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2 GIUGNO 1946 … nascita della Repubblica Italiana

Che cosa si festeggia oggi? Lo so che lo sappiamo tutti quanti … ma forse alcuni giovani non conoscono bene la ”faccenda”, quindi  ecco qui di seguito il motivo per cui oggi viene celebrata la ”nascita” della nostra Repubblica.

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Pima di tutto è bene ricordare che questa ”nostra” ricorrenza trova in Francia la sua ‘gemella” nel 14 di luglio, giorno in cui la Francia ricorda la ”presa della Bastiglia” .  I francesi, come al solito,  ci hanno anticipato di parecchio!  Infatti la rivoluzione per eliminare una monarchia assolutista e creare la Repubblica hanno iniziato a farla nel 1789.

Anche gli americani hanno una festa simile, è  il 4 di luglio, giorno in cui festeggiano l’indipendenza dalla Gran Bretagna avvenuta nel 1776, tra l’altro con l’aiuto dei francesi.

La Repubblica Italiana è nata invece solo nel giugno del 1946, in seguito ai risultati del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno.

Un referendum indetto alla fine della seconda guerra mondiale, affinché il popolo scegliesse quale forma di governo dare al Paese, dopo la caduta del fascismo. Regime che aveva di fatto ridotto enormemente il potere del re.  Dopo 85 anni di regno sabaudo, con 12.718.641 voti contro 10.718.502 l’Italia diventava una repubblica e i monarchi di casa Savoia venivano esiliati.

Il due e tre giugno, il referendum fu a suffragio universale, quindi le donne italiane votarono per la prima volta!

Una grande conquista per noi donne. Ma sarebbe stato impossibile non concederci questa possibilità. Durante la guerra le donne avevano sostituito gli uomini, occupati a combattere nell’esercito regolare o sulle montagne, a seconda delle loro idee politiche. E le donne avevano lavorato sia nelle fabbriche che nelle campagne, dimostrando di essere più che all’altezza della situazione.

Erano inoltre state ”partigiane” anche loro sulle montagne, oppure staffette, portando messaggi e viveri.

Quindi se le donne erano ”buone” per lavorare nelle fabbriche … nei campi …  tenere un fucile tra le mani …portare di nascosto messaggi importanti rischiando di esser prese dai tedeschi … perché mai non avrebbero dovuto esser in grado anche di ”votare”?

Una pagina della Domenica del Corriere dell’estate del 1946, riporta i visi di 21 donne, elette all’Assemblea Costituente. Erano 9 della Democrazia cristiana, 9 del Partito comunista, 2 del Partito socialista e 1 del partito dell’Uomo qualunque.

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Erano una minoranza rispetto ai 535 uomini, ma comunque un grande risultato se si considera che fino ad allora alle donne italiane era persino vietato votare, figurarsi entrare in Parlamento!

Cinque di queste Signore: Nilde Iotti, Teresa Noce, Lina Merlin, Maria Federici, Ottavia Penna Buscemi, faranno anche parte della ristretta commissione, composta da 75 persone,  incaricata di elaborare il progetto di Costituzione. Una delle più belle del mondo! Anche perché è stata una delle ”ultime” ad essere stilate.

Queste Signore, nonostante sedessero in un Parlamento ”maschilista” per tradizione e vocazione culturale,  erano decise e poco malleabili ai ”desiderata” e agli ”ordini di scuderia” dei rispettivi partiti. (Nessuno parlava all’epoca di ”obbligo di mandato”)  Quindi le 5 neo deputate,  con competenza e decisione, nel corso delle lunghe sedute, diedero battaglia per difendere i diritti che le donne volevano finalmente vedersi riconosciuti.

la Signora Merlin (conosciuta più per esser la ”madre” di una legge che abolì le ”case chiuse”)  riuscì a fare inserire all’articolo 3 della Costituzione una frase fondamentale:  “senza distinzione di sesso” – che è stata, e lo è ancora oggi, alla base di ogni rivendicazione etica e giuridica per il rispetto e l’osservanza delle pari opportunità tra uomo e donna!

Eppure, quando si parla di nascita della Repubblica Italiana si parla sempre di ”Padri fondatori” , addirittura molti ignorano che ci furono donne che nell’antifascismo prima e nella Resistenza poi hanno lottato in prima persona e non solo per la libertà del Paese, ma anche per accelerare il processo di emancipazione femminile e affermare un’identità di genere. Un po’ come stanno facendo oggigiorno le coraggiose combattenti curde in Siria.

Qui sotto, per intero,  l’articolo 3 della nostra Costituzione:
Art. 3 della Costituzione italiana
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
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Questa frase è talmente bella che vengono le lacrime agli occhi nel leggerla!

Ma torniamo alla nostra festa … La città di Roma nel giugno del 1948 per la prima volta ospitò la parata militare in onore della Repubblica.  L’anno seguente, con l’ingresso dell’Italia nella NATO, se ne svolsero dieci in contemporanea in tutto il Paese mentre nel 1950 la parata fu inserita per la prima volta nel protocollo delle celebrazioni ufficiali! Alla parata militare e durante la deposizione della corona d’alloro presso il Milite Ignoto, prendono parte tutte le Forze Armate, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, la Croce Rossa Italiana e alcune delegazioni militari dell’ONU, della NATO, dell’Unione Europea e rappresentanze di reparti multinazionali che presentano una componente italiana.

Attualmente il cerimoniale prevede la deposizione di una corona d’alloro al Milite Ignoto presso l’Altare della Patria a Roma e una parata militare alla presenza delle più alte cariche dello Stato. La cerimonia prosegue nel pomeriggio con l’apertura al pubblico dei giardini del palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica Italiana, con esecuzioni musicali da parte dei complessi bandistici dell’Esercito Italiano, della Marina Militare Italiana, dell’Aeronautica Militare Italiana, dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato.

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Insomma un gran bel giorno di festa! E noi del ”CIP” … (Club Italianiste de Provence) non rinunciamo certo a festeggiarla questa giornata! Quest’anno ci ritroveremo presso il ristorante italiano di Frejus ”La Bella Trattoria” a mangiare, cantare e brindare tutti assieme.

