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Palermo 19 luglio 1992 … Chi è ”Stato”?

Palermo,  il 19 luglio 1992 alle 16,58 in via D’ Amelio, mentre Paolo Borsellino suona al campanello di casa della mamma,  esplode una Fiat 126 rubata contenente circa 90 chilogrammi di esplosivo  Semtex-H, facendo a pezzi il Magistrato.

Pezzi di corpi ovunque … una carneficina …

Assieme a lui muoiono 5 dei 6 agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l’esplosione, in gravi condizioni.

Emanuela Loi era la prima donna a fare servizio di scorta aveva 25 anni …

Eppure, come in tanti altri casi, noi non sappiamo ancora ”chi” ha dato l’ordine per l’attentato e il motivo per il quale abbiano ucciso in modo così ”eclatante” un Pubblico Ministero. Sono stati condannati alcuni degli esecutori materiali … ma sui mandanti ci sono molti dubbi.

Vero è che la giustizia altro non può fare se non indagare … ma la domanda che dobbiamo farci è: ‘’Hanno indagato seriamente o hanno cercato di risolvere il problema raccontandoci e raccontandosi delle bugie’’? E se quest’ultima ipotesi è vera la domanda immediata è: ‘’Perchè lo hanno fatto’’? 

Oggi nella sentenza della Corte d’Assise di Caltanissetta, nel processo ‘’Borsellino Quater’’  si parla del ‘’più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana’’. 

Insomma sembrerebbe che funzionari di polizia agli ordini dell’allora Questore Arnaldo La Barbera (morto nel 2002)  convinsero alcuni criminali, tra cui il falso pentito Vincenzo Scarantino, ad accusarsi per costruire una ”verità di comodo” ma … falsa! 

Tutti sappiamo che dentro la borsa del magistrato ucciso si trovava un’agenda rossa sulla quale, secondo le testimonianze dei familiari, scriveva appunti personali e dalla quale non si separava mai. Anzi, dalla morte di Giovanni Falcone ci scriveva continuamente. Ecco qui la testimonianza di Mafredi, figlio di Paolo Borsellino durante un’udienza: ‘’… Dopo la strage di Capaci mio padre usava l’agenda rossa in modo compulsivo … ci scriveva costantemente. E si trattava sicuramente di appunti di lavoro e dell’attività frenetica di quei giorni. Mio padre dopo la morte di Falcone era consapevole che sarebbe toccato a lui e di essere costantemente in pericolo. Aveva l’esigenza di lasciare tracce scritte … ma non poteva metterci in pericolo rivelandoci delle cose”. 

I familiari e non solo loro sono convinti che se l’agenda rossa fosse stata trovata le indagini sulla morte del giudice Paolo Borsellino avrebbero avuto una piega ben diversa.

E invece eccoci qui tutti a domandarci ma chi sarà stato? E perché? A ‘’chi’’ dava fastidio? Su costa stava indagando? Che cosa aveva scoperto? Tutte domande le cui risposte molto probabilmente sono in quell’agenda scomparsa.

Tutti abbiamo visto con stupore la foto che ritrae l’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli andare a spasso tranquillamente con la borsa del Giudice per Via D’Amelio. L’aveva tolta lui dall’auto distrutta e …per darla a chi? E … perchè? 

Eccolo qui lo smemorato Arcangioli, allora capitano oggi colonnello, che passeggia con la borsa senza sapere/ricordare cosa ne abbia fatto né a chi l’avesse data …

Come mai in Via D’Amelio , tra i primi ad arrivare dopo l’esplosione fu proprio il Pubblico Ministero Giuseppe Ayala, all’epoca deputato della Repubblica Italiana nel gruppo misto? Strano vero? Lui sostiene che era a pranzo dalla mamma e che era vicino … e quindi, sentito il boato,  era andato a curiosare.  

Ma la cosa inquietante è come mai, un magistrato come Ayala,  non ricordi cosa sia successo a quella borsa …  come mai dica di averla avuta tra le mani ma di non ricordare per quanto tempo né a chi la diede.  Come mai non ricorda se ci avesse guardato dentro oppure no … 

Stessa poca memoria la ritroviamo con l’allora capitano Giovanni Arcangioli (oggi Colonnello) che sostiene di non sapere a chi ha dato quella borsa. Ecco alcune sue affermazioni durante uno dei processi: ‘’Non ricordo come e perché avessi la borsa del giudice Borsellino … né che fine abbia fatto. Nella borsa non c’era nulla di rilevante se non un crest dei carabinieri. Vi guardai dentro, forse insieme al giudice Ayala. E’ proprio perché non vi avevo trovato nulla di interessante dal punto di vista investigativo che non ricordo cosa feci della borsa. All’inizio pensavo che dell’inchiesta ci saremmo occupati noi carabinieri, in particolare il Ros, poi seppi che invece l’avrebbe seguita la polizia”.

Insomma quella borsa, dopo esser stata presa, andata a spasso per via D’Amelio, consegnata a chi non è dato sapere perché ci frugasse dentro, è poi tornata sul sedile posteriore dell’auto del Giudice, dove avrebbe dovuto stare per tutto il tempo senza che nessuno ci mettesse le mani sopra! 

E comunque quando fu consegnata al Commissariato di La Barbera c’erano diverse cose, compresa l’agenda grigia ma mancava l’agenda rossa.

