Archivi del mese: aprile 2021

Piano di Ripresa e Resilienza presentato ieri da Draghi alla Camera …

Ecco qui di seguito il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ieri 26 aprile è stato illustrato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi alla Camera, e oggi martedì 27 aprile, alle 15:00, in assemblea al Senato per la replica delle comunicazioni del Presidente del Consiglio e le dichiarazioni di voto finale, in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il testo completo è di circa 400 pagine, e qui ovviamente non l’ho messo, visto che si tratta di cose talmente ‘’tecniche’’ che pochissimi tra noialtri popollo saremmo in grado di capire. Ma ho fatto dei ’’copia e incolla’’ delle parti più ‘’comprensibili’’. Giusto per capire un pò dove stanno andando a ‘’parare’’.

Ah … tra l’altro, la versione definitiva del PNRR dovrà essere trasmessa all’Unione Europea entro il 30 aprile 2021, oggi è il 27. Noi sempre con l’acqua alla gola … 🙁

Comunque … il Piano si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.

Il Piano italiano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, lo strumento chiave del NGEU.

Ulteriori 30,6 miliardi sono parte di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile.

Il totale degli investimenti previsti è quindi di 222,1 miliardi di euro. Il Piano include inoltre un corposo pacchetto di riforme, che toccano, tra gli altri, gli ambiti della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza. 

Ecco il discorso introduttivo di Draghi:

