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Coronavirus – siamo preoccupati per il contagio in Africa?

Leggevo su un giornale che: Apple, Samsung, Microsoft, Bmw e tante altre multinazionali,  sono molto preoccupate,  in quanto, a causa della pandemia di coronavirus,  rischiano di perdere materie prime importantissime e che vengono estratte a costi, per loro, molto bassi. 

Indovinate un pò dove sono ‘sti materiali? 

In Africa! La Repubblica Democratica (si fa per dire) del Congo è ricchissima di coltan, cobalto, rame … tutta roba che alle multinazionali serve come il pane per continuare a produrre, a bassi costi, e con ampi margini quello che noi consumiamo.

Non dimentichiamo poi che le multinazionali, non  contribuiscono al benessere collettivo pagando tasse in proporzione,  infatti hanno quasi tutte le sedi in Olanda, per poter ”felicemente” eludere il pagamento che spetterebbe loro.  Quindi questi ”enormi margini”, fatti sulla pelle altrui, vanno a rimpolpare le tasche dei soliti Paperon de Paperoni!

Ima torniamo a noi …  i nostri cellulari hanno delle pile al coltan, materiale che permette una lunga durata alle batterie.  Se il coltan non venisse estratto dai bambini e da operai africani, a costi ridicoli per le multinazionali, e vergognosi per la specie umana,  i loro margini diminuirebbero sensibilmente, e a noi i telefoni costerebbero una fortuna.

Se dovesse esplodere il coronavirus in Africa come faranno costoro? Come faremo noialtri? 

Rischieremo forse di tenere un cellulare per 4 o 5 anni? 

Ma sarebbe proprio un dramma? 

Quanti anni avranno? Sono bambini, che non vanno a scuola, che non hanno nulla.

Sarebbe un dramma non cambiare il cellulare ad ogni piè sospinto, sfruttando, per poterlo fare, una manodopera schiavizzata? Impedendo di fatto a queste persone di avere uno stipendio dignitoso che permetta loro di organizzarsi in maniera decente? Siamo ipocriti fin dentro il midollo quando diciamo: ‘’Aiutiamoli a casa loro’’!

Ma … sarebbe questo il modo per aiutarli?  Noialtri siamo preoccupati dell’esplosione del contagio in Africa, è vero, ma mica per ragioni filantropiche! Macchè! Lo siamo solo per ragioni puramente ‘’economiche’’. 

Ma non ci vergognamo un pò di quello che stiamo facendo? 

La schiavitù è stata abolita? Ma dove? Ma quando? 

Grrrr …

Alla prossima

Elena 

 

Il cobalto maledetto e la nostra ipocrisia …

Nelle miniere in Africa ci lavorano bambini, anche  di soli 5 anni, sfruttati, maltrattati e pagati in maniera ridicola! 

Questi potrebbero essere i nostri bambini … i nostri nipoti. Un caporalato crudele impedisce loro non solo di andare a scuola ma li obbliga a lavorare come schiavi. Noi crediamoci ”assolti” noi siamo ”coinvolti”.

Apple e Tesla sono sotto accusa per l’estrazione di cobalto, quello che serve, tanto per intenderci, alle batterie dei nostri ‘’amati cellulari’’ e ‘’pc’’ ed ‘’auto elettriche’’.  Tesla, Apple, Microsoft, Alphabet (la multinazionale che controlla Google)  e Dell sono state denunciate da una ONG negli Stati Uniti per aver consapevolmente impiegato metallo estratto da minatori bambini in Congo.

La ONG in oggetto, l’International Rights Advocates, chiede alla corte distrettuale di Washington l’autorizzazione per una class action per il ‘’presunto consapevole’’ sfruttamento di minatori bambini, molti dei quali sarebbero rimasti vittime di incidenti mortali o di lesioni permanenti.

L’azione legale risparmierebbe, per ora,  le società coinvolte nella produzione e nella lavorazione del cobalto. La querela ne cita alcune, che però non sono processabili negli Stati Uniti non essendovi domiciliate:  si tratta del gigante svizzero Glencore – il maggior fornitore mondiale di cobalto, della belga Umicore, che si occupa della raffinazione del metallo, e della cinese Zhejiang Huayou Cobalt, identificata come principale fornitore di Apple, Microsoft e Dell.

