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La Strada – Cinema Vox di Frejus

Ieri sera, al Cinema Vox di Frejus, abbiamo assistito, nell’ambito della Rassegna cinematografica del Club Italianiste de Provence, gestito da Jerome Reber, il film realizzato nel 1954 da Federico Fellini: ‘’La Strada’’! 

 Già dalla primissima scena sono rimasta colpita dalla nitidezza delle immagini. Un restauro perfetto! Sembrava un film fatto ai giorni nostri anche se in bianco e nero.

Il film è del 1954,  io sono nata nel 1955, quindi non l’avevo visto all’epoca, o, per meglio dire, magari l’ho visto trasmesso per televisione anni dopo, ma ero troppo piccola per poterlo apprezzare. 

Quindi ieri è stata una bella sorpresa. Un tuffo nel cinema neo-realista italiano dell’epoca. 

Stiamo parlando del 1954, l’Italia era in ginocchio in seguito alla guerra e, anche se il Piano Marschall cominciava a dare i sui primi risultati, povertà e miseria erano all’ordine del giorno.

Ecco quindi che una una povera vedova, carica di figli, vende per dieci mila lire la secondogenita Gelsomina Di Costanzo (Giulietta Masina) al violento artista di strada Zampanò (Anthony Quinn) un uomo che si esibisce nelle piazze e nelle fiere di paese spezzando catene di ferro con la sola forza dei propri muscoli pettorali. 

Zampanò durante il suo numero

Gelsomina è una ragazza ingenua ed ignorante e Zampanò la usa come ‘’spalla’’ nei propri spettacoli,  facendole suonare il tamburo, la tromba e, facendole poi tendere in seguito il cappello, per raccogliere le eventuali offerte tra il pubblico. Gelsomina è costretta, suo malgrado, a diventare anche l’amante di Zampanò che però non le dimostra mai affetto ma semplicemente la usa, come un oggetto qualsiasi.

Gelsomina è una creatura dolce e sensibile e tenta invano di fuggire da Zampanò che la maltratta continuamente. Lui la ritrova, la picchia e la costringe a stare con lui. Gelsomina si sente inutile ed ha paura.

Gelsomina con il ”Matto”

Finiti in un circo, Gelsomina fa la conoscenza de ‘’il Matto’’ (Richard Basehart), un equilibrista girovago, mite e gentile che non perde però l’occasione per deridere e umiliare Zampanò. L’incontro con il Matto, questo giovane scherzoso e pieno di vita, apre un spiraglio nella mente di Gelsomina, con queste frasi:

– Io sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì, per esempio.

– Quale?

– Questo… Uno qualunque… Be’, anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto.

– E a cosa serve?

– Serve… Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei?

– Chi?

– Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tua testa di carciofo. 

La convince che stare con Zampanò è una sorta di missione e che lei riuscirà, forse, a cambiarlo in meglio. I due saltimbanchi però litigano e vengono entrambi cacciati dal circo. 

Zampanò viaggiando sulla sua patetica motocarrozzetta, incontra il Matto e, approfittando del fatto che quest’ultimo sta cambiando una ruota, lo prende a pugni. Involontariamente lo uccide, facendogli battere la testa contro uno spigolo dell’automobile. Preso da paura, finge un incidente d’auto e fugge abbandonando il corpo senza vita del povero Matto.

La tragedia fa uscire del tutto di senno Gelsomina, turbata giorno e notte dall’orribile ricordo. E’ spaventata e non riesce più ad aiutare Zampanò che quindi la abbandona addormentata sul ciglio della strada, continuando la sua vita di vagabondo. 

Alcuni anni dopo sente la canzone che usava cantare Gelsomina, si avvicina … chiede informazioni alla ragazza che la canta e scopre che Gelsomina è morta da tempo.

Improvvisamente prende coscienza della sua solitudine: abbandonato da tutti piange su una spiaggia deserta.

Che dire di questa ‘’tragica esistenza’’?  Due individui più diversi non avrebbero potuto incontrarsi. 

Zampanò è un individuo rude, istintivo, la riflessione non fa parte del suo ‘’essere’’.  Le sue necessità sono basilari, animalesche. Si limitano a mangiare, bere, fare sesso. Non riesce ad andare oltre. Non riesce nemmeno ad essere corretto con chi lo ospita, Infatti ruba delle offerte votive, realizzate in metallo prezioso, in un convento in cui è stato ospitato per la notte, cosa che ferisce profondamente la sensibilità di Gelsomina. 

Gelsomina invece è una ‘’donna-bambina’’ che vive la vita reale a modo suo, che ha sogni e speranze che la portano a vedere il ‘’bello’’ ovunque. Gelsomina vede l’invisibile … lei è ‘’spirito’’, Zampanò è invece ‘’involucro animale’.

L’enorme capacità espressiva dei personaggi, fa immedesimare lo spettatore nella storia. La mimica facciale di Gelsomina è un qualche cosa di incredibile. I pensieri che le passano nella testa sono tradotti sul suo viso in maniera magistrale. Qui si sente ancora la scuola di recitazione che risale al tempo del cinema muto.  Come impressionante è la ‘’bestialità’’ che si legge sul viso di Zampanò.

La parola ‘’strada’’ in italiano si presta a più letture.

Strada è la via che ci porta fuori dalla città, che ci fa andare da un paese all’altro, ci fa quindi ‘’viaggiare’’;  

la strada della vita è invece il  ‘’percorso’’ che tutti noi facciamo e che ha per tutti la stessa conclusione;

strada ha anche assonanze negative: vita da strada, significa stare all’aperto, non aver casa né protezioni di sorta, una vita pericolosa; 

– la donna di strada è una prostituta;

– la strada di notte è pericolosa per via di ladri, briganti e delinquenti;

– vivere in strada significa essere dei derelitti emarginati. 

Credo quindi che che il titolo del film sia una ‘’felice sintesi’’ di tutti i significati accennati qui sopra. 

Papa Francesco, durante l’incontro con circa 7 mila tra circensi, giostrai, domatori, artisti di strada, ha detto:  ‘’Voi non potere immaginare il bene che fate: un bene che si semina. Quando suonavano quella bella musica del film “La strada”, io ho pensato a quella ragazza che, con la sua umiltà, il suo lavoro itinerante del bello, è riuscita ad ammorbidire il cuore duro di un uomo che aveva dimenticato come si piange. E lei non lo ha saputo, ma ha seminato! Voi seminate questo seme: semi che fanno tanto bene a tanta gente che voi, forse, mai conoscerete… Ma siate sicuri: voi fate queste cose. E grazie di questo, grazie’’! 

A questo punto non mi rimane che fare i complimenti a Jerome Reber per le sue scelte sempre felici, al Cinema Vox e al Club Italianiste de Provence. Questo è uno splendido film per Natale, ci porta a riflettere e a ritrovare in noi un pò di quella umanità di cui avremmo tutti tanto bisogno. 

Alla prossima

Elena 

Le Traitre – il Traditore …

Domenica scorsa al cinema Vox di Frejus hanno trasmesso, nell’ambito della rassegna cinematografica del Club Italianiste de Provance gestita da Jerome Reber, il film: Le Traitre.

Locandina del film proiettato al Cinema Vox di Frejus in anteprima nazionale in Francia.

Ne parlo solo ora perché sono stata in Italia tutta la settimana dai miei figli ed i miei nipotini e sono rientrata ieri sera, tra l’altro con un viaggio abbastanza faticoso visto che era buio, pioveva e il traffico era sostenuto.

Ma torniamo al film …  ho intenzione di riprendere l’argomento in classe con i miei allievi del corso di italiano, quindi voglio raccogliere un pò di notizie sul personaggio principale, interpretato in maniera magistrale da Pierfancesco Favino. 

Stiamo parlando del ‘’Traditore’’ un film di Marco Bellocchio  che parla della vita di Tommaso Buscetta, un boss della Mafia siciliana che, ad un certo punto, decide di collaborare con la giustizia italiana, rivelando finalmente che cos’è la Mafia. Fino al maxi-processo avvenuto a Palermo del 1986 in Italia la ‘’Mafia’’ non esisteva. Quando si dice ‘’ipocrisia’’ eh?  

Tommaso nasce a Palermo nel luglio del 1928, figlio di una casalinga e di un vetraio, una famiglia poverissima di cui è l’ultimo di 17 fratelli! 

Si sposa a soli 17 anni con Melchiorra Cavallaro con cui avrà quattro figli. Due di questi figli verranno uccisi in seguito dalla cosiddetta ‘’lupara bianca’’ nel corso di una ‘’guerra di mafia’’. 

Per guerre di mafia si intendono le guerre che le bande si fanno tra loro per garantirsi il ‘’potere’’, come le tribù arabe tanto per intenderci. 

Tommaso Buscetta – fotografie prese in rete.

