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Che strani modi di dire che hanno gli inglesi …

Quando piove forte noi diciamo: ‘’Piove a dirotto! Piove che Dio la manda! Piove a catinelle!

La catinella, per chi non lo sapesse, è una bacinella in legno in cui si lavavano gli indumenti e all’occasione anche i bambini. Da lì il detto: ‘’non bisogna buttare il bambino con l’acqua sporca’’, frase tanto amata da Antonio Di Pietro. 

A nessuno di noi verrebbe mai in mente di dire: ‘’piovono gatti e cani’’  – It’s raining cats and dogs” – vi pare? Eppure è proprio quello che dicono gli inglesi.

La cosa mi ha sempre incuriosita e ne avevo chiesto a degli inglesi appunto il significato. 

Diverse sono state le loro spiegazioni, che passavano dalla lingua greca ‘’cata dota = inusuale, a quella del Dio Odino che aveva come compagni cani e lupi, ma quella che mi ha convinta di più è quella che si riferisce ai tetti di paglia!

Voi direte e che cosa c’entrano i tetti di paglia con cani e gatti? 

Ora ve lo spiego.

I “thatched roof” sono tetti delle case fatti in paglia. Un tempo in Inghilterra erano all’ordine del giorno. C’erano artigiani specializzati che li costruivano; ora questi artigiani sono praticamente scomparsi. Questo è un male comune nel mondo cosiddetto ‘’industrializzato’’, gli artigiani scompaiono sostituiti da stupidi robot, noi ‘’umani’’ non siamo più capaci a fare nulla. 

Romantico di sicuro ma … non proprio adatto ai nostri standard igienici.

Tornando ai tetti di paglia inglesi, i pochi artigiani che si trovano chiedono cifre iperboliche per la sostituzione/manutenzione, quindi va da se che questo genere di coperture sia scomparso e ne siano rimasti pochissimi esemplari a beneficio dei soli turisti. Ma … che fascino che avevano.

Tra l’altro la Margaret Thatcher, la lady di ferro, considerato il suo cognome e nonostante suo padre fosse macellaio, doveva per forza di cose avere degli antenati che si occupavano di tetti di paglia. 

Ma torniamo a noi … dunque in tempi antichi le case dei pastori erano abbastanza grezze e spartane. Servivano per ripararsi dalle intemperie e per dormire. Dentro di notte c’entravano, oltre alla famiglia, al massimo un paio di pecore,  che magari erano sul punto di partorire e che quindi avevano bisogno di un occhio di riguardo, ma non entravano certo cani e gatti,  considerati animali da lavoro entrambi. Il primo per la caccia e il raduno delle pecore, il secondo per cacciare i topi. 

Quindi,  dove andavano a dormire questi animali per rimanere in zona al morbido ed al caldo? Ma sul tetto naturalmente!

Questi tetti non è che fossero proprio il festival dell’igiene e dell’impermeabilità.  Dentro ci si infilava di tutto. Ragni … pipistrelli … topi …scolopendre! 

Ecco quindi la necessità di proteggersi da quello che poteva eventualmente cadere sulla testa mentre si dormiva. 

Ed ecco il ‘’Four-poster bed’’! Grezzo e spartano se si era poveri, lavorato ed intarsiato se si era ricchi. Cos’è il four poster-bed? E’ un letto con una copertura sulla testa, in legno o in stoffa, che, oltre a tenere al caldo la coppia,  l’avrebbe anche riparata dalla poco gradita caduta di un topo! 

noi lo troviamo accogliente ma era nato per stare al caldo e proteggersi dalla caduta di ragni … topi … scolopendre … etc … etc …

Va da se che, se il tetto era vecchio e la tempesta violenta,  il tetto inzuppato d’acqua si indeboliva ed ecco che i cani o i gatti che ci dormivano sopra cascavano nella camera sottostante … ed ecco la spiegazione della frase: ‘’piovono cani e gatti’’! 

Piaciuta?

Alla prossima

Elena 

AMATRICE – famosa per uno dei sughi più buoni al mondo!

Il sisma del 24 agosto l’ha distrutta … i morti nella città e nelle frazioni circostanti ammontano a 250  … gli edifici più antichi nel centro storico (ricordo al ”giornale satirico Charlie Hebdo” che all’epoca la mafia non costruiva case) sono crollati praticamente tutti, fra le macerie è rimasto in piedi ancora l’antico campanile della Torre Civica, risalente al XIII secolo, il simbolo stesso della città. Tutti si augurano che questo sia un ”buon segno” e che magari la città possa rinascere.

