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CoVid19 – quanto durerà ancora questo incubo?

Pensierino del mattino:
‘’Oggi, marzo 2021, a chi ci governa noi chiediamo che prenda decisioni efficaci contro la pandemia, che prenda decisioni efficaci a favore dell’economia e, a livello psicologico, che ci rassicuri con messaggi sereni.
Auguri! Nemmeno a nostra madre abbiamo mai chiesto tutta ‘sta roba.
Al giorno d’oggi, essere nei cosiddetti ”posti di comando” non è un’impresa facile.
Siamo onesti, ci sono stati periodi in cui la politica viveva serena di ”rendita”. L’economia andava bene, noi eravamo contenti e la politica si faceva gli affari suoi.
Ovviamente, non è che si preoccupassero di eventuali ”vacche magre”, macchè, quando tutto era rose e fiori loro, ammesso che non se ne approfittassero, si facevano gli affari loro e del loro elettorato.
Quindi le famose necessarie, improrogabili ”riforme” si sono ben guardati dal farle.
Oggi che le vacche sono più che magre, anzi sono magrissime, ci rendiamo conto però di quanto ‘ste benedetti ”riforme” siano indispensabili.
Le faranno adesso? E quanto costeranno a noialtri? E’ risaputo inoltre che, facendo le cose all’ultimo minuto e di corsa, i risultati sono sempre delle schifezze.
Ma quand’è che diventeremo ”adulti”? Parliano sempre di ”pianficare” ma noialtri pianifichiamo che cosa esattamente? Noi ci limitiamo a gestie il caos …

Alla prossima

Elena

Così non si può andare avanti. Noi NON siamo Robot. Basta!

Pensierino del mattino …
Leggevo stamattina, 21 marzo 2021, che i dipendenti di Amazon sono in sciopero. Secondo me hanno ragione da vendere.
Perchè scioperano? Chiedono la riduzione dei carichi e degli orari di lavoro, chiedono migliori condizioni di sicurezza e chiedono la stabilizzazione degli eterni precari.
I sindacati domandano anche uno sciopero del ‘’consumo’’ per oggi, come gesto di solidarietà nei confronti dei lavoratori.
In Amazon i dipendenti, pur di non perdere il posto, lavorano come delle ”bestie’’. Siamo tornati al ”cottimo”. Ma è peggio ancora … nei capannoni ci sono i cosiddetti ‘’occhi elettronici” che controllano in continuazione e, se qualcuno parla, viene redarguito immediatamente. Ma … è vita questa?
Stiamo parlando di persone che smistano e movimentano pacchi … e si tratta quindi di un lavoro abbastanza ‘’manuale’’, ma è un lavoro, comunque, che è messo, in qualche modo, a confronto con quello di ‘’robot’’!
Ma … noi non siamo dei robot!

foto presa in ''rete''

foto presa in ”rete”

L’articolo che comunque stamattina mi ha scioccata di più, è stato quello letto sul Sole24ore, relativo allo sciopero dei dipendenti di Wall Street!

Il boom frenetico di operazioni, ha scatenato una nuova crisi a Wall Street. Non una bolla di Borsa, ma una insurrezione contro il super-lavoro nei ranghi più bassi dei protagonisti dell’alta finanza. 
A fare le spese del boom è un esercito di giovani banchieri e analisti, spesso arruolati appena usciti dall’università. Vero è che i loro salari sono superiori alla media, vero è che questo lavoro alimenta il loro sogno di far fortuna in futuro, ma questa “manovalanza” di Wall Street adesso ha denunciato condizioni di lavoro intollerabili e si è ribellata.

Un sondaggio autogestito da reclute della banca d’affari per eccellenza, Goldman Sachs, è stato fatto circolare in questi giorni sui social media, con il provocatorio look e la grafica di un vero e proprio rapporto bancario.

Questo sondaggio ha portato alla luce uno dei lati oscuri di Wall Street: una crisi interna fatta, per i neofiti, di orari di lavoro punitivi. Questi ragazzi lavorano in media 95 ore la settimana ma possono arrivare anche a 110 ore/settimana. Il che lascia loro qualche cosa come cinque ore in media per dormire la notte. Ma ha senso?

Poi ci si stupisce se si fanno di cocaina! Ma come potrebbero reggere diversamente questi ritmi folli?
Oltretutto subiscono maltrattamenti da parte dei senior banker. Questa situazione alla fine provoca un serio deterioramento sia della salute mentale che di quella fisica.

Anche nel mio ambito familiare mi rendo conto che, qualche cosa non funzioni come dovrebbe. Infatti quando chiamo al telefono, durante il weekend mia figlia, che è Art Director in un’azienda torinese, taglia corto dispiaciuta, scusandosi, perchè sta lavorando.
Ma anche il week end? Ma sempre? Ma tutto questo da dove nasce?