Sarebbe questa la maniera di ‘’aiutarli a casa loro’’? Ma vergognarci un pò no eh? Schiavitù e  ‘’colonie’’ non sono finite per l’Africa! Anzi continuano imperterrite … e l’unica cosa che sappiamo dire è: ‘’Che stiano a casa loro e che si diano da fare’’! 

No comment … 

Alla prossima

Elena 

La Apple nuovo colosso! Ma … le paga le …

… tasse?

Noialtri nel nostro ‘’piccolo’’ a giugno abbiamo perso altri 49mila posti di lavoro … in compenso la Apple americana,  grazie alle ‘’app’’,  allo streaming e soprattutto agli iPhone ha messo le ‘’ali’’ ed ha toccato 198 dollari per azione. Da inizio anno è cresciuta del 28% e si è avvicinata alla soglia di mille miliardi di dollari. La Apple sta battendo il gigante Amazon. 

gente in fila per comprare l’ iPhone …

E si lascia alle spalle gli altri ‘’FANG’’ (Facebook, Amazon, Netflix, e Google) assieme ad altri big d’avanguardia come Nvidia Corp, Baidu e Tesla. 

Noi ci felicitiamo con la Apple, anche se in proporzione a quanto guadagna, dà lavoro a soli ‘’quattro gatti’’. La tecnologia è utile ma toglie lavoro agli esseri umani e dato che sono gli esseri umani a consumare … noi poveri bischeri fatichiamo sempre di più!

Dove paga le tasse la Apple? Negli USA sono obbligati a pagarne un pò … magari non tutti ma una bella fetta di tasse lì finiscono, e a Trump la cosa fa comodissimo.  Ma il fatto è che la Apple lavora in tutto il mondo e fa ‘’cassa’’ in tutto il mondo. Quindi la domanda è: ‘’Dove guadagna la Apple’’? 

Risposta: ‘’In tutto il mondo’’.  Ma le tasse le pagano solo in un posto, possibilmente dove costa loro meno. Ok ci siamo? Bene … andiamo avanti con il discorso.

Domanda: ‘’Chi è quella che spinge affinché ‘sti giganti paghino le tasse dove fanno reddito’’?

Risposta: ‘’L’Europa’’! 

Domanda: ‘’Quindi l’Europa dà un sacco di fastidio a ‘sti colossi vero’’?

Risposta: ‘’Si’’

E quindi? Quindi l’Europa che vuole mettere dei ‘’sani freni’’ a questi Highlanders deve assolutamente essere annientata!

Dovremmo arrivarci tutti a capire che solo la cultura europea potrebbe metter un freno e delle regole a costoro. Perchè americani, russi e cinesi manco gli passa per l’anticamera del cervello che questo fatto sia ingiusto. Se parli a costoro di ”redistribuzione del reddito” ti guardano con gli occhi a palla e non afferrano il concetto! Secondo me manco Di Maio e Salvini lo ”afferrano” … ma questo è un altro discorso …  

Gli americani non lo capiscono perché sono infarciti della cultura del profitto a tutti i costi, russi e cinesi perché la tassazione ‘’democratica’’ è un qualche cosa che non fa proprio parte del loro DNA.

Morale della favola: ‘’Le quantità industriali di denaro che spariscono grazie ai giganti sopra citati – e non me ne importa un fico secco se fanno ‘’beneficienza’’ – la loro ‘’beneficienza’’ è comunque una goccia nel mare dei soldi che fregano alla collettività mondiale. Dicevo, ‘sti soldi finiscono in un ‘’buco nero’’ che sarebbero poi le tasche di costoro e spariscono dalla circolazione, quindi vengono sottratti alla collettività. Senza quel denaro non si fanno investimenti e si fatica addirittura a far andare avanti l’am ba ra dam degli Stati. Che tradotto significa: pagare gli stipendi agli statali, agli insegnanti, alla polizia, ai carabinieri, ai pompieri, ai medici, agli infermieri e via discorrendo … 

Quindi avete capito perchè l’Europa dà fastidio? E avete capito che cosa significa ‘’sputare’’ sull’Europa? Significa consegnarci in mano a questi novelli imperatori che ci manterranno a casa con un’elemosina incollati ai nostri iPhone! Parlano tanto di boicottare le Lobby mò a queste ”nuove lobby” invece gli fanno ”ponti d’oro” …  mah …

Alla prossima

 

Elena

Tasse e regole alla ”Rete” … finalmente!

