Domenica scorsa al cinema Vox di Frejus hanno trasmesso, nell’ambito della rassegna cinematografica del Club Italianiste de Provance gestita da Jerome Reber, il film: Le Traitre.
Ne parlo solo ora perché sono stata in Italia tutta la settimana dai miei figli ed i miei nipotini e sono rientrata ieri sera, tra l’altro con un viaggio abbastanza faticoso visto che era buio, pioveva e il traffico era sostenuto.
Ma torniamo al film … ho intenzione di riprendere l’argomento in classe con i miei allievi del corso di italiano, quindi voglio raccogliere un pò di notizie sul personaggio principale, interpretato in maniera magistrale da Pierfancesco Favino.
Stiamo parlando del ‘’Traditore’’ un film di Marco Bellocchio che parla della vita di Tommaso Buscetta, un boss della Mafia siciliana che, ad un certo punto, decide di collaborare con la giustizia italiana, rivelando finalmente che cos’è la Mafia. Fino al maxi-processo avvenuto a Palermo del 1986 in Italia la ‘’Mafia’’ non esisteva. Quando si dice ‘’ipocrisia’’ eh?
Tommaso nasce a Palermo nel luglio del 1928, figlio di una casalinga e di un vetraio, una famiglia poverissima di cui è l’ultimo di 17 fratelli!
Si sposa a soli 17 anni con Melchiorra Cavallaro con cui avrà quattro figli. Due di questi figli verranno uccisi in seguito dalla cosiddetta ‘’lupara bianca’’ nel corso di una ‘’guerra di mafia’’.
Per guerre di mafia si intendono le guerre che le bande si fanno tra loro per garantirsi il ‘’potere’’, come le tribù arabe tanto per intenderci.
Buscetta si occupa fin da giovanissimo di ‘’mercato nero’’, un mercato che durante la guerra forniva cibo e materiali in cambio di grosse somme di danaro. Durante la guerra esistevano le ‘’tessere di razionamento alimentare’’ e Buscetta, pieno di inventiva, si mise a stamparle ‘’false’’. Queste tessere garantivano cibo ai ricchi palermitani che potevano permettersi di comprarle a caro prezzo. Ovviamente la classe alto-borghese gli fu riconoscente ed iniziarono a chiamarlo, in segno di rispetto, nonostante la giovane età: ‘’Don Masino’’ .
Alla fine della guerra, continuò su questo ‘’stile’’ di vita, facendo parte della ‘’famiglia mafiosa’’ di Angelo La Barbera per poi passare a quella di Salvatore Greco.
Questi ‘’passaggi’’ da una famiglia all’altra non erano fatti a tavolino ma a colpi di mitra con agguati per le strade. Durante una di queste ‘’guerre’’ tra ‘’famiglie’’, quella di Ciaculli ad esempio, morirono ben sette poliziotti.
Per ‘’cambiare aria’’ i ‘’soldati’’ della mafia lasciavano il paese. Buscetta è vissuto sotto falso nome a Catania, Milano, Zurigo, Canada in America, dove, grazie al danaro della ‘’famiglia Gambino’’ aveva aperto una pizzeria.
Tornò in Italia per organizzare, assieme ad altre famiglie mafiose, il Golpe Borghese – un Colpo di Stato fatto in Italia nel 1970 dal principe Junio Valerio Borghese fondatore del Fronte Nazionale, che non ebbe, per fortuna, nessun successo.
Nel 1970 Venne arrestato a Brooklin per traffico di droga ma fu rilasciato dietro pagamento di una cauzione 40.000 dollari . Ovviamente ne approfitta per fuggire e si trasferì in Brasile, da dove iniziò un traffico di eroina e cocaina verso il Nord-America, creando in pochi anni un sistema di trasporto aereo e costituendo una compagnia di taxi dove poter reinvestire il denaro frutto del traffico di stupefacenti.
Per dieci anni riuscì a eludere la legge, utilizzando false identità (Manuel López Cadena, Adalberto Barbieri e Paulo Roberto Felice), sottoponendosi anche ad operazioni di chirurgia plastica e spostandosi da un paese all’altro, passando per gli Stati Uniti, il Brasile e il Messico.
Arrestato dalla polizia brasiliana per traffico di droga, il 2 novembre del 1972 ed estradato in Italia, venne rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciadone e condannato a dieci anni di reclusione, poi ridotti a otto in appello, Nel suo deposito blindato in Brasile, le autorità trovarono eroina pura per un valore di 25 miliardi di lire dell’epoca.
Venne trasferito poi al carcere ‘’Le Nuove’’ di Torino nel 1980, dove gli venne concessa la semilibertà. Approfittando proprio della ‘’semi-libertà’’ evase e si nascose a casa di Nino Salvo sotto la protezione dei boss della Mafia Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo, che volevano uccidere Salvatore Riina per prenderne il posto, ed usare allo scopo proprio Buscetta.