Ho l’impressione che nasca dal fatto che le macchine siano ormai entrate in competizione con l’uomo.
Anche in borsa gli algoritmi decidono quando comprare e quando vendere e lo fanno alla velocità della luce.
Ma … un ‘’essere umano’’ per quanto, sveglio, bravo, preparato, in gamba e con un’ altissima scolarizzazione, NON potrà MAI competere con una macchina! Noi non siamo sempre ‘’uguali’’. Capita il giorno in cui siamo depressi e quindi rendiamo di meno, capita che abbiamo ‘’mal di pancia’’ e quindi non possiamo stare seduti 15 ore consecutive allo stesso posto. Noi non siamo macchine, non lo saremo mai e non possiamo accettare che ci mettano in competizione con loro!
Noi abbiamo bisogno di spazi per noi … di tempo per noi … di ”vita” per noi!

Sarebbe ora di smetterla con questa faccenda. Se dovesse prendere il sopravvento questo tipo di ‘’confronto’’ e dovesse venire accettato dai più, come ‘’normale’’ … si verrebbe a creare una situazione spaventosa.

Meditiamo gente … meditiamo …

Alla prossima

Elena

Inghilterra – hard Brexit  … no deal …

Saranno cavoli amari per tutti e tutto rallenterà. I controlli saranno esasperanti e ovviamente ‘’qualcuno’’ ne approfitterà. Nei porti e negli aeroporti verranno potenziati i controlli, i doganieri che per forza di cose dovranno essere assunti in numero massiccio e la faranno da padroni.

D’altronde … oggi gli standard alimentari della GB sono analoghi a quelli europei ma ‘’domani’? Siamo sicuri che non laveranno pure loro i polli con la varechina? Mah …

La Francia, maggior partner commerciale della GB ha già preso provvedimenti varando misure legislative e giuridiche. Ha stanziato già 50 milioni di investimenti per adattare porti e aeroporti alla nuova realtà, potenziando checkpoint, arterie stradali, parcheggi per camion e magazzini in località o punti chiave a ridosso della Manica, come Calais, Cherbourg, l’ingresso del Tunnel, Le Havre.

L’Irlanda che ha deciso di rimanere in Europa è in fibrillazione … come si organizzeranno tra le ‘’due Irlande’’? Visto che quella del Nord è territorio inglese? Che pasticcio! 

Il Belgio con il suo porto di Anversa è un’altro importante partner commerciale dell’Inghilterra e adesso? Controlli di merci … doganieri … tasse … mi sa che per gli inglesi tra un pò mangiare un’arancia tornerà ad essere un cosa da ricchi! 

Anche la Germania ha previsto  l’assunzione di altri 900 doganieri, come pure, per quanto con numeri meno significativi, Danimarca, Finlandia e Lettonia; la Spagna si prepara a varare per decreto piani di emergenza entro febbraio ; il Portogallo renderà disponibili 50 milioni per prestiti alle imprese penalizzate da Brexit.

In Italia il governo ha pubblicato un’informativa su come si sta preparando alla Brexit, anche in caso di no-deal. Come si legge sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono stati avviati preparativi per garantire, anche con misure legislative, la tutela dei diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e dei cittadini britannici che vivono in Italia, la tutela della stabilità finanziaria e della continuità operativa dei mercati e dei settori bancario, finanziario e assicurativo (…), la promozione di un’adeguata preparazione delle imprese e la gestione di emergenze relative ad alcuni ambiti settoriali come, ad esempio, trasporti, dogane, sanità, agricoltura, ricerca, istruzione e altri settori in cui dovessero essere necessari interventi. Bla … bla … bla … belle parole come sempre!  Ma … noi lo sappiamo che le ‘’parole’’ non garantiscono quasi mai i ‘’fatti’’! Immaginatevi il caos che ne verrà fuori. 

Detesto sempre di più quei due ‘’pirla’’ di Johnson e Farage che hanno voluto la Brexit a tutti i costi e poi hanno mollato la patata bollente da gestire alla May, criticandola in continuazione. Se volevano un accordo ‘’migliore’’ ma perché non se lo sono gestiti loro? Grrrrr …

Che tristezza! Sono vissuta ad Oxford 7 anni, gli anni più belli della mia vita! Mio figlio si è laureato in Inghilterra … mia figlia ha iniziato le scuola …   Quando sulla M40 scavalcavo la collina ed entravo nella Thames Valley mi sentivo a ”casa” …  e adesso? Adesso sarò costretta, se ci voglio ritornare, a chiedere un visto? Non mi ci posso rassegnare!