‘’La pandemia di Covid-19 ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2. L’Italia è stata colpita prima e più duramente dalla crisi sanitaria. Le prime chiusure locali sono state disposte a febbraio 2020, e a marzo l’Italia è stata il primo Paese dell’UE a dover imporre un lockdown generalizzato. Ad oggi risultano registrati quasi 120.000 decessi dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che ha subito la maggior perdita di vite nell’UE.
La crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e del 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 per cento al 7,7 per cento della popolazione – prima di aumentare ulteriormente nel 2020 fino al 9,4 per cento.
Ad essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani. L’Italia è il Paese dell’UE con il più alto tasso di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (NEET). Il tasso di partecipazione delle donne al lavoro è solo il 53,8 per cento, molto al di sotto del 67,3 per cento della media europea. Questi problemi sono ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza con le aree più ricche del Paese è ormai fermo.
L’Italia è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in particolare, all’aumento delle ondate di calore e delle siccità. Le zone costiere, i delta e le pianure alluvionali rischiano di subire gli effetti legati all’incremento del livello del mare e delle precipitazioni intense. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6 per cento della popolazione viveva in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015. Dopo una forte discesa tra il 2008 e il 2014, le emissioni pro capite di gas clima-alteranti in Italia, espresse in tonnellate di CO2 equivalente, sono rimaste sostanzialmente inalterate fino al 2019.
Dietro la difficoltà dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2 per cento, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3 per cento. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 6,2 per cento tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo.
Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto.
La scarsa familiarità con le tecnologie digitali caratterizza anche il settore pubblico. Prima dello scoppio della pandemia, il 98,9 per cento dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai utilizzato il lavoro agile. Anche durante la pandemia, a fronte di un potenziale di tale modalità di lavoro nei servizi pubblici pari a circa il 53 per cento, l’utilizzo effettivo è stato del 30 per cento, con livelli più bassi, di circa 10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.
Questi ritardi sono in parte legati al calo degli investimenti pubblici e privati, che ha rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive. Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66 per cento a fronte del 118 per cento nella zona euro. In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli investimenti pubblici è diminuita, passando dal 14,6 per cento degli investimenti totali nel 1999 al 12,7 per cento nel 2019.
Un altro fattore che limita il potenziale di crescita dell’Italia è la relativa lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali. Nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi nella giustizia civile: in media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado. Le barriere di accesso al mercato restano elevate in diversi settori, in particolare le professioni regolamentate. Tutto ciò ha un impatto negativo sugli investimenti e sulla produttività.
Questi problemi rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire. La storia economica recente dimostra, tuttavia, che l’Italia non è necessariamente destinata al declino. Nel secondo dopoguerra, durante il miracolo economico, il nostro Paese ha registrato tassi di crescita del Pil e della produttività tra i più alti d’Europa. Tra il 1950 e il 1973, il Pil per abitante è cresciuto in media del 5,3 per cento l’anno, la produzione industriale dell’8,2 per cento e la produttività del lavoro del 6,2 per cento. In poco meno di un quarto di secolo l’Italia ha portato avanti uno straordinario processo di convergenza verso i paesi più avanzati. Il reddito medio degli italiani è passato dal 38 al 64 per cento di quello degli Stati Uniti e dal 50 all’88 per cento di quello del Regno Unito.
Tassi di crescita così eccezionali sono legati ad aspetti peculiari di quel periodo, in primo luogo la ricostruzione post-bellica e l’industrializzazione di un Paese ancora in larga parte agricolo, ma mostrano anche il ruolo trasformativo che investimenti, innovazione e apertura internazionale possono avere sull’economia di un Paese.
L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU (NGEU). È un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale.
Per l’Italia il NGEU rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il NGEU può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni.
L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021- 2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi.
Il dispositivo RRF richiede agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo Piano, che si articola in sei Missioni e 16 Componenti, beneficia della stretta interlocuzione avvenuta in questi mesi con il Parlamento e con la Commissione Europea, sulla base del Regolamento RRF.
Le sei Missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il Piano è in piena coerenza con i sei pilastri del NGEU e soddisfa largamente i parametri fissati dai regolamenti europei sulle quote di progetti “verdi” e digitali.
Il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Il Piano è fortemente orientato all’inclusione di genere e al sostegno all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani. Inoltre contribuisce a tutti i sette progetti di punta della Strategia annuale sulla crescita sostenibile dell’UE (European flagship). Gli impatti ambientali indiretti sono stati valutati e la loro entità minimizzata in linea col principio del “non arrecare danni significativi” all’ambiente (“do no significant harm” – DNSH) che ispira il NGEU.
Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme. Il governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza.
La riforma della pubblica amministrazione migliora la capacità amministrativa a livello centrale e locale; rafforza i processi di selezione, formazione e promozione dei dipendenti pubblici; incentiva la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure amministrative. Si basa su una forte espansione dei servizi digitali, negli ambiti dell’identità, dell’autenticazione, della sanità e della giustizia. L’obiettivo è una marcata sburocratizzazione per ridurre i costi e i tempi che attualmente gravano su imprese e cittadini.
La riforma della giustizia ha l’obiettivo di affrontare i nodi strutturali del processo civile e penale e rivedere l’organizzazione degli uffici giudiziari. Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale, in primo grado e in appello, e si implementa definitivamente il processo telematico. Il Piano predispone inoltre interventi volti a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua definizione. In materia penale, il Governo intende riformare la fase delle indagini e dell’udienza preliminare; ampliare il ricorso a riti alternativi; rendere più selettivo l’esercizio dell’azione penale e l’accesso al dibattimento; definire termini di durata dei processi.
La riforma finalizzata alla razionalizzazione e semplificazione della legislazione abroga o modifica leggi e regolamenti che ostacolano eccessivamente la vita quotidiana dei cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione. La riforma interviene sulle leggi in materia di pubbliche amministrazioni e di contratti pubblici, sulle norme che sono di ostacolo alla concorrenza, e sulle regole che hanno facilitato frodi o episodi corruttivi.
Un fattore essenziale per la crescita economica e l’equità è la promozione e la tutela della concorrenza. La concorrenza non risponde solo alla logica del mercato, ma può anche contribuire ad una maggiore giustizia sociale. La Commissione europea e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella loro indipendenza istituzionale, svolgono un ruolo efficace nell’accertare e nel sanzionare cartelli tra imprese, abusi di posizione dominante e fusioni o acquisizioni di controllo che ostacolano sensibilmente il gioco competitivo. Il Governo s’impegna a presentare in Parlamento il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza e ad approvare norme che possano agevolare l’attività d’impresa in settori strategici, come le reti digitali, l’energia e i porti. Il Governo si impegna inoltre a mitigare gli effetti negativi prodotti da queste misure e a rafforzare i meccanismi di regolamentazione. Quanto più si incoraggia la concorrenza, tanto più occorre rafforzare la protezione sociale.
Il Governo ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del Piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono strutture di valutazione e di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme e inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale. Il Governo costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure.
Il Governo stima che gli investimenti previsti nel Piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti.
Il PNRR è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del Paese. Il Governo intende aggiornare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute.
L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.
Mario Draghi