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Onestamente, quando sento parlare di ”rinascita” mi chiedo: ”Ma come potranno ricostruire, considerata la crisi economica che ci attanaglia, edifici medioevali” ?Ho paura queste siano solo ”speranze” ma che la realtà sia molto più ”dura”.
Ma torniamo ad Amatrice … e parliamone in modo più ”leggero” facendo nel contempo i più sentiti auguri affinché possa rimettersi presto ”in piedi”!

Questa cittadina del Lazio conta durante l’inverno circa 2.600 abitanti, in estate, però,  la popolazione raddoppia. Amatrice è infatti  una delle mete turistiche della regione preferita dai romani, molti di loro originari della zona, hanno qui la loro seconda casa.
La città si trova al centro di una conca verdeggiante, incastonata in un’area al confine di ben 4 regioni: Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, in una zona strategica di passaggio tra versante adriatico e quello tirrenico, nell’alto bacino idrografico del fiume Tronto.

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Non voglio parlare del terremoto, lo hanno già fatto in troppi, voglio ricordare invece che Amatrice è famosa nel mondo intero per aver dato i natali al ”sugo all’amatriciana”.
Fin dal Settecento i Pastori dell’Agro Romano e dell’Agro Pontino portavano in estate le greggi sui Monti della Laga, che circondano la Conca Amatriciana.
Durante il periodo degli ”alpeggi” i pastori erano soliti preparare la “gricia”, ritenuta da molti l’originale sugo da cui derivò in seguito la variante  con il pomodoro, conosciuta come: ”Amatriciana”
Le vere origini della ricetta non prevedevano il pomodoro, per il semplice fatto che il pomodoro era troppo delicato per esser trasportato sui monti.
Gli ingredienti più facili da portare e da conservare per i pastori erano il ”guanciale” e la pasta secca,  il formaggio pecorino lo producevano loro stessi grazie alle pecore. Con questi semplici ingredienti potevano mangiare a sazietà. Ricordiamoci che i pastori agli alpeggi non avevano certo i frigoriferi per conservare i cibi, ma vivevano in maniera ”spartana” …  si alzavano all’alba, lavoravano tutto il giorno e andavano a dormire quando calava il sole.

Tra gli ingredienti tipici  del sugo dei pastori c’era quindi il guanciale stagionato (la guancia del maiale) da sempre prodotto ad Amatrice perché saporito e, soprattutto,  duraturo, l’ideale insomma per i pastori del luogo che dovevano trascorrere quattro o cinque mesi all’anno sulle montagne durante il periodo della transumanza.

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Molti ”amatriciani” nell’ottocento furono costretti ad abbandonare il paese a causa della mancanza di lavoro e della crisi della pastorizia. L’emigrazione come ben sappiamo, non è un fenomeno del momento, ma è antica come il ”mondo”. L’essere umano va dove può vivere in pace … molti amatriciani quindi emigrarono a Roma dove trovarono lavoro nel settore della ”ristorazione” facendo conoscere la  ricetta. Essendo Roma una città turistica per eccellenza, in pochissimo tempo, la specialità  divenne famosa ovunque.

Per chi volesse cimentarsi, ecco la ricetta originaria:

Ingredienti per 4 persone:
– 500 gr. di pasta “Mezze Maniche Rigate”
– 500 gr. di Guanciale Amatriciano Stagionato già pulito (che corrisponde ad un Guanciale intero che in origine pesa circa 700 – 800 gr.)
– 100 gr. di Pecorino Romano
– sale grosso
– pepe (dose: mezzo cucchiaio di caffé)

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Preparazione:

Pulire bene il Guanciale, asportando la cotenna e tagliandolo in piccoli pezzi (3 x 1 cm. circa), avendo anche cura di eliminare il pepe.
Mettere il Guanciale in una grande padella (preferibilmente in ferro) e rosolare senza olio, a fuoco lento, per circa 20 minuti, girandolo continuamente finché non appare ben rosolato.
A questo punto scolare con la schiumarola  – mestolo forato –  e appoggiare su “Carta” dove il Guanciale, asciugando, diventerà croccante.
Cuocere le “Mezze Maniche” in acqua bollente già salata e scolarle al dente.
Condire la pasta nella sua pentola, aggiungendo il Guanciale ed il fondo di cottura, nella misura desiderata.
Aggiungere al tutto un’abbondante grattugiata di “Pecorino Romano” , del pepe macinato e … Buon appetito!

Alla prossima

Elena

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Ricordo a chi legge che il CIP (Club Italianiste da Provence) assieme al Comune di Frejus  organizza il 16 ottobre  alle ore 15.00 un concerto i cui introiti saranno interamente devoluti ai comuni terremotati.
Siete pregati di venire numerosi …

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