Buscetta si occupa fin da giovanissimo di ‘’mercato nero’’, un mercato che durante la guerra forniva cibo e materiali in cambio di grosse somme di danaro. Durante la guerra esistevano le ‘’tessere di razionamento alimentare’’ e Buscetta, pieno di inventiva, si mise a stamparle ‘’false’’. Queste tessere garantivano cibo ai ricchi palermitani che potevano permettersi di comprarle a caro prezzo. Ovviamente la classe alto-borghese gli fu riconoscente ed iniziarono a chiamarlo, in segno di rispetto, nonostante la giovane età:  ‘’Don Masino’’ .

Alla fine della guerra, continuò su questo ‘’stile’’ di vita, facendo parte della ‘’famiglia mafiosa’’ di Angelo La Barbera per poi passare a quella di Salvatore Greco. 

Questi ‘’passaggi’’ da una famiglia all’altra non erano fatti a tavolino ma a colpi di mitra con agguati per le strade. Durante una di queste ‘’guerre’’ tra ‘’famiglie’’, quella di Ciaculli ad esempio,  morirono ben sette poliziotti. 

Per ‘’cambiare aria’’  i ‘’soldati’’ della mafia lasciavano il paese. Buscetta è vissuto sotto falso nome a Catania, Milano, Zurigo, Canada in America, dove, grazie al danaro della ‘’famiglia Gambino’’ aveva aperto una pizzeria. 

Tornò in Italia per organizzare, assieme ad altre famiglie mafiose, il Golpe Borghese – un Colpo di Stato fatto in Italia nel 1970 dal principe Junio Valerio Borghese fondatore del Fronte Nazionale, che non ebbe, per fortuna, nessun successo. 

Nel 1970 Venne arrestato a Brooklin per traffico di droga ma fu rilasciato dietro pagamento di una cauzione 40.000 dollari . Ovviamente ne approfitta per fuggire e si trasferì in Brasile, da dove iniziò un traffico di eroina e cocaina verso il Nord-America, creando  in pochi anni un sistema di trasporto aereo e costituendo una compagnia di taxi dove poter reinvestire il denaro frutto del traffico di stupefacenti.

Per dieci anni riuscì a eludere la legge, utilizzando false identità (Manuel López Cadena, Adalberto Barbieri e Paulo Roberto Felice), sottoponendosi anche ad operazioni di chirurgia plastica e spostandosi da un paese all’altro, passando per gli Stati Uniti, il Brasile e il Messico.

Arrestato dalla polizia brasiliana per traffico di droga, il 2 novembre del 1972 ed estradato in Italia, venne rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciadone e condannato a dieci anni di reclusione, poi ridotti a otto in appello,  Nel suo deposito blindato in Brasile, le autorità trovarono eroina pura per un valore di 25 miliardi di lire dell’epoca.

Venne trasferito poi al carcere ‘’Le Nuove’’ di Torino nel 1980, dove gli venne concessa la semilibertà. Approfittando proprio della ‘’semi-libertà’’ evase e si nascose a casa di Nino Salvo sotto la protezione dei boss della Mafia Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo, che volevano uccidere Salvatore Riina per prenderne il posto, ed usare allo scopo proprio Buscetta. 

Salvatore Riina, detto Totò nasce a Corleone il 16 novembre 1930 e muore in carcere a Parma il 17 novembre 2017.  E’ stato un boss di Cosa Nostra e considerato il capo dell’organizzazione dal 1982 fino al suo arresto, avvenuto il 15 gennaio 1993. Fu il boss più potente, pericoloso e sanguinario di tutta Cosa Nostra in quegli anni. Veniva indicato anche con i soprannomi ”û curtu”, per la sua bassa statura e ”La Belva” … indovinate un pò voi il motivo.

Buscetta però preferì fuggire e tornare in Brasile, dove si fece fare un’altra plastica al viso e un intervento alle corde vocali per cambiare la voce.

Salvatore Riina, il boss dello schieramento dei corleonesi decise comunque di uccidere Buscetta ma, non trovandolo,  ammazzò i suoi due primi figli, quatto nipoti e il marito della figlia. Alla fine della ‘’guerra’’ tra Riina e Buscetta i parenti ammazzati di quest’ultimo furono 11. 

Buscetta voleva vendicare queste morti e cercò di tornare a Palermo. Iniziò una corrispondenza con un suo ‘’amico’’ in carcere a Palermo per trovare appunto degli ‘’appoggi’’ per poter tornare e vendicarsi.   Nel frattempo però venne arrestato a San Paolo del Brasile con l’accusa di un paio di omicidi avvenuti per la supremazia nel traffico di droga. 

Il giudice Falcone andò in Brasile per interrogarlo sulla struttura mafiosa. Buscetta si rifiuta di collaborare e l’Italia ne chiese quindi l’estradizione. Buscetta pur di non tornare in Italia cerca di avvelenarsi con la stricnina ma viene salvato e portato in carcere in Italia. 

Questa volta decide di collaborare con Falcone. Grazie alla sue dichiarazioni, furono rivelate al mondo le strutture gerarchiche di Cosa nostra, fino ad allora totalmente ignote a causa dell’omertà degli ambienti siciliani. Tuttavia Buscetta rifiutò di parlare con il giudice Falcone dei ‘’legami politici’’ tra Cosa nostra e lo Stato,  perché a suo parere, lo Stato non era ‘’pronto’’ per dichiarazioni di quella portata, e si dimostrò abbastanza generico sull’ argomento.

Nel 1984 venne estradato negli Stati Uniti dove ricevette dal governo una nuova identità, la cittadinanza statunitense e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro Cosa Nostra Americana. 

Nel 1986  testimoniò al Maxi-processo di Palermo e nel processo ‘’pizza Connection’’ che si svolse a New York. 

Solo nell’estate del 1992, in seguito agli attentati in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Buscetta iniziò a parlare con i magistrati dei ‘’Legami politici di Cosa nostra’’, accusando gli onorevoli Salvo Lima, ucciso qualche mese prima, e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione.  In particolare disse di aver conosciuto personalmente Lima fin dalla fine degli anni cinquanta e di averlo incontrato l’ultima volta nel 1980 durante la sua latitanza, e riferì inoltre di aver saputo che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, nel 1979,  sarebbe stato compiuto nell’interesse di Giulio Andreotti, più volte Primo Ministro in Italia.  

Per via di queste sue dichiarazioni fu uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli. Andreotti verrà assolto dall’accusa di aver commissionato l’assassinio di Pecorelli, mentre verrà accertata la sua connivenza con la mafia per i fatti anteriori al 1980, prescritti però al momento dell’emissione della sentenza, e quindi Andreotti tornò tranquillamente a sedersi sui banchi del Parlamento Italiano. 

Buscetta morì di cancro  il 2 aprile 2000, all’età di 71 anni, dopo aver vissuto la maggior parte della sua vita con la sua terza moglie e famiglia in Florida negli Stati Uniti, con nomi falsi. Fu sepolto sotto falso nome a North Miami in Florida.

Buscetta non si è mai considerato un ‘’pentito’’ ma un ‘’uomo d’onore’’ … lui sosteneva fosse la mafia ad esser cambiata, non lui.

Questa la sintesi della vita di un delinquente. Si tende purtroppo a ‘’romanzare’’ questi personaggi, a metterne in risalto i pregi. Ma quali pregi? L’unico pregio di costui è stato quello di aver collaborato con un Magistrato come Falcone. Un magistrato ‘’testardo’’ che ha pagato con la propria vita il proprio impegno nel cercare la verità.

Buscetta è il prodotto miserabile di un sistema malato. Non c’è nessuna differenza tra le lotte intestine nelle varie tribù arabe e quelle della mafia siciliana … nessuna!

I film di Marco Bellocchio descrive l’ambiente in cui Buscetta vive e si muove, e lo fa senza troppa enfasi e senza troppi entusiasmi. Parla di un uomo che, messo alle strette, cerca una soluzione. L’unico vantaggio di Buscetta è che è stato benedetto da un briciolo  di cultura, se non scolastica, assorbita probabilmente tramite ‘’contatti’’ avuti durante i suoi spostamenti in giro per il mondo. Contatti  qualche volta certamente meno miseri di personaggi come Riina – soprannominato la ‘bestia’’ e che non sapeva nemmeno parlare in  italiano.  

Jerome Reber che presenta il film al pubblico.

Complimenti a Jérôme Réber per le sue scelte sempre molto  interessanti.

Alla prossima

Elena

Frejus – Cinema VOX – La Commare Secca

Ieri al Vox di Frejus, nell’ambito della rassegna del cinema italiano del CIP, curata dal bravissimo Jerome Reber, abbiamo visto: ‘’La commare secca’’ di Bertolucci. 

Ecco qui un veloce riassunto, tanto per capire di che cosa stiamo parlando.

