Archivi tag: Firenze

Michelangelo Buonarroti

Su richiesta espressa di un’allieva del corso di italiano, di cui non dirò il nome per evitarle rimostranze da parte degli altri, oggi parleremo di Michelangelo Buonarroti. Uno degli artisti  più famosi del Rinascimento italiano.

Michelangelo naque a Caprese – una piccola città vicina ad Arezzo –  il 6 marzo del 1475. Fu un grande pittore, scultore, architetto e, perfino poeta, anche se i suoi ‘’versi’’ sono stati tenuti nascosti per molto tempo. 

Suo padre era il Podestà delle cittadine di Caprese e Chiusi e sua madre, di famiglia borghese, si chiamava Francesca di Neri. 

Finito il ‘’mandato’’ di Podestà del padre,  la famiglia tornò a Firenze e Michelangelo fu affidato a balia alla moglie di uno scalpellino. 

Era abitudine di Michelangelo, quando ormai era diventato un famoso artista, dire, per giustificare la sua passione per la scultura, di aver ‘’bevuto latte misto a polvere di marmo’’ già dalla nascita. 

Appartenente ad una famiglia di medio-alta borghesia, Michelangelo Buonarroti, avrebbe, secondo suo padre, dovuto seguire la vocazione di ‘’famiglia’’, e cioè incarichi amministrativi e/o politici, ma Michelangelo adorava disegnare e per questo motivo gli fu permesso di  frequentare la scuola di Domenico Ghirlandaio col quale però non andò mai d’accordo. 

Aveva solo tredici anni quando il padre lo mise a ‘’bottega’’ dal Ghirlandaio, con un contratto di tre anni, per imparare a dipingere. Ma l’attività della bottega non corrispondeva al carattere di Michelangelo. Come tutti i ‘’garzoni’’ che si rispettano doveva iniziare dai lavori più ‘’umili’’ come quello di spazzare, mettere in ordine  e preparare i colori per i ‘’più grandi’’.  Michelangelo non arrivò ad onorare il contratto e abbandonò la bottega del Ghirlandaio, dopo un solo anno.

A quindici anni, mentre studia, con altri compagni, gli affreschi del Masaccio, nella Cappella Brancacci nella Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, si prende un pugno sul naso da Pietro Torrigiani, che tra l’altro era un suo amico.   Il giovane Buonarroti aveva preso la cattiva l’abitudine di sminuire le capacità degli altri pittori, il che non gli garantiva certo molte simpatie, ecco il motivo del ‘’pugno’’ sul naso. 

Come si vede nei suoi autoritratti, il pugno gli aveva rotto il ‘’setto nasale’’ rendendolo ancora meno attraente.

Giudizio Universale – particolare – Cappella Sistina Roma

Se avete occasione di osservare l’affresco del Giudizio Universale, dietro l’altare della Cappella Sistina, nella ‘’pelle’’ che pende dalla mani di San Bartolomeo, anche se informe, sono riconoscibili le sembianze dell’artista e quel naso rotto che ormai lo caratterizza. Il Torrigiani a causa di quel pugno fu esiliato. Vagò tra l’Inghilterra e la Spagna dove morì in prigione per aver sfregiato un Cristo, da lui stesso modellato.  II gesto fu interpretato come un’azione sacrilega e non come una protesta nei confronti dei ritardi di pagamento da parte del committente. Morale della favola? Torregiani, era un bravissimo artista ma … privo di ‘’appoggi politici’’. Michelangelo, altrettanto bravo, di appoggi politici ne aveva e anche parecchi, visto che Lorenzo il Magnifico lo aveva preso sotto la sua protezione e la sua ‘’fama’’, aumentava di giorno in giorno. 

Dopo una fitta nevicata avvenuta a Firenze,  Michelangelo viene chiamato a corte da Piero de Medici, figlio e successore di Lorenzo il Magnifico, morto da poco.  Piero gli chiede di fare una grande statua di neve. Michelangelo accetta la sfida e fa la statua di un Ercole enorme e bellissimo che tutta la cittadinanza fiorentina potè ammirare per un’intera settimana. 

