Archivi del mese: maggio 2015

STRAGE BRESCIA – PIAZZA DELLA LOGGIA

Ecco qui – se potesse esser utile a qualcuno – un ”condensato” di cronaca e iter processuale di una ”strage” compiuta 41 anni fa … e non ancora conclusa! Sigh …

La mattina del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia a Brescia, un ordigno fatto esplodere in un contenitore della spazzatura,  provocò otto morti e più di cento feriti. L’esplosione avvenne durante una manifestazione indetta da sindacalisti e antifascisti per protestare contro una serie di attentati  avvenuti nella zona.

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La paternità della strage venne rivendicata da Ordine nero e da Anno zero-Ordine nuovo. Il giorno prima del fatto, un messaggio proveniente da Ordine nero-Gruppo Anno zero-Briexien Gau e diretto a quotidiani di Brescia aveva preannunciato attentati contro esercizi pubblici.

A tre anni di distanza dalla strage, il giudice istruttore rinviò a giudizio trenta persone per reati concernenti armi, attentati ed esplosivi; nove di esse – appartenenti, al pari della gran parte delle altre, all’area della estrema destra bresciana – furono rinviate a giudizio anche quali autori della strage. Il 2 luglio 1979, la Corte di assise di Brescia condannò per la strage DUE dei NOVE  imputati e a uno di essi inflisse la pena dell’ergastolo. 

Nel 1982, la Corte di Appello assolse l’unico imputato rimasto in vita. L’altro – quello condannato all’ergastoloche aveva manifestato la volontà di collaborare e che era stato anche tacciato di essere un informatore degli organi di Polizia, era stato strangolato alla vigilia del processo di appello nella Casa circondariale di Novara …   Per il suo omicidio sono stati condannati due estremisti di destra, già  (guarda il caso) detenuti!  Uno per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio  del 1976 , l’altro  per gli omicidi del brigadiere Leonardo Falco e dell’appuntato Giovanni Ceravolo che lo stavano perquisendo nel procedimento per la  strage del treno ITALICUS dell’agosto 1974.

La sentenza di assoluzione della Corte di assise di appello di Brescia fu annullata nel 1983 dalla Corte di cassazione.

Anche il giudice del rinvio – la Corte di assise di appello di Venezia – pronunciò sentenza di assoluzione per insufficienza di prove.

Nel settembre 1987, l’assoluzione fu confermata dalla Corte di cassazione.

Esito assolutorio hanno avuto anche altri due processi instaurati seguendo filoni di indagine diversi da quelli della estrema destra bresciana. Le sentenze di proscioglimento furono emesse, rispettivamente, nel 1983 e nel 1993. Da alcuni atti stralciati da quest’ultimo processo hanno però tratto spunto nuove indagini. Queste, anche prospettando l’ipotesi di condotte di “depistaggio”, si sono di recente concluse con la richiesta di rinvio a giudizio, per strage terroristico-eversiva, di sei persone, alcune delle quali esponenti della già disciolta organizzazione estremista di destra Ordine nuovo, e coinvolte nel procedimento per la  strage di piazza Fontana a Milano, del 12 dicembre 1969.

Il 16 novembre 2010 si è concluso il processo di primo grado e gli imputati sono stati tutti assolti ai sensi dell’articolo 530, comma 2 (insufficienza o contraddittorietà della prova). Contro la sentenza è stato presentato appello.

La Corte d’Appello ha confermato l’assoluzione per tutti gli imputati, ponendo il pagamento delle spese processuali a CARICO delle parti civili …  tuttavia indica la responsabilità di tre ordinovisti ormai defunti, Carlo Digilio, Ermanno Buzzi e Marcello Soffiati. 

Il processo per la strage di piazza della Loggia approda in Cassazione.

Il 21 febbraio 2014  la Corte di Cassazione annulla le assoluzioni di Maggi e Tramonte e conferma quelle di Zorzi e Delfino. Viene così istruito un nuovo processo d’appello contro Tramonti e Maggi.

In tribunale a Milano, intanto si è appena aperto (maggio 2015)  il processo d’appello bis a carico di Carlo Maria Maggi (1934) – ex ispettore per il Triveneto di Ordine Nuovo – e Maurizio Tramonte, un uomo considerato vicino ai servizi; mentre Delfo Zorzi è stato assolto. Nella prima udienza, i giudici hanno affidato la parola ai periti che dovranno stabilire se Maggi sia davvero incapace di affrontare il processo, così come lui sostiene.

Dopo 41 anni … sono stati condannati solo dei ”defunti” … il nostro è il paese dell’omertà a 360°!

Ricordiamo i nomi delle otto persone che sono state uccise, senza dimenticare i 103 feriti!

  1. Giulietta BANZI BAZOLI, anni 34
  2. Livia BOTTARDI MILANI, anni 32
  3. Clementina CALZARI TREBESCHI, anni 31
  4. Alberto TREBESCHI, anni 37
  5. Euplo NATALI, anni 69
  6. Luigi PINTO, anni 25
  7. Bartolomeo TALENTI, anni 56
  8. Vittorio ZAMBARDA, anni 60

 

Alla prossima

Elena

ESTATE VIOLENTA – Valerio Zurlini

Estate violenta è un film drammatico del 1959, diretto da Valerio Zurlini.

vlcsnap-2012-10-19-02h25m24s80 (2)Valerio Zurlini 

Per la serie ”ciclo film in italiano”  ieri sera, con Jaqueline e Leonor, siamo andate al Vox a vedere ”Estate Violenta”. Parliamo prima del regista : Valerio Zurlini –  nato il 19 marzo 1926 a Bologna e morto a Trento il 28 ottobre 1982 (a soli 56 anni). Un regista che non ha raggiunto nella storia del nostro cinema la statura del trio Fellini, Visconti, Antonioni, ma che molti ricordano come il cantore delle atmosfere di provincia, capace di riprodurre atmosfere intimiste e risvolti psicologici di notevole intensità.

Secondo alcuni critici Zurlini ha saputo creare un ponte  fra il cinema e la letteratura che  lo rende senz’altro unico e riconoscibile. Di certo il regista rispecchia l’educazione sentimentale degli Italiani dell’epoca.

Vittorio Zurlini nasce a Bologna il 19 marzo 1926. La sua famiglia si trasferisce a Roma con lui ancora ragazzo, per cui si trova a frequentare il liceo presso un severo e rigido istituto di Gesuiti. Terminati gli studi liceali, Zurlini trascorre l’ultima vacanza spensierata a Riccione – se ne ricorderà poi in Estate violenta che si ambienta proprio lì –  poi decidere di arruolarsi nel Corpo Italiano di Liberazione. Nel dopoguerra si laurea in legge e segue corsi di storia dell’arte. Dopo una prima esperienza di teatro universitario presso la Facoltà di lettere di Roma, va a Milano dove lavora per un anno e mezzo come aiuto regista al  ”Piccolo Teatro”. Tra il 1949 e il 1952 realizza alcuni cortometraggi in cui dà prova di un notevole spirito di osservazione, iniziando a collaborare con il compositore Mario Nascimbene, autore di colonne sonore. Questi cortometraggi venivano all’epoca distribuiti in abbinamento a film in proiezione nelle sale, e tra le molte persone che vedono i suoi lavori c’è anche Pietro Germi che lo segnala alla Lux Film, una delle più importanti case di produzione cinematografica.

