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Fiat, FCA, Stellantis e… adesso? Trino e la discarica nucleare e… adesso?

Pensierino del mattino…

Leggo che a Torino, a #Mirafiori, la sede dello stabilimento che dava lavoro ad una marea di operai e che sembrava dover garantire lavoro per sempre, oggi non sa più quale sarà il suo futuro.
Gli operai, con sempre maggiore apprensione, si chiedono quale sarà il loro destino, quali sono esattamente le ‘’strategie’’ di Stellantis sull’auto elettrica? Produrranno vetture ‘’cinesi’’? Mah…
Gli operai, giustamente in ansia, si sentono traditi dalla politica.

Prendersela con la politica è facile, ma dovremmo ammettere che anche la ‘’famiglia’’, e parlo di quei due geni di John e Lapo Elkann, non è che abbiano poi fatto delle scelte strategiche visionarie.

Da rampolli viziatelli quali sono, quando si sono resi conto che la Fiat stava per fallire, su pressione delle banche hanno assunto Marchionne, che ha fatto benissimo quello per cui era stato assunto. In primis gli interessi della famiglia, il cui obiettivo era quello di garantirsi i dividendi, punto.
Gli operai e i posti di lavoro erano l’ultimo dei pensieri per costoro.
Eppure Joh e Lapo sono ‘’giovani, hanno mezzi economici, avrebbero dovuto avere ‘’visione’’… invece? Invece ‘’ciccia’’!

La politica, in tutte queste vicissitudini, è sempre stata ‘’colpevolmente assente’’. Han scoperto la Golden share da poco. Ecco perché i francesi ci ‘’mangiano in testa’’. Non sono cattivi i francesi, siamo noi che siamo pirla. E’ diverso.

D’altronde, visto che in Italia non esiste una politica industriale pianificata con cura e con visione ecco che capitano ‘’cose strane’’, tipo la Fiat se la comprano i francesi.

Oppure, per esempio, nel Bel Paese può capitare che il sindaco di un Paesino di poco più di 6000 anime decida, diciamo ‘’autonomamente’’, di candidare il proprio paesello, nonostante fior fiore di geologi abbiano detto quanto la zona non sia idonea, per costruirci un catafalco di 150 ettari di discarica di tutti i rifiuti nucleari d’Italia.
Facendoci digerire che il nucleare è bello, sano e innoquo.
Anche se fan ‘’finta di non capire’’, ma gli fa comodo così, che il problema NON è il nucleare ma la discarica di rifiuti nucleari in un luogo inadatto!

E la politica che cosa fa? Visto che la cosa le fa comodo, senza la minima visione a lungo termine, risponde con un: ‘’Ti rivaluto il territorio e faccio in modo che se ‘’prima’’ non era idonea, adesso lo diventerà’’.
Risolvendo che cosa esattamente? Che in Europa faranno bella figura dicendo: ‘’Visto come siamo bravi? Abbiamo risolto il problema della discarica nucleare’’.
Per un pò di anni ci saranno quattrini che ‘’girano’’ ma… poi? Come sarà la situazione tra 60/70 anni?

Trino fatica a far dimenticare a potenziali nuovi ‘’cittadini’’ che in zona c’è una centrale nucleare in dismissione, per avere il cementificio Buzzi, che da si lavoro ma ‘’forse’’, nel sentir comune, inquina anche un pò, per essere vicinissima a Casale, sede dell’Eternit che, per quanto riguarda ‘’amianto’’ non scherza. In futuro sarà anche famosa per avere l’unica discarica nucleare d’Italia? Ottime zone per far crescere dei bambini vero?

Eppure Trino è ad un passo dalle colline del Monferrato, l’aria non è pestifera come quella delle città che, pian piano si stanno svuotando. La gente vuole vivere in posti tranquilli, il lavoro è cambiato e si può lavorare ormai da casa, cosa obbliga quindi la gente a vivere in città caotiche quando potrebbe venire a stare in un posto dove le case costano poco e lo spazio è assicurato e ti muovi in bicicletta senza il rischio di morire?
Trino diventerà sicuramente appetibile in futuro come zona residenziale. Siamo sicuri che il deposito di scorie nucleari contribuirà a renderla interessante?
In base ad una mia esperienza personale direbbe di no. Ho una carissima amica, ex docente universitaria, l’avevo quasi convinta a trasferirsi da Torino a Trino, decantandogli quanto si stia bene e quanto sia un posto tranquillo a misura d’uomo e che, grazie ad una moltitudine di associazioni, anche culturalmente movimentata ma, in seguito a questa ‘’rogna’’ del deposito mi ha detto di aver cambiato idea.