Anche se viviamo in Francia,  a molti di noi … batte ancora il cuore per il nostro Paese!

Alla prossima

Elena

 

Learco Calitri è tornato alla casa del ”Padre” …

Ieri una mia cara amica, Isa, mi ha telefonato dicendomi che era mancato Learco Calitri!

Mamma mia come sono stata male nel sentire quella notizia! Learco rappresentava per me uno spirito libero, forte e vitale! Strano a dirsi … ma c’era più ”vitalità” in lui, ormai avanti negli anni, di molte persone che conosco e anche tanto tanto più giovani.

Ci siamo conosciuti perché, mi ero iscritta al CIP anni fa ed avevo avuto con lui una prima bella chiacchierata. Una chiacchierata che aveva messo in luce quanto fossimo ”affini” su molti fronti.

Ho frequentato il CIP per qualche tempo, poi per motivi di salute, me ne sono allontanata.  Questo non significa però che non ci sentissimo, era venuto a casa nostra più volte ed il rispetto che avevo per lui era andato crescendo.

Learco voleva scrivere un libro sulla sua vita –  decisamente molto movimentata – fosse anche solo per gli anni passati nella Legione Straniera. Avevamo discusso a lungo sull’argomento e ho avuto il piacere di conoscere una persona che non metteva nei miei riguardi ”filtri” di sorta, era schietto come il vino novello!

Recentemente, sentendomi un po’ in colpa per non aver rinnovato la tessera al CIP e conoscendo le sue cattive condizioni di salute, mi sono iscritta nuovamente e ho fatto una prova per essere inserita nella corale del CIP. Giuseppe il ”capo coro” mi ha accolta in ”Note Azzurre”!  Appena ricevuto l’ok di Giuseppe, avevo dato la notizia a Learco, che ormai in cura, mi aveva risposto di esserne felice, e che in questo modo avremmo potuto vederci più sovente.

Purtroppo le cose non sono andate in questo modo … non ci siamo più né visti né sentiti.  Avrebbe voluto fare ancora tante cose … ma la ”morte” non accetta consigli mai da nessuno!

Addio Learco Calitri, felice ed onorata di aver potuto fare la tua conoscenza, guardaci da lassù … ci hai solo preceduti, verremo anche noi a far parte del ‘tutto”!

Un abbraccio con affetto

Elena 

Ricordiamolo così:

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il giorno della ”medaglia d’oro” … 

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Durante la premiazione e, a destra,  mentre balla con la sua Renata!

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Funerali al Duomo di Frejus – venerdì 8 aprile – ore 10.30

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Video della premiazione: https://www.youtube.com/watch?v=KSRX12yUU8IUn momento sereno: https://www.youtube.com/watch?v=2sNWJr2yrqw

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TRADUZIONE  – S’il vous plaît excuser mon horrible français

Learco Calitri est de retour à la «maison» du Notre Père ” …

Hier, mon cher ami, Isa, m’a appelé et m’a dit que Learco Calitri il était dècèdè !

Mamma mia! Comme j’ ai été malade d’entendre cette nouvelle! Learco représenté un esprit libre, fort et vital pour moi! Chose étrange à dire, mais il y avait plus ”vitalité” en lui, déjà avancé dans les années, que en beaucoup de gens que je connais et … même beaucoup plus jeune.

Nous nous sommes rencontré parce que quand j’étais entré ou CIP et  j’ai eu avec lui une première conversation, qu’il avait mis en évidence ce que nous étions ” similaire” sur de nombreux fronts.

J’ai fait part du CIP pendant un certain temps, puis, pour des raisons de santé, je suis parti.

Cela ne signifie pas que nous nous sommes plu vu, il était venu à notre maison à plusieurs reprises et le respect que je lui devais a grandi de plus en plus.

Learco voulait écrire un livre sur sa vie – très mouvimentèè – même si seulement pour les années passées dans la Légion étrangère. Nous avons eu des longues discussions sur le sujet et j’ai eu le plaisir de rencontrer une personne qui n’a pas mis à mon égard  filtres de toute nature, Learco était sincère comme le vin nouveau!

Récemment, je me sentant un peu coupable de ne pas avoir renouvelé la carte au CIP et connaissant sa mauvaise santé, je me suis inscrit à nouveau et je l’ai fait un test pour être inséré dans le chœur du CIP. Le Chef de chœur ‘Joseph’ ‘m’a accueilli dans ”Note Azzurre”.  Juste reçu le ”feu vert” da parte de Joseph, j’ai donné la nouvelle à Learco, maintenant déjà sous traitement, et il me répondit d’être heureux, et que de cette manière nous aurons l’occasion  pour nous nous voir plus souvent.

Malheureusement, les choses ne se sont pas passe comme ça … on n’a pas vu ou entendu. Il voulait faire encore beaucoup de choses … mais la mort ” ” n’accepte conseil par personne!

Adieu Learco Calitri, je suis heureuse  et honoré d’avoir été en mesure de te rencontrer …  regarde nous de là-haut …  tu as seulement nous précédés …

Une étreinte avec affection

Elena

Buoni a Nulla …

Domenica e lunedì, al Cinema Vox di Frejus, per la serie ”film in italiano” in collaborazione con il CIP (Club Italianista di Provenza) hanno proiettato il film  ”Buoni a nulla”.

Questa è la locandina:

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Il regista ma anche attore e sceneggiatore è il romano Gianni Di Gregorio qui alla sua terza prova da regista. I precedenti film, che non conosco sono:  ”Pranzo di Ferragosto” e ”Gianni e le donne”.

L’attore principale, come nella realtà, si chiama Gianni, ed è un impiegato statale che, dopo aver passato una vita tra casa e ufficio in centro a Roma, ed è ormai prossimo alla pensione, si ritrova  costretto a continuare a lavorare per altri tre anni! Non solo, ma per peggiorare ulteriormente la situazione, viene anche trasferito dall’ufficio nel centro di Roma, a lui tanto comodo,  alla periferia della città.