Qui sintetizzata la struttura del Piano:

Il Piano si articola in 6 Missioni, per ognuna delle quali sono indicate le riforme di settore necessarie a una più efficace realizzazione degli interventi, nonché i profili più rilevanti ai fini del perseguimento delle tre priorità trasversali del Piano, individuate nella Parità di genere, nei Giovani e nel Riequilibrio territoriale. Tali priorità trasversali non sono affidate a singoli interventi circoscritti a specifiche Missioni, ma sono perseguite in modo diffuso nell’ambito di tutte le Missioni del Piano:

Missione 1
denominata “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, ha come obiettivo generale l’innovazione del Paese in chiave digitale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 49,2 miliardi – di cui 40,7 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,5 miliardi dal Fondo.
I suoi obiettivi sono promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura:
dal 2027 le nostre ragazze e ragazzi devono avere accesso alle migliori esperienze educative, ovunque esse siano in Italia.
gli imprenditori, piccoli e grandi, devono poter lanciare e far crescere le loro attività rapidamente e efficientemente.
permettere alle donne imprenditrici di realizzare i loro progetti.
lavoratori e le lavoratrici devono poter continuare ad acquisire le competenze per le professioni di oggi e di domani.
le persone più sole o vulnerabili devono poter esser assistite dagli operatori sanitari, dai volontari e dai loro famigliari nel miglior e più tempestivo modo possibile.
le pubbliche amministrazioni e i loro servizi devono esse accessibili senza ostacoli, senza costi e senza inutile spreco di tempo.
Per il rilancio della cultura e del turismo, due settori chiave per l’Italia anche per il loro significato identitario, una prima linea di azione riguarda interventi di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorare la capacità attrattiva, la sicurezza e l’accessibilità dei luoghi.  Gli interventi sono dedicati non solo ai cosiddetti “grandi attrattori”, ma anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori. Si aggiungono misure per una riqualificazione ambientalmente sostenibile delle strutture e dei servizi turistici, che fanno leva anche sulle nuove tecnologie.

Missione 2
denominata “Rivoluzione verde e transizione ecologica” è volta a realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia italiane. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 68,6 miliardi – di cui 59,3 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo.
I suoi obiettivi sono migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva.
Il Piano prevede investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, per raggiungere target ambiziosi come il 65 per cento di riciclo dei rifiuti plastici e il 100 per cento di recupero nel settore tessile.
 
Missione 3
denominata “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” punta a realizzare un sistema infrastrutturale di mobilità moderno, digitalizzato e sostenibile dal punto di vista ambientale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 31,4 miliardi – di cui 25,1 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 6,3 miliardi dal Fondo. Il suo obiettivo primario è lo sviluppo razionale di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile e estesa a tutte le aree del Paese. 

Missione 4
denominata “Istruzione e ricerca”, è focalizzata sulle generazioni future ed affronta le questioni strutturali più importanti per il rilancio della crescita, ossia la produttività, l’inclusione sociale e la capacità di adattamento alle sfide tecnologiche e ambientali. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 31,9 miliardi di euro – di cui 30,9 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 1 miliardo dal Fondo.