Il Buonarroti però, oltre a prendere ‘’pubblicamente’’ in giro gli altri ‘’pittori’’ ne studiava con attenzione i lavori.  In particolare maestri come Filippo Lippi, Gentile da Fabriano, Verrocchio, Pollaiolo e Masaccio.  Michelangelo frequentava il ‘’giardino di casa Medici’’ – una sorta di ‘’scuola dell’arte’’ –  dove era conservata una grandissima collezione di oggetti preziosi:  quadri, tavole dipinte, libri antichi, statue, gioielli , vasellame –   e dove si riunivano uomini illustri del panorama italiano della fine del quattrocento, tra i quali Angelo Poliziano, Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. 

E’ proprio in questo ambiente che l’artista matura la sua idea della bellezza dell’arte: anche per lui come per gli altri artisti del Rinascimento, l’arte è l’imitazione della natura e che, attraverso lo studio di essa,  si arriva alla bellezza.

Nel 1496 lascia la città di Firenze e si trasferisce a Roma dove su commissione del cardinale  francese Jean Bilheres realizza, a soli 21 anni, la famosissima “Pietà”.

Pietà – Roma Cappella Sistina

Il gruppo scultoreo rappresenta la Madonna con in grembo il Cristo senza vita. Per Michelangelo Buonarroti la scultura era un’arte particolare, secondo la quale l’artista aveva il compito di ‘’liberare’’ dalla pietra, le figure che vi erano già imprigionate dentro. Per questo egli considerava la vera scultura quella ottenuta tramite il ‘’togliere”,  cioè di togliere dal blocco di pietra le parti di marmo inutili, e proprio per questo motivo si recava personalmente a Carrara per scegliere i blocchi di marmo che lo ‘’ispiravano’’.

Nel 1501, tornato a Firenze, gli viene commissionata una scultura rappresentante il “David”.  Per la sua realizzazione gli viene però dato un blocco di marmo che era già stato inizialmente tagliato e ridotto da Agostino di Duccio. Michelangelo non amava, come sappiamo,  questo lavoro già iniziato da ‘’altri’’ … ma fece buon viso a cattivo gioco e creò una meraviglia. 

David di Michelangelo – Firenze

L’opera rappresenta il giovane “David” contro il gigante Golia nell’attimo precedente il  lancio della pietra, sono evidenti nelle membra, nelle vene a fior di pelle la tensione e la calma concentrazione che precedono l’azione.  Il “David” fu collocato davanti Palazzo Vecchio, oggi il suo posto è occupato da una copia, mentre l’originale si trova all’Accademia di Belle Arti. 

La decisione della collocazione del David fu presa da una commissione di personaggi importanti della città,  artisti compresi. Tra questi artisti c’era anche Leonardo Da Vinci il quale votò per mettere la statua in una posizione poco visibile, anziché davanti al Palazzo,  la voleva relegare sotto una loggia nascosta. Il che dimostra quanto poco i ‘’due’’ artisti si amassero. 

Sempre a Firenze, per il matrimonio di Agnolo Doni, eseguì una tavola ‘’rotonda’’ rappresentante la “Sacra Famiglia”, conosciuta con il nome di “Tondo Doni”. Una tela davvero particolare per l’epoca. Le figure sono molto colorate, sono rappresentate come sculture e il movimento dei personaggi è ‘’vitale’’.  In primo piano, al centro, vi è la rappresentazione della Sacra famiglia, alle spalle della quale, al di la di un muretto si vede San Giovanni e, ancora dietro di lui, ad occupare lo sfondo,  figure di giovani nudi.

Curioso ricordare che, alla consegna dell’opera, il Doni si rifiutò di pagare la somma pattuita. Al che Michelangelo si riprese la tela e, senza tante discussioni, se ne andò. Il Doni lo rincorse dicendogli che avrebbe pagato quanto stabilito.  Michelangelo però gli disse che, se voleva la tela, ora avrebbe dovuto dargli il doppio di quanto stabilito inizialmente.  Era la prima volta che un ‘’artista’’ non si sottometteva al committente. Il nobile Doni nonostante la cosa lo infastidisse molto, pur di aver la tela, sborsò quanto richiesto. 