Buscetta però preferì fuggire e tornare in Brasile, dove si fece fare un’altra plastica al viso e un intervento alle corde vocali per cambiare la voce.
Salvatore Riina, il boss dello schieramento dei corleonesi decise comunque di uccidere Buscetta ma, non trovandolo, ammazzò i suoi due primi figli, quatto nipoti e il marito della figlia. Alla fine della ‘’guerra’’ tra Riina e Buscetta i parenti ammazzati di quest’ultimo furono 11.
Buscetta voleva vendicare queste morti e cercò di tornare a Palermo. Iniziò una corrispondenza con un suo ‘’amico’’ in carcere a Palermo per trovare appunto degli ‘’appoggi’’ per poter tornare e vendicarsi. Nel frattempo però venne arrestato a San Paolo del Brasile con l’accusa di un paio di omicidi avvenuti per la supremazia nel traffico di droga.
Il giudice Falcone andò in Brasile per interrogarlo sulla struttura mafiosa. Buscetta si rifiuta di collaborare e l’Italia ne chiese quindi l’estradizione. Buscetta pur di non tornare in Italia cerca di avvelenarsi con la stricnina ma viene salvato e portato in carcere in Italia.
Questa volta decide di collaborare con Falcone. Grazie alla sue dichiarazioni, furono rivelate al mondo le strutture gerarchiche di Cosa nostra, fino ad allora totalmente ignote a causa dell’omertà degli ambienti siciliani. Tuttavia Buscetta rifiutò di parlare con il giudice Falcone dei ‘’legami politici’’ tra Cosa nostra e lo Stato, perché a suo parere, lo Stato non era ‘’pronto’’ per dichiarazioni di quella portata, e si dimostrò abbastanza generico sull’ argomento.
Nel 1984 venne estradato negli Stati Uniti dove ricevette dal governo una nuova identità, la cittadinanza statunitense e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro Cosa Nostra Americana.
Nel 1986 testimoniò al Maxi-processo di Palermo e nel processo ‘’pizza Connection’’ che si svolse a New York.
Solo nell’estate del 1992, in seguito agli attentati in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Buscetta iniziò a parlare con i magistrati dei ‘’Legami politici di Cosa nostra’’, accusando gli onorevoli Salvo Lima, ucciso qualche mese prima, e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione. In particolare disse di aver conosciuto personalmente Lima fin dalla fine degli anni cinquanta e di averlo incontrato l’ultima volta nel 1980 durante la sua latitanza, e riferì inoltre di aver saputo che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, nel 1979, sarebbe stato compiuto nell’interesse di Giulio Andreotti, più volte Primo Ministro in Italia.
Per via di queste sue dichiarazioni fu uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli. Andreotti verrà assolto dall’accusa di aver commissionato l’assassinio di Pecorelli, mentre verrà accertata la sua connivenza con la mafia per i fatti anteriori al 1980, prescritti però al momento dell’emissione della sentenza, e quindi Andreotti tornò tranquillamente a sedersi sui banchi del Parlamento Italiano.
Buscetta morì di cancro il 2 aprile 2000, all’età di 71 anni, dopo aver vissuto la maggior parte della sua vita con la sua terza moglie e famiglia in Florida negli Stati Uniti, con nomi falsi. Fu sepolto sotto falso nome a North Miami in Florida.
Buscetta non si è mai considerato un ‘’pentito’’ ma un ‘’uomo d’onore’’ … lui sosteneva fosse la mafia ad esser cambiata, non lui.
Questa la sintesi della vita di un delinquente. Si tende purtroppo a ‘’romanzare’’ questi personaggi, a metterne in risalto i pregi. Ma quali pregi? L’unico pregio di costui è stato quello di aver collaborato con un Magistrato come Falcone. Un magistrato ‘’testardo’’ che ha pagato con la propria vita il proprio impegno nel cercare la verità.
Buscetta è il prodotto miserabile di un sistema malato. Non c’è nessuna differenza tra le lotte intestine nelle varie tribù arabe e quelle della mafia siciliana … nessuna!
I film di Marco Bellocchio descrive l’ambiente in cui Buscetta vive e si muove, e lo fa senza troppa enfasi e senza troppi entusiasmi. Parla di un uomo che, messo alle strette, cerca una soluzione. L’unico vantaggio di Buscetta è che è stato benedetto da un briciolo di cultura, se non scolastica, assorbita probabilmente tramite ‘’contatti’’ avuti durante i suoi spostamenti in giro per il mondo. Contatti qualche volta certamente meno miseri di personaggi come Riina – soprannominato la ‘bestia’’ e che non sapeva nemmeno parlare in italiano.
Complimenti a Jérôme Réber per le sue scelte sempre molto interessanti.
Alla prossima
Elena