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La Strada – Cinema Vox di Frejus

Ieri sera, al Cinema Vox di Frejus, abbiamo assistito, nell’ambito della Rassegna cinematografica del Club Italianiste de Provence, gestito da Jerome Reber, il film realizzato nel 1954 da Federico Fellini: ‘’La Strada’’! 

 Già dalla primissima scena sono rimasta colpita dalla nitidezza delle immagini. Un restauro perfetto! Sembrava un film fatto ai giorni nostri anche se in bianco e nero.

Il film è del 1954,  io sono nata nel 1955, quindi non l’avevo visto all’epoca, o, per meglio dire, magari l’ho visto trasmesso per televisione anni dopo, ma ero troppo piccola per poterlo apprezzare. 

Quindi ieri è stata una bella sorpresa. Un tuffo nel cinema neo-realista italiano dell’epoca. 

Stiamo parlando del 1954, l’Italia era in ginocchio in seguito alla guerra e, anche se il Piano Marschall cominciava a dare i sui primi risultati, povertà e miseria erano all’ordine del giorno.

Ecco quindi che una una povera vedova, carica di figli, vende per dieci mila lire la secondogenita Gelsomina Di Costanzo (Giulietta Masina) al violento artista di strada Zampanò (Anthony Quinn) un uomo che si esibisce nelle piazze e nelle fiere di paese spezzando catene di ferro con la sola forza dei propri muscoli pettorali. 

Zampanò durante il suo numero

Gelsomina è una ragazza ingenua ed ignorante e Zampanò la usa come ‘’spalla’’ nei propri spettacoli,  facendole suonare il tamburo, la tromba e, facendole poi tendere in seguito il cappello, per raccogliere le eventuali offerte tra il pubblico. Gelsomina è costretta, suo malgrado, a diventare anche l’amante di Zampanò che però non le dimostra mai affetto ma semplicemente la usa, come un oggetto qualsiasi.

Gelsomina è una creatura dolce e sensibile e tenta invano di fuggire da Zampanò che la maltratta continuamente. Lui la ritrova, la picchia e la costringe a stare con lui. Gelsomina si sente inutile ed ha paura.

Gelsomina con il ”Matto”

Finiti in un circo, Gelsomina fa la conoscenza de ‘’il Matto’’ (Richard Basehart), un equilibrista girovago, mite e gentile che non perde però l’occasione per deridere e umiliare Zampanò. L’incontro con il Matto, questo giovane scherzoso e pieno di vita, apre un spiraglio nella mente di Gelsomina, con queste frasi:

– Io sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì, per esempio.

– Quale?

– Questo… Uno qualunque… Be’, anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto.

– E a cosa serve?

– Serve… Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei?

– Chi?

– Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tua testa di carciofo. 

La convince che stare con Zampanò è una sorta di missione e che lei riuscirà, forse, a cambiarlo in meglio. I due saltimbanchi però litigano e vengono entrambi cacciati dal circo. 

Zampanò viaggiando sulla sua patetica motocarrozzetta, incontra il Matto e, approfittando del fatto che quest’ultimo sta cambiando una ruota, lo prende a pugni. Involontariamente lo uccide, facendogli battere la testa contro uno spigolo dell’automobile. Preso da paura, finge un incidente d’auto e fugge abbandonando il corpo senza vita del povero Matto.

La tragedia fa uscire del tutto di senno Gelsomina, turbata giorno e notte dall’orribile ricordo. E’ spaventata e non riesce più ad aiutare Zampanò che quindi la abbandona addormentata sul ciglio della strada, continuando la sua vita di vagabondo. 

Alcuni anni dopo sente la canzone che usava cantare Gelsomina, si avvicina … chiede informazioni alla ragazza che la canta e scopre che Gelsomina è morta da tempo.

Improvvisamente prende coscienza della sua solitudine: abbandonato da tutti piange su una spiaggia deserta.

Che dire di questa ‘’tragica esistenza’’?  Due individui più diversi non avrebbero potuto incontrarsi. 

Zampanò è un individuo rude, istintivo, la riflessione non fa parte del suo ‘’essere’’.  Le sue necessità sono basilari, animalesche. Si limitano a mangiare, bere, fare sesso. Non riesce ad andare oltre. Non riesce nemmeno ad essere corretto con chi lo ospita, Infatti ruba delle offerte votive, realizzate in metallo prezioso, in un convento in cui è stato ospitato per la notte, cosa che ferisce profondamente la sensibilità di Gelsomina. 

Gelsomina invece è una ‘’donna-bambina’’ che vive la vita reale a modo suo, che ha sogni e speranze che la portano a vedere il ‘’bello’’ ovunque. Gelsomina vede l’invisibile … lei è ‘’spirito’’, Zampanò è invece ‘’involucro animale’.

L’enorme capacità espressiva dei personaggi, fa immedesimare lo spettatore nella storia. La mimica facciale di Gelsomina è un qualche cosa di incredibile. I pensieri che le passano nella testa sono tradotti sul suo viso in maniera magistrale. Qui si sente ancora la scuola di recitazione che risale al tempo del cinema muto.  Come impressionante è la ‘’bestialità’’ che si legge sul viso di Zampanò.

La parola ‘’strada’’ in italiano si presta a più letture.

Strada è la via che ci porta fuori dalla città, che ci fa andare da un paese all’altro, ci fa quindi ‘’viaggiare’’;  

la strada della vita è invece il  ‘’percorso’’ che tutti noi facciamo e che ha per tutti la stessa conclusione;

strada ha anche assonanze negative: vita da strada, significa stare all’aperto, non aver casa né protezioni di sorta, una vita pericolosa; 

– la donna di strada è una prostituta;

– la strada di notte è pericolosa per via di ladri, briganti e delinquenti;

– vivere in strada significa essere dei derelitti emarginati. 

Credo quindi che che il titolo del film sia una ‘’felice sintesi’’ di tutti i significati accennati qui sopra. 

Papa Francesco, durante l’incontro con circa 7 mila tra circensi, giostrai, domatori, artisti di strada, ha detto:  ‘’Voi non potere immaginare il bene che fate: un bene che si semina. Quando suonavano quella bella musica del film “La strada”, io ho pensato a quella ragazza che, con la sua umiltà, il suo lavoro itinerante del bello, è riuscita ad ammorbidire il cuore duro di un uomo che aveva dimenticato come si piange. E lei non lo ha saputo, ma ha seminato! Voi seminate questo seme: semi che fanno tanto bene a tanta gente che voi, forse, mai conoscerete… Ma siate sicuri: voi fate queste cose. E grazie di questo, grazie’’! 

A questo punto non mi rimane che fare i complimenti a Jerome Reber per le sue scelte sempre felici, al Cinema Vox e al Club Italianiste de Provence. Questo è uno splendido film per Natale, ci porta a riflettere e a ritrovare in noi un pò di quella umanità di cui avremmo tutti tanto bisogno. 

Alla prossima

Elena