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4 novembre … che cosa ricordiamo oggi?

Per i giovanissimi che magari non sanno bene quale ricorrenza si festeggi oggi …
Oggi, 4 novembre si festeggiano tre cose:

– le Forze Armate,
– l’Unità Nazionale,
– la fine della Prima Guerra mondiale!

Oggi è dedicato alle onoranze funebri … per ricordare ed onorare tutti quei soldati (Forze Armate) morti nel conflitto. Oggi ricordiamo e piangiamo tutte quelle giovani vite mandate al macello.

Gli italiani, per la prima volta, si trovarono a combattere una guerra che coinvolgeva tutto il Paese. L’Unità era infatti recentissima, risaliva solo al marzo del 1861.

Sul fronte, per la prima volta, c’erano ragazzi che arrivavano da tutta Italia. Ma … per un siciliano, ad esempio, capire i comandi dati da un capitano che parlava in dialetto veneto, non era certo cosa facile.

La lingua italiana non era ancora parlata da tutti, la scuola rimaneva una chimera per molti e, il dialetto, la faceva da padrone.

Avevano comunque rimediato a questo ”piccolo problema” grazie ai Carabinieri, che spingevano con le baionette i recalcitranti agli ordini di assalto! Quindi le possibilità per i soldati di allora erano: o andare all’assalto e quasi certamente morire, o morire direttamente nelle tincee uccisi dall’Arma! Visto che li riempivano di vino e caffè prima di ogni assalto, va da se che, ‘sti poveri ragazzi, uscissero dalle trincee gridando come dei matti.

Oggi si festeggia l’armistizio che venne firmato, il 3 novembre, tra l’Impero austro-ungarico e l’Italia, nella villa del Conte, Vettor Giusti del Giardino, a Padova, e che entrò in vigore il 4 novembre.

L’Italia all’epoca era alleata con Francia, Russia e Regno Unito, ‘’la Triplice Intesa’’ e le trattative erano cominciate già qualche giorno prima in occasione della battaglia di Vittorio Veneto.

In quella battagli partecipò pure il mio nonno materno – uno dei due soli componenti della mia famiglia che ha fatto il ‘’militare’’.
L’altro componente è mio figlio, che è del ’78 e quindi, per la sua leva era ancora obbligatorio il servizio militare, ma lui scelse di fare il Vigile del fuoco, non il soldato.

Torniamo a mio nonno, che fu ferito ad un braccio da una scheggia di bomba, proprio nella battaglia di Vittorio Veneto! Quella fu la sua fortuna e salvezza in quanto fu portato nell’ospedale militare, aggiustato alla belle e meglio e poi mandato a casa definitivamente.
Gli fu conferito in seguito il ‘’cavalierato di Vittorio Veneto’’ di cui era molto orgoglioso.

Ricordo che il diploma in questione era appeso nel tinello, sopra un divano immenso e scomodissimo, subito sotto la mensola su cui c’era la radio. Un catafalco di legno coperto da un ‘’vestitino’’ di stoffa a fiori.

Dai miei nonni materni ascoltare la radio era un’impresa. Bisognava salire in piedi sul divano, dopo averci messo sopra uno straccio destinato a proteggere il tessuto, poi togliere la copertura della radio, cucita espressamente da mia nonna per proteggerla dalla polvere, poi finalmente, girare l’interruttore e lavorare un quarto d’ora per trovare una stazione.

Ma credo che solo chi ha la mia età possa capire una cosa simile. Oggi i miei nipoti si limitano ad un: ‘’Alexia! Accendi la radio’’! E nemmeno le dicono ‘’per favore’’ e ‘’grazie’’! Ma roba da matti!

Ma … torniamo alla nostra guerra, la difesa tenace dei soldati italiani sul Piave scoraggiò gli austriaci e, morale della favola, chiesero l’armistizio e guerra terminò! Punto.

I casini che ci furono dopo risparmiamoceli va …

Alla prossima

Elena

Europa – il CoVid19 ci unisce …

Per mia memoria …

Ci siamo!  Dopo ore ed ore di mediazione e discussioni è stato deciso che il pacchetto da 750 miliardi di euro, che dovrà servire alla ricostruzione post-pandemia, sarà suddiviso in 390 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 360 miliardi di prestiti per i paesi colpiti dalla crisi. All’Italia andrà la quota maggiore, circa 209 miliardi, 82 di sussidi e 127 di prestiti. Di questi, 21 saranno incassabili da subito.
È inutile nascondersi che, partito per Bruxelles come una sorta di Re Travicello, al centro di manovre convergenti che miravano a sostituirlo, Conte è rientrato a casa rafforzato. Sarà quindi l’uomo che darà le carte nei prossimi mesi. (L’unica cosa che mi scoccia è che abbia sempre alle costole Rocco Casalino! Ma vabbè … quello è un problema mio personale)

Se Conte è riuscito in questo intento è anche perché il governo giallo-rosso, (decisamente meglio di quello giallo-verde) nato quasi un anno fa con l’obiettivo di tenere l’Italia agganciata alla prospettiva europea, contro i tentativi sovranisti di portarla con un piede fuori dall’Unione, è risultato credibile agli occhi di molti dei partners che hanno in casa lo stesso problema, ed erano determinati a riaffermare la capacità dell’Europa di mostrare la sua forza proprio nei momenti difficili.
I 750 miliardi di euro del Recovery Fund saranno raccolti sui mercati a nome dell’Unione Europea. Quindi, di fatto, facendo ”debito pubblico comunitario”!

È questa una delle novità più importanti: è stato sdoganato per la prima volta il principio secondo cui una istituzione europea, la Commissione, viene autorizzata a fare debito comune.
I soldi inizieranno ad arrivare agli Stati a partire dalla primavera 2021 ma l’accordo prevede che potranno essere usati per progetti avviati già dal febbraio 2020. E comunque andranno spesi in fretta: entro il 2023. Dovranno servire per finanziare le riforme proposte dai singoli governi sulla base delle raccomandazioni della Commissione.

Qui noialtri dobbiamo stare attenti perchè ci sono stati stanziati già nel 2014 dei quattrini che non siamo ancora iusciti a spendere a causa della nostra inefficienza amministativo-burocratica. Il che non ci fa certo onore e che ovviamente peggiora l’opinione di paesi come l’Olanda nei nostri confronti.

Sull’iter di approvazione dei piani nazionali, alla fine l’ha spuntata il premier olandese Mark Rutte, che ha incassato il cosiddetto “freno di emergenza” per poter congelare l’erogazione dei fondi verso un Paese in caso di non rispetto della tabella di marcia delle riforme. Resta al Consiglio il potere di approvare (a maggioranza qualificata) i piani nazionali. Successivamente qualsiasi governo potrà sollevare la questione e chiedere al presidente del Consiglio europeo di affrontarla. Il tema dovrà essere discusso in maniera esaustiva nel giro di tre mesi: nel frattempo la Commissione dovrà congelare il pagamento delle rate.

Comunque qualche passetto avanti questa Europa lo sta facendo, ed il fatto che l’nghilterra se ne sia andata facilita le cose.

Alla prossima

Elena