La Cappella Sistina si chiama così perché nel 1471, quando il ligure Francesco della Rovere, viene eletto al soglio pontificio, prende il nome di Sisto IV.  Costui è un uomo astuto, ambizioso e coltissimo, amante dei libri e dell’arte,  tanto che durante il suo pontificato Roma diventa il polo d’attrazione dei più importanti intellettuali dell’epoca. È lui infatti che arricchisce la biblioteca vaticana di preziosi classici e che la rende accessibile agli umanisti, è lui che crea il primo nucleo di quelli che saranno poi i musei capitolini ed è al suo nome che è legata la più grande impresa artistica del Rinascimento italiano, la Cappella Sistina appunto. 

Sisto IV muore nel 1484, certamente soddisfatto della sua impresa. Non passano però molti anni che un altro Della Rovere, Giuliano, sale al trono papale. Nel 1503 è infatti eletto papa Giulio II, nipote di Sisto, come lui ambizioso e come lui desideroso di lasciare nella storia un’impronta indelebile. 

Giulio II della Rovere, commissiona a Michelangelo, il suo complicatissimo monumento funebre, al quale l’artista si dedicò saltuariamente, tra un lavoro e l’altro, dal 1503 al 1545, cambiandone più volte i progetti.  

Nel frattempo la Cappella Sistina aveva avuto dei problemi di ‘’staticità’’.  Si erano aperte delle ‘’crepe’’ che il Bramante aveva aggiustato grazie ad un sistema di ‘’catene’’ che avevano messo si in sicurezza le pareti, ma che ne avevano rovinato gli affreschi pre-esistenti.  Quindi bisognava ridecorarla ed ecco che, questo lavoro,  viene affidato a Michelangelo. Una ‘’sfida’’ che quest’ultimo accetta di buon grado.

Nel  1508  l’artista firma il contratto; il lavoro venne completato il 31 ottobre del 1512. Quattro anni di lavoro continuo.  La decorazione della volta incontrò numerose difficoltà, tutte brillantemente superate dall’artista e dai suoi collaboratori. Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di una struttura di supporto; la prima idea fu del Bamante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un’impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta. Il primo strato di intonaco steso sulla volta cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jicopo l’Indaco. Questa non solo resistette alla muffa,  ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana.

Schiavo Morente

Poco dopo la morte di Giulio II Michelangelo Buonarroti terminò le sculture dello “Schiavo ribelle”, dello ‘’schiavo morente’’ e del “Mosè”.  Queste statue erano in realtà parte del previsto monumento funebre del papa. Ma il progetto era troppo ambizioso ed impegnativo, gli eredi litigavano per il costo e, alla fine, venne deciso di farlo  molto più piccolo e, soprattutto, con l’aiuto di altri artisti. 

Schiavo Ribelle

Mosè – Roma Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti morì – ad 89 anni –  il 18 febbraio del 1564 a Roma nella sua casa presso il Foro di Traiano e la salma fu deposta ai SS. XII Apostoli. Il nipote, Lionardo Buonarroti, trafugò il corpo, lo nascose in un rotolo di panni e, caricatolo su un carretto insieme ad altre merci, lo portò a Firenze dove il maestro venne sepolto il 12 marzo 1564 nella chiesa di Santa Croce.

Ora parliamo un pò dell’ ‘’uomo’’ Michelangelo, per esempio: era sposato? Aveva figli?  Non si hanno notizie né di ‘’matrimoni’’ nè di ‘’eredi’’. Si è detto e ripetuto, benché prove certe non ve ne siano, che Michelangelo sia stato un omosessuale e probabilmente lo furono anche alcuni papi e alti prelati che protessero lui e le sue opere.  L’ esibizione, spesso allusiva e a volte volgare, del nudo maschile, non rimanda di per sé ad atteggiamenti omosessuali da parte dell’artista, altrimenti dovremmo dire che tutti gli artisti della Grecia classica lo fossero.

Le figure femminili ritratte da Michelangelo o sono troppo maschili, tanto da sembrare – diremmo oggi – dei transessuali, o sono idealizzate in una forma stereotipata, spesso da risultare madri molto più giovani del figlio morto, come ad esempio nella Pietà, o mogli molto più giovani dei loro mariti (come Maria nel Tondo Doni).

L’ostentazione degli attributi maschili, dalla muscolatura agli organi genitali,  appare indubbiamente una forma di imposizione a chi guarda, che si concilia male con i temi religiosi che gli venivano di solito commissionati.  

Una delle pochissime opere di Michelangelo a soggetto profano, gli venne commissionata dal cardinale Raffaele Riario, durante il primo soggiorno romano verso il 1496.  Il Riario era stato la vittima della ‘’truffa del Cupido Dormiente’’.  