Come è strano il mondo … 

tutti ci rendiamo conto che di lavoro ce n’è poco,  tutti ci rendiamo conto che nel ”calderone delle tasse” mancano quindi i soldi di chi il lavoro non lo ha, ma ci rendiamo anche conto che mancano i soldi di aziende come Google, Amazon, Fb, Twitter, YouTube, Apple e via discorrendo. Costoro non pagano le tasse dove fanno reddito ma solo dove scelgono di pagarle! E non ci vuole molto a capire che scelgono di farlo dove è loro più conveniente no? Quindi ricapitolando,  guadagnano in tutto il mondo, ma pagano le tasse solo in un posto, un tantino ingiusto non trovate? 

Costoro guadagnano come Stati interi … ma in proporzione pagano come uno che ha la ”pensione sociale” … vi sembra giusto? 🙁

Eppure … a mettersi di traverso per farli finalmente pagare sono incredibilmente tanti.

Prima di tutto gli stessi proprietari delle aziende in oggetto, ma anche e soprattutto tutti quelli che, grazie alla ‘’rete’’, hanno fatto la loro fortuna. Vediamo un pò di chiarire che cosa stanno cercando di fare per far tornare in circolo, a beneficio di tutti, denari provenienti da una giusta tassazione.

Oggi sappiamo che chi opera in ‘’rete’’ gode di una libertà illimitata ma che soprattutto non paga tasse dove fa reddito ma solo dove decide di mettere la sede fiscale.  Questa mancanza di regole deriva dal fatto che sono aziende ‘’nuovissime’ che, nel giro di pochissimo tempo, sono diventate delle vere e proprie fontane di denaro, per chi li ha inventate ovviamente, perché di lavoro effettivo non è che ne diano poi tanto in proporzione alle loro dimensioni e a quello che guadagnano. Costoro penalizzano tra l’altro tutte le aziende legate al ‘’vecchio sistema’’. Per esempio oggi tutti compriamo su ‘’Amazon’’,  il che significa che non solo negozi tradizionali, ma anche i grandi magazzini sono  penalizzati da questo nuovo sistema di ‘’acquisti’’. 

Se pensiamo che un tempo il ‘’vecchio negozio’’ dava da mangiare ad una famiglia di magari 5 persone, oggi i supermercati danno da ‘’mangiare’’ a molti meno. Nel negozio ci lavoravano padre, madre, figli … nel supermercato ci lavora invece magari solo un membro di una famiglia, ad Amazon ancora di meno. Al di la di questo fatto, la cosa che infastidisce di più, non è solo la mancanza progressiva di lavoro per noialtri, è che costoro non pagano proprio le tasse che dovrebbero invece pagare.

Oggi si vogliono finalmente dare delle regole. Sia sulla diffusione di contenuti online sia delle tasse alle vendite dei giganti dell’e-commerce.  Dopo anni di’ ’bengodi’’  e dei ‘’pionieri del tech’’, i regolatori internazionali stanno fissando qualche paletto in più nel far west dell’industria tecnologica globale. Non si parla solo della maxi-sanzioni comminate dalla Commissione europea a Google (2,4 miliardi di euro) o del suo pressing a Mark Zuckeberg e Facebook, ma di norme rette su un doppio presupposto: uniformare le leggi delle imprese della new economy a quelle delle aziende “normali” o creare parametri inediti, calibrati su modelli di business che sfuggono alle vecchie logiche commerciali. Ormai le aziende del mondo digitale sono entrate in una fase di maturità che fa cadere la scusa della ‘’l’eccezionalità’’ rivendicata quando si trattava di respirare sotto al peso schiacciante della old economy. Quindi devono operare ed essere tassate con regole simili a chi concentra il suo business nel mondo offline, sempre che esista ancora questa distinzione …