Giuseppe Ayala ammette di aver tenuto in mano la borsa del collega ucciso, ma per il resto non ricorda nulla o quasi. Interrogato  dai giudici della corte d’Assise di Caltanissetta dice: “Io in via D’Amelio c’ero solo fisicamente … ma quello che rimane nella mia memoria è che la borsa è transitata solo per pochissimo tempo nelle mie mani, perché non avevo titolo per tenerla, l’ho consegnata a un ufficiale dei carabinieri. Se materialmente l’ho presa io o me l’hanno consegnata non me lo ricordo. La cosa importante è che l’ho avuta in mano e l’ho consegnata a un ufficiale”. Ma santa Polenta! Come fa a non ricordarsi se l’ha presa lui dall’auto o no? Cribbio non era mica una vettura normale … era una vettura mezza distrutta, con dentro un autista privo di conoscenza tutto insanguinato … possibile mai che uno non si ricordi di una situazione simile? Mah …

Ma chi è questo ufficiale a cui Ayala ha dato la borsa?  E passando da quali mani, poi ‘sta borsa, piena di vari oggetti ma non dell’agenda rossa, è arrivata nelle mani della polizia che conduceva le indagini e che l’ha repertata? Mah … Ayala non fa nomi … non ricorda. Eppure, stando a diverse testimonianze, sarebbe stato proprio lui a passare quella borsa ad un uomo in abiti civili e non in divisa. A confermarlo ai giudici proprio il suo ex capo scorta, Roberto Farinella: “Presi la borsa del magistrato, volevo consegnarla al giudice Ayala ma lui chiamò un uomo in abiti civili che mi indicò come ufficiale. Questi prese la borsa e si allontanò senza aprirla”. 

Chi era ‘sto tipo che pur essendo in borghese Ayala sapeva essere un ‘’ufficiale’’? Era un carabiniere? Era un uomo dei servizi segreti? Ayala non ricorda … ma guarda un pò …

Adesso per mettere un pò più di ‘’pepe’’ ricorderemo quanto Gaspare Mutolo diceva a proposito del Pubblico Ministero Giuseppe Ayala: ‘’… E’ anche così che Cosa Nostra si avvicina al potere … sfruttando le debolezze … Giuseppe Ayala giocava … si indebitava … chiedeva soldi … comprava droga … Questo lo so tramite Enzo Sutera, mafioso di Partanna Mondello che mi disse che un suo amico portava la droga al giudice Giuseppe Ayala”. 

Ora che Ayala giocasse … avesse debiti … si drogasse … non sono certo io a poterlo sapere, quel che mi ricordo è l’averlo incontrato d’inverno a San Cassiano, splendida meta sciistica delle Dolomiti mentre, in un elegantissimo loden con mantellina seguito dalle guardie del corpo, arrivava e partiva in elicottero … 

Il Pubblico Ministero nonché deputato Giuseppe Ayala …

Ma torniamo all’agenda Rossa, al di la di tutte le verità o bugie processuali, quel che mi lascia perplessa davvero è che con il caos che regnava in Via D’Amelio quel giorno chissà quanta gente c’era ai balconi! Ora .. possibile mai che nessuno, dico nessuno, abbia visto chi ha preso quella borsa dall’auto … dove l’ha portata  … che cosa ne ha fatto? Noialtri … che non ci facciamo i fatti nostri nemmeno se ci pagano? Noi che siamo un popolo di curiosi, di ficcanaso … ebbene ‘’nessuno’’ ha visto … nessuno si ricorda nulla. Ora non venitemi a dire che qualche ‘’cittadino comune’’ che non fosse un magistrato, un carabiniere, un agente dei servizi segreti non avesse visto nulla? Ma va la … il fatto è che ‘’vigliacco’’ se parla! 

Omertà? Paura? Mi faccio i fatti miei? Peccato che all’epoca non ci fossero i cellulari … sai oggi che servizi avremmo a disposizione sull’accaduto!

E comunque l’Agenda Rossa non è certo l’unica cosa scomparsa … eccovi qui un elenco preoccupante:

  •  Nel 1947 SCOMPARE uno dei memoriali di Salvatore Giuliano, quello in cui il ”bandito” indicava il nome dei mandanti dei delitti che servivano a bloccare il movimento dei lavoratori italiani;
  • Nella vicenda Moro SCOMPARE il memoriale dello statista assassinato;
  • Nel ”caso Calvi” SCOMPARE la borsa del banchiere;
  • Nell’attentato in cui morirono Carlo Alberto Dalla Chiesa e sua moglie SPARISCE la valigetta con tutti i documenti che portava con sé;
  • Nella Strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui morirono il giudice Falcone, sua moglie Francesca Morvillo  e gli uomini della scorta, SCOMPAIONO i dati sia dal computer portatile che da quello nell’ufficio dove lavorava Falcone e SCOMPARE anche la ”ram card” esterna che Falcone utilizzava per l’agenda elettronica;
  • Nell’attentato del 20 luglio 1992 in cui moriva il giudice antimafia Paolo Borsellino e assieme a lui, perdevano la vita i ragazzi della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (°) , Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina …  l’inseparabile AGENDA ROSSA del giudice SCOMPARE!
  • Metterei nell’elenco, come ciliegina sulla torta,  anche la DISTRUZIONE quindi SPARIZIONE delle intercettazioni telefoniche intercorse tra Mancino e Napolitano. La tempistica scelta per distruggere queste intercettazioni  è stata quantomeno ”inopportuna”  e,  per forza di cose , ha destato degli orribili sospetti

Questo ”sistema” ci costringe nel Medio Evo … è una palla al piede per una crescita decente. E noi ”popolo” non crediamoci assolti perchè non lo siamo …

Alla prossima

Elena