‘’Siamo alla periferia di Roma nei primi anni ’50 e, sul greto del Tevere, giace il corpo di una donna assassinata. In base ad alcune testimonianze si giunge ad identificare un gruppo di persone che, verso l’ora del delitto, sono state viste aggirarsi nei dintorni. Un giovane di 19 anni, sostiene di esser passato di là tornando da un incontro con due ”sacerdoti” che gli avevano promesso un lavoro. Invece è un ladro di periferia che, assieme a due complici è andato a derubare le coppie di innamorati. Un altro, un biondo ossigenato ed elegante,  parla di una  passeggiata con la fidanzata. Invece è un ex ladro che fa il mantenuto di una ‘’strozzina’’ e quella sera era finito nel parco litigando con la sua amante per motivi economici.  Poi c’è un militare di leva calabrese che descrive la sua giornata passata ad importunare tutte le ragazze sole che incontrava e che finisce per ammettere di essersi seduto su una panchina nel parco e di essersi addormentato. Tra gli indiziati c’è anche un friulano che indossa un paio di zoccoli e che accusa due ragazzi ‘’sospetti’’ che aveva intravisto quella sera. Si tratta di Francolicchio e Pepito che nel parco quella stessa sera avevano incontrato, senza nemmeno rendersene conto, un ‘’omosessuale’’ che, molto probabilmente sperava di aver con loro rapporti carnali.  I ragazzi però,  approfittando di un attimo in cui l’uomo si apparta,  forse per bisogni corporali,  gli rubano l’impermeabile e quando la polizia viene per interrogarli fuggono spaventati verso il fiume. Pepito viene catturato, mentre l’altro si getta in acqua e annega. L’uomo a cui avevano rubato l’impermeabile, aveva però visto chi aveva commesso il delitto ed avverte la polizia. Si tratta del friulano che viene arrestato mentre balla in una balera’’.

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Il film ruota sull’interrogatorio fatto ai vari sospettati dell’assassinio da parte di un commissario di cui si sente solo la voce ”fuori campo”  e che Bertolucci realizza  con il sistema dei ‘flash-back’. E’ la prima opera di Bertolucci e lo sceneggiatore ed ideatore è Pierpaolo Pasolini.  Non a caso infatti sarà proprio l’omosessuale a risolvere la faccenda, in quanto unico testimone oculare che non si sottrae però dal testimoniare, risolvendo il caso.

Se devo essere onesta sono rimasta un pò scioccata. Non mi aspettavo un film così drammatico, così crudo e così duro. Ho trovato inoltre le riprese un pò ’’scontate’’ … alcune addirittura mi infastidivano, come quei primi piani sfocati e veloci, che mi mettevano persino un pò di nausea.

Noialtri ormai si va al cinema per ‘’divertirsi’’ e per  ‘’dimenticare’’ e gli effetti speciali di oggi ci hanno proprio ”viziato’. Il film di ieri invece ci obbligava a ‘’pensare’’, cosa alla quale non siamo nemmeno più abituati.

Il film ci ha sbattuto in faccia la dura realtà di quegli anni. La realtà di una Roma in cui una larga parte della popolazione viveva in favelas degradanti e non aveva un lavoro. Una moltitudine di persone che vivevano di ‘’espedienti’’ e che cercava di arrangiarsi. 

Gente che era ignorante nel vero senso della parola, in quanto sapevano a mala pena leggere e scrivere ma erano per la maggior parte privi della capacità di ”elaborare”. Non dobbiamo dimenticare che negli anni ’50 la popolazione rurale lasciava in massa le campagne con esodi veri e propri verso le città e verso le industrie. Il fenomeno era dovuto all’uso delle macchine agricole che, se da una parte aumentavano la produttività  dall’altra riducevano la domanda di ‘’braccia’’. Quindi cosa facevano i contadini? Migravano in cerca di lavoro! Semplice no?  

I nuovi mass media, come radio e televisione spingevano le giovani generazioni a cambiare le proprie abitudini di vita.  Le spingevano verso il consumismo e quindi lontane da quell’ autoconsumo semplice della vita contadina, dove la gente si accontentava di pochissimo.

La ricostruzione post-bellica e la nascita dell’industria aumentavano la domanda di lavoro operaio e quindi nuove industrie sorgevano nei pressi delle grandi città che attiravano masse di persone che però,  non trovando lavoro immediatamente vagavano ‘’aggiustandosi’’ come potevano.

Se ci pensiamo un attimo è più o meno la stessa cosa che sta succedendo oggi con l’immigrazione dall’Africa. 

Insomma … il film di ieri sera ci obbliga a pensare e a ‘’fare i conti’’ con la Storia! La Storia che bisogna assolutamente conoscere per poter giudicare il presente. 

Se non si studia la storia si finisce con il credere  e convincersi che ‘’prima’’ si stesse meglio! Ma … ‘’prima’’ quando esattamene? 

Dopo aver visto ‘’La Commare Secca’’ che altro non è se non un modo di riferirsi alla ‘’morte’’, capisco più che mai i commenti delle persone più anziane di me. Io sono nata nel 1955, in pieno boom economico, e quindi se vogliamo essere onesti, pur non avendo navigato nell’oro, sono figlia di gente che ha sgobbato a testa bassa per tirare la caretta, non ho però mai avuto ‘’fame’’. Ho sempre mangiato a sazietà pur essendo cresciuta nella casa dei miei nonni in cui il ”wc” era si ‘’privato’’ ma era sul balcone e d’inverno non è che fosse poi così entusiasmante. Se penso alle lotte che ho sempre fatto con i miei due figli che sotto la doccia ci stavano delle ore … mah. 

Le persone nate prima di me hanno avuto anche fame e non sono poi tanto clementi e comprensive come la sottoscritta  con le giovani generazioni che si lamentano della vita ‘’dura’’ di oggi. La loro vita era molto ma molto più ‘’dura’’ di quella dei ‘’giovani odierni’’. 

Oggi in Italia, un autore famoso come Camilleri, è costretto a lanciare appelli al Governo Italiano affinché non si riducano le ore di studio della Storia nelle nostre scuole di tutti i gradi. Vi sembra normale che un Governo riduca lo studio della Storia? Ma … per quale motivo?

La storia è un bene comune. La sua conoscenza è un principio di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini. Lo storico ha le proprie idee politiche d’accordo, ma è costretto a sottoporre queste sue idee alle prove dei documenti e del dibattito, è costretto a confrontare le sue idee con quelle degli altri e a diffondere la Storia vera. I pericoli della mancanza di conoscenza della storia sono sotto gli occhi di tutti. Oggi si negano fatti ampiamente documentati; si costruiscono fantasiose contro-storie; si resuscitano ideologie funeste e pericolose.  Le ”destre” stanno riscuotendo ovunque ”pericolose simpatie”. Se la storia, come sta avvenendo oggi, viene soffocata nelle scuole e nelle università, esautorata dal suo ruolo … non dobbiamo stupirci se i ragazzi europei giocano facendo selfie sui binari di Auschwitz. Se considerano i ‘’viaggi della memoria’’ come delle semplici gite scolastiche, significa che questi ragazzi sono vittime dell’incuria e dei fallimenti educativi delle nostre società! 

Insomma, non posso dare un giudizio da ‘’esperta di cinema’’ perché non lo sono ma devo riconoscere che il film mi ha messa in contatto con la Storia recentissima del mio Paese, una ”storia” che tendevo a sottovalutare.

Quindi … grazie mille al CIP, grazie mille alle scelte sempre ‘’felici’’ di Jerome Reber.

Alla prossima

Elena 

Film – Il Sorpasso

Ieri, assieme alla mia amica Terry, siamo andate al Vox a vedere la pellicola restaurata del film di Dino Risi, ‘’Il Sorpasso’’ (Le Fanfaron). Pellicola in italiano con sottotitoli in francese.