Comunque, per farla breve, la domanda è: ‘’Se i geologi dicono che la la zona NON è idonea lo diventerà a causa di una politica che ‘’vive alla giornata’’?

Si direbbe di si…

Alla prossima

Elena

I giovani, il malessere, la paura del domani…

Pensierino del mattino …

I giovani e la paura del domani.

Sono vecchietta, ho 68 anni compiuti e la mia vita, bene o male, l’ho vissuta in modo tutto sommato, sereno.
Non si navigava nell’oro, c’eran tante difficoltà, la tv era una cosa da ricchi, così come le automobili, ma, eravamo tutti sulla ‘’stessa barca’’ e quindi grandi differenze tra noi ragazzini, alla fin dei fini, non ce n’erano.
Pur non essendo un genio ho avuto la fortuna di essere assunta, nella stessa città in cui sono nata, Torino, negli uffici della più grande industria italiana dell’epoca, dove ho fatto la mia piccola carriera. Quando ho smesso di lavorare ero ‘’Segretaria Assistente di Direzione’’ , niente di che ma, stipendio e tipo di lavoro mi permettevano di vivere dignitosamente.
La domanda che mi pongo è: ‘’Possono i giovani di oggi, con lo stesso mio impegno, avere le mie stesse possibilità’’?
Non credo proprio.
Prima di tutto, ai miei tempi, angosce relative a guerre, a pandemie, a cambiamenti climatici, a inquinamento, alle crisi economiche non pesavano sulle nostre teste come spade di Damocle.
Spade di Damocle che pesano invece sui giovani di oggi, sempre più spaventati e sempre meno capaci di trovare una ‘’via d’uscita’’ che riesca a salvare ‘’capre e cavoli’’. Mi riferisco a Pianeta ed Umanità.
La domanda che mi pongo è: ‘’noialtri vecchietti, che abbiamo avuto una vita, rispetto a loro ‘’serena’’, li aiutiamo fare il ‘’salto’’?
Li aiutiamo a cambiare il mondo in ‘’meglio’’ oppure tendiamo a criticare la loro indifferenza e la loro abulia, che altro non sono se non ‘’una paura folle’’ che blocca loro qualsiasi iniziativa?
Invece di aiutarli tendiamo a criticarli. Noialtri è vero che non avevamo le guerre, ma siamo cresciuti con chi la guerra l’aveva fatte. Alcuni, come i nostri nonni, persino due. Ci hanno passato questi nonni e questi genitori gli ‘’anticorpi’’ per certi orrori.

Possiamo dire che gli stessi ‘’anticorpi’’ siano nelle generazioni di oggi?
O di quelle cresciute con il Grande Fratello? Che dal 2000, mi dicono sia ancora in produzione! Non credo il GF sia stato particolarmente ‘’vantaggioso’’ a livello di crescita personale per le generazioni che l’hanno seguito e vissuto come un modello da imitare.

Noialtri la TV l’abbiamo conosciuta con il Maestro Manzi, quel Signore che insegnava a leggere e scrivere ai nostri nonni. La TV considerata un mezzo per ‘’crescere’’.
Poi è arrivato Silvio Berlusconi e la TV è diventata… cosa esattamente? Ai posteri l’ardua sentenza.

Comunque, resta il fatto che le generazioni odierne siano spaventate. Il modello passato non funziona più e sarebbe più che ora di ‘’fare il salto’’.
Per ‘’salto’’ intendo cambiare completamente il modo con cui si fa economia oggi. Una sorta di economia da ‘’rapina’’ in cui le multinazionali dettano legge ed hanno quattrini per condizionare le scelte strategiche di paesi interi.

Gli agricoltori per esempio oggi scioperano prendendosela con chi? Con l’Europa che non gli permette di avvelenare il terreno con i pesticidi!

