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Giuseppe Verdi, vita, opere, curiosità …

Oggi parleremo di Giuseppe Verdi 

Giuseppe Verdi è nato il 10 ottobre 1813 a ‘’Le Roncole’’, una piccola frazione della cittadina di Busseto, in provincia di Parma. 

Proveniente da una modesta famiglia di commercianti e proprietari di Osterie, fin da piccolo ha dimostrato un forte interesse per la musica. Con l’appoggio del padre e del maestro del paese, Pietro Baistrocchi, a soli sei anni il piccolo Giuseppe suona sia l’organo che il pianoforte.

Suona volentieri per intrattenere Giuseppa, la sua sorellina che, a causa di una meningite, è costretta su una sedia a rotelle.

Nel 1823 il padre iscrive il giovane Giuseppe al “ginnasio”, una scuola superiore per soli ragazzi gestita da don Pietro Seletti a Busseto, dove studia l’italiano, il latino, le scienze umane e la retorica. Verdi, rimane a scuola tutta la settimana ma la domenica percorre a piedi i 6 chilometri che lo separano da casa, sia per vedere i genitori sia per suonare l’organo durante la Messa.  

Nel giugno 1827, a 14 anni, si diploma presso il Ginnasio ed iniziò a dedicarsi esclusivamente alla musica.  

Dai 13 ai 18 anni scrive numerose sinfonie, pezzi di musica sacra e marce per banda. Si trasferisce a Milano, dove chiede di entrare al Conservatorio ma purtroppo non viene ritenuto adatto. Ecco la lettera di esclusione: 

‘’Il Signor Verdi, avrebbe bisogno di cambiare la posizione della mano. Avendo però già 18 anni la cosa risulta troppo difficile, quindi inutile perdere tempo. Per quanto riguarda le composizioni che il Verdi ha presentate come come sue, applicandosi con attenzione e pazienza potrà dirigere la propria fantasia e forse riuscire nella composizione. Comunque il conservatorio non può accoglierlo in quanto sono troppi i difetti che le sue mani hanno sulla tastiera’’.

Non potendo entrare in conservatorio diventa comunque allievo di un maestro della Scala ed assiste a varie opere rappresentate presso il famoso teatro  milanese. Nel 1834 torna a Busseto e viene assunto come maestro di musica nella scuola del Comune.

Nel frattempo scrive opere e le mette in musica.  Sposa Margherita,  la figlia di Antonio Barezzi, un negoziante amante della musica e direttore della locale società filarmonica che, convinto delle capacità del Verdi, lo aveva aiutato a proseguire gli studi.  

Nel marzo del 1837, Margherita dà alla luce la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, a cui seguì Icilio Romano l’11 luglio 1838 che però morirono entrambi in tenera età. 

Nel frattempo nel 1839 viene rappresentata alla Scala la sua prima opera, l’”Oberto, Conte di San Bonifacio”, che riscuote un discreto successo di pubblico. 

Poco dopo, nel 1840 anche la sua amata Margherita muore per una encefalite.

Il compositore depresso per la morte dei suoi cari aveva ricevuto il libretto per musicare il Nabucco, ma, troppo preso dal suo dolore,  non se ne interessò. Un giorno mentre metteva a posto la sua scrivania, il libretto del Nabucco cadde a terra e rimase aperto proprio sul coro degli ebrei. Verdi lo raccolse, lesse e decise di metterlo in musica. 

Ecco che nel 1942 presenta alla Scala l’opera lirica che decreterà il suo definitivo successo e l’inizio della sua folgorante carriera. 

 All’interno del Nabucco c’è uno dei cori più celebri della musica teatrale italiana:  il “Va pensiero”.  

Dopo cinquantasette repliche al teatro milanese, l’opera viene successivamente rappresentata anche a: Barcellona, Vienna, Parigi, Lisbona, Berlino, Amburgo, New York e Buenos Aires. Un successo enorme!

Alcuni personaggi, come Nabuccodonosor – Re di Babilonia noto per aver distrutto il tempio di Salomone causando la prima deportazione del popolo ebraico, rimangono impressi nel pubblico italiano.   

Non dobbiamo dimenticare che all’epoca l’Italia non esisteva ed era suddivisa in tanti staterelli di proprietà diverse, prussiani, austriaci, francesi. Quindi il popolo italiano si immedesima nella figura del popolo ebraico prigioniero. 

Il coro degli ebrei,  ‘’Va pensiero’’,  finì per divenire una sorta di inno contro l’occupante austriaco che, nel 1848 occupava il ‘’lombardo veneto. 

Il periodo in cui Giuseppe Verdi compone quest’opera è lo stesso dei movimenti indipendentisti italiani. Il popolo lombardo voleva liberarsi del giogo Austriaco. Famosa era la scritta sui muri:  VIVA V.E.R.D.I, che però in realtà volevano dire: ‘’Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia’’. 

Curiosità: Dovete sapere che in Italia ci fu una lunga diatriba per la scelta dell’Inno nazionale ed, ancora adesso, se ne discute. La scelta continua ad essere tra: ‘’Fratelli d’Italia’’ e il ‘’Coro degli ebrei del Nabucco’’. 

L’inno Fratelli d’Italia nacque nell’agosto del 1847, quando il suo autore, il giovane poeta e patriota genovese Goffredo Mameli, ebbe l’idea di un canto che manifestasse il tumulto di passioni che agitavano gli italiani. L’inno fu musicato dal maestro genovese Michele Novaro ed ebbe il battesimo ufficiale nel marzo 1848 con l’insurrezione di Milano contro gli austriaci. (Le 5 giornate di Milano)  La stessa musica accompagnò la guerra dei Piemontesi contro Roma nel 1870, quando i bersaglieri entrarono a Roma attraverso la Breccia di Porta Pia, ed il territorio del Papa divenne italiano. 

Nonostante il valore patriottico, l’inno fu criticato da molti sia per l’eccessiva retorica dei versi sia per la melodia. 

Come scelta dell’inno nazionale, alla formazione del Paese Italia nel 1861 rimase in vigore la Marcia Reale dei Savoia. Dopo il crollo del fascismo però,  l’Inno di Mameli fu adottato ufficialmente dalla neonata Repubblica italiana il 12 ottobre 1946. Questo soprattutto perché gli eredi di Verdi chiedevano dei diritti di autore molto ‘’salati’’ e l’Italia, come al solito non aveva quattrini da spendere. Quindi ecco la ragione dell’Inno di Mameli.  

Ma torniamo a Verdi che, nei successivi anni farà altre composizioni che fanno accrescere sempre più la sua popolarità . Nel 1843 aveva intrapreso una relazione, destinata poi a durare mezzo secolo, con la soprano Giuseppina Strepponi. Dopo una convivenza di dieci anni i due si sposano nel 1859 e resteranno inseparabili fino alla morte della donna, nel 1897, a causa di una polmonite.

Giuseppe Verdi a tavola con amici.

Nel 1846 si trasferisce a Parigi ed inizia a lavorare per l’Opéra di Parigi. L’anno seguente fa il suo debutto a teatro “Macbeth”, ritenuto il capolavoro giovanile di Giuseppe Verdi. Durante il periodo parigino viene insignito del titolo di Cavaliere della Legion d’Onore. 

Un dipinto di Giuseppe Verdi

Nel 1849 fugge da Parigi, a causa del diffondersi del colera, e torna a stabilirsi in Italia. 

Il 1853 è l’anno della trilogia popolare: Giuseppe Verdi dà vita a il “Rigoletto”, “Il trovatore” e “La traviata”. Con tali lavori il compositore raggiunge la piena maturità artistica, la definitiva fama internazionale e si impone come il più celebre musicista del suo tempo. 

Nel 1871 fa il suo esordio, in Egitto sul palcoscenico del Teatro ‘’il Cairo’’,  La ‘’Aida’’ opera che ottenne un enorme successo e ancora oggi continua ad essere una delle sue più famose.

Nel 1887 debutta al Teatro alla Scala di Milano l’ ”Otello”, tratta dalla tragedia omonima del drammaturgo e poeta inglese William Shakespeare. 

E’ curioso ricordare che, a proposito dell’Otello,  l’editore ne sollecitasse la conclusione.  Come ogni Natale, anche in quel 1882, l’editore Giulio Ricordi aveva inviato ai coniugi Verdi un panettone, arricchito in quell’occasione da una statuetta raffigurante un ‘’moro senza gambe’’, allusione al progetto di Otello che faticava a essere compiuto.

Nel ringraziarlo per il panettone Verdi scrive:  “Voi credete proprio che non manchino che le gambe? Io credo invece che manchino gambe testa, torace, braccia, tutto, tutto, tutto”.

Otello sarà concluso solo nel novembre 1886, ma ancora nel gennaio di quell’anno l’impresario della Scala e il Ricordi si recano da Verdi con una raccolta di firme che chiedono al più presto l’Otello alla Scala. Verdi risponde che Otello non è ancora finito e che, se lo finirà, lo darà alla Scala solo se si fossero trovati i cantanti, adatti.

L’ultima sua grande opera è il “Falstaff”, datata 1893. 

