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La Scozia e … la Brexit.

Ieri, un commento su un mio post relativo alla Brexit su fb, mi ha fatto riflettere sull’insofferenza della Scozia nei confronti degli inglesi.
Un’ insofferenza che ha radici ben lontane e profonde. Non possiamo certo dire che Inglesi e Scozzesi siano mai stati‘’pappa e ciccia’’! Anzi!
Il loro rapporto si potrebbe, beceramente, sintetizzare in questo modo: gli scozzesi volevano regnare su Scozia, Irlanda e Inghilterra, gli inglesi anche. Punto!
Tutta la ‘’menata’’ delle religioni trova il tempo che trova, il succo del discorso era ovviamente potere, territori, eserciti e quattrini.
Grazie al fatto che gli scozzesi non fossero un ‘’popolo compatto’’ , ma che avessero bensì una struttura a clan e che in più si combattevano tra loro, permise agli inglesi di riuscire a tenerli a bada per un bel pò di tempo, favorendo l’ascesa al potere di ‘’re burattini’’ a loro fedeli, come nel caso del Re Balliol verso il 1300.
Il Clan dei Bruce però, voleva salire, a sua volta, al potere e quindi si alleò con gli inglesi per poterlo spodestare. Gli inglesi aiutarono i Bruce ma, una volta sconfitto il clan dei Balliol, invece che i Bruce al potere salì Edoardo I d’Inghilterra che inglobò la Scozia all’Inghilterra.
Ovvio che ai ‘’Bruce’’ ‘sta faccenda fece girare le scatole non poco, ecco che quindi iniziarono le guerre di indipendenza scozzesi, dal 1296 al 1357, 61 anni di guerriglie, con a capo il mitico William Wallace! Chi non ha visto Braveheart di Mel Gibson? Tutti no? Quindi inutile soffermarci sull’argomento.
Per un pò gli scozzesi, con l’aiuto dei francesi, che non hanno mai amato gli inglesi, governarono su entrambi i regni.
Dal 1603 le corone scozzesi e inglesi furono riunite sotto gli Stuart, ma questa unificazione segnò l’inizio di tumulti e ribellioni da parte inglese.
L’insofferenza verso gli Stuart portò alla “Gloriosa Rivoluzione” del 1688 che terminò con la deposizione e l’esilio di Giacomo II Stuart che venne spodestato da Guglielmo d’Orange che diventò poi Guglielmo II d’Inghilterra.
Giacomo II Stuart fu l’ultimo re cattolico sul trono dei ‘’Tre Regni’’ (Scozia, Irlanda, Inghilterra).
Le privazioni politiche e territoriali imposte agli scozzesi dagli inglesi portarono alla nascita di un movimento d’opposizione, il Movimento Giacobita, (dal latino Jacob – Giacomo) la cui missione era quella di riportare in Scozia il legittimo sovrano, esiliato dopo la ‘’Gloriosa Rivoluzione’’. La battaglia venne combattuta il 16 aprile del 1746 a Culloden, nei pressi di Inverness nelle Highlands Scozzesi.

la battaglia di Culloden

la battaglia di Culloden

Lo scontro si concluse con la sconfitta dell’esercito scozzese di Edoardo Stuart e la vittoria delle truppe inglesi guidate dal Duca di Cumberland.
Culloden sancì la fine del sogno di una Scozia indipendente dall’Inghilterra e con essa le aspirazioni del casato degli Stuart per la riconquista del trono inglese.
L’esito disastroso della battaglia sancì anche la fine della civiltà Gaelica delle Highlands e con essa molte delle tradizioni scozzesi.
Tra i vari soprusi gli inglesi rubarono la ‘’pietra del destino’’, impedirono di utilizzare la bandiera scozzese (croce decussata bianca su campo azzurro) ed impedirono l’utilizzo del Kilt.