Ma… sarebbe quello il problema degli agricoltori? Non sarà che le Multinazionali li stiano strangolando pagando le loro produzioni tanto poco da affamarli? Ma ‘’nessuno’’ ha il potere di bloccare le Multinazionali! Quindi diamo la colpa all’Europa che si spende per NON continuare ad inquinare il Pianeta e depauperare i terreni produttivi, come invece li obbligano a fare le Multinazionali!

Abbiamo lottato tanto nel passato per eliminare i re assoluti e gli Imperatori ma… oggi? Oggi ‘’Novelli Imperatori’’ controllano il mondo intero, sotto forma di poche Multinazionali che, tutte collegate tra loro decidono le sorti del Mondo intero.

Possiamo davvero permetterlo? Possiamo permettere che in nome della sola economia, mascherandola, una volta da ‘’sacrosanto ritorno all’Impero’’, una volta da Supremazia religiosa, ci siano nel 2024 guerre di invasione e genocidi?

Se non saremo capaci di ‘’fare il salto’’ il mondo andrà verso un futuro distopico che porterà solo disgrazia.

Eppure qualche cosa mi dice che i giovani l’han capita questa antifona e che vorrebbero davvero fare qualche cosa di diverso. Noialtri ci avevamo provato con il ‘’mettere dei fiori nei nostri cannoni’’, ma poi: età che avanza, pigrizia e routine avevano preso il sopravvento e avevamo concluso poco.

Saremo in grado di collaborare con le nuove generazioni, guardando al futuro, con un occhio più simile al loro? Oppure ci culleremo nella nostra miopia dettata da un’età che ci consiglia di: ‘’goderci in santa pace gli ultimi anni’’?

Visto e considerato che Greta Thumberg, l’attivista ambientale è sotto processo a Londra, con l’accusa di avere arrecato disturbo alla quiete pubblica, dopo avere protestato durante una importante fiera dell’industria petrolifera e del gas nella capitale britannica, lo scorso ottobre, si direbbe che la nostra ‘’miopia’’ aumenti invece che diminuire.

Mah… alla prossima

Elena

Stoccaggio scorie nucleari, si accettano ”autocandidature”!

E, come volevasi dimostrare, Giorgia&Co, fanno alto e basso quel che vogliono.
Visto che la sindrome NIMBY (Not in my back Yard) prevale, onde evitar di perdere elettorato, cosa decidono? Decidono di accettare le ”autocandidature” per lo stoccaggio delle scorie nucleari.
Insomma se ne lavano le mani e rifileranno le scorie a chi si offre di ospitarle.
Indovinate un pò ”chi” si è proposto?
Quindi, per farla breve, sbattendosene altamente degli studi fatti per l’idoneità dei siti, accetteranno le autocandidature anche dei siti dichiarati NON IDONEI!!!
Mò sorge spontanea la domanda: ”Ma perché si sono spesi tanti quattrini – che poi sono quattrini nostri – per identificare i siti adatti se poi il Governo NON è in grado di far rispettare le decisioni prese dagli esperti?
Certo che imporre i siti adatti porta scontento, il che significa perdita di voti, invece, se si trova uno che, un pò per metter le mani sulle compensazioni, un pò per togliere le ”castagne dal fuoco” agli amici degli amici si offre volontario, è più facile vero?

Attenzione qui non stiamo parlando di nucleare di 4 o 5 generazione, qui non stiamo parlando di rivedere un pò il discorso del ”nucleare” in toto, qui non stiamo parlando di fare di Trino un centro di ricerca a livello nazionale sul nucleare, qui non stiamo parlando di attrarre e/o creare lavoro ad alto contenuto tecnologico, macchè! Qui stiamo solo parlando di una discarica di scorie radioattive.

Quindi, per farla breve, Trino e i dintorni non sono adatti ma … fa niente.