Il 27 gennaio 1901, alle 2,50 di notte, il Maestro Giuseppe Verdi muore dopo 6 giorni di agonia in conseguenza di un ictus, nella stanza n. 105 del Grand Hotel di Milano, che aveva scelto sin dal 1872 come sua residenza milanese, per la sua posizione nei pressi del teatro La Scala. Gli ultimi giorni del Maestro sono sempre raccontati come un momento di grande commozione per tutta la città di Milano: i cittadini e il Comune erano così affezionati e attenti alle sue esigenze che le strade intorno all’albergo furono cosparse per diversi giorni di paglia, per non disturbarlo con il rumore degli zoccoli e delle carrozze e permettergli di riposare. Questo fatto da un po’ l’idea del livello di rispetto che gli italiani nutrivano per il personaggio. 

Giuseppe Verdi sul letto di morte.

Il primo annuncio della morte di Verdi fu dato il 28 gennaio dal librettista Giuseppe Giacosa dalle pagine del quotidiano piacentino “Libertà”, notizia che sarà presto ripresa da tutti i quotidiani e settimanali del periodo, che riportavano le attestazioni di cordoglio da tutto il mondo e non solo dall’Italia.

Queste le intenzioni testamentarie di Verdi:

 “Ordino che i miei funerali siano modestissimi e si facciano allo spuntar del giorno o all’Ave Maria, di sera, senza canti e suoni. Basteranno due preti, due candele e una croce. Si dispenseranno ai poveri di Sant’Agata lire mille il giorno dopo la mia morte. Non voglio alcuna partecipazione particolare alla mia morte’’. 
Ma tanto era l’amore degli italiani per Verdi, che non fu organizzato solo un “funerale modestissimo” com’era la richiesta del Maestro, ma ne furono organizzati due. 

Una folla immensa saluta il musicista per l’ultima volta.

La gente saliva sugli alberi per poter vedere la bara del ”maestro”.

Il primo funerale avrebbe dovuto svolgersi in forma privata, portando il feretro al cimitero monumentale di Milano, la mattina presto, lontano da occhi indiscreti se non quelli di alcuni studenti delle scuole elementari. Ma da ogni parte di Milano sin dalle prime luci dell’alba la folla accorse e furono impiegati 7 preti e non 2 come richiesto. Il corteo funebre percorse via Manzoni, piazza Cavour, via Manin, i bastioni di Porta Nuova, quelli di Porta Garibaldi fino al cimitero Monumentale. Sui bastioni attendevano da ore decine di migliaia di persone che in silenzio aspettavano il passaggio del carro funebre che, avvolto nella nebbia del mattino, trainato da cavalli con pennacchi neri era seguito da decine di migliaia di persone a testa china. 

Un mese dopo il corpo fu spostato dal Cimitero Munumentale nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti. Anche in quell’occasione la partecipazione popolare fu altissima.  Oltre 300.000 persone si unirono al corteo, guidato da un coro di 820 voci dirette dal Maestro Arturo Toscanini che intonavano il “Va pensiero”. Il corteo era così imponente che impiegò 11 ore per raggiungere il palazzo in Piazza Buonarroti.

Verdi è sepolto nella cripta della casa di riposo per musicisti in pensione “Casa Verdi”. Struttura fortemente voluta, finanziata e inaugurata dallo stesso Verdi. Molto attiva è stata anche la sua partecipazione nella politica italiana del tempo: è stato prima parlamentare e poi senatore a vita del neonato Regno d’Italia. In tutto ha realizzato ventotto opere liriche e numerose composizioni varie, tra cui musica da camera e sacra. Giuseppe Verdi, quando non era intento a scrivere le sue opere, passava molto tempo in giro per l’Italia e l’Europa a sovrintendere i lavori per la rappresentazione teatrale delle sue creazioni. 

Giuseppe Verdi era un uomo molto riservato, dal carattere tranquillo, schietto e di grande onestà intellettuale. Era anche un buongustaio ed amava mangiare i polli allevati nel pollaio di famiglia. il Sindaco di Busseto gli regalò un giorno un pavone ma Verdi, anziché utilizzarlo per ornare il giardino della sua villa di Sant’Agata preferì metterlo in pentola e mangiarselo.

Negli ultimi tempi fu assistito dalla soprano Teresa Stolz, la prima interprete di Aida al Cairo: una calda, sincera amicizia, conservata fino agli ultimi giorni. 

Dopo la sua morte gli sono stati dedicati in tutta Italia tre conservatori, molti teatri, monumenti e statue. La città di New York gli ha dedicato un’intera piazza, la Verdi Square di Manhattan, con annessa statua raffigurante il compositore italiano. È stato oggetto anche di numerose pellicole cinematografiche e opere teatrali. Ancora oggi le sue opere vanno in scena nei più importanti teatri del mondo. Possiamo dire, senza ombra di dubbio che Giuseppe Verdi è stato il più grande compositore italiano di tutti i tempi.

Alla prossima

Elena

Ecco qui l’elenco delle sue opere teatrali. 

  1. Oberto, Conte di San Bonifacio, dramma in 2 atti (Mi, Teatro alla Scala, 17 nov. 1839)
  2. Un giorno di regno ossia Il finto Stanislao, melodramma giocoso in 2 atti (Mi, Teatro alla Scala, 5 set. 1840)
  3. Nabucco, dramma lirico in 4 atti di T. (Mi, Teatro alla Scala, 9 mar. 1842)
  4. I Lombardi alla prima crociata, dramma lirico in 4 atti  (Mi, Teatro alla Scala, 11 feb. 1843)
  5. Ernani, dramma lirico in 4 atti da Victor Hugo (Ve, Teatro La Fenice, 9 mar. 1844)
  6. I due Foscari, tragedia lirica in 3 parti  (Roma, Teatro Argentina, 3 nov. 1844)
  7. Giovanna d’Arco, dramma lirico in 1 prologo e 3 atti (Mi, Teatro alla Scala, 15 feb. 1845)
  8. Alzira, tragedia lirica in 1 prologo e 2 atti (Na, Teatro di S. Carlo, 12 ago. 1845)
  9. Attila, dramma lirico in 1 prologo e 3 atti  (Ve, Teatro La Fenice, 17 mar. 1846)
  10. Macbeth, da William Shakespeare (Fi, Teatro della Pergola, 14 mar. 1847. Nuova versione: Parigi, Théâtre Lyrique, 21 apr. 1865)
  11.     I masnadieri, melodramma (Londra, Her Majesty’s Theatre, 22 lug. 1847)
  12. Jérusalem, grand opéra  (Parigi, Théatre de l’Académie Royale, 26 nov. 1847)
  13. Il corsaro, opera in 3 atti  (Trieste, Teatro Grande, 25 ott. 1848)
  14. La battaglia di Legnano, tragedia lirica in 4 atti (Roma, Teatro Argentina, 27 gen. 1849)
  15. Luisa Miller, melodramma tragico in 3 atti  (Na, Teatro di S. Carlo, 8 dic. 1849)
  16. Stiffelio, melodramma in 4 atti (Trieste, Teatro Grande, 16 nov. 1850. Nuova versione con il titolo di Aroldo; Rimini, Teatro Nuovo, 16 ago. 1857)
  17. Rigoletto, melodramma in 3 atti  (Ve, Teatro La Fenice, 11 mar. 1851)
  18. Il trovatore, dramma lirico in 4 atti (Roma, Teatro Apollo in Tordinona, 19 gen. 1853)
  19. La traviata, opera in 3 atti  (Ve, Teatro La Fenice, 6 mar. 1853)
  20. Les vêpres siciliennes, grand opéra in 5 atti (Parigi, Théatre de l’Académie lmpériale de Musique, 13 giu. 1855)
  21. Simon Boccanegra, opera in 1 prologo e 3 atti (Ve, Teatro La Fenice, 12 mar. 1857 (Mi, Teatro alla Scala, 24 mar. 1881)
  22. Aroldo, melodramma in quattro atti  (Rimini, Teatro Nuovo, 16 agosto 1857)
  23. Un ballo in maschera, melodramma in 3 atti (Roma, Teatro Apollo in Tordinona,17 feb. 1859)
  24. La forza del destino, opera in 4 atti  (S. Pietroburgo, Teatro Imperiale, 10 nov. 1862)
  25. Don Carlos, grand opéra in 5 atti  (Parigi, Théâtre de l’Académie Impériale de Musique, 11 mar. 1867
  26. Aida, opera in 4 atti (Il Cairo, Teatro dell’Opera, 24 dic. 1871)
  27. Otello, dramma lirico in 4 atti da W. Shakespeare (Mi, Teatro alla Scala, 5 feb. 1887)
  28. Falstaff, commedia lirica in 3 atti di A. Boito da W. Sh

A questo link potrete sentire l’aria del ‘’Coro degli Ebrei tratto dal Nabucco’’ con le parole:

St. Aygulf … e piove … e piove … e piove …

St. Aygulf,  23 novembre 2019

Qui piove a dirotto ormai da una settimana, vento e pioggia quasi costanti. 

Pur vivendo in una casa accogliente ed asciutta, ci sono dei piccoli ‘’fastidi’’ che mi disturbano; tipo, ad esempio, l’acqua che si infiltra attraverso le porte scorrevoli della veranda e della porta finestra. Normalmente non succede, ma quando la pioggia è tanta ed il vento è forte non c’è silicone che tenga. 