Abituato ad andare al lavoro a piedi … sbaglia  i tempi del trasporto, ed  il primo giorno di lavoro nel nuovo ufficio, arriva in enorme ritardo, alle undici e mezza di mattina anziché alle 8.30! Iniziando subito male il suo rapporto con la Direttrice del Reparto.

Gianni è un personaggio mite … che subisce ingiustizie da parte di tutti!  Dai suoi capi e dai suoi colleghi in ufficio, dai condomini nella casa in cui abita, dai vicini di casa che parcheggiano il loro SUV in maniera selvaggia, da sua figlia e dalla sua ex moglie, che insistono per fargli lasciare l’appartamento in centro città, per andare a vivere nella periferia sud della Capitale.

Gianni non riesce mai a dire di no a nessuno … non è capace di ribellarsi … non sa far valere le sue ragioni.  Un giorno si sente male e viene visitato dal compagno della sua prima moglie. Non è proprio un medico, è solo un dentista, ma sarà proprio lui, quello che lo aiuterà a cambiare.

Il dentista in questione , trova simpatico  ed è affezionato a Gianni, gli farà quindi da ”amico psicologo”  e gli consiglierà il giusto comportamento. Quello cioè di diventare un po’ più egoisti e di imparare a dire di NO!

Nel nuovo ufficio Gianni fa amicizia con il collega Marco (interpretato da Marco Marzocca).  Marco è l’unico capace di fare bene il proprio lavoro, ma è altrettanto buono come Gianni, quindi tutti approfittano di lui.  Tutti gli danno del lavoro da fare e tutti gli chiedono dei favori.   Gianni si innamorerà della sorella di Marco, e aiuterà quest’ultimo a reagire ai soprusi di tutti i giorni.

Un film carino, abbastanza divertente, educato, mai sopra le righe.  I due personaggi, Gianni e Marco, sono l’esatto contrario degli individui aggressivi considerati ”vincenti” dalla società di oggi.

La cosa che più mi ha dato da pensare di questo film, non è stata tanto la ”gentilezza” del personaggio che, grazie o a causa della sua educazione, subisce la maleducazione altrui, ma piuttosto è stata la denuncia nei confronti degli impiegati statali!

Gianni lavora in un Ministero. Roma è la sede dei Ministeri e questi uffici forniscono probabilmente lavoro all’80% dei romani.  Il film denuncia la totale incapacità ed inutilità della maggior parte dei dipendenti. Il loro tempo passa, non lavorando, ma cercando di entrare nelle ”grazie”  dei ”gradi superiori” per ottenere dei benefici. Nel caso del film una ”direttrice” alla quale portavano persino a spasso il cane.   Oppure passano il tempo leggendo il giornale, telefonando,  prendendo il caffè, facendosi gli affari propri. Insomma … un quadro poco edificante nei confronti dei numerosissimi impiegati dei nostri Ministeri, che paiono più un gravoso onere per noi contribuenti,  piuttosto che un servizio.

Comunque … nell’insieme il film non è male.

Alla prossima

 

Elena

 

Teatro le Forum di Frejus – Lo schiaccianoci – ”Casse noisette”

Teatro pieno come al solito.

Il bravissimo corpo di ballo è quello del Gran Teatro di Ginevra.

”Lo schiaccianoci” si basa su di una fiaba scritta da E.T.A. Hoffman e reinterpretata dal francese Alexandre Dumas.

Questa fiaba finì nelle mani del ballerino e coreografo francese Victor Marius Alphonse Petipa che  la trasformò in un balletto che fu messo in scena per la prima volta al Teatro Marinskij di Pietroburgo il 6 dicembre del 1892.  La musica è di Peter Ilyich Tchaikovsky .

Dunque vediamo …  di che cosa parla lo schiaccianoci?

”Narra la storia del sogno di una bambina.  Clara (o Masha, diminutivo russo di Maria).   È la sera della vigilia di Natale; fra i regali che la bambina trova sotto l’ albero c’è uno schiaccianoci a forma di soldatino … il fratello di Masha, per farle un dispetto,  rompe il giocattolo. Per fortuna il papà dei bimbi, il signor Drosselmeier,  lo aggiusta.  Quando è ora di andare a dormire, la bimba si addormenta tenendo stretto a sé  il soldatino.  Masha sogna e nel sogno il soldatino prende vita … danza con lei … sconfigge l’esercito dei topi …  la guida in un mondo incantato” … e poi … la sposerà e saranno ”felici e contenti”.

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La coreografia a cura di Jeroen Verbruggen … ha veramente dello spettacolare. Inizia con un ballerino che interpreta un ”a solo” indossando un ”frac” su un palco deserto.  La gestualità dei ballerini credo abbia  incantato tutti.  Braccia che mulinano, teste che si muovono a scatti e che controllano l’orizzonte a colpi di mento, come se fossero delle mitragliatrici, gambe piegate all’indietro che colpiscono maliziosamente il ”sedere” degli sfortunati che si avvicinano troppo. Ballerini che volano nelle posizioni plastiche tipiche della danza tradizionale ma che si piegano anche come delle marionette accartocciate. Ballerini che si inciampano, facendo per un attimo credere allo spettatore che si tratti di un errore … per poi accorgersi che invece lo fanno tutti e che le ”cadute” vanno a ”tempo di musica” in modo perfetto!

Elevazioni e movimenti tipici del repertorio ”classico” … mescolati sapientemente con la danza moderna, quella orientale e l’ hip hop.

La sceneggiatura partecipa al racconto … l’armadio del sogno di Masha si apre e si chiude facendo entrare ed uscire strani personaggi … con enormi teste arancioni … con strane maschere sul viso … gli specchi sono ovunque … dato che sono montati su ruote vengono lanciati sul palcoscenico ed i ballerini ci passano attraverso, anche l’enorme lampadario partecipa salendo e scendendo e addirittura contiene i calici di vetro in cui i ballerini brindano.

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I costumi sono cambiati spesso e sono indossati indifferentemente da uomini e donne … fino al quello un po’ ”inquietante” del personaggio ”scorticato” dal dolore per la passione amorosa.