Alla prossima

Elena

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Qui di seguito il comunicato ANSA:
Dl Energia consente autocandidature per deposito nucleare
Il decreto legge Energia appena approvato dal Consiglio dei ministri consente agli enti locali italiani di autocandidarsi per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti nucleari.
Lo apprende l’ANSA da fonti del governo.Il Dl non contiene le norme attese per le concessioni sull’idroelettrico.
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Venerdì 1 dicembre si parlerà della questione, venite numerosi. Più siamo meglio è.
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La destra in Europa è in ottima salute…

In Europa il vento di destra è più forte che mai.
Grecia, Italia, Gran Bretagna, Finlandia, Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Croazia, Lituania, Slovacchia hanno governi di destra.
La Francia ha un governo non certo di sinistra e ha una Marine Le Pen sempre più forte.
In Spagna le recenti elezioni hanno visto l’affermarsi della destra ed il Premier in carica ha dovuto sciogliere le camere.
La Gran Bretagna è uscita dall’Europa grazie al partito di estrema destra di Farage.
In Svezia il governo si regge sull’appoggio di un partito nazionalista xenofobo.
La Germania pur governata da una coalizione social-democratica, ha un forte partito di estrema destra.

Le cause? La gente non si sente più rappresentata da una sinistra disorientata e che perde pezzi? I giovani poi, la ‘’sinistra’’ non l’hanno mai nemmeno vissuta.
Non dimentichiamo che la classe operaia era lo zoccolo duro della sinistra. Oggi la classe operaia non esiste più. Per quale motivo? Semplice, le grandi industrie non esistono più! Le abbiamo perse da tempo.
Gli operai di oggi sono isolati, pochi, mal pagati e chi votano? Votano la destra nella pia illusione che si faccia carico dei loro guai. Poveri illusi…
La classe media si arrocca sui propri rimasugli di privilegi e vota la destra, che promette loro di non metter le mani nel loro portafoglio. 🙁
In questa situazione drammatica le destre vanno a nozze e noialtri? L’astensione al voto peggiora ulteriormente la situazione.
Qualche cosa mi dice che andremo sempre peggio.

Alla prossima

Elena

ARMI … servono o no?

Armi …
Ognuno di noi, preso singolarmente, concorda sul fatto che le armi siano anacronistiche. Nessuno di noi vorrebbe spendere quattrini per strumenti di morte. Ma … c’è un ‘’ma’’ grande come una casa.
Dovremmo tutti quanti eliminare le armi. Tutte le nazioni esistenti. E’ evidente che se questo non dovesse succedere, ci sarebbero alcuni assolutamente inermi in caso di attacco/invasione e alcuni invece con una potenza di fuoco tale da dar loro ampi vantaggi.
Quindi?
Quindi ha senso dire: ‘’No alle armi’’? E’ sicuramente una bella frase, alla Gandhi, ci riempie di orgoglio e ci vengono le lacrime agli occhi ma, all’atto pratico?
Eppure io vivevo in un periodo dove il motto di noi giovani di allora era: ‘’Fate l’amore non la guerra’’! Oppure: ‘’Mettete dei fiori nei vostri cannoni’’.
Con il senno di poi, abbiamo forse risolto qualche cosa? Macchè! Quanto poco ci siamo ‘’evoluti’’ in termini di convivenza… 🙁
La pace tra i popoli la si otterrà solo quando TUTTI staranno ‘’bene’’. Quando tutti potranno contare su cibo, una casa accogliente, cure mediche e, soprattutto, un futuro sereno.

Conosciamo tutti la magnifica canzone di John Lennon: ‘’Imagine’’ vero?

Imagine there’s no heaven
It’s easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today…

Imagine there’s no countries
It isn’t hard to do
Nothing to kill or die for

And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace…

You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will be as one

Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world…

You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will live as one

Magnifici versi, chi non li ha amati?
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Lui però, viveva a New York, in un magnifico superattico al Dakota, con vista su Central Park …

Alla prossima

Elena

TAV … ma non abbiamo ancora finito?

