni sono  ”comode ed utili” di sicuro, ma segnalano un malessere. Il malessere della solitudine. Nel caso non si possa fare una qualunque cosa personalmente, siamo costretti a rivolgerci a perfetti ”sconosciuti” … perché attorno a noi, la famiglia, si è completamente ”sfaldata”. Che dire? Mah …

Alla prossima

 

 

Elena

TECNOLOGIA DIGITALE E … GIOVANI MILIARDARI

Non solo Zuckerberg … ecco i cinque neomiliardari under 40 della Silicon Valley …

Mark Zuckerberg è il simbolo della ricchezza giovane! Il creatore di Facebook svetta nella classifica dei “miliardari ragazzini” con i suoi oltre 35 miliardi di dollari. Ma non è l’unico. Ecco le storie dei nuovi Paperoni hi-tech californiani e le idee che hanno cambiato le loro vite.

Jan Koum (39 anni): 7,7 miliardi di dollari con WhatsApp – Nato a Kiev nel 1976 da una famiglia ebraica, è ceo e co-fondatore (con Brian Acton) di WhatsApp, l’app di messaggistica mobile multipiattaforma acquistata da Facebook nel febbraio dell’anno scorso per 19 miliardi di dollari. Approda in California nel 1992 con la madre e la nonna, tutti poverissimi, trovando lavoro come uomo delle pulizie in una drogheria. Appassionato di programmazione, si iscrive all’Università statale di San Jose lavorando nello stesso tempo per Ernst & Young come security tester. Nel 1997 viene assunto a Yahoo!, dove lavora fino al quando, nel gennaio 2009, gli si accende la lampadina di WhatsApp giocando con un iPhone. Suo padre non ha seguito la madre ed è morto in Ucraina nel 1997.

Jan-Koum-AFP-khfD--672x351@IlSole24Ore-Web Jan Koum

2. Dustin Moskovitz (30 anni): 7,7 miliardi di dollari con Facebook – L’ex compagno di stanza di Zuckerberg all’università di Harvard, nato otto giorni dopo Mark, è il più giovane super-ricco del mondo. Di famiglia ebraica, “dropout” come tutti i golden boy della Silicon Valley, abbandona l’università per seguire Mark a Palo Alto e aiutarlo a sviluppare il social network più famoso del mondo, di cui è co-fondatore. Nel 2008 lascia Facebook (pur detenendo il 6% delle azioni) per dare vita a una serie di start up, tra cui Asana. Tre anni dopo, assieme alla moglie Cari Tuna (ex giornalista del Wall Street Journal) segue le orme di Gates fondando Good Ventures, ricca fondazione filantropica privata.

Dustin-Moskovitz-AFP -kYOI--672x351@IlSole24Ore-Web Dustin Moskovitz

3. Travis Kalanick (38 anni): 5,3 miliardi di dollari con Uber – E’ il padre di Uber, l’app che connette passeggeri e autisti in tutto il mondo bypassando i taxisti. Anche lui è un “dropout”: nato a Los Angeles, nel 1998 abbandona gli studi di ingegneria informatica alla Ucla, l’Università della California, per fondare con alcuni amici Scour (motore di ricerca multimediale) e Scour Exchange (servizio peer-to-peer), quest’ultimo fallito nel 2000. Travis ci riprova con Red Swoosh, un’altra peer-to-peer file sharing company, venduta nel 2007 ad Akamai Technologies per 19 milioni di dollari. Ma il trionfo arriva con Uber, di cui Kalanick è co fondatore assieme a Garrett Camp.

Travis-Kalanick-AFP-kKHE--672x351@IlSole24Ore-Web Travis Kalanick

4. Sean Parker (35 anni): 5,2 miliardi di dollari tra Napster e Facebook – Cofondatore di Napster, Plaxo e Causes, è stato il primo presidente di Facebook. Nato a San Francisco nel 1979, impara a programmare all’età di sette anni grazie a suo padre. A sedici anni è già un discreto hacker e a vent’anni fonda Napster, il pioniere del file-sharing, che durerà due anni prima di essere sepolto sotto la valanga di cause legali delle case discografiche americane. Amico e consulente dei fondatori di Facebook, nel 2004 diventa presidente del social network per poi essere costretto alle dimissioni dopo l’arresto per possesso di cocaina. Dal 2010 è nel board di Spotify, dove ha investito 15 milioni di dollari. Ha donato 100mila dollari durante una campagna per legalizzare la marijuana in California.

sean-parcker-kQqC--672x351@IlSole24Ore-Web Sean Parker

5. Elizabeth Holmes (31 anni): 4,5 miliardi di dollari con Theranos – Nata a Washington nel 1984, Elizabeth è la donna under 35 più ricca del mondo. A nove anni inizia a imparare il Mandarino e da teen-ager trascorre alcuni anni della sua vita in Cina. Nel 2002 si iscrive a chimica a Stanford. Ma poco dopo, a 19 anni, affascinata dalla telemedicina, lascia l’università per fondare la sua società, Theranos. Elizabeth inventa un innovativo sistema di prelievo sanguigno che elimina l’utilizzo di siringhe e prelievi massicci, sostituendoli con una piccola e indolore puntura sul polpastrello, con prelievo di una goccia di sangue. I finanziatori si fanno avanti per irrobustire l’azienda a colpi di centinaia di milioni di dollari (tra loro c’è Larry Ellison di Oracle). Oggi Theranos, che ha sede a Palo Alto, ha 500 addetti e un valore di almeno 9 miliardi di dollari.

Elizabeth-Holmes-kPaE--672x351@IlSole24Ore-Web Elizabeth Holmes

Ok … ora abbiamo appurato che la tecnologia rende miliardari quei giovani, padroni dell’argomento, che hanno i cosiddetti ”lampi di genio” ! Benissimo!  Speriamo ora che nascano ”attorno” a questi personaggi, decine di migliaia di posti di lavoro per i ”comuni mortali”! Perchè se la tecnologia ”digitale” si limita a rendere ”miliardari” 5 individui …  alla ”massa” non risolve il problema!

Alla prossima

Elena

 

 

 

Tratto da: Sole24ore