Il movimento e la coreografia non lasciavano certo il tempo di annoiarsi … i tempi erano veloci … una scena dietro l’altra … quasi come al cinema … una sorpresa dopo l’altra …  fino alla danza finale tra la Masha della fiaba ed il suo soldatino che, danzando assieme, ci fanno credere ancora una volta alla favola del ”principe azzurro”!

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Bello bello bello!

Eravamo un tantino preoccupati se dobbiamo esser sinceri … non è che il balletto classico sia proprio la nostra passione, le nostre scelte sono anche dettate dalla nostra poca conoscenza della lingua francese. Una commedia in francese non è ancora alla nostra portata, quindi scegliamo spettacoli che giocano più sulla ”fisicità” che non sulla ”parola”.

Comunque, visto come sono andate le cose siamo stati proprio contenti della serata.

Alla prossima

Elena 

 

Qui il trailer dello spettacolo … tanto per avere un’idea: http://www.geneveopera.com/production_310

Forum di Frejus: Do You Speak Djembè?

Ieri sera siamo andati ad ascoltare ”Do You Speak Djembe?” al Teatro Forum di Frejus.  Appena entrati la prima sorpresa è stata quella di vedere su ogni poltrona del teatro – per chi non lo sapesse i posti a sedere al Forum sono 1000 – un tamburo che aspettava solo che qualcuno iniziasse a tamburellarci sopra!

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Nel giro di pochissimi minuti il piacevole frastuono, in attesa dell’inizio dello spettacolo, contribuiva a ”farci entrare nella parte”. 

Ho scoperto che a tutti quanti, non solo alla sottoscritta, l’idea di tamburellare su uno strumento simile è proprio ”naturale”.  Il suono dello ”Djambè”, che fino a ieri sera credevo si trattasse di una lingua africana, come tutti gli strumenti a percussione si accorda benissimo al battito cardiaco, fonte su cui si basa la bellezza e semplicità  della musica africana.  Evidentemente, visto che l’umanità è nata in Africa, questo ritmo ancestrale continua a persistere nel nostro DNA e nessuno, ma proprio nessuno, trovandosi un tamburo e a portata di mano, può serenamente ignorarlo senza aver voglia di ”metterci le mani sopra”.

Altre al divertente coinvolgimento diretto del pubblico abbiamo gioito di uno spettacolo di altissimo livello. Buona organizzazione visiva e coreografia spontanea  … e poi … ascoltare e vedere i sorridenti fratelli Dembele che percuotevano lo Djambè,  appeso al loro collo tramite una cordicella e trattenuto tra le loro gambe era uno spettacolo per le orecchie e per gli occhi.

12295521_10205569598895546_2469140822709782838_nAdama Bilorou Dembele e Fatoma Dembele

Cantavano tutti i musicisti, che non si limitavano ai tre suonatori di djambè ma c’erano anche:  batteria, dundun (un tamburo diverso dallo Djambè)  tastiere, balafon (una sorta di xilofono africano), chitarra basso (suonato dall’italiano Davide Mantovani). Ma la stella solista del gruppo era Kristel Adams, bella come il ”sole” e dotata di una voce possente e melodiosa che poteva tranquillamente passare da soprano ad alto a tenore senza il minimo sforzo e nel contempo accennare passi di danza, come solo le persone di colore sanno fare.

Bravissimo Doug Manuel che dava istruzioni a ”noi pubblico” … facendoci addirittura suonare in tre modi diversi, a seconda dei nostri posti, con un risultato più che soddisfacente.

Essendo uno spettacolo per le ”famiglie” era pieno di bambini che si scatenavano tamburellando felici. Il comico è che i più piccoli, nonostante il frastuono assordante, dormivano pacificamente in braccio alle loro mamme. Ora non se se è merito delle mamme francesi o della musica … che non ricordava comunque una ”ninna nanna” … ma la cosa mi ha stupita parecchio.

Altra cosa interessante è che il gruppo è composto da: musulmani, cristiani ed ebrei che, grazie alla musica, vanno d’accordissimo e sono amici.

Naturalmente ho incontrati amici e conoscenti. Il bello di Frejus è che è grande abbastanza per vivere tranquilli, ma piccolo a sufficienza per aver dei contatti umani.

Insomma, mi è piaciuto un sacco e lo consiglio a tutti. Ovviamente per una sera che avrei potuto suonare il tamburo … sono stata penalizzata dal fatto che ho un’orrenda infezione alla mano,  causata del graffio di una gatta cieca randagia a cui do da mangiare,  ma si può ? Mah … 12346573_10205566979230056_7668175137176963414_n

Alla prossima

Elena

 

ecco un video che rende abbastanza bene …

http://doyouspeakdjembe.com/fr/

”MIA MADRE” – VOX FREJUS

Domenica 29 al Vox di Frejus è stato proiettato il film: ” Mia Madre”  di Nanni Moretti.

La sala era piena com un uovo, sono state persino aggiunte delle sedie in plastica per accogliere tutti quanti. Il film è stato introdotto da un breve saluto al pubblico del presidente del CIP (Club Italianisti di Provenza) Learco Calitri. Ci siamo stupiti del fatto che per la Francia fosse una ”prima assoluta”.

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Trama: – Ada (Giulia Lazzarini) è una mamma malata in ospedale e i suoi due figli, Margherita (Margherita Buy) ed il fratello (Nanni Moretti), si alternano al suo capezzale.  Margherita è una regista in crisi,  separata dal marito con una figlia liceale.  Il fratello è un ingegnere scapolo che, ”spaesato” dalla malattia della madre, prende un periodo di aspettativa per potersene occupare meglio. Ada è una insegnante in pensione che aiuta la nipote Livia, figlia di Margherita, con le traduzioni di latino, è una donna resa fragile dalla malattia ma vitale ed ostinata, costretta a passare da una camera d’ospedale all’altra man mano che la sua salute peggiora, ma che affronta, volente o nolente, la paura della morte ormai prossima.  I figli quando comprenderanno che il traguardo è vicino la porteranno a casa sua e staranno con lei, cercando di vivere il più normalmente possibile, fino all’ultimo momento. 