Missione 5
denominata “Inclusione e coesione”, riveste un ruolo rilevante nel perseguimento degli obiettivi, trasversali a tutto il PNRR, di sostegno all’empowerment femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, di incremento delle competenze e delle prospettive occupazionali dei giovani, di riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 22,4 miliardi  – di cui 19,8 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,6 miliardi dal Fondo. 

Missione 6
denominata “Salute”, è caratterizzata da linee di azione volte a rafforzare e rendere più sinergica la risposta sanitaria territoriale e ospedaliera, nonché a promuovere e diffondere l’attività di ricerca del Servizio sanitario nazionale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 18,5 miliardi, di cui 15,6 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,9 miliardi dal Fondo.
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Ecco qui, tutto quanto per nostra memoria e/o informazione. Vedremo come andrà a finire. Speriamo, ovviamente, in bene.

Alla prossima

Elena

Covid: ”un male per noi ma … per il pianeta”?

Buongiorno, pensierino del mattino:
Giorni fa mi preoccupavo dello sversamento in mare delle acque di raffreddamento della centrale atomica giapponese di Fukushima. Molti mi hanno rassicurato dicendo che il ”trizio” contenuto in quelle acque ha una bassissima percentuale. Quindi non pericoloso.
Già, di che cosa dovrei preoccuparmi? Per così poco … In fondo, tanto per fare qualche banale esempio: nel 2010 l’incendio della piattaforma di trivellazione ”Deepwater Horizon” aveva fatto finire nelle acque della California, l’equivalente di 100mila barili di petrolio, facendo strage di uccelli, pesci, leoni ed elefanti marini, e chissà quanto altro ancora. Non dobbiamo dimenticare i tanti incendi sul fiume Cuyahoga, in Ohio, così devastato dall’inquinamento industriale che le acque prendevano fuoco.
Senza contare quel che succede, in casa nostra, per esempio nelle acque del fiume Seveso,dove da bambino mio nonno pescava ma che nelle sue acque oggi, di vivo, non c’è rimaso nulla! O nella pianura campana dove sversamenti illegali, roghi tossici e rifiuti radioattivi sono putroppo i protagonisti giornalieri di una squallida realtà.
Smaltire costa, noi ”duri e puri”, abituati a reagire di ”pancia”, non vogliamo gli inceneritori e quindi i rifiuti vengono, o spediti all’estero, dove gli inceneritori li hanno, oppure vengono bruciati tali e quali in incendi al 99% dolosi. (La politica ha bisogno di voti e se i ”duri e puri” sono tanti va da se che gli inceneritori non si faranno).
Chissà se oggi siamo finalmente riusciti a capire che non è più il ”caso” di combinare guai che, tutti sappiamo, si stanno ripercuotendo sulla nostra salute e sulla nostra stessa esistenza.
Il fatto è che, ora che lo abbiamo capito, facciamo un pò fatica a scegliere cosa sia ”buono” e cosa non lo sia.
Quindi, la nostra reazione è quella di dire ”NO” a tutto. Vedi, per esempio, la battaglia dei ”No Tav”- che sono poi gli stessi del ”No inceneritore”. Una battaglia che, da discorso ragionevole è diventata una guerra tra sordi. Ma la realtà è che troppo spesso reagiamo di ”pancia” … sicuramente sbagliamo, esagerando, ma questa è una reazione naturale ed istintiva.
Sta a chi è al ”comando” di cercar di capire e muoversi di conseguenza nella direzione giusta.
Una direzione che davvero permetta una crescita ma che non sia sulla spalle del pianeta! Ce la faremo? Dobbiamo farcela! E’ l’ultima occasione che abbiamo! Questa pandemia mondiale ci ha messo davanti ad una realtà che dobbiamo assolutamente affrontare. Possiamo forse pensare di poter continuare a vivere, come abbiamo fatto fino ad oggi? Consumando risorse nell’assurda convinzione che siano infinite? Non sono ‘’infinite’’.
E poi … lo abbiamo capito tutti, nemmeno Marte potrebbe ospitarci come ‘’intendiamo noialtri’’.
Quindi sarebbe bene che iniziassimo a far mente locale alla filosofia di vita dei pellerossa: ‘’Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, quando l’ultimo fiume sarà stato avvelenato, quando l’ultimo pesce sarà stato catturato … soltanto allora scopriremo che il denaro non si mangia’’.