Lunedì 2 luglio l’Europarlamento, riunito in plenaria a Strasburgo, voterà la direttiva proposta dalla Commissione Europea nel 2016 per la creazione di un ‘’Digital single market’’.  Il mercato unico digitale in Europa. Il testo è appena uscito dal vaglio della Commissione giuridica dell’ Eurocamera con due modifiche di peso sul fronte dei diritti d’autore. A scatenare le polemiche sono soprattutto gli articoli 11 e 13 del testo. L’articolo 11 prevede l’implementazione di quella che è stata ribattezzata subito ‘’link tax’’, la tassa sui link. La regola imporrebbe a colossi aziendali come Google o Facebook di pagare gli editori ogni volta che linkano un articolo sulle proprie piattaforme. Come?

Rendendo obbligatoria la richiesta di una licenza per pubblicare i cosiddetti  ‘’snippet’’: le anticipazioni dell’articolo dove si possono leggere titolo e prime righe, utilizzati per catturare i navigatori prima di rimandare al contenuto originale. Un “ritaglio” che finisce, spesso, per sostituirsi alla fruizione integrale dei contenuti, soprattutto quando i lettori si trovano di fronte alla necessità di pagare. L’articolo 13 tocca da vicino gli utenti, perché richiede a piattaforme di largo utilizzo come YouTube o Instagram di installare dei filtri (upload filter) che che impediscano ai navigatori di caricare materiale protetto da copyright. Fino ad oggi, social network e aziende tech non erano tenute a vigilare sulla violazione dei diritti d’autore sulle proprie piattaforme. Né, a quanto pare, sono intenzionate a farlo .

Secondo il Financial Times, Google avrebbe già scritto alle aziende beneficiarie della Google digital news initiative (un programma che offre finanziamenti alle iniziative editoriali più innovative) di fare pressing sugli europarlamentari perché blocchino le modifiche alla direttiva. La Commissione è sempre riuscita a tenere testa al lobbying del colosso californiano, ma l’Europarlamento potrebbe essere più vulnerabile alle sue ingerenze. Oltretutto l’argomento della ‘’tassa sui link’’,  tocca anche le corde degli attivisti per il diritto alla Rete libera, rappresentati all’ Eurocamera da una schiera abbastanza trasversale di forze politiche. Incluso il Movimento cinque stelle. Il vicepremier Luigi Di Maio si è schierato apertamente contro la direttiva, accusata di ‘’mettere il bavaglio alla Rete’’.  Se il testo dovesse restare come è stato presentato, ha aggiunto il Ministro dell’Economia, nonché ministro dello Sviluppo Economico, nonché Vice Primo Ministro, nonché  precedentemente disoccupato Luigi Di Maio, il governo ‘’sarebbe pronto a non recepirla’’ e a non accogliere le sue linee guida nel diritto italiano! 

L’Europa, che è quella che più di tutti si rende conto della realtà delle cose, non dimentichiamo che i ‘’diritti’’ sono nati in Europa, che il Welfare è nato in Europa, che la sanità pubblica è nata in Europa, che insomma, noialtri siamo i più evoluti del pianeta,  si è intestata alcune delle battaglie più dirompenti contro lo strapotere, o l’assenza di regole, delle aziende tecnologiche. 

L ’Europa ha segnato una  svolta con i 99 articoli del GDPR (General Data Protection Regulation) un regolamento generale sulla protezione dei dati entrato in vigore nel 2016 e divenuto applicativo dallo scorso 25 maggio. Tra i punti caldi del testo ci sono l’obbligo di richiedere il consenso in maniera chiara e comprensibile (articolo 7), la portabilità dei dati (articolo 20), la notifica di violazione di dati entro 72 ore (articolo 33), la designazione di un ‘’responsabile protezione dati’’ che faccia da vigilante sul rispetto delle regole (articolo 37). Le violazioni sono sanzionate con multe che possono arrivare fino a massimi di 20 milioni di euro o il 4% del fatturato annuale (quando è superiore a 20 milioni di euro). Le misure hanno fatto scattare, a tempo di record, i primi ricorsi:  nel giorno stesso di debutto del GDPR un’associazione no-profit  ha sporto quattro reclami accusando di ‘’consenso forzato’’ Google, Facebook e aziende affiliate come Whatsapp e Instagram.