Alla prossima

Elena 

Intervista al Professor Gustavo Zagrebelsky sulla situazione italiana dopo il voto

Sono trascorsi due mesi e mezzo dal voto e ancora non abbiamo il nuovo governo. Lei, professor Zagrebelsky, che ne dice?

«Dal 4 marzo qualcosa di nuovo cerca di nascere. Che ci riesca, sia vitale, sia davvero qualcosa di nuovo e, alla fine, sia bene o male, è presto per dirlo. Ma non stupisce il lungo travaglio. Il voto ha detto una cosa semplice e una difficile. Quella semplice è un desiderio di rottura; quella difficile è il compito ricostruttivo. Si immagina il presidente della Repubblica che, per tagliar corto, soffoca la novità con un governo tecnico?».

Dunque, nessun problema?
«No! Ce n’ è uno grande. Sembra si stia configurando un governo a composizione e contenuti predeterminati, totalmente estranei al Parlamento e al presidente della Repubblica. Il quale rischia di trovarsi con le spalle al muro per effetto di un “contratto” firmato davanti al notaio. Eppure, la nomina del governo spetta a lui. Lui non è un notaio che asseconda muto. È piuttosto un partner che può e deve intervenire per far valere ciò che gli spetta come dovere istituzionale. Non si tratta di astratti scrupoli di giuristi formalisti, ma di importantissimi compiti di sostanza».

Lei pensa ad aspetti della procedura seguita che impedirebbero al capo dello Stato di intervenire come dovrebbe poter fare?
«Teoricamente, il presidente della Repubblica potrebbe respingere le proposte fattegli. Ma, se lo immagina il caos che ne deriverebbe? La prassi maturata in tanti anni di governo repubblicano è questa. Prima, le consultazioni con i gruppi parlamentari; poi, in base a queste indicazioni, l’ incarico a una persona capace di unire una maggioranza; infine, se l’ incaricato “scioglie positivamente la riserva”, la nomina a presidente del Consiglio e, su sua proposta, la nomina dei ministri. La formazione del governo è un atto complesso e, nei diversi passaggi che ho detto, il presidente ha tutte le possibilità (in passato ampiamente esercitate) per far valere i poteri che gli spettano. Se egli accettasse a scatola chiusa ciò che gli viene messo davanti, si creerebbe un precedente verso il potere diretto e immediato dei partiti, un’ umiliazione di Parlamento e presidente della Repubblica, una partitocrazia finora mai vista».

E quali passi, secondo lei, occorrerebbe fare per evitare questo esito?
«Il presidente, ricordando vicende del passato, ha detto con chiarezza ch’ egli intende far valere le sue prerogative. Potrebbe procedere a nuove consultazioni, e poi conferire un incarico corredato da condizioni che spetta a lui dettare, come rappresentante dell’ unità nazionale e primo garante della Costituzione. Per inciso, finora, non esiste alcun “incaricato” e i due firmatari dell’ atto notarile, dal punto di vista costituzionale, sono soggetti privi di mandato. Tutto potrebbe avvenire, se non sorgono problemi tra i partiti, in pochissimo tempo».

Lei parla di atto complesso e di condizioni poste dal presidente. Quali potrebbero essere?
«Ci sono cose costituzionalmente “non negoziabili”. Innanzitutto, per ciò che riguarda le persone chiamate al governo che devono portare la loro carica con “dignità e onore”. Nelle scelte politiche, invece, il presidente della Repubblica non può intervenire se non per rammentare che ve ne sono, accanto alle libere, altre che libere non sono. La Costituzione è un repertorio di scelte non “negoziabili”».

Vuole fare qualche esempio?
«Mi limito ad alcuni punti. Innanzitutto, i vincoli generali di bilancio. Mi pare che, sulle proposte che implicano spese o riduzioni di entrate, si discuta come se non ci fosse l’ articolo 81 della Costituzione che impone il principio di equilibrio nei conti dello Stato e limiti rigorosi all’ indebitamento. Ciò non deriva (soltanto) dai vincoli europei esterni, ma prima di tutto da un vincolo costituzionale interno che non riguarda singoli provvedimenti controllabili uno per uno, ma politiche complessive».