Le cose erano andate così: Michelangelo crea il Cupido Dormiente in marmo e lo vende a qualcuno. Questo ‘’qualcuno’’ seppellisce sotto terra il Cupido per ‘’invecchiarlo’’ e poi lo vende al Cardinale a caro prezzo, spacciandolo per un antico reperto greco.

Il Cardinale acquista l’opera in buona fede, ma poi, scopre l’inganno e va su tutte le furie. Manda un suo agente a cercare a Firenze l’autore del pezzo contraffatto. Trova Michelangelo che, probabilmente ignaro della truffa, viene invitato a Roma a conoscere il cardinale. Il Riario gli commissiona una statua “all’antica”, un giovane Bacco. Bacco è il Dio del vino e della vendemmia, nonché del piacere dei sensi e del divertimento … 

L’artista si mette al lavoro, completando l’opera in appena un anno, dal 1496 al 1497. Il cardinale però, non ama affatto questo giovane ‘’Bacco’’ nudo e chiaramente ubriaco e ne rifiuta l’acquisto. 

Michelangelo avrebbe potuto benissimo ‘’vestire’’ il Bacco in questione, visto il ‘’personaggio’’ che lo commissionava.  Avrebbe potuto evitare delle ‘’allusioni’’ pesanti. Ma quella del ‘’nudo’’ era una sua fissazione maniacale. Inoltre, riteneva che il suo genio, riconosciuto e stimato dalla critica, non dovesse essere sottoposto ad alcun controllo, ad alcuna verifica e ad alcuna critica.

Quando qualcuno si azzardava a criticarlo, la sua reazione era immediata e sempre esagerata, anche perché sapeva di avere, nelle stanze vaticane, ampi consensi. 

L’egocentrismo di Michelangelo si rifletteva anche nella sua costante difficoltà ad avere relazioni sociali normali. Sono parecchi i nomi citati dai critici e alcuni persino dallo stesso Michelangelo tra i suoi possibili ‘’amanti’’, di ogni età e condizione sociale: Tommaso de’ Cavalieri, Gherardo Perini, Giovanni da Pistoia, Pietro Urbano, Antonio Mini, Luigi Pulci jr, Benedetto Varchi, Giovannangelo detto “il Montorsoli”, Febo dal Poggio, Cecchino Bracci, Francesco Amadori detto “l’Urbino”, Pierfrancesco Borgherini, che ricevette l’eredità più cospicua alla morte di Michelangelo.

Non dimentichiamo ch’egli da giovane s’era formato nella cerchia di grandi filosofi omosessuali come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.

Comunque, Michelangelo Buonarroti è stato uno dei grandissimi  protagonisti del Rinascimento italiano. Riconosciuto come uno dei maggiori artisti di tutti i tempi,  tanto geniale quanto irrequieto.

Il suo nome è collegato a una serie di opere che lo hanno consegnato alla storia dell’arte, alcune delle quali sono conosciute in tutto il mondo e considerate tra i più importanti lavori dell’arte occidentale: il David, La Pietà, La Cupola di San Pietro, gli affreschi della Cappella Sistina sono considerati traguardi insuperabili dell’ingegno creativo.

Alla prossima

Elena 

Leonardo da Vinci

Cosa sappiamo di Leonardo Da Vinci? Di sicuro che ha dipinto la ‘’Monna Lisa, detta anche la Gioconda’’ che oggi si trova al Louvre di Parigi, ma di lui, della sua vita, che cosa sappiamo? Proviamo un pò a fare un piccolo riassunto … non tanto parlando delle sue opere ma proprio della sua esistenza.

Il 15 aprile del 1452, ad Anchiano una piccola frazione del Comune di Vinci, vicina a Firenze, nasce Leonardo, figlio illegittimo di un ricco benestante, il notaio Ser Piero Da Vinci e di una povera contadina di Anchiano. Una donna troppo ‘’semplice’’ per poter essere ammessa nella nobile famiglia dei ‘’Vinci’’. Leonardo viene comunque ‘’riconosciuto’’ dal padre e trascorre la prima infanzia nella casa del ‘’nonno’’ paterno.  Più grande verrà affidato al padre che nel frattempo aveva sposato la nobile Albiera di Giovanni Amadori. Il bambino è ben accolto dalla coppia che non ha altri figli e i tre si trasferiscono a Firenze.