Parliamo della ‘’pietra del destino’’ …
Una via di mezzo tra miti celtici e racconti religiosi.
Per ‘’Stone of Destiny’’ o ‘’Stone of Scone’’ oppure ancora ‘’Coronation Stone’’ si intende un grande masso grossolanamente squadrato di arenaria rossa, una specie di parallelepipedo, dai profondi significati simbolici.
Si trovava originariamente in un monastero, oggi scomparso, a Scone, piccolo villaggio della Scozia centrale. Era la pietra sulla quale furono incoronati tutti i re scozzesi. Successivamente, quando nel 1296 la Scozia venne annessa al Regno Unito, il re Edoardo I prese la pietra e la portò a Londra dove venne inglobata nel Trono Inglese dell’incoronazione.

Trono ligneo dell'incoronazione inglese con incorporata la ''pietra del destino'' scozzese

Trono ligneo dell’incoronazione inglese con incorporata la ”pietra del destino” scozzese

La pietra ha fatto ritorno in Scozia solo nel 1996, dopo una decisione maturata in conseguenza al crescente dissenso tra gli Scozzesi riguardo il loro insignificante numero nel parlamento inglese. Per calmare le acque gli inglesi hanno stabilito che la pietra rimanga in Scozia, dove è attualmente conservata all’interno del Castello di Edimburgo, nella Sala dei Gioielli della Corona scozzese. I turisti la possono vedere ma non fotografare, anche perché nella stessa sala ci sono i gioielli della corona e, non si sa mai …
Si è convenuto che la pietra verrà riportata a Londra soltanto in occasione delle incoronazioni. Dato la longevità di Elisabetta II abbiamo tempo per il trasporto.
Insomma gli inglesi hanno rubato agli scozzesi questa famosa pietra e se la sono messa sotto il ‘’sedere’’. Tanto per far capire a questi ultimi qual’era e qual’è il loro posto.

Bandiera scozzese o bandiera di Sant’Andrea
Spendiamo qui due parole sulla bandiera scozzese. La leggenda vuole che Re Angus II, che aveva radunato a sé le tribù degli Scoti e dei Piti, per combattere contro gli Angli, ad un certo punto le sue truppe si trovarono accerchiate dagli Angli e la vittoria di questi ultimi era data per scontata. Durante la tregua della notte, Re Angus si mise pregare, quando si addormentò nel sogno gli apparve Sant’ Andrea, martirizzato sulla croce, ma che gli assicurò la vittoria.
La mattina dopo le nuvole nel cielo formavano una sorta di X bianca. Questo segno e il sogno miracoloso, raccontato di bocca in bocca, incoraggiò le tribù scozzesi, già probabilmente sotto droghe stimolanti dell’epoca, in compenso spaventò gli Angli che, impauriti, non trovarono la forza di combattere, assicurando la vittoria agli Scoti.
Da quel giorno la Scozia adottò la bandiera con la croce bianca decussata in campo azzurro e non l’avrebbe mai più cambiata.

Bandiera scozzese. Croce bianca decussata su fondo azzurro.

Bandiera scozzese. Croce bianca decussata su fondo azzurro.

Dato però che la Scozia NON è una nazione sovrana, ma fa parte del Regno Unito, l’uso della bandiera scozzese, nelle manifestazioni ufficiali è stato loro proibito. Quindi, la bandiera degli scozzesi, volenti o nolenti, è la Union Jack.

Kilt …
Visto che abbiamo parlato della pietra del destino e della bandiera, non possiamo certo esimerci di parlare di un altro ‘’simbolo’’ scozzese: il Kilt!
Chi di noi signore non ha sospirato guardando Sean Connery, elegantissimo con il suo kilt da cerimonia? Spendiamo quindi due parole anche su questo affascinante ‘’capo di vestiario’’ da non chiamare , per carità, gonna’’ in presenza di uno scozzese.
Originariamente si trattava di una spessa coperta che serviva agli uomini nelle Highland per difendersi dal freddo. Veniva drappeggiato attorno al corpo in maniere differenti a seconda della libertà di movimento che si voleva ottenere e del freddo che c’era.
Se si dovevano guardare le pecore, lo si teneva tutto attorno al corpo in modo da esser riparati e stare al caldo, viceversa, se si dovevano ‘’menare le mani’’ lo si piegava e lo si fermava attorno alla vita con uno spesso cinturone.

la coperta veniva drappeggiata in maniere diverse.

la coperta veniva drappeggiata in maniere diverse.