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La cosa mi obbliga ad asciugare in continuazione, viceversa, il pavimento della veranda, che si collega direttamente senza nessuna porta divisoria, con quello della cucina, si ‘’allaga’’. 

Il fastidio non è solo dovuto al dover asciugare continuamente, ma anche alle impronte che lasciano in giro per casa, dopo esser passati sul pavimento ‘’umido’’ della veranda: cane, gatto e marito.

Stamattina abbiamo anche scoperto che,  purtroppo, uno dei ‘’tombini’’ del giardino si è intasato e l’acqua si sta raccogliendo ad un livello preoccupante. Se sale ancora un pò, finirà in piscina con tutti i guai connessi. 

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Stamattina sono già uscita, bardata come un pescatore norvegese, per cercare di togliere le ostruzioni dal tombino, ma purtroppo il problema è ‘’interno’’ alla condotta e non solo dovuto alla griglia intasata dalle foglie cadute. Quindi al momento sto pensando. Credo che prenderò un tubo dell’acqua, lo farò riempire e lo  srotolerò  sul pavimento fino alla ‘’discesa’’ del terreno, in tal modo l’acqua dovrebbe, almeno in parte,  per effetto dei ”vasi comunicanti”,  incanalarsi lì e non entrare in piscina. 

Proviamo …

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Io mi lamento della faccenda, non ho nessuna voglia di fare ‘sto lavoro. Stamattina contavo di farmi una doccia tranquilla e di lavarmi i capelli con calma,  ma … se penso a come vivono i poveri disperati negli accampamenti profughi, mi vergogno profondamente delle ”mie lamentele”.

C’è qualche cosa di terribilmente sbagliato nel Mondo. Perché degli esseri umani non possono andare dove vogliono? Perché devono esser tenuti prigionieri in campi profughi? Perché devono rischiare la morte in mare mentre quello che vorrebbero è solo vivere dignitosamente? Perché? 

Alla prossima

Elena

 

Ah … per la cronaca, il tubo immerso nell’acqua, funziona! 

Ex Ilva – Arcelor Mittal – cos’è un Altoforno? Perché siamo sempre in ”braghe di tela”?

Ovviamente, essendo una ‘’mamma casalinga’’,  non ne ho la minima idea ma la cosa mi ‘’intriga’’ e sono andata a cercare in ‘’Santa Rete’’ che, oltre a servire a ”prender pesci” ha anche il suo ”lato positivo.

Ecco, tanto per cominciare, il disegno schematico di un altoforno, ho scelto quello che mi sembrava il ‘’meno complicato’’ ma pure così … non è che sia tanto semplice da capire, ma andiamo avanti e cerchiamo di semplificare.

1. flusso di aria calda dalle stufe Cowper 2. zona di fusione 3. zona di riduzione dell’ossido ferroso 4. zona di riduzione dell’ossido ferrico 5. zona di pre-riscaldamento 6. ingresso di minerali grezzi, fondente e coke 7. gas esausti 8. colonna contenente minerale grezzo, fondente e coke 9. rimozione delle scorie 10. fuoriuscita del metallo fuso 11. fuoriuscita dei gas di scarico

L’altoforno è un tipo di impianto utilizzato nell’industria siderurgica per produrre della ghisa partendo dal minerale ferroso; l’altoforno produce ghisa grigia, ovvero una lega di ferro e carbonio, attraverso un processo in cui si brucia il  carbon coke. La produzione di un moderno altoforno può essere compresa tra le 2.000 e le 8.000 tonnellate al giorno.

L’altoforno deve il nome alle sue dimensioni. Può infatti raggiungere un’altezza di 80 metri  – più di 100 m considerando anche il sovrastante sistema di caricamento – ed un diametro  di circa 12 metri.

Oltre all’acciaio che cosa produce un’altoforno?  

L’altoforno ha come scopo la produzione della ghisa madre che viene a sua volta, con un processo ulteriore, trasformato in acciaio.

Produce anche due sottoprodotti: il gas povero, o gas d’altoforno, e le loppe, o scorie d’altoforno. 

Si tratta di un gas combustibile e di un materiale entrambi relativamente poveri, ma le grandissime quantità prodotte inducono al loro recupero e utilizzo.

Proprio le ‘’loppe’’ sono responsabili dell’inquinamento mortale di cui soffre la popolazione che vive nella zona di Taranto. 

Che cos’è il gas povero? 

Il gas d’altoforno viene prodotto in quantità variabili tra i 2500 e 3500 Nmc (normal metro cubo) per ogni tonnellata di ghisa madre.  In passato questo gas veniva disperso nell’aria, ma oggi si preferisce raccoglierlo sia per motivi ecologici,  che per riutilizzarlo in appositi sistemi ‘’recuperatori’’ , risparmiando denaro e riutilizzandolo per il riscaldamento dei forni.

Che cosa sono le loppe? 

Le ‘’Loppe’’  sono avanzi di lavorazione della ghisa e sono costituite da silice, calce, allumina, magnesia, anidride fosforica, ossido di ferro, ecc. Le loppe vengono prodotte nella quantità di 0,3 t per ogni tonnellata di ghisa prodotta. All’uscita dell’altoforno le loppe vengono trasformate in granuli investendole con un forte getto di acqua, stoccate e, successivamente, inviate nelle fabbriche di cemento dove, mescolate e macinate a opportune quantità di gesso formano il cosiddetto cemento d’altoforno o cemento Portland. 

Durata di una fonderia a ciclo integrale 

La durata del ciclo integrale è di circa 20 anni. L’ultimo impianto funzionante in Italia è quello di Taranto, costruito negli anni sessanta.  Oggi non vengono più realizzati altoforni a causa del passaggio da ”ciclo integrale” a ”ciclo rottame”, che usa forni elettrici, inquina di meno ed è più ‘’economico’’. 

Storia recente dell’acciaieria di  ‘’Taranto’’ 

ArcelorMittal Italia S.p.A. è dal novembre 2018 la filiale italiana della società franco-lussemburghese Arcelor-Mittal, che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell’acciaio.

Il più importante stabilimento italiano è situato a Taranto in Puglia e dà lavoro a circa 15.000 persone, 20.000 considerando l’indotto.  

Taranto costituisce il maggior complesso industriale per la lavorazione dell’acciaio in Europa. Questa industria ha subito numerosi passaggi di proprietà nel corso degli anni. Rinata sulle ceneri dell’Italsider come ILVA S.p.A. In amministrazione straordinaria  dal 2015.  Nel gennaio 2016 viene bandita una gara per vendere l’ILVA: a seguito della controversa gara di affidamento in cui si scontrano diverse considerazioni relative piano industriale, riqualificazione ambientale e offerta economica,  il 1º novembre 2018 ILVA entra ufficialmente a far parte del colosso franco-lussemburghese Arcelor-Mittal, di cui è proprietario l’indiano Mittal,  con partecipazioni di Intesa San Paolo ed inizialmente anche di Marcegaglia.  

Nel gennaio 2019 la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo accoglie i ricorsi presentati nel 2013 e 2015 da 180 cittadini che vivono nei pressi dello stabilimento di Taranto e condanna l’Italia per non aver tutelato il diritto alla salute dei cittadini. 

Il 5 novembre 2019 Arcelor Mittal, in seguito all’abolizione, da parte del Governo Conte II, del cosiddetto ‘’scudo penale’’ – legge che prevedeva l’immunità penale per i nuovi affittuari/proprietari mentre facevano i lavori di ‘’messa a norma’’ degli impianti (per evitare l’inquinamento da polveri sottili) –  comunica l’intenzione di recedere dal contratto di cessione, procedendo alla restituzione dell’ex Ilva, in amministrazione straordinaria, entro 30 giorni. L’Amministratore delegato Arcelor-Mittal,  in data 14 Novembre 2019, ha comunicato la chiusura di tutti gli impianti, che si concluderà entro il 15 gennaio 2020.

E mò?

Cosa succede se si spegne un forno? 

Il problema principale di questa operazione, è rappresentato dal rischio di un deterioramento tecnologico dei materiali che compongono gli impianti. Ogni volta che un altoforno viene fermato i mattoni refrattari che rivestono l’interno della struttura, subiscono uno shock termico che deteriora la qualità del mattone refrattario e che pregiudica, nelle settimane successive, l’eventuale ripartenza e la produzione stessa dell’acciaio.  

Alla luce di quanto sopra e al di là della polemica sullo ‘’scudo penale’’ , Taranto, mi par di aver capito,  è ancora una fonderia a ‘’ciclo integrale’’! Ma … se abbiamo letto sopra che il ciclo integrale dura 20 anni … quindi? Quindi era comunque un’azienda destinata a morire, visto che era stata fatta negli anni sessanta e non ”riconvertita” da ”integrale” a ”rottame”.

Ricapitoliamo … l’indiano se la prende, la vuole riconvertire, vuole bonificare la zona ma NON vuole finire in galera né che gli fermino i forni durante ‘sto lavoro, e noi che cosa facciamo? Gli rimettiamo lo ‘’scudo penale’’! Ma … perché? 