Sull’equilibrio dei conti finora molto si è detto, ma lei ha individuato altre “stranezze”?
«Sono colpito dalla superficialità con la quale si trattano i problemi della sicurezza. Dall’ insieme, emerge uno Stato dal volto spietato verso i deboli e “i diversi”: l’ autodifesa “sempre legittima”; la “chiusura”, non si sa come, dei campi Rom; la restrizione delle misure alternative alla pena detentiva; perfino l’ uso del Taser, la pistola a onde elettriche che l’ Onu considera strumento di tortura; le misure contro l’ immigrazione clandestina con specifiche figure di reato riservate ai migranti clandestini; il trasferimento di fondi dall’ assistenza dei profughi ai rimpatri coattivi. Come ciò sia compatibile con i diritti umani, con la ragionevolezza e l’ uguaglianza, con il rispetto della dignità e del principio di recupero sociale dei condannati, con esplicite e puntuali pronunce della Corte costituzionale, non si saprebbe dire. La “libertà di culto” è trattata come questione di pubblica sicurezza, con riguardo alla religione islamica (controllo dei fondi, registro dei ministri del culto, ecc.). Nelle 57 pagine del contratto ci sono anche cose che possono considerarsi positive. Non ne parlo, in quanto attengono a scelte discrezionali su cui il presidente della Repubblica non avrebbe motivo di intervenire. Ma su quelle anzidette certamente sì, nella sua veste di garante della Costituzione contro involuzioni che travolgono traguardi di civiltà faticosamente raggiunti».

Come mai non ha parlato finora delle riforme istituzionali?
«Innanzitutto, noto che non c’è parola circa la legge elettorale e l’esecrato (a parole) Rosatellum. È poi caduta l’ipotesi di una nuova riforma di sistema, per esempio in vista di qualche tipo di presidenzialismo. L’esperienza ha forse reso cauti. Invece, si ragiona di interventi puntuali. È prevista la riduzione del numero dei parlamentari, cosa da gran tempo auspicata (a parole). Circa la democrazia diretta, si prospetta l’ introduzione del referendum propositivo accanto a quello abrogativo, con l’ abolizione della condizione della partecipazione della maggioranza degli elettori: riforma molto democratica, a prima vista, ma forse solo a prima vista. E poi c’ è la questione del vincolo di mandato».

Per l’appunto: mi meravigliavo che non arrivasse qui.  «La discussione in proposito è legittima e la questione delicatissima. Ma non possiamo soltanto deplorare il trasformismo di deputati e senatori che passano dalla maggioranza all’ opposizione o, più spesso, dall’ opposizione alla maggioranza cedendo a promesse e corruzione. Questo è uno dei non minori mali del nostro sistema parlamentare. Il “contratto”, in proposito, è generico, ma insiste su un punto che a me pare rilevante: l’ esigenza che, con “cambio di casacca”, non si determini per interesse privato il tradimento delle aspettative degli elettori rispetto al governo. Se la coscienza del parlamentare lo fa stare stretto dove è stato eletto, lasci il suo posto in Parlamento. La libertà di coscienza, che il divieto di mandato vincolante vuole proteggere, dovrebbe invece essere fermamente garantita in tutti gli altri casi, in particolare nel procedimento legislativo. Piuttosto, a meno di errore, non trovo nel contratto nulla a proposito della questione di fiducia che tante volte il governo ha usato, per l’ appunto, per coartare la libertà di coscienza dei parlamentari».

Lei, nel corso di questo colloquio, ha sempre messo il “contratto” tra virgolette. Perché?
«I contratti sono sempre specifici. Così è, ad esempio, il Regierungsvertag (contratto di governo) tedesco, al quale impropriamente si è accostato il nostro che parla invece dell’universo mondo. Accanto a cose precise (tasse e reddito di cittadinanza, ad esempio) abbondano espressioni come: occorrerà, è necessario, si dovrà, è imprescindibile… Questo non è un contratto ma un accordo per andare insieme al governo. Insomma, un patto di potere, sia pure per fare cose insieme. Niente di male. Ma chiamarlo contratto è cosa vana e serve solo a dare l’idea di un vincolo giuridico che non può esistere. In politica, come nell’ amore, non si sta insieme per forza, ma solo per comunanza di sentimenti o d’interessi».

Ma è previsto addirittura un organismo che dovrebbe garantire il rispetto del patto, il “Comitato di conciliazione”. 

«È una figura fantasmatica, solo abbozzata. Quando tra due parti nasce un contrasto, è bene cercare di appianarlo (cabine di regia, consigli di gabinetto, caminetti). Ma qui si immagina qualcosa di più, qualcosa di formale pensato in termini privatistici. In coda ai contratti si indica il “foro competente” in caso di lite. Qui c’è il “comitato di conciliazione”. Cosa piuttosto innocua se rimane nella dinamica dei rapporti politici tra i “contraenti”. Cosa pericolosissima, anzi anticostituzionale, se dalle decisioni di tale comitato si volessero far derivare obblighi di comportamento nelle sedi istituzionali, del presidente del Consiglio, dei ministri, dei parlamentari».

Meditiamo gente … per pietà … meditiamo … 🙁

Alla prossima

Elena

 

Fonte: Libertà e Giustizia 22 maggio 2018