E’ impossibile per lo spettatore non identificarsi in quei due figli che pian piano prendono coscienza ed accettano quello che sta per accadere.  Nanni Moretti ha provato a trasmettere, riuscendoci perfettamente,  il dolore e l’inadeguatezza che si provano al cospetto della morte della propria madre. Tra l’altro la mamma di Nanni Moretti è davvero mancata recentemente, ed era una professoressa di lettere al ginnasio.

Si tratta quindi di un film autobiografico, ma il regista ha preferito ritagliare per se stesso la parte di un fratello presente, preciso, attento,  ma un po’ ”defilato, mentre la vera protagonista è Margherita.

Margherita che, guarda caso, fa la regista e dirige un film su licenziamenti e crisi economica. Una regista che si lascia andare a riflessioni tipiche di Moretti, come quando riprende un operatore di macchina che è stato morbosamente vicino ad una scena violenta e domanda ad un assistente: “Ma … Lui vorrebbe essere il poliziotto o l’operaio? Vuole picchiare o essere picchiato?

Oppure quando ai suoi attori ripete un’indicazione che li lascia ogni volta perplessi: “Devi interpretare un personaggio ma … tu attore devi pure stargli accanto”.  Frase questa che Moretti sostiene di dire lui stesso quando gira.

Comunque,  se un film per essere bello,  dicono debba fare sia piangere che ridere,  ebbene questo film ci è riuscito in pieno! Personalmente ho dovuto asciugarmi più di una lacrima … ma ho anche riso di cuore quando l’attore Barry (John Turturro) , simpatico confusionario, presuntuoso senza memoria, con una terribile pronuncia … è alla guida di una vettura il cui parabrezza è letteralmente coperto da telecamere …

Insomma, per farla breve, andate a vederlo! Ne vale proprio la pena!

 

Alla prossima

 

Elena

 

ESTATE VIOLENTA – Valerio Zurlini

Estate violenta è un film drammatico del 1959, diretto da Valerio Zurlini.

vlcsnap-2012-10-19-02h25m24s80 (2)Valerio Zurlini 

Per la serie ”ciclo film in italiano”  ieri sera, con Jaqueline e Leonor, siamo andate al Vox a vedere ”Estate Violenta”. Parliamo prima del regista : Valerio Zurlini –  nato il 19 marzo 1926 a Bologna e morto a Trento il 28 ottobre 1982 (a soli 56 anni). Un regista che non ha raggiunto nella storia del nostro cinema la statura del trio Fellini, Visconti, Antonioni, ma che molti ricordano come il cantore delle atmosfere di provincia, capace di riprodurre atmosfere intimiste e risvolti psicologici di notevole intensità.

Secondo alcuni critici Zurlini ha saputo creare un ponte  fra il cinema e la letteratura che  lo rende senz’altro unico e riconoscibile. Di certo il regista rispecchia l’educazione sentimentale degli Italiani dell’epoca.

Vittorio Zurlini nasce a Bologna il 19 marzo 1926. La sua famiglia si trasferisce a Roma con lui ancora ragazzo, per cui si trova a frequentare il liceo presso un severo e rigido istituto di Gesuiti. Terminati gli studi liceali, Zurlini trascorre l’ultima vacanza spensierata a Riccione – se ne ricorderà poi in Estate violenta che si ambienta proprio lì –  poi decidere di arruolarsi nel Corpo Italiano di Liberazione. Nel dopoguerra si laurea in legge e segue corsi di storia dell’arte. Dopo una prima esperienza di teatro universitario presso la Facoltà di lettere di Roma, va a Milano dove lavora per un anno e mezzo come aiuto regista al  ”Piccolo Teatro”. Tra il 1949 e il 1952 realizza alcuni cortometraggi in cui dà prova di un notevole spirito di osservazione, iniziando a collaborare con il compositore Mario Nascimbene, autore di colonne sonore. Questi cortometraggi venivano all’epoca distribuiti in abbinamento a film in proiezione nelle sale, e tra le molte persone che vedono i suoi lavori c’è anche Pietro Germi che lo segnala alla Lux Film, una delle più importanti case di produzione cinematografica.

Dopo un anno trascorso tra la presentazione di vari copioni, tutti puntualmente respinti è la stessa Lux a imporgli l’adattamento da Vasco Pratolini in Le ragazze di San Frediano –  storia di un Don Giovanni di provincia che cerca di sedurre contemporaneamente cinque ragazze, con le 5 ragazze infuriate che poi si vendicheranno di lui – mostra un’ insolita freschezza, una schietta ironia con l’attenzione al contesto geografico di una borgata fiorentina.

Zurlini passa alla Titanus e riesce a realizzare Estate violenta nel 1959. 

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Parliamo adesso del film che altro non è se non la storia d’amore tra uno studente universitario (Jean Louis Trintignan)  e un’affascinante giovane vedova (Eleonora Rossi Drago). Storia ambientata a Riccione, nella riviera Adriatica, negli ultimi anni della seconda guerra mondiale.  Nel luglio del 1943, Carlo  –  insieme a sua cugina Rossana, di lui segretamente innamorata, fa parte di una compagnia di giovani  amici che passano insieme le vacanze estive a Riccione. Come figlio di un  potente gerarca godeva privilegi non indifferenti, soprattutto, grazie al fatto di frequentare l’università, riusciva ad evitare l’arruolamento nell’esercito.

Durante un’ incursione aerea sulla spiaggia  … Colomba la figlia di Roberta – vedova di un ufficiale – corre a rifugiarsi spaventata tra le braccia di Carlo. Carlo, galantemente, accompagna madre e figlia a casa loro … tra i due germoglia un sentimento di reciproca simpatia, che infastidisce Rossana, la fidanzatina di Carlo.

estate violentaLa reciproca simpatia si trasforma presto in passione. Roberta, come molte ragazze dell’epoca aveva subito un matrimonio ”imposto”.  Costretta cioè a sposare un uomo molto più ”grande” di lei … ma  che ”piaceva alla famiglia”. Per dieci anni aveva subito il ”matrimonio” senza poter scegliere nulla. Rimasta vedova e grazie all’incontro con Carlo, scopre una sessualità che le era sconosciuta.  Non vuole rinunciare a questa gratificante esperienza ed è disposta ad andare incontro alle ”ire di sua madre” e a mettere sua figlia Colomba in secondo piano.