E’ un pò come se in un incidente automobilistico, provocato da dei deficienti ubriachi, la gente arrivata sul posto a curiosare,  picchiasse per rabbia, invece che i ‘’deficienti ubriachi’’,  i vigili del fuoco che stanno togliendo la gente incastrata dalle lamiere! 

Era più che ora che questo stabilimento venisse, bonificato e finalmente ‘’riconvertito’’ da ‘’Integrale’’ a ‘’rottame’’ no? 

La domanda che sorge spontanea è: ‘’Perché NON è mai stato fatto’’? 

Ora … la nostra ‘’geniale politica’’, che ricorda molto il comportamento dei liceali immaturi, si sta passando, come al solito, di mano la ‘’palla’’ dando la colpa ad uno e all’altro.  

Avremmo avuto bisogno, già molti anni fa, di una politica industriale se non ‘’intelligente’’ almeno ‘’normale’’  … eppure … nessuno ha mosso un dito. E’ un pò come la faccenda del MOSE a Venezia … tutti che ‘’cascano dal pero’’! 

Ora che a Taranto il ‘’latte è versato’’ … la nostra ‘’politica’’ scarica la colpa all’indiano Mittal.

Ma che pena che facciamo … che pena! 

Alla prossima

Elena 

 

Fonti: 

https://italia.arcelormittal.com/it/who-we-are/our-operations, Wikipedia 

Michelangelo Buonarroti

Su richiesta espressa di un’allieva del corso di italiano, di cui non dirò il nome per evitarle rimostranze da parte degli altri, oggi parleremo di Michelangelo Buonarroti. Uno degli artisti  più famosi del Rinascimento italiano.

Michelangelo naque a Caprese – una piccola città vicina ad Arezzo –  il 6 marzo del 1475. Fu un grande pittore, scultore, architetto e, perfino poeta, anche se i suoi ‘’versi’’ sono stati tenuti nascosti per molto tempo. 

Suo padre era il Podestà delle cittadine di Caprese e Chiusi e sua madre, di famiglia borghese, si chiamava Francesca di Neri. 

Finito il ‘’mandato’’ di Podestà del padre,  la famiglia tornò a Firenze e Michelangelo fu affidato a balia alla moglie di uno scalpellino. 

Era abitudine di Michelangelo, quando ormai era diventato un famoso artista, dire, per giustificare la sua passione per la scultura, di aver ‘’bevuto latte misto a polvere di marmo’’ già dalla nascita. 

Appartenente ad una famiglia di medio-alta borghesia, Michelangelo Buonarroti, avrebbe, secondo suo padre, dovuto seguire la vocazione di ‘’famiglia’’, e cioè incarichi amministrativi e/o politici, ma Michelangelo adorava disegnare e per questo motivo gli fu permesso di  frequentare la scuola di Domenico Ghirlandaio col quale però non andò mai d’accordo. 

Aveva solo tredici anni quando il padre lo mise a ‘’bottega’’ dal Ghirlandaio, con un contratto di tre anni, per imparare a dipingere. Ma l’attività della bottega non corrispondeva al carattere di Michelangelo. Come tutti i ‘’garzoni’’ che si rispettano doveva iniziare dai lavori più ‘’umili’’ come quello di spazzare, mettere in ordine  e preparare i colori per i ‘’più grandi’’.  Michelangelo non arrivò ad onorare il contratto e abbandonò la bottega del Ghirlandaio, dopo un solo anno.

A quindici anni, mentre studia, con altri compagni, gli affreschi del Masaccio, nella Cappella Brancacci nella Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, si prende un pugno sul naso da Pietro Torrigiani, che tra l’altro era un suo amico.   Il giovane Buonarroti aveva preso la cattiva l’abitudine di sminuire le capacità degli altri pittori, il che non gli garantiva certo molte simpatie, ecco il motivo del ‘’pugno’’ sul naso. 

Come si vede nei suoi autoritratti, il pugno gli aveva rotto il ‘’setto nasale’’ rendendolo ancora meno attraente.

Giudizio Universale – particolare – Cappella Sistina Roma

Se avete occasione di osservare l’affresco del Giudizio Universale, dietro l’altare della Cappella Sistina, nella ‘’pelle’’ che pende dalla mani di San Bartolomeo, anche se informe, sono riconoscibili le sembianze dell’artista e quel naso rotto che ormai lo caratterizza. Il Torrigiani a causa di quel pugno fu esiliato. Vagò tra l’Inghilterra e la Spagna dove morì in prigione per aver sfregiato un Cristo, da lui stesso modellato.  II gesto fu interpretato come un’azione sacrilega e non come una protesta nei confronti dei ritardi di pagamento da parte del committente. Morale della favola? Torregiani, era un bravissimo artista ma … privo di ‘’appoggi politici’’. Michelangelo, altrettanto bravo, di appoggi politici ne aveva e anche parecchi, visto che Lorenzo il Magnifico lo aveva preso sotto la sua protezione e la sua ‘’fama’’, aumentava di giorno in giorno. 

Dopo una fitta nevicata avvenuta a Firenze,  Michelangelo viene chiamato a corte da Piero de Medici, figlio e successore di Lorenzo il Magnifico, morto da poco.  Piero gli chiede di fare una grande statua di neve. Michelangelo accetta la sfida e fa la statua di un Ercole enorme e bellissimo che tutta la cittadinanza fiorentina potè ammirare per un’intera settimana. 

Il Buonarroti però, oltre a prendere ‘’pubblicamente’’ in giro gli altri ‘’pittori’’ ne studiava con attenzione i lavori.  In particolare maestri come Filippo Lippi, Gentile da Fabriano, Verrocchio, Pollaiolo e Masaccio.  Michelangelo frequentava il ‘’giardino di casa Medici’’ – una sorta di ‘’scuola dell’arte’’ –  dove era conservata una grandissima collezione di oggetti preziosi:  quadri, tavole dipinte, libri antichi, statue, gioielli , vasellame –   e dove si riunivano uomini illustri del panorama italiano della fine del quattrocento, tra i quali Angelo Poliziano, Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. 

E’ proprio in questo ambiente che l’artista matura la sua idea della bellezza dell’arte: anche per lui come per gli altri artisti del Rinascimento, l’arte è l’imitazione della natura e che, attraverso lo studio di essa,  si arriva alla bellezza.

Nel 1496 lascia la città di Firenze e si trasferisce a Roma dove su commissione del cardinale  francese Jean Bilheres realizza, a soli 21 anni, la famosissima “Pietà”.

Pietà – Roma Cappella Sistina

Il gruppo scultoreo rappresenta la Madonna con in grembo il Cristo senza vita. Per Michelangelo Buonarroti la scultura era un’arte particolare, secondo la quale l’artista aveva il compito di ‘’liberare’’ dalla pietra, le figure che vi erano già imprigionate dentro. Per questo egli considerava la vera scultura quella ottenuta tramite il ‘’togliere”,  cioè di togliere dal blocco di pietra le parti di marmo inutili, e proprio per questo motivo si recava personalmente a Carrara per scegliere i blocchi di marmo che lo ‘’ispiravano’’.

Nel 1501, tornato a Firenze, gli viene commissionata una scultura rappresentante il “David”.  Per la sua realizzazione gli viene però dato un blocco di marmo che era già stato inizialmente tagliato e ridotto da Agostino di Duccio. Michelangelo non amava, come sappiamo,  questo lavoro già iniziato da ‘’altri’’ … ma fece buon viso a cattivo gioco e creò una meraviglia. 

David di Michelangelo – Firenze

L’opera rappresenta il giovane “David” contro il gigante Golia nell’attimo precedente il  lancio della pietra, sono evidenti nelle membra, nelle vene a fior di pelle la tensione e la calma concentrazione che precedono l’azione.  Il “David” fu collocato davanti Palazzo Vecchio, oggi il suo posto è occupato da una copia, mentre l’originale si trova all’Accademia di Belle Arti. 

La decisione della collocazione del David fu presa da una commissione di personaggi importanti della città,  artisti compresi. Tra questi artisti c’era anche Leonardo Da Vinci il quale votò per mettere la statua in una posizione poco visibile, anziché davanti al Palazzo,  la voleva relegare sotto una loggia nascosta. Il che dimostra quanto poco i ‘’due’’ artisti si amassero. 

Sempre a Firenze, per il matrimonio di Agnolo Doni, eseguì una tavola ‘’rotonda’’ rappresentante la “Sacra Famiglia”, conosciuta con il nome di “Tondo Doni”. Una tela davvero particolare per l’epoca. Le figure sono molto colorate, sono rappresentate come sculture e il movimento dei personaggi è ‘’vitale’’.  In primo piano, al centro, vi è la rappresentazione della Sacra famiglia, alle spalle della quale, al di la di un muretto si vede San Giovanni e, ancora dietro di lui, ad occupare lo sfondo,  figure di giovani nudi.