locandina del film

E’ un film del 1962 e già dai primissimi fotogrammi, in bianco e nero,  mi sono sentita proiettare nel passato.  Nel mondo dei miei genitori … degli abiti di mia madre e delle ironiche aggressività verbali di mio padre.
Ma vediamo di raccontare un pò la trama per chi non la conosce.
Dunque … siamo negli anni del ‘’boom’’ economico a Roma in un giorno di ferragosto.
Bruno Cortona un personaggio fanfarone che vive di espedienti (Vittorio Gassman) gira sulla sua spider come un’anima in pena cercando un telefono nella città deserta.
Il telefono lo troverà a casa dello studente Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant) che è rimasto a casa a studiare per un esame di ‘’diritto’’.
Bruno convince Roberto ad unirsi a lui per cercare un ristorante dove andare a mangiare.
Guida come un pazzo, non rispetta nessun segnale, faranno chilometri prima di trovare finalmente un posto dove mangiare. Ovviamente paga sempre Roberto …
Andranno a trovare gli zii di Roberto, dove Bruno, in men che non si dica, si troverà perfettamente a suo agio. Finiranno poi, nel loro girovagare, nella casa della ex moglie di Bruno dove quest’ultimo proverà pateticamente a confrontarsi con la figlia Lilli, di 15 anni (Catherine Spaak) che esce assieme ad un uomo facoltoso ma che potrebbe essere suo nonno, Bibi (Claudio Gora). Bruno dopo aver storto un pò il naso e fingere di fare il genitore abdica alla ‘’saggia’’ scelta della figlia, la quale, lungi dall’odiarlo, lo trova persino simpatico.
Roberto, un ragazzo per bene, mite ed educato subisce, senza esser capace di liberarsene, l’irruenza e l’ironica aggressività verbale di Bruno. A lungo andare però i modi di Bruno, così diversi da quelli a cui è abituato, lo conquistano ed arriva a ringraziarlo per avergli fatto passare i due giorni più belli della sua vita.
Proprio quando Roberto è convinto di aver trovato un amico, in un sorpasso più azzardato degli altri, l’auto sbanda e finisce fuori strada; Bruno si salva mentre Roberto rimane ucciso sul colpo.
L’ultima inquadratura mostra Bruno che guarda l’auto rotolare sulla scogliera e se ne intuisce il rimorso.
Dino Risi ha prodotto un ‘’capolavoro’’. Il sorpasso ha avuto un grande successo ovunque, compresi gli USA con il titolo di ‘’The Easy Life’’.
Le situazioni in cui si trovano coinvolti, i dialoghi ora amari ora sbruffoni … non stimolano ’’riflessione’’ nei due protagonisti. Sia il romano spaccone sia il timido studente non sembrano accorgersi più di tanto della realtà a volte ridicola a volte mostruosa che li circonda. Ne fanno parte loro stessi, sono concentrati solo sul viaggio … un viaggio che li porta lontano da ogni situazione, da ogni riflessione seria su quanto stanno vedendo, su quello di cui fanno esperienza.
E’ un’Italia che è in piena attività … dove ci sono personaggi che cercano di afferrare il futuro in qualche modo. Chi con lo studio e l’impegno chi, come Bruno, con l’arrangiarsi come capita giorno per giorno.
Nell’arco degli anni film come questi sono andati scomparendo, film che erano in grado, pur sembrando ‘’leggeri’’ di farci ‘’pensare’’ .
Sono stati sostituiti per troppo tempo dai cosiddetti film ‘’panettone’’. Pellicole squallide con l’unico fine di fare quattrini … ma che di stimoli al pensiero ne hanno dati ben pochi, se non proprio nessuno.
Il cinema di oggi sta migliorando, pur con ridotti mezzi economici, giovani registi cercano di trasmettere qualche cosa che non sia confinato a ‘’tette e culi’’ come, ad esempio,  i film di Lino Banfi ed Edwige Fennek.
Tra l’altro … Lino Banfi, è stato messo dal Governo DiMaio/Salvini nella Commissione dell’Unesco, mi piacerebbe sapere che genere di ‘’valore aggiunto’’ potrà portare costui. Mah …
Tornando ‘’Al sorpasso’’ come sempre ringrazio Jerome Reber per le felici scelte, il Cinema Vox per trasmettere le pellicole in Italiano e il CIP – Club Italianiste de Provence per il ciclo dei film in lingua.
Alla prossima

Elena

Canta Napoli …

Il rientro dalle vacanze estive e la ripresa, a pieno regime delle attività del Club Italianiste de Provence, è stato caratterizzato quest’anno dall’evento organizzato da Giuseppe Comes, il direttore del coro ‘’Note azzurre’’ e dalla Presidentessa del Club, Josiane Connan.

Grazie a loro, noialtri abbiamo potuto godere della presenza di un duo d’eccezione. Direttamente dall’Italia sono arrivati Mariano Perrella ed Isabella Alfano e si sono esibiti nello spettacolo ‘’Canta Napoli’’ alla Sala Félix Martin di Saint Raphael.

Isabella Alfano e Mariano Perrella alla Sala Felix Martin di Saint Raphael

St. Raphael durante lo spettacolo Canta Napoli

Saint Raphael, seconda parte dello Spettacolo, qui Isabella Alfano e Mariano Perrella cantano assieme a Giuseppe Comes. (Le foto sono fatte dalla sottoscritta con il cellulare … quindi portate pazienza)

Inutile dire che, per chi ama la musica napoletana, si sia trattato di un autentico regalo! La musica è un linguaggio ‘’universale’’ che arriva a tutti quanti, indipendentemente dalla lingua materna.  La musica napoletana inoltre è talmente conosciuta che sfido chiunque a sentire le prime note di ‘’O sole mio’’ e non riconoscerla! La sera dello spettacolo alcune mie amiche, tra cui una tedesca ed un’olandese erano entusiaste! 

Ma torniamo ai nostri due artisti.

Iniziamo da Mariano Perrella, che già molti conoscono in quanto aveva partecipato, a titolo gratuito grazie all’amicizia che lo lega a Giuseppe Comes, allo spettacolo organizzato nel 2016 dal CIP e dal Municipio di Frejus, per la raccolta di fondi da destinare ai terremotati.

Perrella è un affermato musicista italiano. E’ un cantautore, un chitarrista, un pianista e, da vero napoletano, suona benissimo il mandolino. Nella sua carriera ha suonato e registrato per grandi artisti italiani come Domenico Modugno (l’interprete di Volare), Massimo Ranieri, Renato Zero, Nino Manfredi, Gabriella Ferri, Mia Martini, Rino Gaetano, Renato Rascel, Gigi Proietti e tanti altri ancora. Ha scritto musica per alcuni film e per alcune emissioni televisive.

Ed eccoci ora alla giovane promessa della musica italiana, Isabella Alfano.

Come non spendere due parole sulla bellezza di questa giovane donna? Isabella ha ventisette anni, è alta, snella, gode della carnagione ambrata delle donne del Sud e, per farla breve, somiglia fisicamente a Sophia Loren, il che la dice lunga sulla sua bellezza. Isabella gode però di un’altra dote che, considerato il mestiere scelto, la rende perfetta.  Ha una bellissima voce: potente, calda, avvolgente e, pur essendo romana di nascita, interpreta alla perfezione la musicalità della ‘’parlata napoletana’’.

Isabella è la prima vocalista del cantante italiano Edoardo Vianello, ha partecipato e vinto numerosi concorsi destinati ai giovani cantanti, è stata tra le finaliste nella categoria ‘’giovani’’ al festival della canzone italiana di Sanremo e, attualmente, studia musica e canto al Saint Louis College of Music di Roma (°)  ed è prossima alla laurea. Isabella però, prima di fare questa scelta, era iscritta a Giurisprudenza. Una scelta quasi obbligata visto che è la figlia di una mamma che lavora nella Polizia di Stato e di un papà carabiniere. Ebbene si, Isabella è figlia di due membri delle forze dell’ordine italiane e quindi diciamo che, fin da piccoli, lei e suo fratello sono stati ‘’inquadrati’’ a certi valori e a certi comportamenti.

Ora … scegliere questo tipo di ‘’carriera’’, lasciando la facoltà di legge, ha portato molto probabilmente un pò di scompiglio nella vita degli Alfano, ma, alla fin dei fini tutto si è sistemato. Quando amore, rispetto e passione convivono in maniera equilibrata, le soluzioni si trovano sempre. 

Secondo me avere delle passioni nella vita aiuta moltissimo. Ho un rispetto enorme per chi vive della propria ‘’arte’’. Inutile fare l’avvocato infelice, molto meglio fare l’artista e vivere ogni giorno con passione.

Isabella e Mariano si sono incontrati grazie all’amico comune Edoardo Vianello ed hanno iniziato il loro sodalizio musicale con successo. Recentemente hanno registrato il CD, ‘’Una chitarra e due voci’’, che ovviamente ho già comprato. 

eccolo qui …

Che dire? Grazie ancora di tutto cuore ad Isabella e Mariano per le due bellissime serate che ci hanno regalato. La prima, al Teatro di Saint Raphael e la seconda, molto più conviviale, al ristorante la ‘’Bella Trattoria’’ di Frejus, dove, come due amici, hanno suonato e cantato con noi un pò di tutto.

Isabella e Mariano gentilmente si sono prestati a suonare e cantare in una serata conviviale alla Bella Trattoria di Frejus.

Un ringraziamento particolare al CIP che, per molti di noi, è diventato ormai una sorta di ‘’famiglia’’con cui passare momenti piacevoli. Credo fosse proprio quello lo scopo del suo fondatore, lo scomparso Learco Calitri che tutti ricordiamo con affetto. 

Alla prossima

Elena 

 

 

(°) Collegio autorizzato dal MIUR,  l’Istituto di alta formazione artistica e musicale.

Ho conosciuto Mariano Perrella! Chi lo avrebbe mai detto? 🙂

CINEMA VOX FREJUS – IL RAGAZZO INVISIBILE

Martedì 9 gennaio, in occasione dell’apertura del 21esimo festival del cortometraggio, ci siamo ritrovati al cinema Vox di Frejus.

La corale ‘’Note azzurre’’, del Club Italianiste di Provence, ha aperto la serata cantando alcune canzoni folcloristiche italiane, sotto la direzione di Giuseppe Comes.

La serata è poi continuata con il cortometraggio italiano ‘’la Chance’’ di Andrea Garofalo.