Giorni fa ho letto su fb, da qualche parte, un post che mi ha lasciata perplessa. Il post diceva: ‘’Ridicolo pensare ad una grande opera come la/il TAV che, bene che vada, sarà pronto nel 2030’’?
Ma per quale motivo consideriamo il 2030 lontano nel tempo?
Mio nipote, che è nato nel 2014, nel 2030 avrà 16 anni. Quindi? Vi sembra poi un futuro lontanissimo? Non direi.
Ma poi, dobbiamo affrancarci si o no dai combustibili fossili? E allora?
Per quale motivo privilegiare ruote o aereo per spostare noi stessi oppure delle merci? La globalizzazione che ci piaccia o no continuerà. Saremo sempre di più connessi, specialmente in Europa. Voglio credere che il futuro siano gli Stati Uniti d’Europa e che i miei nipoti viaggeranno per l’Europa come se fossero in un unico Paese.
Tornando all’inquinamento, tutti ci rendiamo conto che gli aerei inquinano e che quindi saremo tutti costretti, in futuro, a viaggiare su treni elettrici. Quindi perché ostinarsi a boicottare il/la Tav?
Eppure tutti, se ci pensiamo un attimo, ci rendiamo conto che andare da Torino a Parigi, per esempio, in aereo, si inquinerebbe molto ma molto di più che non in treno. Senza contare che, da centro città a centro città, è senza dubbio preferibile e più comodo il treno piuttosto che l’aereo, il quale richiede un ulteriore spostamento da casa all’aeroporto, ore prima tra l’altro.
Non capisco questo insistere nel boicottare ideologicamente una tratta che aiuterebbe a collegare il Piemonte e la Liguria al resto dell’Europa. Quando abbandoneremo questi regionalismi e localismi del passato? Siamo sicuri che il ‘’sentimento’’ di pancia sia quello a cui affidarci per costruire un futuro diverso? Che senso hanno manifesti No Tav con su scritto: ”Non ci ruberete il futuro”? Forse chi vuole costruirla questa linea pensa proprio a salvaguardarlo il futuro dei giovani e non viceversa!

Scontri tra No Tav e forze dell'ordine.

Scontri tra No Tav e forze dell’ordine.

E non controbattete per favore, parlando delle ”madamine” che sono a favore del Tav, sareste patetici, non ci sono solo le ”madamine” ad esser favorevoli, ma anche un consistente numero di persone con un cervello in proprio.

Mah …

Alla prossima

Elena

Piano di Ripresa e Resilienza presentato ieri da Draghi alla Camera …

Ecco qui di seguito il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ieri 26 aprile è stato illustrato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi alla Camera, e oggi martedì 27 aprile, alle 15:00, in assemblea al Senato per la replica delle comunicazioni del Presidente del Consiglio e le dichiarazioni di voto finale, in vista della trasmissione alla Commissione europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il testo completo è di circa 400 pagine, e qui ovviamente non l’ho messo, visto che si tratta di cose talmente ‘’tecniche’’ che pochissimi tra noialtri popollo saremmo in grado di capire. Ma ho fatto dei ’’copia e incolla’’ delle parti più ‘’comprensibili’’. Giusto per capire un pò dove stanno andando a ‘’parare’’.

Ah … tra l’altro, la versione definitiva del PNRR dovrà essere trasmessa all’Unione Europea entro il 30 aprile 2021, oggi è il 27. Noi sempre con l’acqua alla gola … 🙁

Comunque … il Piano si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.

Il Piano italiano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, lo strumento chiave del NGEU.

Ulteriori 30,6 miliardi sono parte di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile.

Il totale degli investimenti previsti è quindi di 222,1 miliardi di euro. Il Piano include inoltre un corposo pacchetto di riforme, che toccano, tra gli altri, gli ambiti della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza. 

Ecco il discorso introduttivo di Draghi:

‘’La pandemia di Covid-19 ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2. L’Italia è stata colpita prima e più duramente dalla crisi sanitaria. Le prime chiusure locali sono state disposte a febbraio 2020, e a marzo l’Italia è stata il primo Paese dell’UE a dover imporre un lockdown generalizzato. Ad oggi risultano registrati quasi 120.000 decessi dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che ha subito la maggior perdita di vite nell’UE.
La crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e del 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 per cento al 7,7 per cento della popolazione – prima di aumentare ulteriormente nel 2020 fino al 9,4 per cento.
Ad essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani. L’Italia è il Paese dell’UE con il più alto tasso di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (NEET). Il tasso di partecipazione delle donne al lavoro è solo il 53,8 per cento, molto al di sotto del 67,3 per cento della media europea. Questi problemi sono ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza con le aree più ricche del Paese è ormai fermo.
L’Italia è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in particolare, all’aumento delle ondate di calore e delle siccità. Le zone costiere, i delta e le pianure alluvionali rischiano di subire gli effetti legati all’incremento del livello del mare e delle precipitazioni intense. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6 per cento della popolazione viveva in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015. Dopo una forte discesa tra il 2008 e il 2014, le emissioni pro capite di gas clima-alteranti in Italia, espresse in tonnellate di CO2 equivalente, sono rimaste sostanzialmente inalterate fino al 2019.
Dietro la difficoltà dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2 per cento, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3 per cento. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 6,2 per cento tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo.
Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto.
La scarsa familiarità con le tecnologie digitali caratterizza anche il settore pubblico. Prima dello scoppio della pandemia, il 98,9 per cento dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai utilizzato il lavoro agile. Anche durante la pandemia, a fronte di un potenziale di tale modalità di lavoro nei servizi pubblici pari a circa il 53 per cento, l’utilizzo effettivo è stato del 30 per cento, con livelli più bassi, di circa 10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.
Questi ritardi sono in parte legati al calo degli investimenti pubblici e privati, che ha rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive. Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66 per cento a fronte del 118 per cento nella zona euro. In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli investimenti pubblici è diminuita, passando dal 14,6 per cento degli investimenti totali nel 1999 al 12,7 per cento nel 2019.
Un altro fattore che limita il potenziale di crescita dell’Italia è la relativa lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali. Nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi nella giustizia civile: in media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado. Le barriere di accesso al mercato restano elevate in diversi settori, in particolare le professioni regolamentate. Tutto ciò ha un impatto negativo sugli investimenti e sulla produttività.
Questi problemi rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire. La storia economica recente dimostra, tuttavia, che l’Italia non è necessariamente destinata al declino. Nel secondo dopoguerra, durante il miracolo economico, il nostro Paese ha registrato tassi di crescita del Pil e della produttività tra i più alti d’Europa. Tra il 1950 e il 1973, il Pil per abitante è cresciuto in media del 5,3 per cento l’anno, la produzione industriale dell’8,2 per cento e la produttività del lavoro del 6,2 per cento. In poco meno di un quarto di secolo l’Italia ha portato avanti uno straordinario processo di convergenza verso i paesi più avanzati. Il reddito medio degli italiani è passato dal 38 al 64 per cento di quello degli Stati Uniti e dal 50 all’88 per cento di quello del Regno Unito.
Tassi di crescita così eccezionali sono legati ad aspetti peculiari di quel periodo, in primo luogo la ricostruzione post-bellica e l’industrializzazione di un Paese ancora in larga parte agricolo, ma mostrano anche il ruolo trasformativo che investimenti, innovazione e apertura internazionale possono avere sull’economia di un Paese.
L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU (NGEU). È un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale.
Per l’Italia il NGEU rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il NGEU può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni.
L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021- 2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi.
Il dispositivo RRF richiede agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo Piano, che si articola in sei Missioni e 16 Componenti, beneficia della stretta interlocuzione avvenuta in questi mesi con il Parlamento e con la Commissione Europea, sulla base del Regolamento RRF.
Le sei Missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il Piano è in piena coerenza con i sei pilastri del NGEU e soddisfa largamente i parametri fissati dai regolamenti europei sulle quote di progetti “verdi” e digitali.
Il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Il Piano è fortemente orientato all’inclusione di genere e al sostegno all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani. Inoltre contribuisce a tutti i sette progetti di punta della Strategia annuale sulla crescita sostenibile dell’UE (European flagship). Gli impatti ambientali indiretti sono stati valutati e la loro entità minimizzata in linea col principio del “non arrecare danni significativi” all’ambiente (“do no significant harm” – DNSH) che ispira il NGEU.
Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme. Il governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza.
La riforma della pubblica amministrazione migliora la capacità amministrativa a livello centrale e locale; rafforza i processi di selezione, formazione e promozione dei dipendenti pubblici; incentiva la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure amministrative. Si basa su una forte espansione dei servizi digitali, negli ambiti dell’identità, dell’autenticazione, della sanità e della giustizia. L’obiettivo è una marcata sburocratizzazione per ridurre i costi e i tempi che attualmente gravano su imprese e cittadini.
La riforma della giustizia ha l’obiettivo di affrontare i nodi strutturali del processo civile e penale e rivedere l’organizzazione degli uffici giudiziari. Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale, in primo grado e in appello, e si implementa definitivamente il processo telematico. Il Piano predispone inoltre interventi volti a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua definizione. In materia penale, il Governo intende riformare la fase delle indagini e dell’udienza preliminare; ampliare il ricorso a riti alternativi; rendere più selettivo l’esercizio dell’azione penale e l’accesso al dibattimento; definire termini di durata dei processi.
La riforma finalizzata alla razionalizzazione e semplificazione della legislazione abroga o modifica leggi e regolamenti che ostacolano eccessivamente la vita quotidiana dei cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione. La riforma interviene sulle leggi in materia di pubbliche amministrazioni e di contratti pubblici, sulle norme che sono di ostacolo alla concorrenza, e sulle regole che hanno facilitato frodi o episodi corruttivi.
Un fattore essenziale per la crescita economica e l’equità è la promozione e la tutela della concorrenza. La concorrenza non risponde solo alla logica del mercato, ma può anche contribuire ad una maggiore giustizia sociale. La Commissione europea e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella loro indipendenza istituzionale, svolgono un ruolo efficace nell’accertare e nel sanzionare cartelli tra imprese, abusi di posizione dominante e fusioni o acquisizioni di controllo che ostacolano sensibilmente il gioco competitivo. Il Governo s’impegna a presentare in Parlamento il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza e ad approvare norme che possano agevolare l’attività d’impresa in settori strategici, come le reti digitali, l’energia e i porti. Il Governo si impegna inoltre a mitigare gli effetti negativi prodotti da queste misure e a rafforzare i meccanismi di regolamentazione. Quanto più si incoraggia la concorrenza, tanto più occorre rafforzare la protezione sociale.
Il Governo ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del Piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono strutture di valutazione e di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme e inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale. Il Governo costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure.
Il Governo stima che gli investimenti previsti nel Piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti.
Il PNRR è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del Paese. Il Governo intende aggiornare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute.
L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.
Mario Draghi