In famiglia si accorgono subito della sua intelligenza vivace e del suo talento per il disegno, tanto che il padre lo affida alle cure di Andrea del Verrocchio, il più importante maestro fiorentino del tempo.

Verrocchio è pittore, scultore, intagliatore, architetto e, soprattutto, gestisce la più grande e affermata bottega d’arte che si possa trovare a Firenze, dalla quale passano allievi famosi come Sandro Botticelli e Domenico Ghirlandaio. Per il giovane Leonardo da Vinci è una sorta di “paese della cuccagna”, dove la sua curiosità si sazia e si alimenta allo stesso tempo, dove può fare pratica delle tecniche più disparate, dove studia la geometria, la prospettiva e l’anatomia degli uomini e degli animali, dove sviluppa l’interesse per l’urbanistica e per il paesaggio, dove soprattutto può esercitarsi nella sua prima, vera e grande passione: il disegno.

Maestro Andrea è una guida severa e rigorosa ma capisce subito l’abilità del ragazzo, tanto che gli affida l’esecuzione di alcune figure nelle sue ‘’pale d’altare’’. È il caso del celebre dipinto  ”Il Battesimo di Cristo”  che oggi si trova agli Uffizi, dove sulla sinistra appare il bellissimo angelo di Leonardo, dai capelli biondi e vaporosi, dai lineamenti dolci e morbidi così diversi rispetto alle linee incise e profonde che disegnano i volti tratteggiati dal suo maestro, Andrea Verrocchio. 

Il battesimo del Cristo – Andrea Verrocchio e Leonardo Da Vinci giovane

La carriera di Leonardo da Vinci non si limita alla sola pittura.  Mentre dipinge, si dedica anche alla musica e costruisce da solo i suoi strumenti, osserva i fenomeni naturali, studia il comportamento degli animali, degli uccelli in modo particolare, immagina opere di canalizzazione dei corsi d’acqua, progetta fortificazioni e macchine belliche. Tutto attraverso il disegno, che per lui è lo strumento fondamentale per indagare sulla realtà ed il principale mezzo espressivo dei suoi pensieri. La curiosità, la ricerca, la necessità di sperimentazione lo portano ad essere incostanza nelle sue attività, quindi molte delle sue opere sono ‘’incompiute’’.

Leonardo Da Vinci

Nel 1482, invitato da Ludovico Sforza (duca di Milano) parte alla volta di Milano. All’arrivo stupisce la corte milanese suonando la sua ”Lira d’argento” (sorta di piccola arpa) ma al duca si presenta con una lettera in cui si dichiara pronto a progettare per lui:  ”armi, macchine belliche, opere architettoniche di ogni tipo, sistemi di irrigazione e di bonifica ma anche opere di scultura in marmo e in bronzo e, ovviamente, dipinti con qualsiasi soggetto”.

Ludovico gli offre per diciotto anni stima, affetto, stabilità economica e possibilità di cimentarsi in qualunque campo. Per la sua corte degli Sforza realizza ”architetture mobili” per feste e banchetti, disegna costumi, progetta opere di ingegneria civile e sistemi di fortificazione, lavora ad un grande monumento equestre.  È nel campo della pittura che però lascia il suo segno più evidente, dedicandosi ai ritratti, a grandi pale d’altare e soprattutto alla decorazione del refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie, dove si può ammirare: Il Cenacolo o l’Ultima Cena,  un grande dipinto murale che viene eseguito tra il 1495 e il 1497, su richiesta di Ludovico Sforza che già da alcuni anni si stava occupando di ristrutturare il convento domenicano di Santa Maria delle Grazie.  L’opera, destinata ad abbellire il refettorio, rappresenta l’ episodio evangelico dell’ultima cena, il momento in cui Cristo celebra con i suoi discepoli la ”Comunione”  poco prima di essere ucciso.

L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci refettorio del Convento Santa Maria delle Grazie

Gli anni milanesi sono senz’altro i più felici per Leonardo da Vinci, quelli in cui la sua fama passa i confini della penisola italiana. A Milano,  senza pressioni di sorta, è libero di creare e disfare, osservare e riflettere. 