Alla prossima

Elena

Anziani turlupinati …

Buongiorno a chi mi legge,

Giorni fa, ho dovuto cercare di risolvere un ‘’giallo’’ che ha coinvolto mia madre in Italia.
Era ormai da alcuni mesi che si lamentava del fatto di non riuscire più a raccapezzarsi sulla sua fornitura di Luce e Gas. Un pò per ‘’timore’’ di farsi vedere ‘’fragile’’ e un pò per non ‘’disturbarmi’’, minimizzava, quando le chiedevo di spiegarmi di cosa si trattasse.
A 89 anni le persone, per quanto lucide, iniziano per forza di cose a perdere fiducia in loro stesse, se poi a questa perdita fisiologica di fiducia in loro stessi si aggiungono personaggi che cercano di raggirarli, la fiducia diminuisce ancora di più e l’ansia aumenta.
Tempo fa avevo chiesto a mio genero e mia figlia di indagare su questa faccenda e cercar di capire cosa fosse successo.
Il lavoro si sa, porta via tempo, il Covid, non aiuta e, quando finalmente si sono visti per accompagnarla a fare il richiamo del vaccino, hanno cercato di capirci qualche cosa pure loro. Ma non avevano avuto successo in quanto mia madre li aveva tranquillizzati dicendo di aver risolto il tutto.
Bene, penso io. Meno male.
Chiamo mia madre tutti i giorni e, un paio di giorni fa l’ho sentita veramente agitata. Anziché spiegarmi il motivo dell’agitazione, si limitava a dirmi: ‘’Sono stupida, faccio solo confusione, chissà che cosa ho combinato’ etc … etc …’’.
A quel punto ho chiesto aiuto a mia figlia e mio genero, affinché andassero a casa sua per capire che cosa fosse successo.
Mio genero si precipita e raccoglie una serie di lettere che, sia ‘’e-on Energia’’, che ‘’Eni Gas luce’’le avevano inviato.
In base alle lettere di ‘’e-on’’ risultava che mia madre avesse richiesto, e loro accettato, una nuova fornitura sia di luce che di gas.
Mia madre sostiene, e io le credo, di non aver mai e poi richiesto nessuna nuova fornitura. Figuriamoci! Mia madre odia i cambiamenti. Sono anni che sta con Eni Gas e Luce e già solo l’idea di cambiare qualche cosa nella sua esistenza la mette in crisi. Quindi figuriamoci se, di sua iniziativa, si sarebbe mai sognata di ‘’cambiare’’.
Va da se quindi che la ‘’fantomatica’’ fornitura impostale da ‘’e-on’’ non fosse affatto una iniziativa spontanea di mia madre, ma piuttosto fosse qualche cosa di molto ma molto ‘’spintaneo’’ da parte loro.
Avute io tra le mani le carte in questione, ho provato ad attivarmi per cercare di capirci qualche cosa.
E qui iniziano i guai, voi sapete che con queste imprese si parla o iscrivendosi sui loro portali oppure tramite i famosi numeri telefonici che iniziano per ‘’800’’ e che, come si sa, non funzionano dall’estero. Vivo in Francia, quindi ‘’ciccia’’.
Dopo strenue ricerche sono finalmente venuta in possesso di alcuni indirizzi e-mail e ho iniziato a scrivere.
Ovviamente, per mettere un pò di ‘’sale sulla coda’’, ho inviato una e-mail richiedente ‘’delucidazioni’’ oltre che alla ‘’e-on’’ anche alla ‘’Eni Luce e gas’’ e alla ‘’Agicom Italia’’.
Sia Agicom che Eni mi hanno gentilmente risposto mentre ‘’e-on’’ non si è fatta sentire.
Eni mi ha chiarito il tutto e mi ha spiegato che, mia madre, aveva già fatto una nuova richiesta di fornitura presso di loro. Quindi in pratica era si ‘’uscita’’, grazie alla richiesta fatta direttamente da e-on, ma lei era ‘’rientrata’’ immediatamente. Una lettera di disdetta, partita automaticamente da Eni aveva allarmato la mia mamma. Ecco quindi il motivo del suo panico.
Quindi, per farla breve, la mia mammina di 89 anni, dopo aver capito che l’avevano, diciamo ‘’turlupinata’’, aveva nuovamente fatto una nuova richiesta di forniture con il suo vecchio fornitore.
Tutto questo però l’ha messa in agitazione e le ha fatto perdere fiducia in se stessa.
Ora, io mi domando, ma che razza di maniera è quella di acquisire nuovi clienti, giocando sulla debolezza delle persone? Specie delle persone anziane?
Una volta c’erano i ‘’magliari’’ che andavano di porta in porta a vendere pezze di stoffa, giurando trattarsi di materiale eccellente a dai prezzi stracciati … e adesso? Che cosa è cambiato? Poco purtroppo …
Comunque tutto è bene quel che finisce bene.
La mia mamma continuerà con il suo vecchio fornitore e siamo tutti felici e contenti.