Qui sintetizzata la struttura del Piano:

Il Piano si articola in 6 Missioni, per ognuna delle quali sono indicate le riforme di settore necessarie a una più efficace realizzazione degli interventi, nonché i profili più rilevanti ai fini del perseguimento delle tre priorità trasversali del Piano, individuate nella Parità di genere, nei Giovani e nel Riequilibrio territoriale. Tali priorità trasversali non sono affidate a singoli interventi circoscritti a specifiche Missioni, ma sono perseguite in modo diffuso nell’ambito di tutte le Missioni del Piano:

Missione 1
denominata “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, ha come obiettivo generale l’innovazione del Paese in chiave digitale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 49,2 miliardi – di cui 40,7 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,5 miliardi dal Fondo.
I suoi obiettivi sono promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura:
dal 2027 le nostre ragazze e ragazzi devono avere accesso alle migliori esperienze educative, ovunque esse siano in Italia.
gli imprenditori, piccoli e grandi, devono poter lanciare e far crescere le loro attività rapidamente e efficientemente.
permettere alle donne imprenditrici di realizzare i loro progetti.
lavoratori e le lavoratrici devono poter continuare ad acquisire le competenze per le professioni di oggi e di domani.
le persone più sole o vulnerabili devono poter esser assistite dagli operatori sanitari, dai volontari e dai loro famigliari nel miglior e più tempestivo modo possibile.
le pubbliche amministrazioni e i loro servizi devono esse accessibili senza ostacoli, senza costi e senza inutile spreco di tempo.
Per il rilancio della cultura e del turismo, due settori chiave per l’Italia anche per il loro significato identitario, una prima linea di azione riguarda interventi di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorare la capacità attrattiva, la sicurezza e l’accessibilità dei luoghi.  Gli interventi sono dedicati non solo ai cosiddetti “grandi attrattori”, ma anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori. Si aggiungono misure per una riqualificazione ambientalmente sostenibile delle strutture e dei servizi turistici, che fanno leva anche sulle nuove tecnologie.

Missione 2
denominata “Rivoluzione verde e transizione ecologica” è volta a realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia italiane. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 68,6 miliardi – di cui 59,3 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo.
I suoi obiettivi sono migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva.
Il Piano prevede investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, per raggiungere target ambiziosi come il 65 per cento di riciclo dei rifiuti plastici e il 100 per cento di recupero nel settore tessile.
 