La sera del 25 luglio 1943 –  instaurazione del Governo Badoglio e caduta di Mussolini –  il padre di Carlo, potente gerarca fascista, è costretto a fuggire. Vorrebbe condurre con sè il figlio, ma Carlo non vuole allontanarsi da Roberta e preferisce rimanere con lei.  Durante un ”incontro notturno”  sulla spiaggia Carlo e Roberta sono fermati da una pattuglia militare che chiede di controllare i documenti. Quelli di Carlo non sono in regola: il giovane dovrà presentarsi al Comando a Bologna il giorno seguente. L’episodio impressiona vivamente Roberta, la quale pensa con terrore che la guerra sta per toglierle l’uomo che ama. Roberta, all’insaputa di sua madre e di sua figlia,  prende la decisione di nascondere Carlo in una sua villa, a Rovigo, per sottrarlo alla chiamata alle armi. Durante il viaggio il treno subisce un bombardamento aereo che sparge intorno terrore e morte. Nello scompiglio Carlo e Roberta vengono separati: quando si ritrovano, il giovane pretende che la donna ritorni a casa da sua figlia – perché  ha deciso di presentarsi al Comando Militare.

Senza voler giudicare nè la trama, né le scelte dei principali personaggi, ho trovato il film estremamente ”lento”. Quell’intensità di sguardi … che nascondevano emozioni di cui non si aveva il coraggio di parlare, nel mondo del ”whatsApp” sono diventate ”anacronistiche”.  La condizione femminile dell’epoca, che poi era quella di mia madre, mi ha innervosita.

Viva Iddio le cose sono cambiate. Forse sono anche cambiate ”troppo” … ma si sa la cosa difficile è sempre quella di ”fermarsi al punto giusto”.

 

Alla prossima

 

 

Elena

 

 

Altri film di Zurlini : La ragazza con la valigia, Cronaca Familiare, Le soldatesse, Pieta di Novembre, Seduto alla sua destra, La promessa, La prima notte di quiete, Il deserto dei Tartari,

TURANDOT – Forum di Frejus

Ieri sera, assieme a Carlotta, sono andata al Forum di Frejus  a vedere la Turandot.

L’avevo già vista, tanti anni fa al Royal Albert Hall di Londra,  ma devo ammettere di averla apprezzata molto di più ieri sera.

Non tanto perché con gli anni si ”matura” ma soprattutto perché gli inglesi hanno l’abitudine, tra un tempo e l’altro, di ”bere qualche cosa” … ed essendo la Turandot un’opera in tre atti … il terzo praticamente NON me lo ricordo nemmeno! eh eh eh …Non sono mai stata abituata a bere  digiuno … per cui dopo il primo atto ed il primo bicchiere di champagne ero già ”cotta”!

Comunque parliamo un po’ dell’opera, magari per i giovanissimi che non la conoscono.

Turandot è l’ultima opera scritta da Giacomo Puccini prima di morire … ma da lui non terminata. E’ stata successivamente completata da Franco Alfano. La prima rappresentazione ebbe luogo nell’ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile del 1926, sotto la direzione musicale di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso ”Dormi, oblia, Liù, poesia”! In pratica dopo l’ultima pagina scritta da Giacomo Puccini.

Toscanini si rivolse al pubblico con queste parole: ”Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto”! Non so come fu la reazione del pubblico … ma quel che sappiamo è che la sera seguente,  l’opera fu rappresentata completa, includendo cioè  il finale di Alfano, non so se con Toscanini come direttore.

L’incompiutezza dell’opera è ancora oggetto di discussione tra gli appassionati. C’è chi sostiene che Turandot rimase incompiuta non a causa dell’inesorabile progredire del male che affliggeva l’autore, bensì per l’incapacità, o piuttosto l’intima impossibilità da parte del Maestro di interpretare quel trionfo d’amore conclusivo, che pure l’aveva inizialmente acceso d’entusiasmo e spinto verso questo soggetto. Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò invano di risolvere, è costituito dalla trasformazione della principessa Turandot, fredda e sanguinaria, in una donna innamorata.

A sommi capi ecco qui la trama:

”Il principe mongolo Calaf è innamorato della principessa Turandot. Una donna fredda e sanguinaria che non vuole sposarsi e sottomettersi ad un uomo.  Vive infatti in lei il ricordo di un’antenata sottomessa, con la forza, ad un principe conquistatore.  Turandot, per evitare di sposarsi,  sottopone tutti gli uomini che chiedono la sua mano a risolvere tre difficilissimi enigmi, e, se non ci riescono, vengono uccisi. Ma Calaf li risolve tutti e tre … e per amore offre ancora una possibilità alla principessa di esser libera. Nessuno sa chi egli sia, lo chiamano tutti  ”forestiero”. Calef  promette alla principessa, che, se entro l’alba, la sua identità verrà rivelata, Turandot sarà libera. Con l’aiuto di Liù, una schiava innamorata perdutamente di lui, che offre la propria vita piuttosto di svelare l’identità del principe,  nessuno riesce a sapere il suo nome. Calef Si troverà poi da solo con Turandot e … lui stesso, rischiando il tutto per tutto,  rivelerà alla donna la propria identità,  ma … anziché farlo uccidere …

Insomma un bel finale edificante! Vi consiglio di andarlo a vedere!

Una grande orchestra e bravissimi, dal mio punto di vista,  sia il tenore che la piccola Liù. Ovviamente eravamo tutti in attesa di ”nessun dorma”, cercando un qualche difetto … ma cribbio che spettacolo! Calaf (Boris Taskov) è stato bravissimo! Vi regalo il testo della romanza:

Nessun dorma! Nessun dorma! Tu pure, o Principessa,
nella tua fredda stanza
guardi le stelle
che tremano d’amore e di speranza…
Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò,
quando la luce splenderà!
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che ti fa mia.
Voci di donne (le stelle)
Il nome suo nessun saprà…
E noi dovrem, ahimè, morir, morir!
Il principe ignoto
Dilegua, o notte! Tramontate, stelle!
Tramontate, stelle! All’alba vincerò!