La ‘’coperta’’ in questione veniva tessuta a casa dalle donne e colorata con essenze vegetali. Va da se che ogni famiglia avesse il suo modo di tessere e, soprattutto, di colorare i propri tessuti.
Guardando l’abito si sapeva a quale famiglia/clan appartenesse l’interlocutore che si aveva davanti.
E’ raro che chi visiti la Scozia come semplice turista non sia tentato dall’acquistare un Kilt. Io ne ho uno appartenente al clan dei Buchanan. Avevo scelto proprio quello in quanto all’epoca, il clan era ‘’dormiente’’, il che significa che non c’era un ‘’capo’’ riconosciuto.
Quindi nella mia testa ‘’bacata’’ il fatto di indossarlo mi dava l’impressione di essere un capo clan. Devo avere dei problemi … lo so … ma andiamo avanti.

Questo è il colore del mio kilt - Buchanan

Questo è il colore del mio kilt – Buchanan

Con la sconfitta scozzese di Culloden nel 1746 e l’introduzione del Dress Act (norma inglese di abbigliamento), il Kilt e i Tartan vennero banditi come fuorilegge.
Nel 1782 il Dress Act venne abolito dagli inglesi. Il motivo per cui il kilt è sopravvissuto è che i reggimenti scozzesi delle Highland, si rifiutarono di combattere per gli inglesi se non indossando il loro kilt. Quindi questa è l’unica ragione per cui gli inglesi hanno abolito il Dress Act.

Ma saranno belli?

Ma saranno belli?

In pratica gli scozzesi han posto agli inglesi questo ultimatum: ‘’Se volete che noi si combatta per voialtri dovete lasciarci vestire come vogliamo noi’’! Ed ecco il motivo per cui il Dress Act venne abolito. Non certo per bontà da parte inglese ma per ‘’forza maggiore’’.
Famoso fu il 75° reggimento degli Highlanders che aveva prestato servizio in India e in Sud Africa.
Quindi, ricapitolando, l’ elemento che ha garantito la sopravvivenza dell’elegante kilt è stata la sua adozione come indumento militare da parte dei reggimenti scozzesi delle Highlands al servizio dell’esercito inglese.

Tra le altre cose, agli scozzesi era vietato parlare in Gaelico.

Vabbè, adesso basta, ho perso già un sacco di tempo. Resta il fatto che comunque ‘sta Brexit agli scozzesi piace poco. Vedremo che cosa succederà.

Alla prossima

Elena

4 novembre … che cosa ricordiamo oggi?

Per i giovanissimi che magari non sanno bene quale ricorrenza si festeggi oggi …
Oggi, 4 novembre si festeggiano tre cose:

– le Forze Armate,
– l’Unità Nazionale,
– la fine della Prima Guerra mondiale!

Oggi è dedicato alle onoranze funebri … per ricordare ed onorare tutti quei soldati (Forze Armate) morti nel conflitto. Oggi ricordiamo e piangiamo tutte quelle giovani vite mandate al macello.

Gli italiani, per la prima volta, si trovarono a combattere una guerra che coinvolgeva tutto il Paese. L’Unità era infatti recentissima, risaliva solo al marzo del 1861.

Sul fronte, per la prima volta, c’erano ragazzi che arrivavano da tutta Italia. Ma … per un siciliano, ad esempio, capire i comandi dati da un capitano che parlava in dialetto veneto, non era certo cosa facile.

La lingua italiana non era ancora parlata da tutti, la scuola rimaneva una chimera per molti e, il dialetto, la faceva da padrone.

Avevano comunque rimediato a questo ”piccolo problema” grazie ai Carabinieri, che spingevano con le baionette i recalcitranti agli ordini di assalto! Quindi le possibilità per i soldati di allora erano: o andare all’assalto e quasi certamente morire, o morire direttamente nelle tincee uccisi dall’Arma! Visto che li riempivano di vino e caffè prima di ogni assalto, va da se che, ‘sti poveri ragazzi, uscissero dalle trincee gridando come dei matti.