Dopo un anno trascorso tra la presentazione di vari copioni, tutti puntualmente respinti è la stessa Lux a imporgli l’adattamento da Vasco Pratolini in Le ragazze di San Frediano –  storia di un Don Giovanni di provincia che cerca di sedurre contemporaneamente cinque ragazze, con le 5 ragazze infuriate che poi si vendicheranno di lui – mostra un’ insolita freschezza, una schietta ironia con l’attenzione al contesto geografico di una borgata fiorentina.

Zurlini passa alla Titanus e riesce a realizzare Estate violenta nel 1959. 

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Parliamo adesso del film che altro non è se non la storia d’amore tra uno studente universitario (Jean Louis Trintignan)  e un’affascinante giovane vedova (Eleonora Rossi Drago). Storia ambientata a Riccione, nella riviera Adriatica, negli ultimi anni della seconda guerra mondiale.  Nel luglio del 1943, Carlo  –  insieme a sua cugina Rossana, di lui segretamente innamorata, fa parte di una compagnia di giovani  amici che passano insieme le vacanze estive a Riccione. Come figlio di un  potente gerarca godeva privilegi non indifferenti, soprattutto, grazie al fatto di frequentare l’università, riusciva ad evitare l’arruolamento nell’esercito.

Durante un’ incursione aerea sulla spiaggia  … Colomba la figlia di Roberta – vedova di un ufficiale – corre a rifugiarsi spaventata tra le braccia di Carlo. Carlo, galantemente, accompagna madre e figlia a casa loro … tra i due germoglia un sentimento di reciproca simpatia, che infastidisce Rossana, la fidanzatina di Carlo.

estate violentaLa reciproca simpatia si trasforma presto in passione. Roberta, come molte ragazze dell’epoca aveva subito un matrimonio ”imposto”.  Costretta cioè a sposare un uomo molto più ”grande” di lei … ma  che ”piaceva alla famiglia”. Per dieci anni aveva subito il ”matrimonio” senza poter scegliere nulla. Rimasta vedova e grazie all’incontro con Carlo, scopre una sessualità che le era sconosciuta.  Non vuole rinunciare a questa gratificante esperienza ed è disposta ad andare incontro alle ”ire di sua madre” e a mettere sua figlia Colomba in secondo piano.

La sera del 25 luglio 1943 –  instaurazione del Governo Badoglio e caduta di Mussolini –  il padre di Carlo, potente gerarca fascista, è costretto a fuggire. Vorrebbe condurre con sè il figlio, ma Carlo non vuole allontanarsi da Roberta e preferisce rimanere con lei.  Durante un ”incontro notturno”  sulla spiaggia Carlo e Roberta sono fermati da una pattuglia militare che chiede di controllare i documenti. Quelli di Carlo non sono in regola: il giovane dovrà presentarsi al Comando a Bologna il giorno seguente. L’episodio impressiona vivamente Roberta, la quale pensa con terrore che la guerra sta per toglierle l’uomo che ama. Roberta, all’insaputa di sua madre e di sua figlia,  prende la decisione di nascondere Carlo in una sua villa, a Rovigo, per sottrarlo alla chiamata alle armi. Durante il viaggio il treno subisce un bombardamento aereo che sparge intorno terrore e morte. Nello scompiglio Carlo e Roberta vengono separati: quando si ritrovano, il giovane pretende che la donna ritorni a casa da sua figlia – perché  ha deciso di presentarsi al Comando Militare.

Senza voler giudicare nè la trama, né le scelte dei principali personaggi, ho trovato il film estremamente ”lento”. Quell’intensità di sguardi … che nascondevano emozioni di cui non si aveva il coraggio di parlare, nel mondo del ”whatsApp” sono diventate ”anacronistiche”.  La condizione femminile dell’epoca, che poi era quella di mia madre, mi ha innervosita.

Viva Iddio le cose sono cambiate. Forse sono anche cambiate ”troppo” … ma si sa la cosa difficile è sempre quella di ”fermarsi al punto giusto”.

 

Alla prossima

 

 

Elena

 

 

Altri film di Zurlini : La ragazza con la valigia, Cronaca Familiare, Le soldatesse, Pieta di Novembre, Seduto alla sua destra, La promessa, La prima notte di quiete, Il deserto dei Tartari,

23 MAGGIO 1992 – STRAGE DI CAPACI …

23 anni fa … il 23 maggio del 1992,  in località Capaci, sull’autostrada che dall’Aeroporto conduce a Palermo veniva ucciso il giudice Giovanni Falcone assieme alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta:  Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.

Per ricordare quella orribile strage proviamo a leggere: ”Cose di cosa nostra” – un libro scritto da Giovanni Falcone in collaborazione con la giornalista francese Marcelle Padovani .

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Nel libro ricorrono frasi come: ”Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno”, oppure:  ”In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”.

Oggi, a distanza di 23 anni, ci sono milioni di italiani e un pugno di magistrati che si domandano se ci fu una parte ”marcia” dello  Stato, che non riuscì o non volle proteggere Falcone e, con lui, altri Servitori dello Stato che prima e dopo quella strage lasceranno le loro vite sul terreno della incompiuta democrazia italiana.

La lettura di questo libro rappresenta la presa di coscienza del fatto che sono ancora diversi i Servitori dello Stato che vengono lasciati soli o che, entrati in giochi troppo grandi per senso della giustizia o del dovere e della lealtà alle Istituzioni e al popolo italiano, vengono ancora lasciati soli.

Un abbandono che vuol dire essere nudi di fronte ai rischi della delegittimazione (la cui onta lo stesso Falcone ha dovuto affrontare), che giunge sempre prima della morte fisica ed è comunque più mortale, perché ricevuta in vita e, non di rado, da chi ti respira a fianco.

Questo volume dalla prima all’ultima pagina, è un manuale di formazione e informazione sulla legalità al quale non si può e non si deve rinunciare. Nel libro, da respirare pagina dopo pagina, l’attenzione si posa sul capitolo delle contiguità che hanno sempre pervaso Cosa nostra, che si è sempre abilmente mescolata o confusa nella società con le sue reti invisibili, oggi sempre più raffinate.

Non è un caso che quel capitolo si chiuda così: ”Ma la mafia non è una società di servizi che opera a favore della collettività, bensì un’associazione di mutuo soccorso che agisce a spese della collettività civile e a vantaggio solo dei suoi membri. Mostra così il suo vero volto e si rivela per una delle maggiori mistificazioni della storia del mezzogiorno d’Italia, per dirla con lo storico inglese Denis Mack Smith. Non frutto abnorme del solo sottosviluppo economico ma prodotto delle distorsioni dello sviluppo stesso. A volte articolazione del potere, a volte antitesi dello Stato dominatore. E, comunque, sempre un alibi”.

Come un alibi è quello dietro il quale si nasconde chi, per non guardare in faccia il male assoluto delle mafie, si volta dall’altra parte.

Meditiamo gente … meditiamo …

Alla prossima

 

Elena

 

Siciliani biondi e con gli occhi azzurri … come mai?

Venerdì scorso Madeleine mi ha parlato di un articolo relativo ai ”Normanni in Sicilia” non ho ancora letto l’articolo, cosa che mi riprometto di fare non appena ”metterò le mani” sull’ultima edizione dell’italianiste,  ma intanto … ecco qui una ‘nostra’ piccola parentesi sull’argomento.

