Ieri sera, 23 gennaio, al Vox di Frejus c’è stata l’inaugurazione della ventiduesima edizione del Festival del corto-metraggio e la corale ”Note Azzurre” del CIP, diretta da Giuseppe Comes, ha introdotto musicalmente la serata.
Il ‘’corto’’ in questione era ‘’Il Ballo’’ diretto dal giovane regista Luca Zambianchi presente in sala e che ha gentilmente risposte alle domande del pubblico.
Questo film è stato girato interamente nella città di Forlì, in Emilia Romagna, e ci immerge nella vita di un uomo di circa 35 anni di nome Enrico che ha un lavoro e sembra vivere normalmente, ma, al di là delle apparenze, Enrico vive invece un malessere costante. Non si rapporta bene con il prossimo ed è vittima di comportamenti ripetitivi e compulsivi. Ad esempio il rito mattutino al bar del ‘’cannolo siciliano’’ per colazione, dove ogni giorno ripete le stesse cose a proposito della freschezza della ricotta.
Decide di ‘’rompere’’ con la monotonia della sua esistenza, prendendo lezioni di ballo, cosa alla quale ambisce da sempre, ma che non ha mai avuto il coraggio di fare in vita sua, limitandosi a guardare gli altri.
Trova un insegnante disposto a dargli lezioni private. Non riesce però a muoversi a tempo con la musica e la cosa lo rende ulteriormente frustrato. Alla fine, grazie alla disponibilità dell’insegnante, trova una sua giustificazione nel ballare come gli pare … senza sentirsi ridicolo e libera se stesso muovendosi al di fuori di uno ’’schema’’ predisposto.
Come giudicare questo film? Mah … la cosa che bisogna riconoscere a Zambianchi è il fatto di esser stato capace di realizzare un ‘’filmato’’ in economia. Non c’erano sponsor ufficiali per la produzione ed il denaro è stato raccolto on-line sulla Piattaforma Produzioni dal Basso.
Questo tipo di raccolta fondi è dettato sia dalla situazione economica non proprio ‘’allegra’’ di questo periodo sia per poter mantenere una maggiore indipendenza di idee e messaggi.
Per quanto riguarda il contenuto di questi ultimi, direi siano più il frutto della situazione di malessere in generale piuttosto che di vere e proprie novità culturali. Questi giovani sono chiusi in un periodo storico che li ‘’comprime’’ in tutti i modi. Anche il cinema arranca per cercare uno spazio nuovo e diverso. Per spingere verso la cultura e l’introspezione piuttosto che cedere al più facile, ma squallido e regressivo, film ‘’panettone’’ e/o di cassetta. Sono da premiare questi giovani cineasti che pur immersi nella dura realtà dell’esistenza si ribellano agli schemi pre-confezionati e che, nonostante la penuria economica, si battono coraggiosamente per inseguire i loro sogni ed alimentare la cultura.
Quindi, in generale, direi che questo cortometraggio ha trasmesso qualche cosa di interessante e positivo a coloro che lo hanno visto.
E adesso passiamo al film ‘’Euforia’’ diretto da Valeria Golino ed interpretato dai bravissimi Valerio Mastrandrea (Ettore) e Riccardo Scamarcio (Matteo).
Matteo è un affermato imprenditore il cui principale cliente è il Vaticano. E’ un omosessuale con il culto del corpo e dissipa il suo denaro per alimentare il proprio edonismo. Conduce una vita sregolata fatta di sesso, alcool e droga. Vive con un amico che lo ama ma con il quale non ha una relazione fisica e preferisce i, meno impegnativi, rapporti occasionali.
Ha un ottimo rapporto con la madre che ha accettato senza problemi la sua omosessualità ed è circondato da una massa di amici a lui molto simili.
In questa sua esistenza, che noialtri con i nostri ‘’retaggi mentali’’ possiamo giudicare come meglio crediamo, si inserisce la malattia del fratello Ettore (Valerio Mastrandrea).
Ad Ettore è stato diagnosticato, a sua insaputa, un tumore a piccole cellule inoperabile le cui metastasi sono ormai giunte al cervello e che provocano ovviamente i primi guai.
Da questo momento Matteo cerca di alleviare la triste realtà offrendo al fratello, semplice professore di liceo, denaro, tempo e bugie per esorcizzare la malattia. Minimizza … mente … parla di cisti … cerca di creare attorno al fratello una sorta di protezione a 360°.
Oggigiorno è un pò strana questa situazione vendutaci dal regista, sappiamo infatti che i medici stessi spiegano ai pazienti di cosa sono affetti. Ma accettiamo di buon grado ai fini del racconto questa inesattezza.
Il film direi conti molto sulla bravura dei due attori, sull’umanità, sui pregi e sui difetti degli stessi. Lo spettatore si trova immerso in un mondo crudo, vuoto, triste, superficiale i cui legami più stretti e veri sono rimasti quelli tra i due fratelli.
Complimenti per le ottime scelte da parte di Jerome Reber, grazie al Cinema Vox e al CIP – club italianiste de Provence – per questa immersione nella lingua italiana. Ieri sera, nonostante il nevischio che scendeva su Frejus, molti dei miei allievi erano presenti alla proiezione.
Alla prossima
Elena
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