La graziosissima Emilie Van Wormoudht, presente in sala e attrice protagonista del cortometraggio di cui sopra, ci ha confessato di quanto sia stata felice di poter girare questo ‘corto’’ che è stato ideato e realizzato nell’arco di una sola giornata.
Ora non voglio parlare del cortometraggio più di tanto, in quanto non possiedo gli ‘’strumenti’’ critici per poterlo fare, mi limito quindi ad accennare alla trama in maniera veloce.
‘’Il povero protagonista di ‘’chance’’ (fortuna) ne ha proprio poca. E’ stato licenziato, è disperato e, mentre mugugna sui suoi guai, una giovane e bella francesina fa l’autostop. Lui la carica in macchina, gli confessa di esser stato licenziato e le domanda che lavoro faccia. Lei gli risponde di non lavorare ma di ‘’vivere alla giornata’’ . Anzi, gli dice di essere come l’acqua … l’acqua che scorre verso il mare libra e felice. I due , visto che il film è girato ad Ostia, vanno al mare. Sulla spiaggia chiacchierano, camminano e si addormentano entrambi sulla sabbia. Al risveglio il protagonista maschile si trova solo, la bella francesina è scomparsa”!
Fine del cortometraggio!
L’unica cosa che ho immediatamente pensato è stata: ‘’Ma lei gli avrà rubato la macchina’’? 🙂

Ma parliamo piuttosto del film proiettato in seguito, si trattava de: il ‘’Ragazzo invisibile’’ di Gabriele Salvatores.

Il film parla di adolescenti e del malessere che li attraversa in questo periodo, ma non è rivolto solo a loro, il pubblico adulto si riconosce benissimo, in quanto genitore di adolescenti che crescono in un mondo ‘’difficile’’.

La storia ha per protagonista Michele, un adolescente come tanti, che vive in una tranquilla Trieste in riva al mare. Michele non è particolarmente brillante a scuola. Non rende molto a livello scolastico e anche nello sport non ha risultati di rilievo.
Ma a lui non importa nulla, quel che vorrebbe è passare inosservato il più possibile, per evitare il mobbing di due antipatici ‘’bulli’’ che lo tormentano in continuazione, picchiandolo, umiliandolo e rubandogli i soldi.
La mamma di Michele è il commissario della Città (Valeria Golino) ma lui alla mamma non racconta nulla delle angherie che gli fanno subire i compagni cattivi, né racconta i propri guai alla sorellina più piccola.
Michele è teneramente innamorato di Stella, una bionda e bella compagna di classe, ma, impacciato e timido com’è, non riesce nemmeno a rivolgerle la parola, figuriamoci poi confessarle di avere una simpatia per lei.
Un giorno, grazie ad uno strano e misero costume comprato in un bazar cinese per una festa di Halloween, Michele scopre di avere un potere incredibile.
Può diventare invisibile! Inutile dire che un mondo nuovo si apre davanti a lui.
Grazie all’invisibilità riesce finalmente ad avvicinare Stella e a prendersi anche qualche rivincita nei confronti dei due antipatici ‘’bulli’’.

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Intanto però in città scompaiono dei bambini. Strani personaggi rapiscono bambini e, davanti agli occhi esterrefatti di Michele, anche Stella viene rapita.
Michele cerca di salvarla ma non ci riesce e la bambina viene caricata su un furgone e portata via.
Michele intanto è avvicinato da uno strano personaggio cieco, che è in realtà il padre biologico del ragazzo.
Grazie al padre scopre che il potere dell’invisibilità non deriva dal ‘’costume’’ ma bensì dal fatto che Michele è un ‘’mutante’’. Figlio cioè di una coppia che aveva subito mutazioni genetiche, in seguito ad un incidente nucleare in Russia, e che era tenuta prigioniera e fatta oggetto di studio da una non ben identificata organizzazione statale russa.
Il potere dell’invisibilità si è manifestato solo ora inseguito alla ‘’tempesta ormonale’’ tipica del periodo adolescenziale.
Michele viene a sapere che il padre non lo ha mai abbandonato ma che lo ha sempre seguito telepaticamente. Il padre gli racconta anche che la sua vera mamma è stata uccisa durante il loro tentativo di fuga dal campo in cui erano rinchiusi e studiati come cavie.
Gli confessa anche che, non potendosi prendere cura di lui, aveva scelto il commissario come mamma adottiva, lasciando Michele, allora piccolo in fasce, davanti alla porta di casa della polizziotta.
Gli strani e inquietanti personaggi russi, cercano di catturare Michele ma, grazie ai suoi poteri, il ragazzo elimina questi ‘’cattivi’’ e salva se stesso ed i suoi amici tenuti prigionieri.
Michele torna a casa, la scuola riprende e lui, ormai sicuro di sé, grazie al potere che si ritrova, comincia una nuova esistenza senza paure.

Che dire? A me è piaciuto. Un film italiano di ‘’fantasy’’ e perchè no? Ho sempre amato i fumetti e non vedo perché noi non potremmo fare film di questo genere.
Secondo me, nonostante la recitazione un pò ‘’piatta’’ dei ragazzi, ma d’altronde i ragazzi sono ragazzi … il film scorre piacevolmente, è interessante e gli effetti speciali sono fatti bene.

Grazie come sempre a Jerome Reber per le ottime scelte e al CIP (Club Italianiste de Provence) che ci dà l’occasione di per poter vedere film in lingua italiana.

Alla prossima

Elena

FORTUNATA – film di Sergio Castellitto

Ieri al cinema Vox di Frejus, nell’ambito della rassegna del ‘’cinema italiano’’ gestita da Jerome Reber e dal Club Italianiste de Provence, c’è stata la proiezione del film ‘’Fortunata’’ diretto da Sergio Castellitto e scritto da Margaret Mazzantini, sua moglie.

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Il film è ambientato principalmente a Tor Pignattara nella periferia di Roma, mentre alcune altre scene sono state girate in Liguria.
Credo di dover dare, a beneficio degli spettatori francesi, qualche notizia su Tor Pignattara, che è un quartiere un pò … ‘’speciale’’ di Roma.
Dunque vediamo un pò … prima di tutto bisogna dire che Tor Pignattara è una specie di ‘casbah'”.
E’ infatti uno dei quartieri più multietnici della capitale e soffre di un degrado notevole. La convivenza obbligata tra i pochi italiani rimasti e la variegata popolazione extracomunitaria si fa ogni giorno più difficile. Un recente reportage televisivo di Rainews24 ha raccolto informazioni destabilizzanti, come ad esempio il fatto che gli extracomunitari lascino ad essiccare sui balconi pesci e carne di manzo, infischiandosene delle più elementari norme igieniche. Ed è proprio l’igiene molto spesso al centro dei problema. Dice un intervistato: “Un giorno sono dovuto entrare nell’appartamento dei signori che vivono al piano di sopra perché c’era una infiltrazione d’acqua in casa mia … non le dico la sporcizia che ho trovato. Vivono ammassati, non è colpa loro ma di chi affitta le case e che non controlla”.
Il ‘’business’’ infatti ruota proprio attorno al mercato immobiliare: i vecchi residenti del quartiere pur di andarsene svendono le proprie case e chi le compra lo fa con l’obiettivo di ammassarci dentro il più alto numero di extracomunitari così da massimizzare i profitti.
Ovvio che in un posto simile droga, prostituzione e malavita organizzata la facciano da padroni. Ed altrettanto ovvio che ‘’alzare la testa’’ in posti simili non sia facile.
Fatta questa premessa … parliamo ora del film:
La protagonista, interpretata da una brava Jasmine Trinca, si chiama ‘’Fortunata’’ ma di fortuna nella sua vita, questa creatura, ne ha avuta proprio poca.
Fortunata è la madre della piccola Barbara (Nicole Centanni ), si sta separando da un marito ‘’difficile’’ e sogna di aprire un negozio di parrucchiera.
Per questo ‘’sogno’’ lavora come ‘’parrucchiera a domicilio’’ sperando di raggranellare il denaro sufficiente per aprire ‘sto benedetto negozio che potrebbe renderla autosufficiente.
Siamo nel mese di agosto, non c’è scuola e Fortunata, dal momento che è orfana e non può quindi nemmeno contare su dei ’nonni’’ a cui affidare la bimba,  è costretta per lavorare a mandare la figlia in un asilo frequentato soprattutto da extracomunitari.
A condividere il sogno di ‘’aprire il negozio’’ c’è ‘’Er Chicano’’ (Alessandro Borghi) un amico di infanzia di Fortunata, ma anche un tossico disperato, costretto ad occuparsi della propria madre, una ex attrice di teatro malata di Alzheimer, che va controllata 24 su 24. ‘’Er Chicano’’ fa tatuaggi ed insieme a Fortunata coltiva la  speranza di aprire questo negozio, un sogno che potrebbe dare una svolta alla loro disperazione.
Fortunata usa il denaro che l’ex marito da per il mantenimento della bambina per pagare l’affitto. L’uomo che fa la guardia giurata (Edoardo Pesce) è un violento che la critica di come si occupa della bambina, che la umilia insultandola e che, forte del fatto di pagare la pigione, la violenta regolarmente, sostenendo di essere ancora lui il ‘’padrone di casa’’.
La bambina, a sua volta, vive con la madre un rapporto conflittuale, sia per la difficile separazione in atto, sia per il lavaggio del cervello che il padre le fa per metter in cattiva luce la mamma.
Questa conflittualità sfocia in un atteggiamento aggressivo da parte della bimba e le assistenti sociali obbligano la famiglia a sottoporre la bambina ad una terapia presso uno psicologo della ASL – Patrizio, interpretato da Stefano Accorsi.
Fortunata inizialmente vive male questa ‘’imposizione’’ … le sedute dallo psicologo portano via tempo prezioso al suo misero lavoro di parrucchiera. Senza lavoro il sogno del negozio diventa sempre più lontano.
Ma … tra Fortunata e lo psicologo nasce una simpatia che si trasforma presto in un rapporto più ‘’impegnativo’’ e che fa sperare a Fortunata di aver trovato finalmente una persona con cui condividere una ‘’vita migliore’’.
Sicura di questo ‘’rapporto’’, chiede denaro in prestito ad una usuraia cinese ed apre il negozio. Nel frattempo accetta di passare un weekend assieme allo psicologo a Genova durante un fine settimana in cui la bimba avrebbe dovuto stare con il padre. All’ultimo momento il padre non si presenta e lei, piena di rimorsi, lascia la bambina all’amico di infanzia ‘’Er Chicano’’.
Purtroppo la bimba sfugge alla custodia di quest’ultimo, sale su una scala, cade e viene ricoverata con una commozione celebrale.
La madre, avvertita dell’incidente, torna immediatamente a Roma e va all’ospedale. Il padre chiede l’affidamento unico della bambina facendo passare Fortunata come ‘’madre indegna’’.
Distrutta dal dolore … cerca aiuto e conforto presso Patrizio che però, a lei chiede soprattutto ‘’sesso’’, senza darle un sostegno reale. Nel frattempo ‘’Er Chicano’’, rinuncia a combattere con la madre malata e la spinge nel fiume facendola annegare.
Le cose precipitano … Fortunata va in commissariato a cercare l’amico e prova a giustificarlo, sostenendo che ha semplicemente aiutato la madre ad ‘’andarsene’’; che in fondo si è trattato solo di un gesto d’amore! Patrizio è esterrefatto dagli eventi e accusa Fortunata di essere pazza e di non rispettare le regole basilari dell’esistenza, come ad esempio quella di non ‘’uccidere’’!
Fortunata, al limite della disperazione, gli confessa di aver, lei stessa da bambina, lasciato morire annegato il padre che, in preda alla droga era caduto privo di sensi sul bagnasciuga … e le onde lo avevano portato in mare aperto.
Nei giorni seguenti Patrizio riesca a far ricoverare ‘’Er Chicano’’ in una struttura per malati mentali evitandogli, almeno in questo modo, il carcere.
Non ho capito se Patrizio ha guadagnato al lotto, giocando i numeri datigli proprio da Er Chicano, ma in ogni caso non ne parla a Fortunata e la lascia sola. Nemmeno lui vuole ‘’impegnarsi’’ in un rapporto più concreto con una donna tanto provata dalla vita e quindi, nonostante faccia lo psicologo, sente di non avere gli strumenti per vivere con una come lei.
Fortunata restituisce le chiavi del negozio all’usuraia cinese, non avendo ormai né i soldi per ripagare il debito, nè la forza per lottare.
A salvare questa situazione miserabile sarà sua figlia che, rifiutandosi di stare con padre, preferisce tornare dalla mamma. Fortunata quindi, assieme alla sua bambina, continuerà a vivere e sperare.