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Andare al Forum di Frejus è ormai come stare tra amici, ho incontrato un sacco di persone che conosco, comprese Florence con suo marito Tony, Marie Claude e consorte, Inghe del corso di francese, Philippe con la sua signora.

Questo è il vantaggio di vivere in un posto a dimensione ”umana”!

Alla prossima

 

Elena

 

Altre informazioni:

  • Produzione/Production: ITNG Productions
  • Libretto/Livret : Giuseppe Adami et Renato Simoni, d’après la pièce de Carlo Gozzi
  • Versione originale sottotitolata in francese/Version originale surtitrée en français
  • Direzione artistica/Direction artistique : Tzvety Nechev
  • Regia/Mise en scène : Nina Nayadenova
  • Direttore musicale/Direction musicale : Nayden Todorov
  • Con nel ruolo di Turandot Elena Baramova/Lilli Pignatelli/Avec, dans le rôle de Turandot :  Elena Baramova ou Lilli Pignatelli
  • Liù : Maria Tzetkova/Stanislava Ivanova

IN NOME DEL PAPA RE

… E’ finita perché arrivano gli italiani …  No ! Arrivano gli italiani perché finita!  

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Ieri pomeriggio, assieme a Leonor, Barthè, Janine, Yvette, Jaqueline e Josiane, studenti della sezione italiana della Sasel,  siamo andati al Vox di Frejus a vedere ”In Nome del Papa Re”.

La proiezione fa parte del ciclo ”film in lingua italiana” del Club Italianiste de Provence (C.I.P.),  che ringraziamo per le sempre felici scelte.

E’ un film italiano del 1977 diretto da Luigi Magni. Un film storico e drammatico che si basa su un fatto reale, e che trae spunto dal romanzo: ”I segreti dei processi Monti e Tognetti” scritto da Gaetano Sanvittore.

Il film è il secondo di una trilogia iniziata con: ”Nell’anno del Signore (del 1969)  e conclusasi poi con il film:  ”In nome del popolo sovrano (del 1990) .

Tutti e tre mettono in evidenza il rapporto che l’aristocrazia romana aveva con il potere temporale del Papa, durante gli sconvolgimenti nel Risorgimento Italiano. Il Papato, in cambio della fede cattolica cristiana e del riconoscimento del papa come Re assoluto,  assicurava loro benefici e privilegi.  La nascita dell’Italia, o un qualsiasi altro cambiamento,  avrebbe sconvolto la loro placida e ”agiata” esistenza.

La trama:

Nell’ottobre del 1867,  la  Roma pontificia guidata da Pio IX , viene sconvolta da un attentato dinamitardo compiuto nelle fogne della caserma Serristori. Nell’attentato perdono la vita ventitré zuavi pontifici. I mercenari di provenienza francese, belga e olandese, che combattevano al servizio del pontefice.

La contessa Flaminia, madre biologica del rivoluzionario Cesare Costa, affidato per motivi di ”decenza’, alla povera famiglia Monti affinché lo crescesse, scopre che Cesare è tra gli arrestati.

Cesare è infatti accusato, insieme al fratellastro Giuseppe Monti e all’amico Gaetano Tognetti, di aver compiuto l’attentato.

La contessa si rivolge al giudice della Sacra Consulta Mons. Colombo da Priverno (interpretato da Nino Manfredi) affinché l’aiuti a salvare la vita di Cesare. Per vincere la resistenza del Monsignore gli confessa che è proprio lui il padre dell’arrestato, nato da una loro ”fugace” relazione nel 1849.

Il prelato, sconvolto da questa rivelazione,  riuscirà a liberare Cesare nascondendolo nella cantina della propria casa. Lo libererà grazie alla corruzione e all’abuso di potere … promettendo cioè di perorare la nomina a Vescovo del prelato che controlla le carceri. Quest’ultimo con un ”mellifluo” una ”mano lava l’altra” … gli promette di lasciar liberare il ragazzo.

Monsignor Colombo non riuscirà però a far nulla a favore degli altri due arrestati. Celebre l’arringa da lui tenuta con l’obiettivo di chiedere un gesto di clemenza da parte del Tribunale, nei confronti dei giovani Gaetano Tognetti e Giuseppe Monti. Il suo impegno oratorio non riuscirà a scalfire la mentalità ottusa degli altri componenti del Tribunale. Sconfitto non parteciperà alla votazione, mentre gli altri 11 giudici del tribunale ecclesiastico, voteranno per la condanna a morte dei due giovani.

Per questa arringa verrà pesantemente redarguito sia dal pontefice che dal potentissimo padre generale dei gesuiti – chiamato anche il ”papa nero”, tanta  era la sua influenza.

Il giovane Cesare alla fine non avrà salva la vita perché verrà comunque ucciso in un agguato teso dal marito della contessa che lo credeva il suo amante.

Monsignor Colombo romperà definitivamente i contatti con il generale della Compagnia di Gesù – il ”papa nero” –  rifiutandogli la Santa Comunione durante la Messa.

Il film mette bene in evidenza il declino del potere temporale e delle sue leggi nella Roma papalina. In seguito alla rivoluzionaria arringa di monsignor Colombo, uno degli anziani vescovi, che, ignorando il discorso,  si era addirittura addormentato al tavolo del tribunale, deve venir risvegliato dal sonno, per il tempo necessario a dire ”si’.  Senza nemmeno aver fatto lo sforzo di provar a pensare.

Il decadente e corrotto potere del Papa terminerà tre anni dopo, il 20 Settembre del 1870 con la presa di Roma attraverso la ”Breccia di Porta Pia”.

Nonostante il periodo cupo e travagliato che caratterizza storicamente i cambiamenti epocali, il film riesce ad essere in qualche maniera ”leggero” e divertente, grazie all’interpretazione di un grande Nino Manfredi, che, assieme al ”perpetuo” Serafino (Carlo Bagni) gioca sapientemente con l’umorismo disincantato e solare tipico dei romani.