Alla prossima

Elena

HRH Filippo Duca d’Edimburgo …

I giornali parlano di ”lui” come qualcuno vissuto in ”secondo piano” come qualcuno che sia stato, in qualche modo, sottomesso alla moglie. Ma per quale motivo? Lui aveva fatto delle ”scelte” che, per l’epoca non erano poi così ”scontate”. Era evidentemente molto più ”femminista” della realtà sociale in cui viveva e, per sua moglie, la Regina Elisabetta II , Filippo è stato una costante ”forza e sostegno indiscutibili”, quindi … ”tanto di cappello”.

Avrebbe festeggiato i cento anni il 10 giugno (ci avrei giurato fosse dei gemelli) ma, dato che non si è immortali, anche Sua Altezza Reale il principe Filippo, nato principe Filippo ed erede al trono di Grecia e Danimarca ma diventato poi, sposando Elisabetta, ”solo”: duca di Edimburgo, conte di Merioneth, barone Greenwich, cavaliere reale del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera è passato a ”miglior vita”.
La morte è avvenuta, pare serenamente, nel Castelllo di Winsdor, a tre settimane dall’ultimo ricovero in ospedale.

Elisabetta ha perso un sostegno fondamentale e adesso è ”sola”, Lei che iniziava i suoi discorsi uffuciali dicendo, ”mio marito ed io …”.

Filippo per amore di Lei aveva rinunciato ad ereditare il Trono di Grecia e/o Danimarca, aveva rinunciato alla sua carriera militare, aveva accettato di stare sempre un passo indietro, mentre Lei incontrava un numero incalcolato di papi, di premier inglesi e non, di ministri e Capi di Stato.
Elisabetta, il sovrano più longevo sul trono di Inghilterra, ha battuto infatti persino la Regina Vittoria, nonostante problemi ed età, non ha mai manifestato l’intenzione di abdicare. Chissà quanta di questa ”solidità” derivava anche dall’amore tra lei e Filippo?

E comunque erano bellissimi tutti e due.

E comunque erano bellissimi tutti e due.

Il loro primo incontro fu nell’estate del 1939. Elisabetta aveva solo 13 anni ma, appena vide Philip Mountbatten, alto, biondo, simpatico e … bello, nonchè principe di Grecia e papabile erede al trono di Danimarca, si sciolse come un gelato!
Poi arrivò la guerra, Elisabetta e Filippo si scambiarono lettere su lettere fino a quando, nel 1946, lui decise di chiederne la mano a re Giorgio.