Oggi si festeggia l’armistizio che venne firmato, il 3 novembre, tra l’Impero austro-ungarico e l’Italia, nella villa del Conte, Vettor Giusti del Giardino, a Padova, e che entrò in vigore il 4 novembre.

L’Italia all’epoca era alleata con Francia, Russia e Regno Unito, ‘’la Triplice Intesa’’ e le trattative erano cominciate già qualche giorno prima in occasione della battaglia di Vittorio Veneto.

In quella battagli partecipò pure il mio nonno materno – uno dei due soli componenti della mia famiglia che ha fatto il ‘’militare’’.
L’altro componente è mio figlio, che è del ’78 e quindi, per la sua leva era ancora obbligatorio il servizio militare, ma lui scelse di fare il Vigile del fuoco, non il soldato.

Torniamo a mio nonno, che fu ferito ad un braccio da una scheggia di bomba, proprio nella battaglia di Vittorio Veneto! Quella fu la sua fortuna e salvezza in quanto fu portato nell’ospedale militare, aggiustato alla belle e meglio e poi mandato a casa definitivamente.
Gli fu conferito in seguito il ‘’cavalierato di Vittorio Veneto’’ di cui era molto orgoglioso.

Ricordo che il diploma in questione era appeso nel tinello, sopra un divano immenso e scomodissimo, subito sotto la mensola su cui c’era la radio. Un catafalco di legno coperto da un ‘’vestitino’’ di stoffa a fiori.

Dai miei nonni materni ascoltare la radio era un’impresa. Bisognava salire in piedi sul divano, dopo averci messo sopra uno straccio destinato a proteggere il tessuto, poi togliere la copertura della radio, cucita espressamente da mia nonna per proteggerla dalla polvere, poi finalmente, girare l’interruttore e lavorare un quarto d’ora per trovare una stazione.

Ma credo che solo chi ha la mia età possa capire una cosa simile. Oggi i miei nipoti si limitano ad un: ‘’Alexia! Accendi la radio’’! E nemmeno le dicono ‘’per favore’’ e ‘’grazie’’! Ma roba da matti!

Ma … torniamo alla nostra guerra, la difesa tenace dei soldati italiani sul Piave scoraggiò gli austriaci e, morale della favola, chiesero l’armistizio e guerra terminò! Punto.

I casini che ci furono dopo risparmiamoceli va …

Alla prossima

Elena

GEA – INQUINAMENTO – CLIMA – CONSUMO –

Pensierino del mattino sul clima …

I Paesi più ‘’poveri’’ e ‘’meno industrializzati’’ sono quelli che, ironia della sorte, pagano maggiormente i danni derivanti dall’inquinamento, prodotto da ‘’noialtri’’ cosiddetti ‘’paesi industrializzati’’. 

Sono talmente ‘’poveri’’ però che l’unica cosa che possono fare, non è dichiararci una guerra, cosa che ci meriteremmo, ma bensì emigrare. E qui ‘’casca l’asino’’ perché noi, inquinatori all’ennesima potenza’’, non li vogliamo a casa nostra!
Che stiano a morire di fame a casa loro!
Ecco un ipotetico scambio tra un disperato emigrante (A) e un cocciuto abitante di un paese industrializzato (B): (Potrei anche scrivere Salvini … ma non voglio infierire)

A: faccio il pastore ma nelle terre in cui vivo, non cade una goccia d’acqua da anni, le mie pecore sono tutte morte e la mia famiglia non ha da mangiare.

B: Fai il pastore di capre? Bè chi se ne frega! Cambia mestiere!

A: Ma … da noi a parte la pastorizia non c’è niente altro da fare. Se non piove l’erba non cresce e gli animali non hanno da mangiare

B: Arrangiati! Ma che sia ben chiaro … a casa tua!

E mi sono limitata a parlare di ”clima atmosferico” ma tutti sappiamo che nel mondo anche il ”clima politico” non è proprio dei ”migliori”! Ma quanto facciamo schifo da 1 a 10? Facciamoci una domanda e diamoci una risposta!


