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La Francia senza burro?

Si direbbe quasi un ”ossimoro” eppure …

Venerdì ho invitato degli amici a pranzo per domenica. La mia amica, conoscendo la mia cucina si è subito offerta di fare le lasagne al forno!
Io adoro le lasagne al forno, quindi le ho risposto: ‘’Perfetto, io preparo ‘’il secondo’’!
In serata ci siamo risentite al telefono e lei mi ha confessato di aver delle difficoltà a trovare del burro!
Sei senza burro? – le dico – e mi offro di procurarglielo, visto che noi usandone pochissimo, ne abbiamo sempre in frigo.
Ne usiamo poco perché ho un marito romano che continua a menarcela a tutti che le civiltà sono nate ad ‘’olio’’ e non a burro. Essendo io di Torino non ne sono poi molto convinta, ma, da quando è in pensione mi ha soppiantata in cucina, quindi a noi il burro dura una ‘’vita’’; in compenso l’olio extra vergine di oliva va via come, appunto, l’olio!

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Baguette calda e burro … la colazione tipica francese! 🙂

Terry deve aver risolto il problema perché non l’ho più sentita.
Ma la faccenda mi ha incuriosita e sono andata su ‘’santa rete’’ per informarmi su ‘sta penuria di burro ed ho scoperto che:

La Francia, che il più grande consumatore di burro del mondo (otto chili a testa), non ne ha a più a sufficienza per coprire la domanda interna. Come mai? Semplice … un problema, come al solito, economico.

Thierry Roquefeuil, presidente della federazione dei produttori di latte francese, spiega trattarsi di una ‘’guerra di prezzi. I supermercati si rifiutano di aumentare i prezzi  e quindi i produttori vendono all’estero.
Nel 2016 per comprare una tonnellata di burro si spendevano 2.500 euro, mentre ora i produttori ne vogliono 7.000.
Nei nuovi paesi che stanno diventando ricchi, come ad esempio: Cina, Egitto e Messico il burro sta diventando un alimento sempre più utilizzato.
Tra l’altro la Cina ha avuto non troppo tempo fa una truffa enorme sul latte per i neonati. Latte in polvere tagliato con la ‘’melamina’’ che ha causato intossicazioni e morti,  ecco che quindi si è rivolta a fornitori più affidabili, come ad esempio i produttori di latte francesi.
Ovviamente questi paesi sono disposti a pagare il burro molto più di quanto faccia la grande distribuzione francese e quindi i produttori privilegiano l’esportazione.

In Italia il consumo pro capite di burro resta molto inferiore alla media europea, visto che noialtri ‘’andiamo ad olio d’oliva’’ , quindi il problema non esiste, ma per i francesi che usano burro in qualità industriali – visto che lo mettono ovunque – la faccenda si sta facendo complicata.

Alla prossima
Elena

GLI ALIMENTI E … LA LORO DATA DI SCADENZA …

Pensiamo, anche, al nostro portafoglio …

I termini di conservazione degli alimenti e dei prodotti farmaceutici sono imposti dagli stessi produttori, i quali sostengono che alimenti e/o farmaci scaduti siano nocivi per la salute.

Ma non sarà invece che questa imposizione miri a poter vendere il maggior numero di prodotti e rinnovare regolarmente le scorte? Cosa giusta per carità … ma solo dal ”loro” punto di vista. Non sarebbe bene trovare una ”quadra” tra ”loro” e ”noialtri”?

Uno yogurt gustato e analizzato da tecnici di laboratorio,  57 giorni dopo la data impressa sulla confezione, è risultato avere lo stesso sapore e le stesse proprietà alimentari di quello appena confezionato.

Lo stesso vale per le carni  confezionate sotto vuoto che possono essere consumate anche ben oltre i 15 giorni dalla data di scadenza.

Per dolci secchi, biscotti, caramelle, cioccolatini, legumi secchi, pasta, riso, lenticchie,  alimenti in confezioni di vetro e metallo  …  analisi hanno rivelato che mantengono lo stesso sapore e le stesse caratteristiche da 3 a 4 anni dopo la data limite.

Eppure, in media, ogni cittadino ”butta via” circa 7 chili  all’anno di alimenti ancora perfettamente ”imballati” , per non parlare delle tonnellate di cibo eliminate dalla grande distribuzione. Cosa questa che ci fa raccapricciare se pensiamo ai bambini africani che muoiono letteralmente di fame.

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La stessa cosa vale per i prodotti farmaceutici … l’unica differenza è che dopo 3/4 anni un’aspirina avrà un’attendibilità del 99% invece che del 100%.

Ma poi, santo cielo,  cerchiamo di usare il buon senso. Nessuno di noi mangerebbe della frutta marcia o della ricotta acida, come nessun medico ”normale” inietterebbe in vena dell’adrenalina scaduta, ma cribbio, in un momento di crisi come questa, non buttiamo via il cibo!

Se proprio siamo ”fanatici” della conservazione … bè … compriamone di meno.

Alla prossima

 

Elena

 

 

http://www.capital.fr/art-de-vivre/conso/faut-il-respecter-les-dates-limites-de-consommation

http://www.theguardian.com/environment/2013/jan/10/half-world-food-waste