Un secondo pilastro normativo, e fiscale, dovrebbe arrivare con un progetto tanto pubblicizzato quanto indefinito: la cosiddetta web tax, la tassa sul web. Lo sbocco finale della legge (tecnicamente una direttiva: un atto che va recepito dai singoli paesi e impone di raggiungere un target) è di consentire agli Stati membri di tassare i profitti generati sulla propria giurisdizione, a prescindere dalla collocazione fisica dell’azienda. La Commissione europea ha avanzato lo scorso 21 marzo due diverse proposte: una proposta ad interim per tassare al 3% i ricavi delle aziende digitali che fatturano almeno 50 milioni nel perimetro dell’Unione Europea; una proposta di lungo termine, successiva, per tassare gli utili generati in Europa da aziende digitali che raggiungono nel corso di un anno almeno 7 milioni di ricavi l’anno in un dato paese, 100mila ‘’utenti’’’ o 3mila contratti di business. L’argomento ha già provocato diverse spaccature su scala europea, complicando le speranze del commissario Pierre Moscovici di portare a casa l’approvazione di Europarlamento e Consiglio in tempi accettabili.

Se pur con fatica qualche cosa di ‘’muove’’ … e non solo contro i ‘’migranti’’, che paiono essere l’unico problema mondiale, come se  lavoro e tasse fossero invece cose di poca importanza.  I novelli imperatori della ‘’rete’’ fanno sparire miliardi di tasse dal circuito, soldi che finiscono in una sorta di ‘’buco nero’’ inutile alla collettività, mentre sarebbe un bene che questo denaro, grazie a giuste tasse,  tornasse in circolazione a beneficio di tutti quanti. 

Siamo in pochi, oggi come oggi a lavorare … in compenso tra quei pochi c’è gente come Zukerberg, che  guadagna da solo come uno Stato, quindi è giusto che gente come lui paghi le tasse in proporzione.  

Si chiama ‘’ridistribuzione del reddito’’ Signori … e deve essere fatta al più presto se non vogliamo che il mondo sia diviso in:  quattro gatti da una parte che vivono come nababbi ed una marea di individui dall’altra che fatica ad arrivare a fine mese e a cui vengano offerti solo mestieri degradanti, mal pagati e che paiono più una schiavitù piuttosto che un lavoro dignitoso. 

Caro Di Maio, capisco che Lei alla ‘’rete’’ ci sia ‘’affezionato’’ e che grazie alla rete sia stato ‘’miracolato’’ … ma si rassegni è necessario che a questa rete, tanto utile per prendere ‘’pesci’’, vengano messi seri ‘’paletti’’ e soprattutto è necessario far pagare a chi con essa guadagna fior di quattrini altrettante tasse. Altrimenti … dove vuoLe trovarli i denari per il ‘’reddito di cittadinanza’’? Tassando noialtri poveri cristi? Naaaa …

Alla prossima

Elena 

Google festeggia oggi 10 anni! Un ”bimbo” in pratica …

Oggi, aprendo Google ci sono palloncini e candeline … sono andata a curiosare in ‘rete’ ed ecco che cosa ho trovato! E’ necessario, noi anziani, informarci su questo mondo ”virtuale” che poi … tanto virtuale non è affatto!

Google-anniversario

Il colosso Google festeggia oggi i suoi 10 anni di attività .  Anche se ”il concepimento”, vero e proprio,  risale a  17 anni fa nella mente dei due giovanissimi Sergey Brin e Larry Page.  Nel giro di 10 anni , quindi pochissimo tempo, Google è diventato un universo a se che spazia dai servizi di mappe con Maps … alla posta elettronica con Gmail … ai social networking … ai video di YouTube … ai sistemi operativi mobile con Android. Insomma sono ovunque!

Brin-Page

I due studenti universitari nel 1996  iniziano a lavorare ad un prototipo di motore di ricerca chiamato BackRub operante sui server della Stanford University che diventa sempre più imponente. Poi nella loro mente nasce il primo vero Google. L’idea rivoluzionaria di base fu grazie ad un’analisi matematica delle relazioni tra i portali web che avrebbe reso più efficiente il sistema delle precedenti tecniche empiriche.

Perché hanno scelto il nome Google?