Leonardo scriveva da destra verso sinistra e per leggere i suoi manoscritti è necessario appoggiare uno specchio alla pagina. Si tratta probabilmente di un’abitudine adottata dall’artista sia per manifestare la sua abilità sia come un metodo per tenere le sue annotazioni a riparo da sguardi indiscreti. La sua scrittura è comunque fluida, sicura e priva di errori. Questa capacità è tipica di chi usa con disinvoltura sia la mano destra che quella sinistra.

Gli ultimi anni – La pace di Leonardo viene però spazzata via dalla truppe francesi di Luigi XII che rivendica il possesso del ducato di Milano,  in quanto nipote di Valentina Visconti. Ludovico Sforza, detto il Moro,  viene imprigionato e privato dei suoi possedimenti.  Leonardo da Vinci è costretto a fuggire da Milano.

Torna a Firenze nel 1503 e trova una città profondamente cambiata. I Medici non sono più al potere e a Firenze è stata instaurata la ‘’Repubblica’’.  La caduta della signoria dei Medici fu animata ed ispirata dal frate domenicano, Girolamo Savonarola, che accusava i Medici ed il Papa di troppo potere, di troppa ricchezza e di dubbia moralità.  La ”buona politica” del Savonarola finì con la sua condanna a morte. Fu impiccato e messo al rogo.  La sua condanna a morte fu voluta principalmente da Papa Alessandro VI,  vittima preferita delle prediche morali del Savonarola!  Il potere  a Firenze fu dato ad un certo Pier Soderini a cui venne dato il titolo di ‘’gonfaloniere’’.  Per maggiore chiarezza è bene spendere ”due parole” sul personaggio Papa Alessandro VI, nato con in nome catalano di Roderic Llançol de Borja e italianizzato in Rodrigo Borgia. Questo signore fu  papa della Chiesa cattolica dal 1492 sino alla sua morte. Fu uno dei papi rinascimentali più ”discussi” anche per aver riconosciuto la paternità di vari figli illegittimi, fra cui i famosi Cesare e Lucrezia Borgia, tanto che il suo cognome catalano, italianizzato in Borgia, ha assunto al giorno d’oggi il significato di lussuria e nepotismo. Cose queste che avevano caratterizzato il  suo pontificato.

Ma torniamo a Firenze e alla situazione che ha trovato Leonardo al suo ritorno. Il Gonfaloniere Pier Soderini affidò la decorazione della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Vecchio ai due migliori artisti del tempo:  Michelangelo Buonarroti e Leonardo Da Vinci.  Michelangelo realizza alcuni cartoni ma interrompe poi il lavoro per recarsi a Roma, dove lo attende niente di meno che la Cappella Sistina;  Leonardo esegue alcuni disegni e inizia il trasferimento degli stessi sulla parete. La sua voglia di sperimentare sempre lo spinge però a scegliere una tecnica un pò troppo azzardata e nel giro di poco tempo il dipinto letteralmente scompare.

Nel 1506 Leonardo torna di nuovo a Milano che è ormai nelle mani dei francesi.  Va ospite del governatore francese Charles d’Amboise, quindi trascorre un periodo a Roma alla corte del fiorentino Giovanni de Medici divenuto nel frattempo Papa Leone X.  Qui a Roma però il potere artistico era già nelle mani del giovane e bellissimo Raffaello Sanzio, quindi non c’era spazio per Leonardo.

Leonardo, assieme al papa,  parte nel 1516 per Bologna per incontrare il nuovo re di Francia Francesco I che, immediatamente, lo invita alla sua corte in Francia e gli mette a disposizione il castello di Cloux ad Amboise. Oggi si chiama Clos-Lucé.  Leonardo ha già 64 anni ma in Francia grazie a Francesco I,  è di nuovo libero di pensare, di sognare e di lavorare. Il Re oltre al castello gli mette a disposizione anche uno stipendio di 700 scudi d’oro e gli conferisce la carica di pittore di corte.  Leonardo a Cloux si dedica all’insegnamento dell’architettura, dell’urbanistica, e al disegno. 

Leonardo da Vinci non farà mai più ritorno in Italia. Muore il 2 maggio del 1519 all’età di 67 anni circondato dai suoi disegni e dai suo dipinti più cari. E’ sepolto a Cloux. 

Alla prossima

Elena