Curioso ricordare che, alla consegna dell’opera, il Doni si rifiutò di pagare la somma pattuita. Al che Michelangelo si riprese la tela e, senza tante discussioni, se ne andò. Il Doni lo rincorse dicendogli che avrebbe pagato quanto stabilito.  Michelangelo però gli disse che, se voleva la tela, ora avrebbe dovuto dargli il doppio di quanto stabilito inizialmente.  Era la prima volta che un ‘’artista’’ non si sottometteva al committente. Il nobile Doni nonostante la cosa lo infastidisse molto, pur di aver la tela, sborsò quanto richiesto. 

La Cappella Sistina si chiama così perché nel 1471, quando il ligure Francesco della Rovere, viene eletto al soglio pontificio, prende il nome di Sisto IV.  Costui è un uomo astuto, ambizioso e coltissimo, amante dei libri e dell’arte,  tanto che durante il suo pontificato Roma diventa il polo d’attrazione dei più importanti intellettuali dell’epoca. È lui infatti che arricchisce la biblioteca vaticana di preziosi classici e che la rende accessibile agli umanisti, è lui che crea il primo nucleo di quelli che saranno poi i musei capitolini ed è al suo nome che è legata la più grande impresa artistica del Rinascimento italiano, la Cappella Sistina appunto. 

Sisto IV muore nel 1484, certamente soddisfatto della sua impresa. Non passano però molti anni che un altro Della Rovere, Giuliano, sale al trono papale. Nel 1503 è infatti eletto papa Giulio II, nipote di Sisto, come lui ambizioso e come lui desideroso di lasciare nella storia un’impronta indelebile. 

Giulio II della Rovere, commissiona a Michelangelo, il suo complicatissimo monumento funebre, al quale l’artista si dedicò saltuariamente, tra un lavoro e l’altro, dal 1503 al 1545, cambiandone più volte i progetti.  

Nel frattempo la Cappella Sistina aveva avuto dei problemi di ‘’staticità’’.  Si erano aperte delle ‘’crepe’’ che il Bramante aveva aggiustato grazie ad un sistema di ‘’catene’’ che avevano messo si in sicurezza le pareti, ma che ne avevano rovinato gli affreschi pre-esistenti.  Quindi bisognava ridecorarla ed ecco che, questo lavoro,  viene affidato a Michelangelo. Una ‘’sfida’’ che quest’ultimo accetta di buon grado.

Nel  1508  l’artista firma il contratto; il lavoro venne completato il 31 ottobre del 1512. Quattro anni di lavoro continuo.  La decorazione della volta incontrò numerose difficoltà, tutte brillantemente superate dall’artista e dai suoi collaboratori. Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di una struttura di supporto; la prima idea fu del Bamante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un’impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta. Il primo strato di intonaco steso sulla volta cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jicopo l’Indaco. Questa non solo resistette alla muffa,  ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana.

Schiavo Morente

Poco dopo la morte di Giulio II Michelangelo Buonarroti terminò le sculture dello “Schiavo ribelle”, dello ‘’schiavo morente’’ e del “Mosè”.  Queste statue erano in realtà parte del previsto monumento funebre del papa. Ma il progetto era troppo ambizioso ed impegnativo, gli eredi litigavano per il costo e, alla fine, venne deciso di farlo  molto più piccolo e, soprattutto, con l’aiuto di altri artisti. 

Schiavo Ribelle

Mosè – Roma Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti morì – ad 89 anni –  il 18 febbraio del 1564 a Roma nella sua casa presso il Foro di Traiano e la salma fu deposta ai SS. XII Apostoli. Il nipote, Lionardo Buonarroti, trafugò il corpo, lo nascose in un rotolo di panni e, caricatolo su un carretto insieme ad altre merci, lo portò a Firenze dove il maestro venne sepolto il 12 marzo 1564 nella chiesa di Santa Croce.

Ora parliamo un pò dell’ ‘’uomo’’ Michelangelo, per esempio: era sposato? Aveva figli?  Non si hanno notizie né di ‘’matrimoni’’ nè di ‘’eredi’’. Si è detto e ripetuto, benché prove certe non ve ne siano, che Michelangelo sia stato un omosessuale e probabilmente lo furono anche alcuni papi e alti prelati che protessero lui e le sue opere.  L’ esibizione, spesso allusiva e a volte volgare, del nudo maschile, non rimanda di per sé ad atteggiamenti omosessuali da parte dell’artista, altrimenti dovremmo dire che tutti gli artisti della Grecia classica lo fossero.

Le figure femminili ritratte da Michelangelo o sono troppo maschili, tanto da sembrare – diremmo oggi – dei transessuali, o sono idealizzate in una forma stereotipata, spesso da risultare madri molto più giovani del figlio morto, come ad esempio nella Pietà, o mogli molto più giovani dei loro mariti (come Maria nel Tondo Doni).

L’ostentazione degli attributi maschili, dalla muscolatura agli organi genitali,  appare indubbiamente una forma di imposizione a chi guarda, che si concilia male con i temi religiosi che gli venivano di solito commissionati.  

Una delle pochissime opere di Michelangelo a soggetto profano, gli venne commissionata dal cardinale Raffaele Riario, durante il primo soggiorno romano verso il 1496.  Il Riario era stato la vittima della ‘’truffa del Cupido Dormiente’’.  

Le cose erano andate così: Michelangelo crea il Cupido Dormiente in marmo e lo vende a qualcuno. Questo ‘’qualcuno’’ seppellisce sotto terra il Cupido per ‘’invecchiarlo’’ e poi lo vende al Cardinale a caro prezzo, spacciandolo per un antico reperto greco.

Il Cardinale acquista l’opera in buona fede, ma poi, scopre l’inganno e va su tutte le furie. Manda un suo agente a cercare a Firenze l’autore del pezzo contraffatto. Trova Michelangelo che, probabilmente ignaro della truffa, viene invitato a Roma a conoscere il cardinale. Il Riario gli commissiona una statua “all’antica”, un giovane Bacco. Bacco è il Dio del vino e della vendemmia, nonché del piacere dei sensi e del divertimento … 

L’artista si mette al lavoro, completando l’opera in appena un anno, dal 1496 al 1497. Il cardinale però, non ama affatto questo giovane ‘’Bacco’’ nudo e chiaramente ubriaco e ne rifiuta l’acquisto. 

Michelangelo avrebbe potuto benissimo ‘’vestire’’ il Bacco in questione, visto il ‘’personaggio’’ che lo commissionava.  Avrebbe potuto evitare delle ‘’allusioni’’ pesanti. Ma quella del ‘’nudo’’ era una sua fissazione maniacale. Inoltre, riteneva che il suo genio, riconosciuto e stimato dalla critica, non dovesse essere sottoposto ad alcun controllo, ad alcuna verifica e ad alcuna critica.

Quando qualcuno si azzardava a criticarlo, la sua reazione era immediata e sempre esagerata, anche perché sapeva di avere, nelle stanze vaticane, ampi consensi. 

L’egocentrismo di Michelangelo si rifletteva anche nella sua costante difficoltà ad avere relazioni sociali normali. Sono parecchi i nomi citati dai critici e alcuni persino dallo stesso Michelangelo tra i suoi possibili ‘’amanti’’, di ogni età e condizione sociale: Tommaso de’ Cavalieri, Gherardo Perini, Giovanni da Pistoia, Pietro Urbano, Antonio Mini, Luigi Pulci jr, Benedetto Varchi, Giovannangelo detto “il Montorsoli”, Febo dal Poggio, Cecchino Bracci, Francesco Amadori detto “l’Urbino”, Pierfrancesco Borgherini, che ricevette l’eredità più cospicua alla morte di Michelangelo.

Non dimentichiamo ch’egli da giovane s’era formato nella cerchia di grandi filosofi omosessuali come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.

Comunque, Michelangelo Buonarroti è stato uno dei grandissimi  protagonisti del Rinascimento italiano. Riconosciuto come uno dei maggiori artisti di tutti i tempi,  tanto geniale quanto irrequieto.

Il suo nome è collegato a una serie di opere che lo hanno consegnato alla storia dell’arte, alcune delle quali sono conosciute in tutto il mondo e considerate tra i più importanti lavori dell’arte occidentale: il David, La Pietà, La Cupola di San Pietro, gli affreschi della Cappella Sistina sono considerati traguardi insuperabili dell’ingegno creativo.

Alla prossima

Elena 

Il M5S non è ”responsabile” dei nostri guai … ma non sarà nemmeno in grado di …

… risolvere i guai che abbiamo, semplicemente perché è il ”risultato” dei nostri problemi atavici. La loro – quella dei grillini –  è una ”visione fumettistica” del futuro, non sono preparati per affrontare la ”dura” realtà. Sono capacissimi di muoversi nel mondo virtuale della ”comunicazione” ma lì finisce tutto! (Beninteso in quel mondo si muovono benissimo anche Salvini e Renzi)

Ma torniamo al M5S, costoro non conoscono nulla di ”politica industriale” , sono nati e si muovono nel mondo della ”comunicazione”! Che è sì importante, ma … per vivere di ”comunicazione”  ci vuole qualcuno che faccia qualche cosa di reale e di tangibile,  E qui  … casca l’asino!

Il centro siderurgico della ex Ilva è il più importante d’Europa ed ha ha un ruolo fondamentale nella seconda industria manifatturiera d’Europa, cioè noialtri. 