Tutti sappiamo che lo stereotipo del siciliano medio è quello di una persona dal fisico asciutto, scura di carnagione, con occhi e capelli scuri. Considerato il fatto che il Sud dell’Italia è stato territorio di conquista arabo, va da se che questo stereotipo non è poi tanto lontano dalla realtà. Ma … come mai in Sicilia le persone bionde,  alte e con gli occhi azzurri non sono affatto una rarità?  Come mai in Sicilia c’ è un Palio che si chiama  il ”Palio dei Normanni”?  La più grande rappresentazione in costume che si svolge nel Sud dell’Italia – con circa 600 figuranti – di un fatto storico accaduto circa mille anni fa.

Il Palio si svolge ogni anno, nel paese di Piazza Armerina in provincia di Enna , nel cuore della Sicilia,  dura tre giorni e finisce il 14 agosto. La manifestazione ha le sue origini tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700  quando, le allora ”dodici confraternite” della città, organizzarono, per la prima volta, un corteo storico in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna ”Maria Santissima delle Vittorie”.

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Nell’anno 1060 la Sicilia era sotto il dominio Arabo e i Normanni sbarcarono a Messina – grazie anche all’appoggio dell’emiro arabo di Siracusa che, essendo in lite con gli altri emiri di Sicilia –  in particolare con il cognato signore di Castrogiovanni – promise ad Altavilla il suo appoggio contro i musulmani in Sicilia.

Ma … cosa ci facevano i normanni in Italia e come ci erano arrivati?

Dunque vediamo di sintetizzare, i Normanni (o uomini del nord) o Vichinghi (uomini della baia, vik) erano popolazioni scandinave formate da diversi gruppi etnici. Tra di loro c’era di tutto,  dai mercanti ai navigatori, dai predoni ai guerrieri. Spinti probabilmente dall’aumento della popolazione e dal bisogno di terre, cominciarono la loro espansione sia per vie marittime che per quelle  terrestri. I primi a uscire dai loro confini diretti in Francia, Scozia, Irlanda, Inghilterra, Islanda e Groenlandia  furono i Norvegesi.  Gli Svedesi, conosciuti col nome di Vareghi o Rus, si spinsero fino al mar Baltico, al mar Caspio e al mar Nero dove occuparono città e fondarono principati tra cui il più noto fu quello di Kiev, o Regno di Rus, da cui prese il nome l’attuale Russia. I Danesi crearono basi in Francia, lungo la Loira e la Senna, da dove partivano per le loro scorrerie. A partire dal nono secolo  molti Danesi diedero vita a insediamenti stabili e si convertirono al Cristianesimo.

Nel Ducato di Normandia, concesso in feudo da Carlo il Semplice al capo normanno Rollone nel 911 si svilupparono, in seguito alla perdita di potere dell’impero Bizantino prima e dei carolingi poi, le istituzioni feudali che si sarebbero poi diffuse in Europa.

Gruppi di guerrieri mercenari normanni si trasferirono nell’ Italia meridionale all’inizio del decimo secolo per mettersi al servizio: dei Bizantini,  delle città loro avversarie, dei duchi longobardi … insomma purché pagassero bene erano disposti, da bravi mercenari, a combattere per tutti.

Nel 1030 un capo normanno appartenente alla famiglia degli Hauteville (Altavilla) ottenne dal duca di Napoli per cui aveva combattuto, la signoria di Aversa, a cui si aggiunse sempre per meriti di guerra,  quella di Gaeta.

Gli Hauteville già signori di Coutances in Normandia e ora anche signori di Aversa e Gaeta,  avevano combattuto e vinto contro le truppe pontificie dell’Italia centrale nel 1053.  Questo fatto aveva messo a serio rischio l’autorità del papa, sia come capo della chiesa cristiana, sia come re dello Stato Pontificio.  Ma … dopo averlo vinto e preso in ostaggio, lo lasciarono libero a patto che egli riconoscesse tutte le conquiste Normanne del Sud Italia, compresa quella futura della Sicilia.

Naturalmente il papa non se lo fece ripetere due volte e in cambio della libertà e del suo Stato Pontificio fu disposto a riconoscere tutto quello che i normanni chiedevano.

In questo modo i Normanni non solo potevano conquistare terre italiane ma si facevano anche paladini della cristianità , prima cosa per aver risparmiato la vita al papa e poi giustificando le loro mire espansionistiche con il pretesto di liberare la Sicilia dagli infedeli saraceni.

Una battaglia famosa contro gli arabi fu quella combattuta sulle colline di Cerami vicine alla Cittadina di Piazza Armerina, dove, secondo la leggenda, i normanni vinsero grazie all’aiuto divino (una specie di prima crociata insomma) e il conte normanno Ruggero d’Altavilla  inviò al Papa in segno di riconoscenza una parte del bottino di guerra e quattro cammelli. Quest’ultimo, per ricambiare la gentilezza concesse  l’ ”indulgenza papale” al Conte e gli donò una bandiera con le insegne papali, che raffigurava la Madonna con Gesù Bambino e che pare accompagnò il Conte durante le sue future battaglie, e vittorie, in Sicilia. Per questo motivo questa raffigurazione della Madonna venne ribattezzata ”Maria Santissima delle Vittorie”.  Oggi è  patrona della città di Piazza Armerina e Il palio si tiene sia in ricordo della battaglia vinta sia in onore della Madonna delle Vittorie.

Durante la conquista dell’Italia Meridionale e della Sicilia, i Normanni ripopolarono e fondarono molti centri della Sicilia centro-orientale con gente proveniente dalla Normandia e dalla Provenza ma anche dal Nord Italia come Piemonte, Liguria ed Emilia grazie ad alleanze e matrimoni con famiglie dei Marchesi di Saluzzo, Monferrato e Savona. Ovviamente questa mescolanza genetica ha prodotto in Sicilia e nel Sud Italia individui dalla carnagione chiara con occhi azzurri e capelli biondi.

L’afflusso di popolazione nordica in Sicilia in paesi come : Piazza Armerina, Aidoni, Nicosia, Sperlinga, San Fratello,  ha fatto sì che si sviluppasse in queste zone della Sicilia una parlata molto diversa da quella del resto dell’isola, con suoni francofoni tanto da formare una vera e propria lingua, il cosiddetto dialetto gallo-italico che sopravvive ancora oggi tra le viuzze medievali di questi meravigliosi paesini appunto detti lombardo-siculi.   Nomi di battesimo come Ruggero, Guglielmo, Tancredi sono di origine Normanna mentre Enrico, Federico, Manfredi sono di origine Sveva.

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Il termine ”lombardo” non ha nulla a che vedere con la regione Lombardia ma  è da considerarsi come pura contrazione linguistica dell’aggettivo longobardo,  derivato dall’antico germanico Langbärte latinizzato in Langobardi. Nel medioevo questo termine era usato per indicare gli abitanti di tutta l’Italia Settentrionale nord-occidentale, un territorio molto più vasto dell’attuale regione Lombardia e che che comprendeva, oltre alla Lombardia anche Piemonte, Liguria, Emilia e Romagna.

 

Alla prossima

 

Elena

 

PENSIONI IN ITALIA … UNA COPERTA TROPPO CORTA …

A proposito della sentenza della Consulta sull’adeguamento rivalutativo delle pensioni, non entro nel merito perché non ne sono ovviamente in grado, ma non posso fare a meno di pensare a ”modo mio”.