Il 20 novembre 1947 Elisabetta e Filippo si sposarono a Westminster.
L’unico figlio maschio del principe Andrea di Grecia e della principessa Alice di Battenberg, Filippo, imparentato con tutte le famiglie reali d’Europa (era cugino di terzo grado perfino di Elisabetta), per sposarla rinunciò alla successione al trono, disse addio alla carriera nella Marina, divenne cittadino britannico e si convertì alla chiesa anglicana. Cribbio! Se non era amore quello!

Il loro primo figlio fu Carlo nel 1948, poi Anna nel 1950, Andrea nel 1960 ed Edoardo nel 1964.

Flippo digerì male il fatto che, a causa del suo ruolo di principe consorte, dovette accettare che i quattro figli portassero il cognome ”Windsor”, quello di Elisabetta, e non ”Mountbatten”, il suo. Per l’occasione definiì se stesso “un’ameba”, “l’unico uomo nel Regno Unito ad acconsentire a una situazione simile”. Ma, per ragione di Stato, dovette accettare, visto che la Sovrana era la moglie.

Filippo amava, come tutti gli inglesi ricchi, le corse di cavalli ed il polo ma, non si risparmiava sui ”suoi doveri pubblici” e, nonostante l’età che avanzava, presenziava a qualche cosa come 300 eventil’anno. Ho avuto l’occasione, e la fortuna, di incontrarlo proprio in una di quelle. Poi vi racconterò.(°)

Era, a modo suo, simpatico e il suo ”humor inglese” affiorava in continuazione. Proprio per questo faceva notizia per quelle definite ”gaffes” che in realtà altro non erano se non ”battute di spirito inglese”. Battute che, si sa, derivano spesso dal retaggio mentale tipico dei colonizzatori e che suonano, alle orecchie degli umili mortali, come dette da qualcuno con la ”puzza sotto il naso”
Gli inglesi si sentivano, e alcuni si sentono ancora, appartenenti ad una classe ”privilegiata”, le colonie davano loro una potenza non indifferente. Il vezzo che si rifiutassero addirittura di apprendere lingue diverse dalla loro, sostenendo che ”tutti gli altri” l’inglese lo ”dovessero”, per ovvi motivi, imparare e quindi non c’era motivo, da parte loro di affannarsi per impararne altre, la dice lunga sulla loro mentalità. E poi, sostenevano, con dubbia ironia che, quando ”qualcuno” non capiva gli ordini impartiti, fosse sufficiente gridare, per risolvere il problema. Sigh…

Ma torniamo ad alcune delle sue, cosiddette ”gaffes”:
Durante una visita nello stabilimento di ”veicoli pesanti” a Langley, vicino all’aeroporto di Heatrow, Il Principe avrebbe dovuto accendere un quadro elettrico, inaugurando così un nuovo reparto dello stabilimento ma, quando sollevò l’interuttore, per uno sfortunato problema tecnico, non successe nulla. Tutti i presenti incrociarono sguardi ansiosi tra loro e … Sua Altezza reale se ne uscì con un: Ma per forza che non funziona, gli operai qui sono tutti pachistani”!
Attimo di smarrimento. Ma pensandoci poi, in effetti, la forza lavoro operaia in inghilterra non è certo inglese.
Dopo uno spettacolo al Royal Variety, per esempio, pare avesse chiesto al cantante Tom Jones: “Ma lei … fa i gargarismi con i sassi?”.
Un’altra volta, rivolgendosi ad alcuni studenti inglesi in Cina, disse: “Se rimarrete ancora un po’ qui vi verranno gli occhi a mandorla”.
Durante una visita in Italia, nel corso del pranzo, l’allora premier Giuliano Amato gli aveva fatto servire del pregiato vino nostrano, ma Filippo dopo aver detto di no al cameriere chiese invece una birra.

Comunuque, gaffes a parte, nonostante l’età e i problemmi di salute, non si è mai risparmiato ed è sempre apparso accanto ad Elisabetta, sostenendola in tutte le situazioni/guai, che specie ultimamente, sia per gli inglesi tutti che per la corona stessa sono stati parecchi.