E’ un film davvero ‘’duro’’. Fortunata non voleva stare con un uomo che la umiliava e la picchiava, si era sposata ‘’giovanissima’’ immaginandosi chissà che cosa, ma fin troppo in fretta i suoi ‘’sogni’’ si erano spezzati. Il problema è che gestire una separazione tra persone ‘’incivili’’ e ignoranti diventa complicatissimo per tutti.
I film del neo-realismo italiano degli anni ’60, confrontati a questo, sembrano film di Walt Disney. Allora c’era un mondo ‘’povero’’ ma era un mondo ‘’pulito’’, che nonostante la mancanza di cibo aveva dei valori di riferimento, una sensibilità umana e soprattutto una ‘’speranza’’ di riscatto.
Oggi la realtà è ben peggiore. Nelle città, anche nei quartieri degradati, non si muore di fame … ma … non si ha più nulla.
Questo film mi ha fatto venire in mente quei quartieri malfamati di New York, quartieri prede dei clan dello spaccio, dove violenza e sopruso la fanno da padroni. Dove collaborazione ed aiuto sono sempre più rari, dove ognuno vive nel ‘’proprio orticello’’, dove l’aiuto che trovi è quello di ‘’un border line’’ come ‘’Er Chicano’’, buono come il ‘’pane’’, ma talmente fuori di testa da diventare pericoloso.
Abbiamo finalmente anche noi raggiunto lo standard di vita della ‘’Grande America’’ … tra un pò, se andiamo avanti così, la polizia inizierà a sparare ad altezza uomo, anche a Tor Pignattara.

Alla prossima
Elena

La ragazza con la valigia …

Il CIP, Club Italianiste de Provence, nell’ambito della serie di film in lingua italiana,  ha fatto proiettare al Cinema Vox di Frejus:  ”La ragazza con la valigia”,  un film del 1961 diretto da Valerio Zurlini. Sono andata a vederlo assieme a Simone, Yvette, Muriel e Yannick .

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la locandina del Film

Trama

La storia si svolge in estate tra Parma e la Riviera romagnola.
Aida Zepponi (Claudia Cardinale) una giovane e bella ragazza che aspira a diventare una cantante è stata sedotta, o forse per meglio dire, si è fatta sedurre, da Marcello (Corrado Pani) credendolo un imprenditore artistico.
Marcello è un viziato, ricco dongiovanni appartenente alla ”Alta borghesia” che cerca di portarsi a letto la bella Aida. Nel film non si capisce se abbiano avuto o meno ”rapporti carnali”, ma, sta di fatto, che Marcello stanco di lei la pianta in asso.
Aida per seguire Marcello aveva lasciato Piero (Gian Maria Volontè) che suonava in un gruppo musicale.
Marcello aveva dato ad Aida un falso cognome ma il numero di telefono era quello giusto, quindi Aida lo rintraccia e si presenta a casa sua.
Marcello chiede al fratello minore,  Lorenzo,  (Jacques Perrin) di andare lui alla porta e liberarsi della donna.
Lorenzo è impietosito alla vista di una bella donna sola e con una pesante valigia … e le consiglia una piccola pensione poco lontana.
Lorenzo, sedicenne inesperto, si innamora perdutamente di Aida e le procura una camera in un Hotel della città, utilizzando il denaro destinato al Parroco (Romolo Valli) amico di famiglia, che gli dà ripetizioni.
Il comportamento di Lorenzo cambia e la zia, che si occupa di lui, è preoccupata. Il ragazzo non studia … rientra tardi … racconta bugie.
Aida, apprezzando la gentilezza e le attenzioni di Lorenzo confessa a quest’ultimo di aver un bambino. Lorenzo è sconvolto ma l’amore ha il sopravvento e la sera dopo raggiunge Aida nell’Hotel, sperando di passare assieme una serata, invece si ritrova a cena con degli sconosciuti e poi a guardarla ballare con un uomo maturo fino a mezzanotte. Aida che sogna di fare la cantante, beve come una spugna tutte le promesse che le vengono fatte.

Il Parroco don Pietro, organizza un incontro con Aida e le spiega che Lorenzo è il fratello minore di Marcello, le chiede di non approfittare di lui, e le chiede di lasciare Parma.
Aida torna a Rimini dove lavora Piero e gli domanda di poter tornare a cantare con loro. Piero, ancora offeso, le dà un ceffone e la manda via.
Un  amico di Piero, Romolo (Riccardo Garrone) attratto dall’avvenenza di Aida, le offre da bere … le fa promesse … e passa il resto del pomeriggio con lei. Aida nonostante sia ubriaca non gli crede e non cede le sue grazie, accettando però del denaro.
Lorenzo la raggiunge mentre Aida è con Romolo. Tra i due, Lorenzo e Romolo, nasce una rissa e, prima che Lorenzo si faccia troppo male, dei passanti allontanano Romolo. Sulla spiaggia Aida e Lorenzo si scambiano il loro primo e forse unico bacio.
Aida accompagna alla stazione Lorenzo, che deve ripartire per Parma. Sono le due di notte … Lorenzo le consegna una busta dicendole che contiene una lettera, in realtà contiene solo del denaro. Aida vede il treno di Lorenzo partire, poi, immersa nei suoi pensieri esce dalla stazione e cammina senza una meta precisa.

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Che dire?