Facciamo l’esempio di un capofamiglia proprietario di una piccola azienda che, causa ”crisi”, è costretto ad imporre drastici tagli al ”tenore di vita” a cui sono abituati i componenti della sua famiglia: basta ”colf”  … basta parrucchiere tutte le settimane … basta cellulare ultimo grido … basta scuola ‘privata’ per il rampollo …  basta vacanze all’estero … basta ”golf”.  Moglie e figli , inorriditi, pretendono lo stesso ”trattamento” di quando le ”cose andavano bene” , mentre il capofamiglia vorrebbe invece concentrare il denaro rimasto per pagare gli operai ed eventualmente  investire per sperare di salvare ”baracca a burattini”.

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Adesso proviamo a ribaltare il tutto su scala maggiore … e parliamo di Italia.

I ”diritti acquisiti” non si devono toccare …  ma …  bisognerebbe arrendersi, o perlomeno, fare i contro con la triste realtà.  Nel dopoguerra, in Italia eravamo 45 milioni … adesso siamo più di  61 milioni!

Dopo la seconda guerra mondiale tutto doveva essere ricostruito. L’economia cresceva a ritmi vertiginosi, Tutti dovevano comprarsi il frigo, la lavatrice, il televisore, l’automobile, la casa e l’occupazione a tempo indeterminato cresceva a vista d’occhio. Frotte di contadini abbandonavano, con pochi rimorsi,  le loro terre al Sud, cercando un lavoro meno ”faticoso” nelle fabbriche del Nord.  Questo numero impressionante di lavoratori alimentava il monte ore contributivo!

C’erano all’epoca più lavoratori che pensionati, i soli metalmeccanici  erano una marea, con una capacità di ”pressione” politica non indifferente, e la ”speranza di vita” era di 69 anni e non di 82 come ai giorni nostri.

Quelle cifre rendevano ovviamente sostenibile un sistema pensionistico che oggi non lo è più. Inutile girare la frittata, questa è la triste realtà.

All’epoca  il nostro PIL cresceva costantemente, quindi si dava per scontato che le cose sarebbero destinate ad andare ”sempre meglio”! Ebbene ci siamo ”crogiolati” in qualche cosa di ”effimero”, non abbiamo fatto i conti con il mondo che cambia. Un mondo che, con tutte le storture tipiche dell’essere umano, va comunque avanti. Siamo ‘onesti’ noialtri siamo più ”cicale” che ”formiche”!

Mentre noi ”crescevamo” … ci compravamo casa e facevamo studiare i nostri figli … in Cina morivano letteralmente di fame. E le contadine cinesi, quando mettevano al mondo una ”femmina” la uccidevano perché ”braccia non abbastanza forti per l’agricoltura”! Cosa tra l’altro che avveniva anche da noi in un passato non troppo remoto.

Quando ”crescevamo” ci siamo potuti permettere uno dei sistemi ”sanitari” migliori al mondo e oggi non possiamo più permettercelo …

Bisogna rivedere alcune cose visto che comunque, la ”coperta” è sempre solo una.  La pensione in molti altri Stati europei da moltissimo tempo è integrata dai fondi privati … noi non siamo stati capaci nemmeno di far quello. Nè imprenditoria, né sindacati si sono sforzati, all’epoca delle ”vacche grasse” per spingere in tale direzione … oggi ne paghiamo le conseguenze.

Quanti sono oggi quelli in pensione grazie ad un sistema contributivo misto? Vale a dire parte retributivo e parte contributivo? Ebbene queste persone se dovessero fare i calcoli rispetto ai soli contributi effettivamente versati si accerterebbero di prendere magari 400 euro in più al mese  rispetto a quello che veramente gli spetta!

Tutti sappiamo che per anni gli statali sono andati in pensione con 15 anni sei mesi ed un giorno … e se per caso erano donne che mettevano al mondo tre o quattro figli … bè a lavorare ci sono andate proprio ”pochino” … ma la pensione la prendevano/prendono ugualmente.

Continuiamo a parlare di ”Stato” come se fosse un qualche cosa di estraneo dalla nostra realtà.  Ebbene dobbiamo imparare a cambiare mentalità. Lo Stato siamo ”noi”!  Continuiamo ad insistere affinchè cessi la collusione con la malavita organizzata, affinché cessino i privilegi economici di alcuni/troppi politici … continuiamo ad insistere affinché la politica NON diventi semplicemente ”un lavoro sicuro per qualcuno” protratto negli anni …  pretendiamo trasparenza ed onestà!  Ma … non smettiamo di tenere i piedi per terra.

Alla prossima

 

Elena

 

Rinuncia all’adeguamento pensionistico:http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/rinuncia-allaumento-della-pensionesono-di-una-generazione-fortunata_1121003_11/

PALESTINESI … CHE COSA HANNO FATTO DI MALE PER MERITARSI UNA COSI’ MISERA ESISTENZA ????

Non hanno fatto proprio ”nulla” … il dramma è che la cosiddetta società ”civile”,  nonostante tutte le sovrastrutture che noi ci abbiamo messo attorno, per renderla ”buona e bella”,   alla fin dei fini … sta sempre e solo dalla parte dei ”più forti”.

Vediamo un po’ , a sommi capi, in che cosa consiste il ”calvario dei palestinesi” …

Tra il 1920 e il 1948, l’area della Palestina Storica è governata dal governo britannico come parte del mandato della Società delle Nazioni. Il 29 novembre 1947, la seconda seduta del Consiglio Generale delle Nazioni Unite approva la divisione della Palestina in stati ebraici e stati arabi, con 33 voti a 13, 10 astenuti e un assente. I vertici arabi (dentro e fuori la Palestina) si oppongono alla spartizione, sostenendo che questa violi i diritti della maggioranza dei palestinesi!

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A causa dell’escalation di violenza scaturita a seguito del piano di spartizione e alla fine del mandato britannico in Palestina, oltre 700,000 palestinesi lasciano le proprie terre che,  dal 15 maggio 1948,  appartengono, grazie alla decisione dell’ONU, ad Israele. Questa migrazione forzata è nota come Nakba, che, in lingua araba significa  ”catastrofe” !  Nella foto, un convoglio di camion trasporta i rifugiati palestinesi e i loro averi da Gaza a Hebron, in Cisgiordania. – 1949 Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

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I palestinesi cominciano a lasciare le loro terre già alla fine del 1947, ma la più grande migrazione si ha tra l’ aprile e l’ agosto del 1948. A partire dall’autunno 1948, prende forma una catastrofe umanitaria di immense proporzioni, con oltre 700,000 persone in fuga.  – 1948 Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

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Le vite dei rifugiati palestinesi sono sconvolte, alle prese con malattie, sovraffollamento, mancanza di cibo e acqua  vivendo in posti sconosciuti. Molti posseggono ormai solo le cose che possono trasportare.  Hanno perso la loro casa, la loro terra, la loro famiglia … Hanno perso una vita intera.  – 1948 Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

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Una donna palestinese, siede con i suoi bambini, davanti a quella che era la sua casa, e dove non potrà mai più entrare.  I palestinesi sono estromessi dalle loro case, econdo quanto stabilito dalla linea di armistizio del 1949 (la cosiddetta Linea Verde), dopo il conflitto arabo-israeliano del 1948. – senza data. Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