C’era un ‘’patto’’ tra il governo italiano e Arcelor Mittal che metteva nero su bianco uno ‘’scambio’’.

Il gruppo multinazionale s’impegnava al risanamento ambientale e al rilancio del polo dell’acciaio. In cambio, aveva chiesto e ottenuto di non temere conseguenze penali, per reati ambientali provocati dagli interventi di risanamento e dalle gestioni precedenti che, ricordiamolo, erano quelle dei Riva e dell’azionista pubblico a cui ha fatto capo per lungo tempo l’Ilva. (Statalizzare è una gran bella cosa ma bisognerebbe anche saper ”gestire”)

Non era un privilegio illegittimo per Arcelor  … lo ”scudo” era una garanzia prevista dall’ordinamento italiano fin dal 2015, quando era stato dato ai commissari.

Tra persone affidabili per sancire un accordo basta una stretta di mano. Nel caso specifico è stata approvata perfino una norma di legge. Quella norma di legge, circa un mese fa, è stata ANNULLATA dalla maggioranza parlamentare – PD compreso, viceversa sarebbe caduto il Governo appena installato.

Cioè, parlandoci chiaro, il nostro Governo ha ‘’cambiato le carte in tavola’’ durante la partita e non il Signor Mittal. Il nostro Governo però ha fornito,  con questa ‘’stupidissima azione’’, alla Arcelor Mittal una ‘’leva’’ potente per potersene andare senza doverci pagare un centesimo di risarcimento! Quindi,  anche se abbiamo come primo ministro un ”avvocato”, sia pure avulso dalla politica, resteremo, tanto per cambiare,  in braghe di tela! 

Ora le domande che sorgono spontanee sono: 

  • ‘’Come potevano i nostri ‘’geni della lampada’’ non sapere che in Europa c’è una crisi drammatica di sovra-capacità produttiva dell’acciaio? 
  • Come potevano non sapere che ArcelorMittal perde a Taranto la bellezza di 2 milioni al giorno? (Stessa cifra dell’Alitalia, tanto per capirci e che paghiamo noialtri, sempre tanto per capirci)
  • Come potevano non sapere che la magistratura tarantina è costretta, per legge,  a bloccare ed indagare se ci sono delle denunce? 

Macché!  Il ‘’duro-puro-e-pirla Luigi Di Maio” ha tolto lo scudo per ottenere ‘’consenso’’ trai suoi incoscienti compagni e tra i suoi, ancora più incoscienti, elettori. 

Quindi? Quindi ‘’ciccia’’! 

Tanto per cambiare, per questi danni ‘’irreparabili’’, indovinate un pò ‘’chi’’  pagherà le conseguenze?  Fatevi una domanda e datevi una risposta! Se non ci riuscite vi aiuto: ‘’Pagheranno i soliti pirla che pagano le tasse in questo paese’’! 

Avete voluto il ‘’drastico cambiamento in politica’’? Eccovi accontentati! 

Tutti felicemente disoccupati e con 600 cantieri fermi! I grillini continuano a ‘’sbandierare’’ che li vogliono fa ripartire ma … quando esattamente? 

L’Alitalia non si sa che fine farà … la Ex Ilva nemmeno … la Tav non riparte … la Whirlpool smantella … la Fiat se ne è andata … La ‘’malavita organizzata’’ sentitamente ‘’ringrazia’’! Sarà ‘’lei’’ a dar lavoro a questo popolo di disperati!

Ora capite perché in Sicilia il M5S ha fatto ‘’cappotto’’? Mica perché sono disonesti … oh no! Non sono affatto disonesti, sono solo degli ignoranti e i mafiosi se li ”mangiano in insalata”!

Alla prossima

Elena 

Fonte: Sole24ore

Al link sotto indicato c’è la lettera di un ‘’candidato’’ grillino che non sa nemmeno scrivere in italiano, ma che si candida convinto, senza ombra di dubbio,  di aver i numeri per cambiare il Paese:  https://selezione5stelle.com/noi-amiamo-luigi-di-maio-perche-e-uno-di-noi/

 

L’uomo … le migrazioni … il clima …

L’uomo emigra da sempre e lo per un sacco di motivi: Fame, guerre, carestie, lavoro, etc …

Il fatto è che quando era un ‘’cacciatore raccoglitore’’ il problema non esisteva, visto che il pianeta era enorme e gli uomini erano ‘’quattro gatti’’. 

Oggi però le cose sono diverse.

Se oggi la migrazione è di tipo prettamente economico e/o a causa di guerre, tra un pò di anni, magari anche solo nel 2050, sarà dovuto quasi esclusivamente ai drastici cambiamenti climatici.

Se le acque continueranno ad alzarsi, causa l’aumento delle  temperature ed il conseguente scioglimento dei ghiacci, il film ’’Waterworld’’ non sarà più ‘’fantascienza’’ ma la dura realtà.

Paesi come il Vietnam del Sud finirebbero sott’acqua, assieme a 20milioni di persone. Shangai, la capitale economica della Cina farebbe la stessa fine. In India Mumbai verrebbe inondata e in Tailandia il 10% della terra abitabile sparirebbe sott’acqua. 

Disegno realizzato dal grafico digitale Jay Simons – dove si ipotizza l’Italia del futuro.

La Gran Bretagna finirebbe sommersa, nella zona Sud, dove c’è Londra, mentre la Pianura Padana sparirebbe, Venezia per prima. 

 

Stiamo parlando di più di 50 milioni di persone – i nostri nipoti tanto per intenderci –  che, entro il 2050, non sapranno dove andare.

Se le cose non cambieranno drasticamente e alla veloce, questo numero salirà a 190 milioni entro fine secolo.

Ecco … dove finirà tutta ‘sta gente? Fatevi una domanda e datevi una risposta. Da non sottovalutare come risposta quella di guerre fratricide per poter sopravvivere su terreni sempre più risicati. 

Questi non sono certo dati miei ma di  Scott Kulp, autore del ‘’paper Climate Central’’ .

Ora, mi rivolgo a tutti quelli che criticano e sfottono Greta Thunberg, chiedendo loro per favore di realizzare che le scelte che dobbiamo fare tutti quanti, oggi,  sono quelle di evitare a tutti i costi di contribuire all’innalzamento della temperatura. 

E, per prima cosa, affrancandoci il prima possibile dai combustibili fossili in tutti i modi possibili, senza stare a fare piagnistei sul dove smaltiremo poi i pannelli solari e le eventuali batterie. 

Una cosa per volta signori, prima togliamoci le castagne dal fuoco! 

Alla prossima

Elena 

Quando ci si sente ‘’piccoli’’ …

Tempo fa avevo dato un ‘’compito’’ ai miei allievi del corso di italiano. Non dò quasi mai nulla da fare, ma ogni tanto ci provo, specie se ci sono di mezzo delle ‘’vacanze’’.

Il compito era: ‘’Raccontate qualche cosa di cui siete fieri’’. 

Alcuni di loro hanno raccontato delle storie interessanti ma sono rimasta molto stupita da una mia allieva australiana che, tranquillamente e con un buon italiano, mi ha descritto un viaggio fatto in Catamarano.

Per farvela breve, questa Signora nel 2012,  assieme a suo marito e a due persone di equipaggio, su di un catamarano di 22 metri, è partita dalla Grecia e, dopo aver fatto un giro nel Mediterraneo, toccando Italia, Francia, Spagna ed Africa ha attraversato lo stretto di Gibilterra.

Voi direte, cribbio che meraviglia! Ma non è finita qui!

Sul catamarano di 22 metri hanno attraversato l’Oceano Atlantico dirigendosi verso le Antille e fermandosi sia a  Cuba che in Giamaica. Dopo di che hanno attraversato il Canale di Panama puntando verso le Galapagos, dove sono rimasti per un paio di mesi. 

Ma non abbiamo mica finito … visto che ormai erano nell’Oceano Pacifico come non andare alle Hawaii? Poi hanno pensato bene di fermarsi un pò di tempo in Polinesia: Tahiti, Samoa, Tonga, le Isole della Società,  dopo di che hanno proseguito verso la Nuova Zelanda, dove anche lì sono stati un pò di tempo. 

Alla fine hanno fatto rotta verso casa loro che si trova, se ho capito bene, dalle parti di Melbourne e dove, una volta arrivati,  hanno venduto il catamarano. 

Per fare questo viaggio ci hanno messo due anni.  

Quando ha finito di raccontare questa storia mi è venuto spontaneo dirle: ‘’Anche io ho fatto un pò il marinaio sul Canal du Midi per una settimana’’! Al che ci siamo messi tutti a ridere. 

Questa bella Signora ne ha di cose da raccontare ai suoi nipoti … ed i miei allievi sono tutti, ma proprio tutti delle persone molto interessanti. 

Alla prossima

Elena 

Tragica telenovela Ilva …

Questo Signore, è Lakshmi Mittal, fondatore ed Amministratore Delegato, della Arcelor-Mittal, Azienda leader mondiale nella produzione di acciaio.

Lakshmi Mittal … è sorridente ma non credo proprio sia esattamente come Gandhi.