L’ispirazione per questo nome arriva dal termine Googol che è stato inventato dal nipote del matematico statunitense Edward Kasner nel lontano 1938 e definisce il gigantesco numero 1 seguito da 100 zeri.

Nel 1998 i due ragazzi ricevono un finanziamento da parte di Andy Bechtoslheim di Sun di 100.000 dollari! il primo Doodle e lo spazio di lavoro allestito ovviamente in un garage. (Ragazzi se avete un garage libero tenetelo prezioso come l’oro!)  Il garage in questione era quello di Susan Wojcicki presso Santa Margarita Avenue in Menlo Park. Il primo dipendente è Craig Silverstein e  l’anno termina con il titolo di ”migliore motore di ricerca” da parte di PC Magazine. Non male come inizi vero? 🙂

Nel 1999 si trasferiscono al 165 University Avenue di Palo Alto con ben otto impiegati a cui si aggiungerà in seguito Yoshka  – il cane del vicepresidente senior delle attività, Urs Hölzle.  Visto che la ”start up” non è ”malaccio” … ricevono un maxi-finanziamento di 25 milioni di dollari da parte di Sequoia Capital e Kleiner Perkins e si trasferiscono a Mountain View.

Nel 2000 debutta  la tecnologia MentalPlex che anticipa cosa gli utenti vogliono cercare (diverrà realtà anni dopo, col completamento automatico delle ricerche).

Google viene poi localizzato in francese, tedesco, italiano, svedese, finlandese, spagnolo, portoghese, olandese, norvegese e danese poi esteso alle lingue con differente alfabeto come cinese, giapponese e coreano. Nasce AdWords per la pubblicità e debutta la Toolbar.

Nel 2001 Eric Schmidt viene nominato presidente del consiglio di amministrazione e successivamente CEO, nasce Google Immagini e viene pubblicato il primo Google Zeitgeist ossia lo spirito dei tempi.

Nel 2002 nascono Google News per le notizie e Froogle che poi diventa Shopping.

Nel 2003 l’importante acquisizione della piattaforma Blogger e la creazione di Google Libri.

Anno importante il 2004 con un nuovo trasferimento di sede, l’acquisizione di Picasa e delle tecnologie alla base del futuro Google Earth; ma soprattutto nasce Gmail.

Nel 2005 nasce Google Maps, Analytics e Talk.

Nel 2006 è tempo di servizi molto utili come Calendar, Trend, Traduttore e Wallet (pagamenti online) e a Ottobre avviene l’acquisizione di YouTube.

Nel 2007 è il tempo di Google Street View che raccoglie foto scattate ad altezza umana e soprattutto viene annunciato Android, il sistema operativo che diventerà egemone nel settore mobile.

Nel 2008 si tiene il primo congresso Google I/O e viene lanciato ufficialmente Chrome, il browser di casa.

Nel 2009 Chrome diventa OS, Google apre il proprio profilo su Twitter ed è anche tempo per il navigatore gratuito di Android.

Nel 2010, Google Instant mostra in tempo reale i risultati man mano che si digita.

Nel 2011 vengono presentati i primi portatili economici Chromebook e lo sfortunato social network Google +.

Nel 2012 debutta il servizio di cloud Google Drive e gli occhiali intelligenti Google Glass, ma soprattutto viene acquistata la divisione mobile di Motorola, debuttano i primi Nexus.

Nel 2013 si acquisisce Waze e l’anno seguente debuttano i primi progetti di quello che poi sarà conosciuto come il laboratorio Google X e debuttano i primi smartphone ultraeconomici Android One in India.

La più grande notizia del 2015 finora è senza dubbio la scomposizione dell’impero in divisioni separate, che fanno capo alla società Alphabet.

Siamo onesti … ‘sti due ragazzi non sono rimasti con le ”mani in mano” un solo momento! Mi vien da pensare che magari le loro mamme, vedendoli sempre armeggiare con il ”pc” più di una volta li avranno rimproverati dicendo: ”e smettila di perdere tempo con quell’aggeggio! Cerca di fare qualche cosa di ‘utile’ nella vita”! Quando si dice che le mamme sono spesso ”inopportune” …

eh eh eh eh …

Alla prossima

Elena