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UNRWA, l’Agenzia creata dall’Assemblea Generale nel novembre 1949 per portare sviluppo e assistenza di emergenza alle comunità, comincia le operazioni sul campo in Medio-Oriente nel 1950. Questa foto ritrae alcuni giovani rifugiati palestinesi su un trattore vicino ad una scuola dell’UNRWA. – senza data. Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

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Il 5 giugno del 1967, scoppiano le ostilità tra Israele e gli stati Arabi confinanti. Circa 400,000 palestinesi fuggono verso la Giordania dalla Cisgiordania e Gaza attraversando il ponte di Allenby, distrutto nel corso dei combattimenti. A piedi, i rifugiati trasportano sulle spalle i malati, gli anziani e i pochi averi rimasti. – 1967. Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

Exodus

Molti degli sfollati durante il conflitto arabo-israeliano del 1967 erano già registrati come rifugiati, e per questo rifugiati una seconda volta. Circa 150.000 rifugiati registrati scappano dalla Cisgiordania verso la Giordania. Altri 38.500 lasciano Gaza per la Giordania. Circa 16,000 rifugiati registrati dalle alture del Golan in Siria si rifugiano principalmente a Damasco e Dera’a, nel sud. Per gestire il flusso di nuovi migranti, vengono creati 9 campi, sei di questi in Giordania. 48 anni dopo, l’occupazione israeliana nei territori palestinesi continua. In questa foto una ragazza si trova sul ponte Allenby, a 8 km da Gerico e 43 da Gerusalemme.  – 1967. Archivi UNRWA, George Nemeh.

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Per tutta la durata del violento periodo che va dal 1974 al 1990, compresa l’invasione israeliana del 1982, i campi palestinesi in Libano sono terreno di pesanti battaglie e tragedie. Dei 16 campi sul territorio libanese, ne rimangono solo 12 nel 1990. La foto mostra una donna con il figlio mentre fanno ritorno al campo di Burj al-Barajneh, dopo aver appreso che un parente stretto è stato ucciso. – 1986 Archivi UNRWA foto di H. Haidar.

Refugee Conditions

Il massacro di diverse centinaia di palestinesi e altri civili nel campo di Sabra e Shatila, a sud di Beirut, tra il 16 e il 18 settembre 1982, mostra in maniera drammatica la vulnerabilità dei rifugiati palestinesi.  – 1982Archivi UNRWA, fotografo sconosciuto.

Massacre

Nel dicembre 1987, scoppiano gli scontri tra le forze di sicurezza israeliane e i palestinesi nel campo di Jabalia, che si estendono alla Striscia di Gaza e alla Cisgiordania. I violenti scontri tra le truppe israeliane e i palestinesi non si fermano e, alla fine del mese, si contano più di 20 palestinesi uccisi e molti altri feriti. È l’inizio dell’Intifada, la sollevazione, durante la quale oltre 1300 tra israeliani e palestinesi perdono la vita. In questa foto vediamo una scena di vita quotidiana, nella Striscia di Gaza, durante la prima Intifada.  – 1988 Archivi UNRWA foto di George Nemeh.

Refugee Conditions Gaza

La speranza per le generazioni future arriva nel 1993 quando il Governo di Israele e l’OLP firmano gli Accordi di Pace di Oslo, accordandosi su un processo di pace che lascerebbe alla Palestina il diritto all’autogoverno. Questa foto mostra un gruppo di palestinesi nel campo di Bureji a Gaza, mentre guardano la storica firma degli Accordi del Cairo il 4 maggio del 1994, un seguito degli accordi di Oslo,  in cui vengono inclusi i dettagli dell’autonomia palestinese. – Archivi UNRWA foto di Munir Nasr.

refugee Conditions Bureij

Nel 2000 un’ondata di proteste e violenze porta a quella che poi è stata conosciuta come la Seconda Intifada nei territori palestinesi occupati. Le violenze continuano per diversi anni, con un gran numero di morti e feriti. I rifugiati palestinesi in Cisgiordania e Gaza si trovano in una situazione economica disastrosa: embargo e violenza hanno distrutto la maggior parte delle infrastrutture e reso centinaia di migliaia di persone dipendenti totalmente dall’assistenza umanitaria. Nella foto, un palestinese corre di fronte ad un carro armato israeliano mentre distrugge case vicino al confine egiziano, nel campo rifugiati di Rafah, nella parte sud della Striscia di Gaza. –  2004 UNRWA foto Khalil Harar

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Nell’Aprile del 2002 un’incursione militare israeliana nel campo Jenin in Cisgiordania distrugge 150 edifici lasciando circa 435 famiglie senza casa. In seguito, il campo è stato ricostruito completamente grazie al più grande progetto di ricostruzione compiuto finora dall’UNRWA.  –  2002 UNRWA foto Mia Grondahl

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Nell’estate del 2002 il Governo israeliano approva la costruzione di una barriera con l’obbiettivo (o la scusa)  di prevenire l’ingresso di kamikaze palestinesi in Israele. La maggior parte del percorso della Barriera, circa l’87%, si srotola però all’interno della Cisgiordania includendo Gerusalemme Est, invece che verso la linea dell’Armistizio del 1949. Il 9 luglio del 2004, la Corte di Giustizia emette un Giudizio Consultivo sulle Conseguenze Legali della Costruzione del Muro nei Territori Palestinese Occupati, stabilendo che la costruzione del Muro e il regime associato, anche nei territori attorno e dentro Gerusalemme Est, sono contrari alla legge internazionale. Nella foto, pastori e le loro capre davanti alla Barriera, vicino al Monte degli Ulivi a Gerusalemme. – senza data UNRWA Archive Photo by J.D. Toreai

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La barriera in Cisgiordania, con i suoi checkpoints, i blocchi stradali e il sistema di permessi necessari all’ingresso, ha creato un regime di chiusura che ha avuto effetti disastrosi su tutti gli aspetti della vita dei rifugiati palestinesi in Cisgiordania; isolando comunità e separando decine di migliaia di persone dai servizi, dalle proprie terre e dai mezzi di sussistenza. Con una popolazione mediamente composta al 27% da rifugiati palestinesi, circa 170 comunità in Cisgiordania risentono direttamente della costruzione della Barriera. Questa immagine mostra rifugiati palestinesi del villaggio di Biddu (vicino Gerusalemme) mentre aspettano all’ingresso della barriera per entrare nei propri campi durante la raccolta delle olive nell’Ottobre 2008.  – 2008 UNRWA foto Isabel de la Cruz

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La maggior parte dei beduini attualmente in Cisgiordania sono rifugiati palestinesi originari dei territori tribali dove si trova ora il deserto del Negev. Molti vivono sotto la soglia di povertà. L’Amministrazione Civile israeliana sta creando un piano per il loro trasferimento forzato dalle aree centrali della Cisgiordania alle città recentemente costruite, come Jabal (vicino a Gerusalemme) e Nweima (vicino a Gerico). La comunità beduina si è espressamente e ripetutamente opposta allo spostamento. Come rifugiati palestinesi, i beduini sperano di poter tornare nella loro terra madre nel Negev. Se questo non fosse possibile, la loro richiesta è di continuare a far parte dei piani temporanei e restare nel luogo dove ormai vivono da tempo. La minaccia cui devono far fronte rispecchia– benché in scala minore – il destino della gran parte dei rifugiati palestinesi che più di 60 anni furono forzatamente esiliati da centinaia di borghi, villaggi e città prima per rifugiarsi in campi sovraffollati. Questa fotografia rappresenta due giovani beduini della comunità di Khan al-Ahmar, vicino Gerusalemme. – 2013 UNRWA foto Alaa Ghosheh