Bellissima Claudia Cardinale, bravo il giovane Jacques Perrin, i lunghi primi piani sui loro visi, hanno il ”sapore” del dramma e sono un po’ anacronistici se paragonati all’azione frenetica dei film di oggi.
Nonostante la lentezza di alcune scene l’argomento è comunque di grande attualità.
Una giovane senza ”mezzi” né economici né culturali, che insegue il sogno di diventare una cantante famosa.
Un ragazzo sedicenne che si innamora perdutamente della bella donna, pseudo-indifesa, che rincorre il proprio sogno.
Cosa c’è di più romantico?
In fondo anche Macron si era innamorato della matura Brigitte no? Il livello culturale … ed il periodo ”storico” in quest’ultimo caso sono molto diversi, tant’è che le cose sono andate in modo altrettanto diverso.
Ma continuiamo a parlare del ”periodo” in cui si svolge il film in questione.
Dunque, il film è del 1961, all’epoca le donne in Italia erano ancora viste principalmente come: spose e madri. Fare l’attrice, la cantante, la ballerina, era un qualche cosa che usciva dagli ‘schemi classici” accettati e condivisi dalla mentalità generale della società.
Una donna poteva lavorare certo, ma, per la medio-alta borghesia l’insegnamento, la libera professione, la segretaria,  erano lo sbocco ottimale, mentre per il ceto basso,  l’operaia in catena di montaggio o la donna delle pulizie a casa altrui, erano le attività riconosciute socialmente e non compromettenti.
Mestieri cosiddetti ”artistici” avevano sempre un risvolto considerato ”frivolo” e quindi, automaticamente la donna diventava di ”facili costumi”.
Quindi per ”riuscire” nel campo dello spettacolo la donna doveva sottostare a delle regole. Inutile dire di che regole stiamo parlando no?
Per farla breve potremmo sintetizzare con: ” O me la dai … oppure quella è la porta”!
Nella maggior parte dei casi quindi, le donne erano ”prede-vittime” consapevoli o meno di ricchi ”industriali e/o produttori che, o le mantenevano, o le facevano lavorare in cambio di sesso.
Nel film in oggetto l’argomento ”sesso” è trattato in maniera molto elegante, lasciando allo spettatore ampia immaginazione.

Ognuno quindi è libero di interpretare se la bella Aida avesse o meno concesso le sue grazie. A qualcuno doveva averle concesse, visto che aveva un figlio, ma lo aveva fatto per amore o per interesse?
Secondo me … che sono una ”romanticona” lo aveva fatto per amore!

Ringraziamo Jerome Reber per le scelte sempre felici.

Alla prossima

Elena

SEDOTTA E ABBANDONATA …

Ieri sera, domenica,  sono andata al Vox di Frejus per assistere alla proiezione di ”Sedotta ed abbandonata”.
Della ”classe di italiano” della Sasel ho incontrato Monique G. e Jean Paul B.

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Sedotta ed Abbandonata è un film di Pietro Germi del 1964, girato a Sciacca (°) in Sicilia, una produzione italo-francese distribuita dalla Paramount.

Trama:

Tutto ha inizio in un torrido pomeriggio d’estate durante la ”siesta” … e la faccenda è complicata , perché il seduttore in questione è niente-di-meno che il fidanzato della sorella maggiore di Agnese, Matilde.
Il ”fattaccio” avviene in un pomeriggio estivo siciliano durante la ”siesta” che in Sicilia è un ”dovere”! Fa caldo …  il cibo è pesante e … dopo aver pranzato tutti vanno a dormire. Nelle fresche camere da letto trovano un po’ di refrigerio durante la difficile digestione ed il caldo africano!
Matilde, il suo fidanzato Peppino ed Agnese sono in salotto.  Matilde dorme sul divano mentre Agnese fa i compiti.  Peppino fa delle ”avances” alla inesperta Agnese … la porta sul terrazzino  e … ”approfitta” di lei!
Quando il ”fattaccio” viene scoperto il padre, Don Vincenzo,  obbliga Peppino a sposare Agnese.
Matilde, non sa nulla dell’accaduto, crede semplicemente che il fidanzato l’abbia lasciata, ma pur di non rimanere zitella, accetta il nuovo ”fidanzato” impostole dal padre, e ripiega quindi su un brutto barone squattrinato.
La ”dura legge” dell’onore siciliano, viene messa in evidenza, in maniera sconcertante,  quando il Peppino seduttore si rifiuta di sposare la sedotta Agnese!
”Ma come”? diremmo noialtri oggi, il seduttore impazziva per lei e lei era, segretamente, innamorata di lui come possono esserlo solo le ragazzine di quell’età che ”sognano l’amore …
Ebbene lui non la voleva perché NON più illibata!
Forzando il concetto in maniera grottesca sosteneva convinto: ”Se ha ceduto a me, avrebbe potuto cedere a chiunque”, quindi … è una puttana”!
Incredibile no? Mica tanto per quegli anni in Italia e assolutamente NON tanto per la Sicilia!

A proposito del film, ecco cosa dice il critico cinematografico Enrico Giacovelli (°°) :

”Questa è probabilmente la commedia più violenta e congestionata, ai limiti dell’isterismo, della trilogia barocca di P. Germi, aperta da Divorzio all’italiana (1961) e chiusa da Signore e signori (1965). E’ una farsa tragica con qualche vertigine grottesca, una tarantella macabra che accompagna con forzata allegria i funerali della ragione.
Non esiste, forse, un film più anti meridionale e anti siciliano nel suo tiro al bersaglio contro la concezione insulare dell’onore. Galleria di personaggi brutti sporchi e cattivi su cui il regista s’accanisce con zoom e obiettivi deformanti, con le armi della natura incattivita e della farsa acida.

Questo film potrebbe sembrare anacronistico per i giovani di oggi, ma per le generazioni precedenti, soprattutto nel sud Italia è percepito come qualche cosa di molto vicino e reale.

In Italia le leggi contro il cosiddetto ”omicidio d’onore” sono state, fino al 1981, troppo lievi rispetto ad altri tipi di omicidio che prevedono da 24 anni in su, fino all’ergastolo.

Ma … che cos’è esattamente ‘sto ”omicidio d’onore”? Ecco la definizione giuridica:

Codice Penale, art. 587 – ”Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

Quindi l’art. 587 del codice penale consentiva che la pena fosse ridotta per chi uccidesse la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere “l’onor suo o della famiglia”.

Per ottenere la riduzione della pena era necessario che ci fosse uno stato d’ ira … (di rabbia), che veniva in pratica sempre presunto. La ragione della riduzione della pena veniva giustificata dalla “illegittima relazione carnale” che coinvolgesse una delle donne della famiglia; di questa si dava per acquisito, come si è letto precedentemente, che costituisse offesa all’onore.
Anche l’altro protagonista della illegittima relazione poteva dunque essere ucciso contro egual sanzione.

Esisteva comunque quello che era chiamato il ”matrimonio riparatore” che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale, nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando così l’onore della famiglia.
Ecco perché i giovani ricorrevano, per delle unioni contrastate dalle loro famiglie, alla cosiddetta: ”fuitina”. O ”piccola fuga”. I giovani scappavano assieme, facendo in modo che tutti sapessero e tutti li vedessero fuggire, rimanevano soli,  nascosti da qualche parte per una notte,  e poi tornavano dicendo di aver avuto ”rapporti sessuali” e che quindi erano obbligati a sposarsi. L’onore era comunque salvo!

Tornando all’ordinamento penale italiano si è dovuti arrivare alle sentenze della Corte Costituzionale del 1968 e 1969, per vedere puniti finalmente l’adulterio e il concubinato del marito e NON solo quello della moglie. Prima del 1969 infatti l’art. 559 prevedeva la punizione del solo adulterio e concubinato della moglie, mentre in marito, in quanto ”uomo” poteva fare tutto quello che voleva!  Sigh … 🙁

Solo dopo il referendum sul divorzio nel 1974, dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975 (legge 151/1975) e dopo il referendum sull’aborto del 17 maggio 1981, le disposizioni ”riduttive” sulle pene nel delitto d’onore furono abrogate (eliminate) con la legge n. 442 del 5 settembre 1981.

Alla luce di quanto sopra, possiamo davvero dire che il film di Pietro Germi, Sedotta ed Abbandonata, sia una commedia che rientra nell’ambito della sensibilizzazione della popolazione italica in termini di libertà ed emancipazione della donna. Così come lo era stato il suo precedente film: ”Divorzio all’italiana”.

In un mondo, privo di Internet, dove le notizie viaggiavano lentamente, dove la RAI, in quanto tv di Stato, era assoggettata ai poteri conservatori, film di questa ”portata” servivano a denunciare comportamenti arcaici e penalizzanti nei confronti di noi povere donne, considerate come oggetti di uso e consumo e non come persone autonome e ragionanti.

Non dimentichiamo che i film vengono proiettati in tutte le sale cinematografiche del Paese,  dal Nord al Sud, ed ovviamente, la ”retrograda mentalità siciliana”  erano, all’epoca,  oggetto di scherno,  per quanto … anche nel cosiddetto ”evoluto Nord Italia” non è che le cose fossero poi tanto diverse, visto che le leggi erano uguali su tutto il territorio nazionale.

Non bisogna sottovalutare mai l’influenza culturale che il Cinema ha sugli individui. In un mondo come quello odierno, in cui la ”superficialità” dell’informazione fornita da Internet, va per la maggiore …  il cinema può tornare ad avere un ”ruolo importantissimo” per l’evoluzione dei cittadini.