La sua ‘’ditta’’ opera in: Lussemburgo, Romania, Sudafrica, Polonia, Spagna, Algeria, Italia, Indonesia, Kazakistan, Bosnia Erzegovina, Repubblica Ceca, mentre lui vive a Londra.

Questo Signore viene da noi e compra l’Ilva,  che è la più grande acciaieria rimasta in Europa.  Promette di bonificarla. Ma … guardatelo bene … vi sembra Gandhi? 

Quel che gli dà fastidio è che non solo deve bonificare quello che noi abbiamo inquinato per 50 anni, ma se non ci riesce nei tempi previsti rischia la galera.
Ma dai … proviamo a stare con i piedi per terra no? Abbiamo trovato chi ci toglie le castagne dal fuoco e non mettiamolo in croce no? Gli adolescenti sono un pò con i paraocchi ma cribbio, troviamo una quadra! Di mezzo di sono 12.000 lavoratori. Se l’Ilva chiude che cosa potrebbe succedere al Sud? Cosa potrebbe succedere all’Italia intera? 

Ricapitoliamo un pò la situazione: gli Indiani arrivano e ci levano le castagne dal fuoco con l’Ilva, ci danno un sacco di quattrini, mantengono i posti di lavoro e promettono di bonificare il sito – cosa mai fatta da noialtri se non a ‘’parole’’ –  entro il periodo concordato, anche se lo trovano un pò ‘’corto’ come periodo. 

L’Ilva di Taranto. Negli anni sono riusciti a concentrare Acciaieria e case nella stessa zona. Mi domando: ”ma in 50 anni non avrebbero potuto costruire le case un pò più lontane? Non avrebbero potuto costruire capannoni per isolare le ceneri”? Mah …

Che cosa fa Calenda, allora ministro dello Sviluppo Economico,  per aiutare chi si occupa della bonifica?  Sospende, durante il periodo destinato alla bonifica, la responsabilità penale dei nuovi proprietari – e/o eventuali Commissari – affinché abbiano il tempo di bonificare senza esser fermati ed indagati dalla magistratura che potrebbe trovare, in corso d’opera, delle incongruenze e quindi, per legge, esser costretta ad indagare, fermando baracca e burattini.  

Che cosa fa invece, subito dopo,  Di Maio durante il Governo Giallo-Verde? Costretto ad ottemperare agli ”slogan idioti” che spara in continuazione per abbindolare l’elettorato disattento, inserisce nuovamente la responsabilità penale ai nuovi proprietari che, stavolta, si rompono le ‘’OO’’ e mandano tutti a stendere, lasciandoci in braghe di tela! 

Di Maio aveva reinserito la responsabilità penale con un DL la cui scadenza ha coinciso con la nascita del Governo Giallo-rosso che, per non far cadere il Governo appena nato, è stato votato da tutti quanti, sinistra compresa. 

Resta il fatto che ci sono  12.000 posti di lavoro in gioco, quasi 20.000 con l’indotto e che il cosiddetto ”scudo penale” sia stato ”mal posto” come sempre. Se i nostri impreparati politici chiedessero ai tanto odiati ”professoroni” quando fanno delle leggi, come farle,  sarebbe meglio. Invece di chiamarlo ”scudo penale” avrebbero dovuto fare una legge che a grandi linee dicesse: ”Nei casi di bonifiche ambientali, durante tali periodi di bonifica, gli interessati non sono perseguibili per legge nel caso si riscontrassero anomalie nel periodo dedicato alla bonifica. E’ già la cosa sarebbe stata più ”decente”. Ovviamente questa non è una mia idea ma è quella suggerita da Gianrico Carofiglio, durante una trasmissione televisiva. Ma noi .. figurati se ci arriviamo. Le leggi sono fatte alla ”oiseau di chien” e la Magistratura si adegua … NON è colpa della magistratura, è colpa di quei deficienti che legiferano! Senza sapere come farlo.

Chi lo ha detto che gli ignoranti, ammesso e non concesso che siano onesti,  capaci solo a sparare slogan non facciano danni? I danni li fanno eccome … inutile essere onesti se poi si ‘’ignora’’ … e mò? 

Se il voto deve essere a ”suffragio universale ”NON devono esserlo le candidature. I ”Di Maio” e tanti altri come lui non sono all’altezza di coprire il ruolo che ricoprono! Saper ”comunicare” al popolo con slogan preconfezionati non significa nulla … qui non siamo in un gioco ”virtuale” … la realtà è molto ma molto più complessa.

Mò, tanto per cambiare, siamo daccapo a 12 e gli operai da mandare a casa sono, indotto compreso, circa 20.000! Cosa si inventeranno adesso? Una nuova ”cordata” per statalizzare l’Ilva? Come quella fatta per l’Alitalia, che, tanto per ricordarcelo, perde 2 milioni di euro al giorno … e indovinate un pò CHI li paga ‘sti soldi? 

Mah …  sarebbe questo il modo con cui la politica aiuta il Sud? E’ così che si aiuta l’Italia?  Poi ci stupiamo del fatto che la ”malavita organizzata” abbia ”vita facile” con noialtri. Facciamoci una domanda e diamoci una risposta. 

Alla prossima

Elena

USA – TRUMP E L’EMPEACHMENT …

Trump, giovedì 7 novembre la Camera americana voterà per formalizzare le procedure di impeachment contro il presidente Donald Trump sull’Ucraina-gate.

La risoluzione che verrà approvata giovedì stabilirà le procedure per le udienze. Sarà il primo voto della Camera in seduta plenaria sull’indagine per l’impeachment da quando è iniziata un mese fa.

Nancy Pelosi,  terza carica dello Stato dice:  ‘’Stiamo prendendo questa misura per eliminare ogni dubbio sul fatto che l’amministrazione Trump possa trattenere dei documenti, bloccare la testimonianza di testimoni, ignorare mandati puntualmente autorizzati o continuare a ostruire il lavoro della Camera’’.

Trump ha condannato la decisione della Camera, definendo l’inchiesta sull’impeachment del tutto priva di fondamento e illegittima. Il voto dei democratici renderà più complessa la strategia della Casa Bianca che finora ha sempre resistito alle richieste dei deputati per la diffusione di documenti o per le testimonianze.

Vedremo … che cosa succederà. 

Ricordiamo che la Camera chiede chiarimenti in proposito al ‘’favore’’ chiesto al telefono da Trump al leader ucraino Voldymyr Zelensky: ‘’Devi farmi questo favore’’ …

Il favore consiste, per l’Ucraina, nel collaborare con il segretario alla Giustizia William Barr e con l’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani,  per investigare sulla società ucraina che ha nel board, Hunter Biden, figlio del candidato democratico John Biden, avversario  di Trump alle elezioni e cercare qualsiasi prova da utilizzare  contro di lui per fargli perdere consenso.

Per ben otto volte Trump chiede a Zelensky di indagare per corruzione la società dove lavora il figlio di Biden. Il tipico ‘’gioco sporco’’ fatto durante le elezioni per conquistare consensi. 

Trump lo aveva già fatto con Hillary Clinton tirando fuori le email rubate prima del voto del 2016, che si sono poi rivelate una ‘’bolla di fumo’’ ma che hanno fatto perdere alla Clinton moltissimi consensi.

Questa volta però il ‘’gioco’’ lo ha fatto da presidente degli Stati Uniti e non da privato cittadino. Per questo motivo i deputati democratici hanno deciso di avviare la procedura di messa in stato di accusa per abuso di potere e violazione della Costituzione.

Trump è un ‘’bambino viziato’’  e gli americani lo hanno messo a capo degli Stati Uniti d’America, incredibile!

‘’Chapeau’’ comunque alla democrazia … 

Ma poi  … un uomo della sua età che continua a tingersi i capelli rimasti in oro-arancione e che li tiene appicciati al cranio in giri complicati non vi genera un pò di preoccupato malessere? 

Costui non è nemmeno riuscito a scendere a patti con i propri capelli … immaginatevi con il resto del mondo … Mah. 

Alla prossima

Elena

Le Traitre – il Traditore …

Domenica scorsa al cinema Vox di Frejus hanno trasmesso, nell’ambito della rassegna cinematografica del Club Italianiste de Provance gestita da Jerome Reber, il film: Le Traitre.

Locandina del film proiettato al Cinema Vox di Frejus in anteprima nazionale in Francia.

Ne parlo solo ora perché sono stata in Italia tutta la settimana dai miei figli ed i miei nipotini e sono rientrata ieri sera, tra l’altro con un viaggio abbastanza faticoso visto che era buio, pioveva e il traffico era sostenuto.

Ma torniamo al film …  ho intenzione di riprendere l’argomento in classe con i miei allievi del corso di italiano, quindi voglio raccogliere un pò di notizie sul personaggio principale, interpretato in maniera magistrale da Pierfancesco Favino. 

Stiamo parlando del ‘’Traditore’’ un film di Marco Bellocchio  che parla della vita di Tommaso Buscetta, un boss della Mafia siciliana che, ad un certo punto, decide di collaborare con la giustizia italiana, rivelando finalmente che cos’è la Mafia. Fino al maxi-processo avvenuto a Palermo del 1986 in Italia la ‘’Mafia’’ non esisteva. Quando si dice ‘’ipocrisia’’ eh?  