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Nel maggio 2007, scoppiano gli scontri tra le Forze Armate libanesi e il gruppo radicale Fatah Al-Islam, infiltrato nel campo rifugiati di Nahr elBared, nel nord del Libano, che usa come base per sferrare attacchi all’esercito libanese. Il campo viene completamente raso al suolo e i suoi 27.000 abitanti sfollati. – 2007 UNRWA fotografo sconosciuto

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Nonostante la ricostruzione del campo di Nahr el-Bared iniziata nel 2009, il progetto più grande mai realizzato finora da UNRWA, ancora oggi la maggior parte della comunità è indifesa e continua ad essere fortemente dipendente dall’assistenza di UNRWA. Le prime fasi della ricostruzione – per permettere ai rifugiati di tornare nelle proprie case – sono in corso. La foto mostra una coppia in una delle abitazioni temporanee costruite nelle aree adiacenti al campo distrutto, nell’attesa che la ricostruzione sia completata. – 2010 UNRWA foto Isabel de la Cruz

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Nell’Agosto 2005, Israele si ritira unilateralmente dalla Striscia di Gaza. A seguito della vittoria di Hamas alle elezioni legislative del 2006, Israele impone il blocco di terra nel giugno del 2007. Gli anni successivi sono stati caratterizzati da un incremento della tensione e della violenza: incluso il lancio di razzi da Gaza verso Israele, il rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit e attacchi israeliani verso Gaza. Nel Dicembre 2008, Israele lancia un’operazione militare su larga scala nella Striscia di Gaza di 3 settimane, descritta come “l’attacco più devastante” nella storia dell’occupazione dei territori palestinesi. Altri otto giorni di violenza nel Novembre 2011 hanno visto razzi partire dalla Striscia di Gaza verso Israele, che a sua volta ha colpito Gaza ripetutamente. – 2009 foto cortesia di AFP

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La disastrosa situazione di Gaza, causata dal blocco imposto da Israele e dalla distruzione da parte egiziana dei tunnel dentro Gaza, è diventata crisi umanitaria durante i 50 giorni di guerra dell’estate 2014. Al culmine dell’emergenza, più di 290.000 persone sfollate hanno trovato rifugio nei centri di accoglienza temporanea di UNRWA predisposti per l’emergenza. Come risultato delle ostilità, il numero di palestinesi dipendenti da UNRWA per il cibo è cresciuto da 80.000 nel 2000 a più di 800.000 oggi. Circa un milione di bambini ha vissuto sofferenze incredibili, con una stima di 400.000 minori che hanno bisogno di assistenza psicologica. Se potessero avere un’esistenza ”normale” non ne avrebbero certamente bisogno! – 2014 UNRWA foto Shareef Sarhan

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UNRWA stima in più di 110.000 le abitazioni di rifugiati palestinesi rase al suolo durante la guerra dei 50 giorni nell’estate 2014, che ha provocato un livello di distruzione inestimabile e la demolizione in egual numero di infrastrutture pubbliche e attività commerciali e private, peggiorando la già grave situazione economica in cui versava la popolazione prima della guerra. Il collasso economico ha avuto un impatto immediato sulla disoccupazione, portando la percentuale di disoccupati al 50%. Distruzione e sfollamento, insieme a disoccupazione, assenza di libertà di movimento e lentezza della ricostruzione hanno portato il Commissario Generale dell’UNRWA Krähenbϋhl a definire la situazione “una bomba a orologeria”. Ma va? … Chi lo avrebbe mai detto … – 2014 UNRWA foto Shareef Sarhan

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Nel frattempo, ”ciliegina sulla torta”,  è iniziata anche la guerra civile in Siria. Nel Marzo 2011, manifestazioni popolari accendono la scintilla di quello che diverrà il conflitto armato in Siria. Tutti e 12 i campi di rifugiati palestinesi e i 560.000 palestinesi regolarmente registrati nel Paese vengono duramente colpiti. Dall’agosto 2013, più della metà dei rifugiati palestinesi in Siria è sfollata; molti, tra cui anche alcuni membri del personale dell’UNRWA, vengono feriti o perdono la vita. Tutti hanno bisogno di assistenza da parte dell’UNRWA. Questa è una fotografia di Aya (la bimba con il vestito rosso) e della sua famiglia nel soggiorno della loro casa a Jaramana vicino a Damasco. Aya (5 anni) e sua sorella Maram sono state ferite da colpi di mortaio mentre tornavano a casa da scuola nell’Ottobre 2013. Aya è dilaniata dalle ferite fisiche e psicologiche che non solo hanno cambiato la vita della sua famiglia, ma raccontano la storia vulnerabilità estrema di numerose famiglie che come la sua sono colpite dal conflitto in Siria. – 2014 UNRWA foto Carole Alfarah

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Molti rifugiati in Siria e in tutta la regione, tra Libano e Giordania, vivono in rifugi collettivi temporanei da più di due anni. Per molti di loro questo è il secondo o il terzo sfollamento dal 1948. Il Commissario generale dell’UNRWA, Krähenbϋhl, ha detto che “appartengono ad una comunità che è stata destabilizzata storicamente, e che aspetta ancora una soluzione definitiva che ponga fine alla loro sofferenza”. Questa fotografia mostra dei rifugiati palestinesi che innalzano le tende in una struttura dell’UNRWA vicino a Damasco durante la tempesta Huda, che ha allagato tutta la regione nel Gennaio 2015. – 2014 UNRWA foto Taghrid Mohammad

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Il campo rifugiati di Yarmouk, a sud di Damasco, è stato una casa per più di 170.000 rifugiati palestinesi. Dopo che i gruppi armati hanno raggiunto l’area, è iniziato l’assedio dall’esercito siriano. Dall’estate del 2013, 18.000 civili, perlopiù rifugiati palestinesi inclusi 3.500 bambini, sono imprigionati nel quartiere in condizioni disumane, senza cibo, acqua e medicine, tagliati fuori dal mondo. Questa immagine, scattata da UNRWA nel febbraio 2014, mostra un fiume di persone disperate, in fila per le razioni di cibo tra le case distrutte, dopo mesi di privazioni e isolamento. Yarmouk non solo è diventato il simbolo della profonda sofferenza dei rifugiati palestinesi in Siria, ma rappresenta anche i continui sfollamenti dei rifugiati palestinesi che proseguono da più di 60 anni. A seguito dell’infiltrazione a Yarmouk il 1 Aprile 2015 di un gruppo armato conosciuto per la sua brutalità e dell’intensificarsi degli scontri, il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha definito Yarmouk “l’ultimo girone dell’inferno”. – 2014 foto UNRWA

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La cartina che segue è quella che ”sintetizza” al meglio quanto sopra riportato:

Israele-Palestina

Cosa devono ancora aspettarsi queste creature? Che differenza c’è tra i palestinesi di oggi … ed i pellerossa indiani di allora?

Mah …

Alla prossima

 

Elena

 

http://www.unrwa.org

Fonte: Sole 24 ore

AFRICA … IL PAESE DOVE LA REDISTRIBUZIONE DEL REDDITO E’ TRA LE PIU’ INUMANE …

Auto di grossa cilindrata nuove fiammanti, scorrono su viali a tre corsie … lussuosi yacht ondeggiano nel porto, mentre eleganti personaggi, seduti nei ristoranti in riva al mare, fanno tintinnare le coppe di champagne brindando alla ‘vita” e godendosi la brezza dell’oceano! Ma … questa NON è la Florida,  bensì Luanda, la capitale dell’Angola!