Alla prossima

 

Elena

 

NUOVO CINEMA PARADISO

Ieri, per la rassegna del cinema italiano, organizzata dal CIP (Club Italianiste de Provence)  siamo andati al Vox di Frejus a vedere ”Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore – un film italiano del 1988.

Della classe di italiano della Sasel (Societè Aygulfoise Sports et Loisirs) oltre alla sottoscritta c’era Bartholomè, Gerard, Syra, Leonor, Jaqueline e Josiane.

Per quanto riguarda Josiane, devo dire che ho avuto i miei soliti problemi di ”fisionomia”! Appena l’ho vista ho dato per scontato fosse lei e l’ho salutata … poi osservandola ancora, ero seduta dietro di lei e quindi la vedevo di  nuca o di profilo, ho sospettato di essermi sbagliata.  Solo all’uscita Jaqueline mi ha confermato che era proprio Josiane.

Che vergogna! Non riconosco le persone …  cosa posso farci? Sarei un testimone inutile anche nel caso assistessi ad un reato! Cosa potrei dire alla polizia? Nulla!

Ma torniamo al film … L’inizio della proiezione è stato in francese! Naturalmente ci siamo lamentati  tutti … il  tecnico è venuto in sala a scusarsi  ed ha ripreso la versione in italiano. Il bello del Vox è anche questo … ambiente più che ”familiare”!

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Salvatore Di Vita, detto ”Totò”,  da quando ha lasciato il paesino di cui è originario (°) non vi è mai più tornato e da trent’anni vive a  Roma, dove nel frattempo è diventato un affermato regista cinematografico.

Una sera, al suo rientro a casa, la ”compagna” con cui vive al momento gli dice di aver risposto ad una telefonata di sua madre che, dalla Sicilia, lo avvisava della morte di un certo Alfredo …

Salvatore resta sveglio per tutta la notte e ricorda la sua infanzia nel Paesino di Giancaldo, dove il cinema è l’unico divertimento e l’unica possibilità di sognare un mondo diverso.

Siamo alla fine degli anni quaranta … Totò è un bambino povero che vive con la sorella e la madre e tutti e tre attendono il ritorno del padre soldato, che risulta disperso in Russia e che non tornerà mai più.

Fa il chierichetto in Chiesa per don Adelfio, parroco del paese e gestore della sala cinematografica “Cinema Paradiso”. Don Adelfio censura tutte le scene di baci all’interno dei film che ritiene troppo sconvenienti. Salvatore, affascinato dal cinematografo, tenta invano di assistere di nascosto alle proiezioni private per il prete e di rubare qualche scena tagliata dal proiezionista Alfredo. Quest’ultimo è un uomo analfabeta con cui Totò cerca di stringere amicizia, nonostante la contrarietà  di sua madre e l’atteggiamento un po’ scontroso di Alfredo.

In occasione dell’esame di licenza elementare a cui partecipa anche Alfredo come ”esterno” Totò riesce ad accordarsi  con lui: il bambino darà ad Alfredo i risultati della prova di matematica, ma in cambio il proiezionista dovrà insegnare a Totò tutti i trucchi del mestiere!

Una sera il pubblico reclama a gran voce il secondo spettacolo e, poiché la sala è stata chiusa, Alfredo e Totò decidono di accontentarli proiettando il film sul muro di una casa della piazza del paese. Mentre Alfredo sorride guardando i suoi concittadini godersi la pellicola,  una scintilla provoca un incendio che si propaga all’interno della cabina di proiezione.

Totò che era sceso  in piazza a guardare il film corre in cabina e riesce a salvare l’amico, che purtroppo però,  perde la vista.

Grazie all’intervento di un concittadino diventato milionario in seguito ad una vincita al ”lotto”,  la sala cinematografica viene ricostruita e prende il nome di “Nuovo Cinema Paradiso”. Inizia così una nuova epoca per questo cinema al cui interno lavora il bambino, che d’ora in avanti proietterà pellicole non più censurate.

Salvatore,  ormai adolescente, conosce Elena, una studentessa figlia di una ricca famiglia, e se ne innamora, ma i genitori di lei non gradiscono la relazione e decidono di trasferirsi. Nel frattempo il ragazzo è chiamato per il servizio militare a Roma e perde completamente le tracce di Elena.  Tornato in Sicilia si rivede con Alfredo il quale gli consiglia di abbandonare per sempre la Sicilia e di cercare fortuna altrove.

Con quest’ultimo ricordo Salvatore torna alla realtà rendendosi conto che, nonostante il successo , nella sua vita manca ”qualche cosa” e decide di tornare.

Il funerale di Alfredo diventa l’occasione per confrontarsi con il suo passato e con le persone che avevano popolato la sua infanzia. Il  tanto amato ”Nuovo Cinema Paradiso” è inutilizzato da anni ed è destinato alla demolizione. Il regista ha anche l’occasione di rivedere Elena, ormai sposata con un vecchio compagno di scuola di Totò. Il più stupido della classe che, guarda caso, si è dato alla ”politica”!

Dopo aver scoperto di non essersi incontrati l’ultima volta per una serie di coincidenze, e anche per l’intervento dello stesso Alfredo, vivono una notte di passione. Notte destinata però a rimanere l’ unica.

Totò non può fare altro che tornare a Roma … con una bobina di pellicola che gli ha lasciato in eredità Alfredo.

Questa si rivela essere un  eccellente montaggio dei baci censurati da don Adelfio. La sua proiezione commuove Salvatore che, grazie a quelle immagini …  fa pace con se stesso e con il suo destino.

Mi era piaciuto allora a mi è piaciuto altrettanto adesso nella versione integrale, quella di circa 3 ore.

Un film delicato e commovente, che non ha paura di evidenziare la ”durezza” della realtà, l’importanza dei sentimenti, il fondamento dei valori reali …  e che sopratutto,  lascia aperta una porta alla ”speranza”.

Alla prossima

Elena

 

(°)(Il Paese di ”Giancaldo”  non esiste realmente ma è il nome di una montagna che sovrasta Bagheria, città natale di Giuseppe Tornatore.)