Grazie mille a Jerome Reber per le scelte sempre felici, grazie al CIP, grazie al Cinema d’essai Vox di Frejus, per la bellissima serata, tra l’altro in lingua italiana!
Alla prossima
Elena

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Attori principali: Stefania Sandrelli = Agnese Ascalone
Saro Urzi = Don Vincenzo Ascalone
Aldo Puglisi = Peppino Califano
Lando Buzzanca = Antonio Ascalone figlio di Don Vincenzo
Leopoldo Trieste = Barone Rizieri
(°) Sciacca è una città sul mare che si trova a circa 40 chilometri da Mazara del Vallo. E’ una stazione termale, furono i greci a scoprire le virtù terapeutiche delle acque della zona.

(°°) Enrico Giacovelli nato a Torino il 25 maggio del 1958, è un critico cinematografico e giornalista italiano. Laureato in Storia e Critica del cinema presso l’Università degli Studi di Torino.

La vita è tutto – cortometraggio di Matteo Querci

Ieri sera, al Cinema Vox di Frejus, in occasione dell’ottava edizione del ”Ciclo del Cinema Italiano”, abbiamo avuto l’occasione di aver tra noi  il regista Matteo Querci.

Il ”ciclo cinematografico italiano” è stato creato nel 2010 ed è il frutto del lavoro congiunto tra:  il ”Cinema d’Art et d’Essai Vox” ed il Club italianiste de Provence (CIP) e permette di vedere durante tutto l’anno film in lingua italiana, cosa utilissima per chi vuole approfondirne la conoscenza.

Il film in programma ieri era: ”C’era una volta il West” di Sergio Leone nella versione originale del dicembre 1968. Attori principali: Claudia Cardinale, Henry Fonda, Jason Robards e Charles Bronson. Il tutto accompagnato dalle indimenticabili musiche di Ennio Morricone.

Ieri però era una serata ”speciale” … dedicata anche al ”Festival del cortometraggio”.  Per tale occasione Matteo Querci, il regista del corto ”La vita è tutto”, era presente in sala.

Matteo Querci

Ho la fortuna di far parte della Corale ”Note Azzurre” che si è esibita in questa occasione con alcune canzoni italiane DOC! Forse un po’ ”datate” … ma ancora molto amate sia dagli italiani di ”seconda generazione” che dai francesi. I primi hanno ormai dell’Italia un’idea ”sentimental-romantica”, i secondi amano a prescindere la musica italiana.

Più di una volta mi sono stupita di quanto gli ”stereotipi” siano radicati. Sia in Inghilterra che in Francia, dove rispettivamente ho avuto e ho occasione di vivere, mi sono trovata a discutere con ”nativi”,  convinti che tutti gli italiani siano in grado di cantare e ballare e che siano delle persone estremamente allegre! Evidentemente non conoscono molti dei miei amici italiani … se li conoscessero cambierebbero idea in pochi minuti!

Appena entrata nella hall del cinema, Anna Piccini-Mace, la ”vulcanica” segretaria del CIP, mi ha presentato Matteo Querci.
Con la testa tra le nuvole che mi caratterizza,  gli ho detto che ci eravamo ”sentiti” l’anno scorso su FB, al che lui ha risposto stupito di NON esserci proprio su quella piattaforma! Attimo di panico … Anna ha salvato la situazione dicendo che mi confondevo con Massimiliano Vergani, il regista che, l’anno scorso, aveva presentato il cortometraggio: ”il regalo di compleanno”!
Chiarito l’equivoco, ho chiesto al Querci il motivo che lo ha spinto a non esser su FB, piattaforma dove ormai ”comunicano” tutti quanti, presidenti della Repubblica compresi.
La risposta è stata simpaticissima. Dopo avermi detto che considera FB troppo invadente e che richiede un tempo ”dedicato” eccessivo, mi ha fatto questo esempio: ”Due ex compagni di scuola si incontrano ”virtualmente” su FB dopo una ventina d’anni e uno dice all’altro: ”Cribbio! Che strano avere tue notizie dopo venti anni che non ci sentivamo …” Risposta dell’altro: ”E ci sarà pure stato un motivo no”?
Questa risposta la dice lunga sull’opinione che il regista ha di FB. Concordo comunque con il fatto che sia davvero una piattaforma da ”prendere con le molle” e con le dovute ”distanze”.

Dopo una chiacchierata di pochi minuti, con questo giovane simpatico, diretto, intelligente, non aggressivo e dalla piacevole parlata toscana, siamo entrati in sala dove si è tenuta la presentazione del Ciclo del Cinema in Italiano per il 2017 fatta da Jerome Reber, dottorando in Storia del Cinema, e dall’attuale presidente del CIP, Luigi Resetta.

Sono stati ricordati, con grande affetto e simpatia: Learco Calitri – fondatore/presidente del CIP e Paul-Louis Martin – regista /sceneggiatore,  i promotori ed ideatori di questa bella manifestazione.  Purtroppo entrambi sono scomparsi l’anno scorso a breve distanza uno dall’altro, ma sempre vivi nel cuore di tutti noi.

La corale Note Azzurre, diretta da Giuseppe Comes, e rigorosamente composta da ”dilettanti”, ha cantato tre canzoni. E’ stato piacevole vedere tra il pubblico alcuni cantare assieme a noi e sorridere felici battendo le mani. Piacevoli attimi di condivisione semplice e serena, cosa della quale abbiamo tanto bisogno al giorno d’oggi.

Dopo di che abbiamo assistito alla proiezione di: ”La vita è tutto”.

Il cortometraggio è girato tra le vie di Prato, una città non lontana da Firenze. Protagonista il bravo attore Francesco Ciampi nella parte di un ”barbone”, senza fissa dimora, che si accontenta di soddisfare i bisogni basilari dell’essere umano: mangiare qualche cosa, spostarsi con una bicicletta, avere un amico con cui condividere il poco che possiede.

Il ”barbone”, dopo aver trascorso le sue giornate, seduto su qualche panchina o angolo di strada, chiedendo l’elemosina, si ritrova la sera con l’amico, che vive nelle sue stesse condizioni. Dopo aver mangiato una più che frugale cena a base di un singolo pezzo di focaccia, si apprestano entrambi a dormire in un angolo riparato. Questa è la loro routine.

Una sera prima di addormentarsi, il protagonista trova la ricevuta di una schedina del totocalcio e sogna di aver vinto il primo premio! Nel sogno si vede ricco, proprietario di ville, circondato da belle donne, con piscine, auto di lusso, elicotteri. Si vede discutere con dipendenti ossequiosi e con ”personaggi in odor di mafia” a cui deve a suo volta ”rispetto” . Insomma una vita ”dorata” ma, molto probabilmente, ”vuota e stressante”.
Nel sogno è vittima di un incidente mortale su una lussuosa vettura sportiva. (°) Quando si sveglia e realizza di aver solo ”sognato” è felicissimo di esser vivo e vegeto! Straccia quindi la ricevuta della schedina, senza nemmeno pensare di controllare se effettivamente avesse vinto oppure no.

Dopo la proiezione il pubblico presente ha avuto l’occasione di porre al regista alcune domande. Splendido modo questo per avvicinare due ”mondi” che difficilmente hanno occasione di dialogare tra loro.

Dopo una prima istintiva e positiva reazione per il condiviso ”scampato pericolo” … ho pensato alla crisi economica che ci attanaglia e a quanto questo cortometraggio, più ci penso, più mi lascia perplessa.
Pur essendo perfettamente d’accordo che la cosa più importante sia semplicemente la ”vita”, mi chiedo quale messaggio questo film possa avere per i giovani.
Ho come l’impressione che sia un inno al ”buttare la spugna”. Il fatto poi che il regista sia un ”giovane” mi mette ancor più in imbarazzo.
Hanno forse i giovani smesso di aver fiducia nel futuro?
Hanno forse deciso che non vale più la pena di combattere per ottenere qualche cosa?
L’imprenditoria che ci circonda … è vista dai giovani come talmente ”marcia” e compromessa, che non vale più nemmeno la pena di attivarsi per ”fare qualche cosa”?
La superficialità dorata di cui trasudano i ”ricchi” … serve solo a coprire una mancanza di valori veri?
E’ meglio chiudersi nel proprio minuscolo recinto, cercando di sopravvivere, smettendo di lottare contro i ”mulini a vento”?
Dove andremo a finire con questo tipo di ”visione del mondo”?

Ma … soprattutto che razza di ”futuro” abbiamo lasciato loro?

Tutte queste domande continuano a frullarmi nella testa e non alimentano certo la mia recondita e vigliacca necessità di sentirmi in ”buone mani”. Stranamente ho bisogno di pensare che i giovani siano in grado di gestire al meglio questo mondo difficile e sempre più complicato, che agli occhi della mia generazione appare sempre più ”alieno”!

Non mi sono fermata per assistere alla proiezione del film di Sergio Leone, che già avevo visto un paio di volte nel passato, ma sono certa che chi lo ha fatto non ne sia rimasto deluso.

Grazie ancora al CIP ed al VOX per la piacevolissima serata.

Alla prossima
Elena
(°) La vettura dell’incidente nel cortometraggio era la splendida Aston Martin usata in un film di James Bond