Intanto, ridendo e scherzando, abbiamo già usato tutte le risorse che il Pianeta è in grado di produrre in un anno e stiamo vivendo a ‘’credito’’.
Abbiamo poco da ridere in quanto, prestissimo, ad emigrare saranno gli olandesi, che vivendo nei ‘’Paesi Bassi’’ – e se si chiamano così una ragione c’è – saranno i prossimi ‘’migranti’’ ambientali.
Venezia noialtri scordiamocela … le spiagge delle nostre coste pure … l’acqua di mare risalirà i nostri fiumi, impedendo l’irrigazione dei campi … tutto perché continuiamo ad usare ‘’combustibili fossili’’ che aumentano l’inquinamento e di conseguenza le temperature del Pianeta, che tra le altre cose, scioglie i ghiacci ed aumenta il livello dei mari.
Quanto tempo ci vorrà prima di riuscire a trasformare GEA come MARTE? Mah … se va avanti così … nemmeno poi così tanto …
Sapete una cosa? Meno male che si muore!

Alla prossima

Elena

fonte: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10214717333103184&set=ms.c.eJxNyLERACAMA7GNuLztI2H~%3BxShBpSiRpm1TZrJ4c8qqf8JY8E~_2xVz6Hg4Y.bps.a.10214717333023182&type=3&theater

Sciiti … Sunniti … Curdi … che guaio!

Come mai Sunniti e Sciiti litigano a ”sangue”?

Stamattina sono andata su: ”santa rete” e mi sono documentata un pochino, ecco che cosa ho scoperto …

Nella zona che oggi chiamiamo Iraq si erano scontrati a lungo gli imperi persiano e quello romano, la cui eredità venne raccolta da quello di Bisanzio.

Irak

In quelle zone avevano convissuto molte popolazioni differenti. Da quelle semitiche come i babilonesi e gli assiri, ad altre di origine indoeuropea, come i persiani e i medi da cui discendono i curdi.  ll carattere oppressivo dell’impero bizantino facilitò in qualche modo la conquista araba e la successiva conversione all’Islam.

Dopo la sconfitta dell’armata persiana nel 636, la Mesopotamia e la Persia vennero inserite nel califfato Omayade  con capitale Damasco.

Ed è proprio da qui nasce l’eterno conflitto tra Sunniti e Sciiti!

Pochi anni dopo la conquista islamica vi fu uno scontro violento tra le tribù per la successione al potere tra il califfo di Damasco e il “partito” (shìa) di Ali, cugino e al tempo stesso genero di Maometto. Lo scontro si concluse nel 661 con la morte di Ali a Kufa.

Questa battaglia tra ”tribù” se vogliamo chiamarle così,  determinò la grande frattura tra “l’ortodossia” sunnita di Damasco (e di quasi tutto il resto del mondo islamico) e “l’eresia fanatica” sciita, che si diffonde e si consolida soprattutto nei territori che erano stati persiani, anche come forma religiosa della resistenza al potere di Damasco.

La ”religione sciita” si radica anche nel sud dell’attuale Iraq, dove ci sono i principali “santuari” sciiti sulle tombe di Ali a Najaf, di suo figlio Hussein a Kerbela, e di altri tre dei dodici imam (capi della comunità/tribù) riconosciuti dagli sciiti.

Quell’antica controversia religiosa ha creato uno dei maggiori problemi di oggi, in Iran. Ma anche in Iraq, in Libano e in altri paesi.

Per scpiegare meglio: mentre  i sunniti hanno sempre tenuto in alta considerazioni i primi califfi successori di Maometto e considerano ”sunna” (ossia legge) le loro interpretazioni e aggiunte al Corano, gli sciiti li ritengono usurpatori, e hanno considerato legittimi solo i discendenti e successori di Ali.

Le implicazioni sono evidenti: al rifiuto del potere tradizionale riconosciuto dai sunniti, si accompagna, da parte sciita,  una sistematica denuncia della sua empietà e un forte radicalismo/fanatismo.