Adesso la Sua Elisabetta è sola … chissà che decisioni prenderà? Carlo, l’eterno ”erede al trono” prenderà il posto della madre o lo scettro passerà direttamente al nipote William?
Mah … vedremo.
Che la terra Le sia leggera Sua Altezza Reale, di sicuro con la Sua scomparsa un’epoca è finita e, il trono inglese subirà quasi sicuramente, dei forti scossoni.

Alla prossima

Elena

(°) quando avrò più tempo racconterò del mio incontro con Sua Altezza Reale il Duca di Edinburgo.

Sognare … sognare … sognare …

Sogno parecchio e, a differenza di molte persone che conosco, mi ricordo quasi sempre anche di quello che sogno.

Giorni fa ad esempio … ero su una impalcatura metallica, stretta e altissima, l’impalcatura ondeggiava avanti e indieto, a destra e a sinistra, visto era montata sopra il tettuccio della cabina di un camion!
Come caspita avessi fatto ad andare lassù rimane un mistero.
Al culmine dell’impalcatura c’era una seggiola su cui stavo, incoscientemente, non seduta, bensì in piedi. Mi veniva da vomitare ed ero terrorizzata. Cercavo di tenere le braccia aperte per poter bilanciare i movimenti come un funambolo. Nel mentre mi chiedevo. ‘’Ma non sarebbe meglio che mi sedessi’’? Pur comprendendo che sarebbe stata una buona idea, ero inchiodata in piedi e non osavo sedermi.
Come se non bastasse la situazione assurda, il camion si muoveva non su una grossa arteria, bensì in una stradina di montagna stretta, deserta e piena di curve.
Da quella posizione avevo, per ovvi motivi una vista incredibile e vedevo tutto quello che accadeva intorno.
Non tenevo chiusi gli occhi, anche se avrei voluto farlo, ma cercavo invece di riconoscere la strada che il camion stava percorrendo, per capire se e quando si sarebbe fermato, per poter in qualche modo scendere e finirla con ‘sto tormento.
Ad un certo punto ho visto una signora, avanti negli anni, che stava camminando assieme a due cani, vecchierelli anche loro. La signora li chiamava ed insisteva affinché scendessero con lei giù per una piccola scarpatella e poi, una volta arrivata all’imboccatura, nera come la pece di un piccolo tunnel, cercava di spingerceli dentro. I cani non ne volevano sapere ma lei insisteva. Mi facevano pena ma non potevo fare nulla per loro da dove mi trovavo. Non avevo nemmeno la forza di gridare.
Ad un certo punto il camion, finalmente, si ferma e … mia madre scende dal posto di guida! Mia madre? Ma se non guida da anni!
Mi guarda e mi dice qualche cosa, la voce non arriva a me, ma, nononstante la distanza, riesco a leggere il labiale che dice: ’’Sono stanca adesso vado a casa’’! Io le grido: ‘’Mamma! Per favore, aiutami, come faccio a scendere di qui’’? Lei mi guarda, scuote la testa, e si allontana
Non so che cosa fare, ho paura, sono quasi sicura di non riuscire a scendere da sola.
Mi maledico per la mia ‘’poca forma atletica’’, pensando con nostalgia alla forma fisica di cui disponevo invece quando ero più giovane. Ho paura, sono sempre più disperata ma, per fortuna, quando ormai il panico mi stava attanagliando … mi sono svegliata.

Cribbio che ansia!

Telefono a mia madre tutte le mattine e quella mattina le ho raccontato il sogno. Sapete che cosa mi ha detto? Mi ha detto: ‘’Che mamma inutile che hai, non ti ho aiutata nemmeno in quell’occasione’’.
Mia madre mi ha sempre aiutata! Ha sempre fatto tutto quello che era nelle sue possibilità per me. Chissà perché ha reagito in quel modo? Mah …

Alla prossima

Elena