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Ma come? Diranno in molti … ma gli africani non sono poveri? Non emigrano, lasciando spesso la vita nel Mediterraneo, cercando una speranza di vita? Ebbene non proprio tutti sono poveri, o meglio,  la maggioranza della popolazione è poverissima, mentre una piccolissima parte,  grazie al boom economico che alcune nazioni Africane godono sin dai primi anni 2000, è diventata ”straricca”!

Luanda non è l’unico paradiso … se si considerano le case da milioni di dollari che punteggiano la costa del Mozambico, per non parlare poi degli eleganti centri commerciali della Nigeria. L’Africa possiede 7 delle 10 economie che stanno crescendo maggiormente in questi anni. Il numero dei multimilionari in Africa sta crescendo a ritmo vertiginoso.

La Nigeria, e chi lo avrebbe mai detto,  è uno dei più grandi importatori di champagne, e mentre l’economia ristagna in Europa e rallenta in Cina, gli esportatori di beni di lusso guardano all’Africa come loro migliore mercato.

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Ma dopo queste rutilanti informazioni, si scopre che l’esagerato benessere è per pochissimi, mentre la maggior parte degli africani vive con meno di 1,25$ al giorno. Il continente possiede 6 dei 10 più ineguali stati al mondo.  Nonostante la ricchezza e l’espansione della Nigeria la maggioranza della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.

Le ragioni per queste così eclatanti differenze sono evidentemente complesse e difficili da analizzare. Quello che si sa e che la loro crescita è dovuta alle industrie minerarie, al  petrolio, al gas e al turismo. Queste attività non impiegano un gran numero di persone e, anche se costoro crescono del 7 o 8% annui, non sono sufficienti per garantire lavoro e salario su larga scala,  quindi sono pochissimi a beneficiare di questa crescita. Inoltre le attività estrattive, anche quando legali cosa che non avviene spesso, sono esenti da tassazione, per cui il paese che le possiede non ottiene vantaggi economici dal loro sfruttamento.

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Un rendiconto fatto dal ”Tax Justice Network-Africa and Action Aid International stima che Kenya, Uganda, Tanzania e Rwanda perdano qualche cosa come 2,8 bilioni di dollari all’anno per mancati introiti derivanti dalle tasse. Uno studio del ”Charity Christian Aid” mette in evidenza che la perdita per la Sierra Leone, derivante da mancati introiti dalle tasse, equivale a 8 volte il budget sulla salute e sette volte il budget sull’educazione!

Immaginiamoci ora se costoro avessero dei governi stabili e decenti che pretendessero le tasse dovute e che poi le utilizzassero  per la collettività.  Ma … di ”governi stabili” … da quelle parti non ce ne sono molti purtroppo.

E’ evidente che gli strascichi lasciati dal colonialismo continuano a mantenere pesanti ombre su tutto il continente. La mentalità forgiata dai colonizzatori permea ormai gli africani alla radice. Un sistema educazionale forzato su ”legge ed ordine” (non certo sulla democrazia) messo in piedi per soddisfare il regime coloniale, oggi si applica perfettamente al ”dittatore” locale.  L’Africa deve reinventarsi di punto in bianco un sistema educativo da paese ”moderno”. Purtroppo per fare questo ci vuole tempo … un tempo che gli africani affamati e disperati  non possono più permettersi. A proposito del colonialismo mi viene in mente la canzone di De Andrè: ”Anche se voi vi credete assolti … Siete lo stesso coinvolti”.

Come possiamo aiutarli? Mah … forse una buona cosa sarebbe quella da parte del cosiddetto mondo ”civile” di insistere, affinché ci sia più trasparenza sia sulle decisioni dei Governi sia sulle compagnie investitrici, obbligandole a pubblicare contratti online in modo che almeno i giornalisti stranieri possano analizzarli, ed eventualmente fare delle pressioni.

Se l’Africa come previsto dagli studi sulla popolazione, presto rappresenterà il 40% della popolazione mondiale è inevitabile che la pressione per la ricerca di lavoro e sussistenza sarà sempre più alta … e dove andranno queste persone per cercare un modo per sopravvivere?

Facciamoci una domanda e diamoci una risposta … 

Bisogna aiutarli a trovare delle soluzioni … potrebbero diventare un mercato importante per tutti e potrebbero vivere bene a casa loro … oppure, se non si trovano delle soluzioni adeguate, l’Africa diventerà la casa di folli come Boko Haram … con tutte le conseguenze che possiamo immaginare.

Alla prossima

 

Elena

 

 

http://edition.cnn.com/2015/05/12/africa/africa-inequality/index.html

 

Inge Lehmann …

Una donna di professione ”geofisica” nata nel 1888 … Devo ammettere che sono ignorante come una ”scarpa” non sapevo nemmeno chi fosse Inge Lehmann, ha dovuto dirmelo Google!  Inge_Lehmann_1932

Per appartenenza di ”genere”, mi sono incuriosita, sono andata ad informarmi ed ecco che cosa ho trovato.

Questa Signora è nata a Copenaghen il 13 maggio del 1888 (morta 21 febbraio 1993 quindi a 104 anni). Figlia dello psicologo Alfred Georg Ludvik Lehman, Inge crebbe a Copenaghen e frequentò  la scuola pedagogica-progressiva superiore diretta da Hanna Adler.

Lei stessa riconobbe durante un’intervista che, sia suo padre che Hanna Adler, furono due presenze fondamentali nella sua esistenza e che influenzarono le sue scelte di studi. All’università studia matematica prima a Copenaghen e poi a Cambridge.

Dopo pochi anni di lavoro nel ramo assicurativo (bisogna pur ”campare no”?)  divenne assistente del geodetico Niels Erik Norlund, il quale le assegnò la mansione di allestire osservatori sismologici in Danimarca e in Groenlandia.  Grazie a questo lavoro Inge si appassiona all’argomento e nel 1928 supera l’esame di geodesia.  Diventa ”geodetica di stato” e in seguito ”capo del dipartimento di sismologia all’Istituto Geodetico di Danimarca”, diretto dallo stesso Norlund.

In un documento, dallo spartano titolo ‘P’, si evince che fu la prima a interpretare le onde ”P” appunto che appaiono nello spettro delle onde nel nucleo terrestre come riflessioni dovute a un nucleo interno.  Questa interpretazione fu adottata nel giro di due-tre anni da altri importanti sismologi.

La  seconda guerra mondiale e l’occupazione della Danimarca da parte delle forze armate tedesche impedirono lo svolgimento del lavoro di Lehmann e i suoi importanti contatti internazionali negli anni successivi.

Nel 1953 ormai 65enne e in pensione  partì per gli Stati Uniti dove rimase per diversi anni collaborando con Maurice Edwing e Frank Press sulle indagini della crosta  e il mantello superiore della Terra.  Durante questo lavoro, scoprì un’altra discontinuità sismica che si trova ad una profondità che va da circa 190 a 250 km e che viene di solito riferita come ”discontinuità di Lehmann”  in onore della sua scopritrice.

Già nel lontano 1936 questa Signora ipotizzò e convinse gli studiosi che il nucleo terrestre non fosse un’unica sfera liquefatta come si credeva, ma costituito bensì da due parti: uno interno con proprietà fisiche differenti da quelle del nucleo esterno.