Tommaso nasce a Palermo nel luglio del 1928, figlio di una casalinga e di un vetraio, una famiglia poverissima di cui è l’ultimo di 17 fratelli! 

Si sposa a soli 17 anni con Melchiorra Cavallaro con cui avrà quattro figli. Due di questi figli verranno uccisi in seguito dalla cosiddetta ‘’lupara bianca’’ nel corso di una ‘’guerra di mafia’’. 

Per guerre di mafia si intendono le guerre che le bande si fanno tra loro per garantirsi il ‘’potere’’, come le tribù arabe tanto per intenderci. 

Tommaso Buscetta – fotografie prese in rete.

Buscetta si occupa fin da giovanissimo di ‘’mercato nero’’, un mercato che durante la guerra forniva cibo e materiali in cambio di grosse somme di danaro. Durante la guerra esistevano le ‘’tessere di razionamento alimentare’’ e Buscetta, pieno di inventiva, si mise a stamparle ‘’false’’. Queste tessere garantivano cibo ai ricchi palermitani che potevano permettersi di comprarle a caro prezzo. Ovviamente la classe alto-borghese gli fu riconoscente ed iniziarono a chiamarlo, in segno di rispetto, nonostante la giovane età:  ‘’Don Masino’’ .

Alla fine della guerra, continuò su questo ‘’stile’’ di vita, facendo parte della ‘’famiglia mafiosa’’ di Angelo La Barbera per poi passare a quella di Salvatore Greco. 

Questi ‘’passaggi’’ da una famiglia all’altra non erano fatti a tavolino ma a colpi di mitra con agguati per le strade. Durante una di queste ‘’guerre’’ tra ‘’famiglie’’, quella di Ciaculli ad esempio,  morirono ben sette poliziotti. 

Per ‘’cambiare aria’’  i ‘’soldati’’ della mafia lasciavano il paese. Buscetta è vissuto sotto falso nome a Catania, Milano, Zurigo, Canada in America, dove, grazie al danaro della ‘’famiglia Gambino’’ aveva aperto una pizzeria. 

Tornò in Italia per organizzare, assieme ad altre famiglie mafiose, il Golpe Borghese – un Colpo di Stato fatto in Italia nel 1970 dal principe Junio Valerio Borghese fondatore del Fronte Nazionale, che non ebbe, per fortuna, nessun successo. 

Nel 1970 Venne arrestato a Brooklin per traffico di droga ma fu rilasciato dietro pagamento di una cauzione 40.000 dollari . Ovviamente ne approfitta per fuggire e si trasferì in Brasile, da dove iniziò un traffico di eroina e cocaina verso il Nord-America, creando  in pochi anni un sistema di trasporto aereo e costituendo una compagnia di taxi dove poter reinvestire il denaro frutto del traffico di stupefacenti.

Per dieci anni riuscì a eludere la legge, utilizzando false identità (Manuel López Cadena, Adalberto Barbieri e Paulo Roberto Felice), sottoponendosi anche ad operazioni di chirurgia plastica e spostandosi da un paese all’altro, passando per gli Stati Uniti, il Brasile e il Messico.

Arrestato dalla polizia brasiliana per traffico di droga, il 2 novembre del 1972 ed estradato in Italia, venne rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciadone e condannato a dieci anni di reclusione, poi ridotti a otto in appello,  Nel suo deposito blindato in Brasile, le autorità trovarono eroina pura per un valore di 25 miliardi di lire dell’epoca.

Venne trasferito poi al carcere ‘’Le Nuove’’ di Torino nel 1980, dove gli venne concessa la semilibertà. Approfittando proprio della ‘’semi-libertà’’ evase e si nascose a casa di Nino Salvo sotto la protezione dei boss della Mafia Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo, che volevano uccidere Salvatore Riina per prenderne il posto, ed usare allo scopo proprio Buscetta. 

Salvatore Riina, detto Totò nasce a Corleone il 16 novembre 1930 e muore in carcere a Parma il 17 novembre 2017.  E’ stato un boss di Cosa Nostra e considerato il capo dell’organizzazione dal 1982 fino al suo arresto, avvenuto il 15 gennaio 1993. Fu il boss più potente, pericoloso e sanguinario di tutta Cosa Nostra in quegli anni. Veniva indicato anche con i soprannomi ”û curtu”, per la sua bassa statura e ”La Belva” … indovinate un pò voi il motivo.

Buscetta però preferì fuggire e tornare in Brasile, dove si fece fare un’altra plastica al viso e un intervento alle corde vocali per cambiare la voce.

Salvatore Riina, il boss dello schieramento dei corleonesi decise comunque di uccidere Buscetta ma, non trovandolo,  ammazzò i suoi due primi figli, quatto nipoti e il marito della figlia. Alla fine della ‘’guerra’’ tra Riina e Buscetta i parenti ammazzati di quest’ultimo furono 11. 

Buscetta voleva vendicare queste morti e cercò di tornare a Palermo. Iniziò una corrispondenza con un suo ‘’amico’’ in carcere a Palermo per trovare appunto degli ‘’appoggi’’ per poter tornare e vendicarsi.   Nel frattempo però venne arrestato a San Paolo del Brasile con l’accusa di un paio di omicidi avvenuti per la supremazia nel traffico di droga. 

Il giudice Falcone andò in Brasile per interrogarlo sulla struttura mafiosa. Buscetta si rifiuta di collaborare e l’Italia ne chiese quindi l’estradizione. Buscetta pur di non tornare in Italia cerca di avvelenarsi con la stricnina ma viene salvato e portato in carcere in Italia. 

Questa volta decide di collaborare con Falcone. Grazie alla sue dichiarazioni, furono rivelate al mondo le strutture gerarchiche di Cosa nostra, fino ad allora totalmente ignote a causa dell’omertà degli ambienti siciliani. Tuttavia Buscetta rifiutò di parlare con il giudice Falcone dei ‘’legami politici’’ tra Cosa nostra e lo Stato,  perché a suo parere, lo Stato non era ‘’pronto’’ per dichiarazioni di quella portata, e si dimostrò abbastanza generico sull’ argomento.

Nel 1984 venne estradato negli Stati Uniti dove ricevette dal governo una nuova identità, la cittadinanza statunitense e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro Cosa Nostra Americana. 

Nel 1986  testimoniò al Maxi-processo di Palermo e nel processo ‘’pizza Connection’’ che si svolse a New York. 

Solo nell’estate del 1992, in seguito agli attentati in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Buscetta iniziò a parlare con i magistrati dei ‘’Legami politici di Cosa nostra’’, accusando gli onorevoli Salvo Lima, ucciso qualche mese prima, e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione.  In particolare disse di aver conosciuto personalmente Lima fin dalla fine degli anni cinquanta e di averlo incontrato l’ultima volta nel 1980 durante la sua latitanza, e riferì inoltre di aver saputo che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, nel 1979,  sarebbe stato compiuto nell’interesse di Giulio Andreotti, più volte Primo Ministro in Italia.  

Per via di queste sue dichiarazioni fu uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli. Andreotti verrà assolto dall’accusa di aver commissionato l’assassinio di Pecorelli, mentre verrà accertata la sua connivenza con la mafia per i fatti anteriori al 1980, prescritti però al momento dell’emissione della sentenza, e quindi Andreotti tornò tranquillamente a sedersi sui banchi del Parlamento Italiano. 

Buscetta morì di cancro  il 2 aprile 2000, all’età di 71 anni, dopo aver vissuto la maggior parte della sua vita con la sua terza moglie e famiglia in Florida negli Stati Uniti, con nomi falsi. Fu sepolto sotto falso nome a North Miami in Florida.

Buscetta non si è mai considerato un ‘’pentito’’ ma un ‘’uomo d’onore’’ … lui sosteneva fosse la mafia ad esser cambiata, non lui.

Questa la sintesi della vita di un delinquente. Si tende purtroppo a ‘’romanzare’’ questi personaggi, a metterne in risalto i pregi. Ma quali pregi? L’unico pregio di costui è stato quello di aver collaborato con un Magistrato come Falcone. Un magistrato ‘’testardo’’ che ha pagato con la propria vita il proprio impegno nel cercare la verità.

Buscetta è il prodotto miserabile di un sistema malato. Non c’è nessuna differenza tra le lotte intestine nelle varie tribù arabe e quelle della mafia siciliana … nessuna!

I film di Marco Bellocchio descrive l’ambiente in cui Buscetta vive e si muove, e lo fa senza troppa enfasi e senza troppi entusiasmi. Parla di un uomo che, messo alle strette, cerca una soluzione. L’unico vantaggio di Buscetta è che è stato benedetto da un briciolo  di cultura, se non scolastica, assorbita probabilmente tramite ‘’contatti’’ avuti durante i suoi spostamenti in giro per il mondo. Contatti  qualche volta certamente meno miseri di personaggi come Riina – soprannominato la ‘bestia’’ e che non sapeva nemmeno parlare in  italiano.  

Jerome Reber che presenta il film al pubblico.

Complimenti a Jérôme Réber per le sue scelte sempre molto  interessanti.

Alla prossima

Elena