Queste divergenze per l’Iraq saranno ancora più gravi. La creazione a tavolino di questo Stato nel 1921 ha fatto sì che la maggioranza della popolazione sia sciita, mentre i gruppi dirigenti che si sono succeduti dalla fine della prima Guerra mondiale a oggi sono stati tutti sunniti.  Saddam Hussein, ad esempio, era sunnita …

Gli sciiti – in gran numero in Iran – si recavano ogni anno in pellegrinaggio NON alla Mecca, ma bensì a Kerbela  alla tomba del figlio di Ali, o nella città santa di Najaf, entrambe in Iraq, ovviamente approfittando del pellegrinaggio per fare proselitismo.

A Najaf si era rifugiato pure l’ayatollah Komeini, espulso dall’Iran verso la Turchia nel 1965, e poi dopo appena un anno scacciato anche da quel paese. Alla fine del 1977, meno di due anni prima del suo ritorno trionfale in patria, Komeini sarà espulso da Saddam Hussein, su richiesta dello Scià, con cui il dittatore iracheno aveva negoziato poco prima un accordo che riconosceva le pretese iraniane sullo Shat-el-Arab, in cambio della cessazione di ogni aiuto alla guerriglia curda.

Eh già, nella zona Il ”terzo incomodo” è rappresentato dei curdi !

I problemi determinati dall’assemblaggio di un sud sciita, inevitabilmente attratto da Teheran, e di una regione centrale sunnita, sarà complicato dall’aggiunta nel 1922 di una terza provincia, quella curda di Mosul, che storicamente aveva poco a che fare con il resto dell’Iraq, ma che venne aggregata alla nuova formazione statale per sottrarla alla Turchia che invece la rivendicava.

La Turchia in quegli anni era non solo nazionalista e impegnata in una forte modernizzazione, ma in buoni rapporti con la Russia comunista,  mentre l’Iraq nasceva come Stato ”controllato’ dalla Gran Bretagna/USA, non esattamente ”pappa e ciccia” con la Russia, quindi perché mai far un ”piacere” alla Turchia lasciandole la regione del Mosul, popolata da Curdi?

Se le due province di Baghdad e Bassora avevano già un sacco di rogne tra sunniti e sciiti, l’inserimento di una cospicua minoranza curda (pari forse al 25% o più della popolazione complessiva) ne creava uno ben maggiore. La zona era destinata a diventare una ”polveriera”!

I curdi hanno una lingua del tutto diversa … sono di ceppo indoeuropeo. Sono, è vero, quasi tutti musulmani sunniti, ma sostanzialmente estranei alla grande polemica con gli sciiti.

Dopo la prima Guerra mondiale, dopo secoli di vita sostanzialmente indipendente all’interno dell’impero ottomano, i curdi avevano rivendicato la formazione di uno Stato vero e proprio nel quadro della riorganizzazione dell’area in Stati nazionali.

Ad un certo punto (1918) i curdi tentarono di costituire un loro Stato almeno nella zona di Mosul, Kirkuk e Sulaimanya, ottenendo inizialmente l’appoggio del rappresentante britannico nella zona, che nominò un curdo come governatore.

Tutta l’area periferica dell’ex impero ottomano era lacerata dalle interferenze delle varie potenze europee, che promettevano l’indipendenza alle diverse etnie non turche …

Nel Trattato di Sèvres del 10 agosto 1920 veniva riconosciuto il diritto del popolo curdo all’indipendenza. Una sorta di cintura tra Turchia e Russia e che si pensava fosse facilmente controllabile dagli inglesi.  Ma la commissione di tre membri (uno britannico, uno francese e uno italiano) che secondo il Trattato di Sèvres doveva preparare uno Statuto per l’autonomia della regione curda  non si riunì mai!

Persino la Georgia era stata, in quel periodo “offerta” all’Italia dai britannici, che erano sì presenti in quasi tutto il Caucaso, ma che, vigliacco se  riuscivano a controllarlo tutto. Una consistente delegazione di politici, giornalisti e affaristi italiani si era affrettata a esplorare la situazione e a stabilire contatti con la borghesia locale antibolscevica della Georgia,  prima di accettare un formale mandato della Società delle Nazioni.

Ma …  nel febbraio del 1921 l’Armata Rossa entrava in Georgia, che diventava repubblica sovietica … e il progetto della ”Georgia italiana” andava a farsi benedire!