Inge ricevette molte onorificenze tra cui il premio Harry Oscar Wood Award nel 1960 , la medaglia Emil Wiechert nel 1964, la Medaglia d’oro dalla Società Reale Danese di Scienze e Lettere nel 1965,  il Tagea Brandt Rejselegat nel 1938 e nel 1967, l’elezione come Membro della Società Reale nel 1969,  la medaglia Williamo Bowie nel 1971 come prima donna, e la medaglia della Società Sismologica Americana nel 1977.   Inoltre, le furono assegnati dottorati onorifici dalla Columbia University di New York nel 1964 e dall’Università di Copenaghen nel 1968.  L’asteroide 5632 fu chiamato Ingelehmann in suo onore. Nel 1997 la American Geophysical Union fonda la Inge Lehmann Medail in onore dei “notevoli contributi resi per la comprensione della struttura, composizione e dinamica del mantello de del nucleo del nostro pianeta.

Che Jules Verne (nato nel 1828 e morto 1905) per il suo libro: ”Viaggio al centro della Terra” si sia ispirato agli studi di Inge? Mah …

Comunque, nel lontano1936, mentre Inge formulava la teoria del ”doppio nucleo” … in Italia la scolarizzazione era tragicamente bassa ed un buon 7,5% non era nemmeno in grado di scrivere il proprio nome e cognome per cui apponeva sui documenti ufficiali una croce!

Nella Perfida Albione le donne dopo battaglie durate anni (Suffragette)  riuscirono finalmente ad aver tutte diritto al voto nel 1928, mentre le più evolute Norvegia e Danimarca avevano già concesso il voto alle donne nel 1913 … e noialtri?

Noi donne italiche abbiamo dovuto aspettare il referendum istituzionale tra repubblica e monarchia del 1946  per finalmente aver diritto tutte al voto ma … con il ”tacito obbligo coniugale” di votare come ci ordinava il marito … cribbio come siamo ”indietro”!

La cosa che più mi preoccupa inoltre … è che più passa il tempo e più mi rendo conto quante siano le cose che ”ignoro” rispetto alle ”poche che so”!

 

Alla prossima

 

Elena

 

http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=censimento1936

 

OGGI 9 MAGGIO RICORDIAMO PEPPINO IMPASTATO

Giuseppe Impastato, meglio noto come ‘Peppino’ nasce a Cinisi il 5 gennaio del 1948 – muore assassinato a Cinisi, durante la campagna elettorale che lo vedeva candidato in Democrazia Proletaria, il 9 maggio 1978.Schermata 2015-05-09 alle 08.03.09Di famiglia ”mafiosa” rigetta in toto il sistema malavitoso e passa la vita a denunciare le loro malefatte. A Cinisi vive a circa 100 passi dalla casa del mafioso  Gaetano Badalamenti, da Peppino spesso chiamato derisoriamente ”Tano Seduto”, durante le trasmissioni della libera ”Radio Aut” da lui fondata.

Il suo assassinio, da parte dei picciotti di Badalamenti, venne fatto passare come  un incidente, durante la preparazione di un attentato alla linea ferroviaria, provocato dallo stesso Peppino.

In ogni caso la sua morte passò quasi del tutto inosservata in quanto, proprio in quelle ore, veniva ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro.

La matrice mafiosa dell’assassinio viene portata in seguito alla luce grazie al lavoro e alla volontà del fratello  Giovanni e alla coraggiosa mamma Felicia!

Noi oggi ti ricordiamo e concordiamo con quanto hai insegnato: ”La mafia è una montagna di ”M….‘!  Nessuno lo deve dimenticare e tutti la devono combattere!

 

Alla prossima

 

Elena

 

STOP PENSIONI/VITALIZI AI CONDANNATI …

 Era ora!  Le delibere approvate dagli uffici di presidenza di Camera e Senato prevedono lo stop ai vitalizi e alle pensioni degli ex parlamentari condannati a più di due anni di reclusione per reati di particolare gravità, come quelli di mafia, terrorismo o contro la pubblica amministrazione o per reati comuni che prevedano una pena non inferiore, nel massimo previsto dal regolamento  a sei anni.

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Ecco alcuni degli ex parlamentari che rischiano …

Marcello Dell’Utri condannato in Cassazione a 7 ani di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, percepisce un assegno mensile di 4.985 euro

Silvio Berlusconi – Il leader di Forza Italia è stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione (tre coperti da indulto) per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset. Secondo una ricostruzione effettuata dall’Italia dei valori, percepisce un vitalizio da 8mila euro.

Cesare Previti – per anni legale di Silvio Berlusconi e parlamentare di Forza Italia, è stato condannato per corruzione in atti giudiziari . Il suo vitalizio ammonta a 4.235 euro.

Toni Negri – Filosofo, tra i fondatori di Potere operaio, poi esponente di spicco di Autonomia, è stato condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione per complicità con le Brigate Rosse. Eletto deputato con i Radicali nel 1983, percepisce un vitalizio di 2.000 euro al mese.

Arnaldo Forlani – ex esponente della Dc, una volta premier e due volte ministro,  è stato condannato in via definitiva a due anni e quattro mesi di reclusione per finanziamento illecito nell’affare Enimont. Percepisce un vitalizio di 6.062 euro mensili.

Giuseppe Ciarrapico – imprenditore,  editore, ex presidente della As Roma ed ex senatore del Popolo delle libertà, è stato condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per truffa per aver indebitamente ottenuto dal dipartimento per l’Editoria della presidenza del Consiglio 20 milioni di euro a titolo di sovvenzione fino al 2010. Il suo vitalizio ammonta a 1.824 euro.

Massimo Abbatanagelo – ex parlamentare del Msi,  è stato condannato a sei anni di reclusione per detenzione di esplosivo nell’ambito del processo scaturito dall’inchiesta per la strage del Rapido 904 Napoli-Milano avvenuta nel 1984. Il suo vitalizio ammonta a 4.000 euro.

Considerando che le ”bacchette magiche” non esistono e che Camera e Senato si ”autoregolano” … il passo avanti fatto  è buono.

L’opinione pubblica non deve mollare e dobbiamo tutti continuare ad alitare sul collo, a chi di dovere, affinché si ristabilisca la ”decenza” nel nostro Paese.

Non dobbiamo dimenticare che conviviamo con Mafia, Camorra, Sacra Corona Unita e ‘Ndrangheta, e che costoro non sono certo ”facili da gestire” … ma noi ”siamo ”tosti”!

Questa dell’abolizione dei vitalizi ai condannati – con tutte le ”eccezioni” del caso –   checchè se ne dica non è comunque una vittoria di Pirro!

Alla prossima

 

Elena

 

 

Dettaglio voto dei partiti a Camera e Senato:

Alla Camera approvata la delibera per stop vitalizio agli ex deputati condannati per reati gravi.

A favore: Pd, Sel, Scelta Civica, Fratelli d’Italia e Lega. Non hanno partecipato al voto:  M5S e Ap. (Area Popolare) e Forza Italia

Al Senato approvata la stessa delibera:

Hanno votato a favore:  Pd, Sel, Scelta Civica, Fratelli d’Italia e Lega. Hanno votato contro: M5s e Gal (Grandi Autonomie e Libertà)  Non ha partecipato al voto Forza Italia