Il parlamento nazionale di Ankara intanto, nel marzo 1920, aveva rifiutato di ratificare il trattato di Sèvres, per uno Stato Curdo e aveva varato invece un progetto di Costituzione in cui veniva riconosciuta la nazionalità curda e si parlava di uno Stato federale turco-curdo.

La funzione di contenimento della Russia che avrebbe dovuto avere un Kurdistan indipendente secondo i progetti dell’Intesa veniva dunque a cadere, dopo la riconquista turca delle regioni curde settentrionali adiacenti al territorio sovietico. Non c’era più la possibilità di uno “Stato cuscinetto”.

Nel frattempo poi era stato trovato il petrolio nella regione di Mosul e quindi vennero dimenticate tutte le promesse fatte ai curdi nel trattato di Sèvres, e cancellata la stessa concessione di una sostanziale autonomia sotto tutela inglese avviata nella zona di Mosul, Kirkuk e Sulaimanya nel 1918.

Quando nel settembre 1922 le potenze dell’Intesa firmarono a Losanna un nuovo trattato di pace con la Turchia, che sostituiva quello di Sèvres e teneva conto dei nuovi rapporti di forza, i curdi non furono neppure invitati.

La maggior parte dei territori storici dell’Anatolia venivano riconosciuti alla Turchia ma della regione di Mosul, e del suo petrolio,  non se ne parlò proprio.

La Turchia protestò, dato che riteneva di avere diritti storici su Mosul, anche perché – rimangiandosi le promesse del 1920 – aveva già cominciato a negare persino (come nega tuttora) l’esistenza di un popolo curdo. Secondo il governo turco i “i curdi, anche se parlano lingue diverse, non differiscono in nulla dai turchi”, sicché i due popoli formerebbero “una sola entità etnica, religiosa e con gli stessi costumi”.

La Turchia, stremata dalla lunga guerra di liberazione nazionale e confrontata con i complessi problemi dello scambio di popolazioni (un milione e mezzo di greci furono espulsi dal suo territorio, dove arrivavano invece i turchi cacciati dalle regioni balcaniche occupate dalla Grecia), dovette rassegnarsi  alla perdita del Mosul … ed al suo preziosissimo petrolio.

Alla fine di quel dopoguerra, i curdi si trovarono divisi tra i territori di cinque Stati: la maggioranza in Turchia, una parte consistente in Iraq (dopo l’intervento di Saddam non ne sono rimasti molti di curdi …)  e in Iran, mentre comunità di minori dimensioni erano rimaste in Siria e nel Caucaso sovietico. Così una ”etnia” di molti milioni di persone (i curdi valutano la loro consistenza a 25 milioni) è rimasta priva di uno Stato, mentre sono stati riconosciuti nella zona Stati con una popolazione minore e senza nessun precedente storico.

Ciò è stato possibile forse sia per l’eredità di un lungo passato di principati feudali indipendenti che si combattevano tra di loro, sia perché anche le nuove formazioni indipendentiste dei curdi di Turchia, Iraq e Iran non hanno collaborato tra loro e si sono scontrate in alcuni casi con le armi, offrendo non pochi spazi ai loro nemici. In particolare il regime iracheno e quello iraniano hanno spesso finanziato e armato le organizzazioni curde operanti nello Stato rivale.

Il succo del discorso è che cercare di tracciare una linea intorno ad un territorio e chiamare “entità politica” ciò che vi è al suo interno è una ”follia”! Eppure …  con i ”confini disegnati a tavolino” noi abbiamo ignorato quattromila anni di storia!

Bel casino abbiamo combinato vero?

Guai simili li abbiamo combinati in Africa! Altri confini a ”tavolino” … che hanno creato dei problemi senza senso tra popolazioni diverse e in disaccordo. Risultato? Etnie completamente annientate! Gli splendidi Watussi sono stati trucidati tutti! Gli Hutu ed i Tutsti continuano a massacrarsi a vicenda.

I confini devono esser ”messi in piedi” dalla Storia e dalla volontà dei popoli …

Alla prossima

Elena Iraq,