Missione 3
denominata “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” punta a realizzare un sistema infrastrutturale di mobilità moderno, digitalizzato e sostenibile dal punto di vista ambientale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 31,4 miliardi – di cui 25,1 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 6,3 miliardi dal Fondo. Il suo obiettivo primario è lo sviluppo razionale di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile e estesa a tutte le aree del Paese. 

Missione 4
denominata “Istruzione e ricerca”, è focalizzata sulle generazioni future ed affronta le questioni strutturali più importanti per il rilancio della crescita, ossia la produttività, l’inclusione sociale e la capacità di adattamento alle sfide tecnologiche e ambientali. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 31,9 miliardi di euro – di cui 30,9 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 1 miliardo dal Fondo.

Missione 5
denominata “Inclusione e coesione”, riveste un ruolo rilevante nel perseguimento degli obiettivi, trasversali a tutto il PNRR, di sostegno all’empowerment femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, di incremento delle competenze e delle prospettive occupazionali dei giovani, di riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 22,4 miliardi  – di cui 19,8 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,6 miliardi dal Fondo. 

Missione 6
denominata “Salute”, è caratterizzata da linee di azione volte a rafforzare e rendere più sinergica la risposta sanitaria territoriale e ospedaliera, nonché a promuovere e diffondere l’attività di ricerca del Servizio sanitario nazionale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 18,5 miliardi, di cui 15,6 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,9 miliardi dal Fondo.
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Ecco qui, tutto quanto per nostra memoria e/o informazione. Vedremo come andrà a finire. Speriamo, ovviamente, in bene.

Alla prossima

Elena

Next generation? Ma … quale esattamente?

Pensierino del mattino …
Stamattina leggevo un interessante articolo di Mattia Ferraresi su Domani’’ l’articolo dava alcune informazioni su quello che è, ormai da anni, il ‘’trend’’ della demografia in Italia.
Ribadiva in pratica che in Italia l’indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra il numero di persone con più di 65 anni e il numero dei giovani fino ai 14 anni, è 179: significa che per ogni cento giovani ci sono 179 anziani. Nel 2010 erano 144. Come possiamo constatare il rapporto è cresciuto parecchio e sono tutti d’accordo nel pensare che, difficilmente, questo trend potrebbe invertirsi.
L’articolo riporta che, quando l’indice tra anziani e giovani supera il 50 per cento si creano squilibri generazionali difficili da assorbire e i sistemi pensionistici entrano in crisi profonda, con tutti gli annessi e connessi. Specie con sistemi a ripartizione come i nostri.
Comunque, tornando a noi, questo ‘’trend’’ significa che la società di domani sarà composta da moltissimi più anziani rispetto a quella di oggi.
E qui arriviamo al ‘’Next Generation Fund’’ di cui oggi tanto si parla.
Quando immaginiamo il futuro, pensiamo ad asili, scuole, università, innovazione, ricerca, primi impieghi distribuiti dignitosamente, opportunità per chi si affaccia sul mondo del lavoro, nuovi settori di sviluppo e via dicendo; ma , considerato il trend di nascite, dovremmo pensare invece alle Case di Riposo, alle pensioni, ai sistemi di welfare che possano reggere il peso di una società ‘’vecchia’’, all’assistenza domiciliare per chi non è autosufficiente, all’impatto delle malattie croniche sui sistemi sanitari, ai reparti di geriatria in espansione e in generale a tutti gli squilibri creati da una minoranza della popolazione attiva che dovrà reggere il peso di una crescente maggioranza di inattivi.
Quindi anziché usare la definizione: ‘’Next Generation’’, sarebbe più adatto utilizzare il: ‘’Recovery Fund’’.

Ma torniamo a noi e al motivo per cui non si fanno più figli. Tuti sappiamo che le giovani coppie di oggi, con cognizione di causa, tentennano sempre di più dal mettere al mondo dei figli. E lo fanno per mille motivi, i principali sono quello economico e la ‘’paura del futuro’’.
Un figlio costa, il futuro non è poi così ‘’roseo’’ e di conseguenza, nel cosiddetto mondo ‘’evoluto’’ di figli se ne fanno sempre di meno.
Altro ‘’paio di maniche’’ è il trend delle nascite nei paesi sottosviluppati, dove di figli si continua a farne e anche troppi.
Vivo in Francia ed i francesi hanno l’assillo di venir sorpassati, come numero, dalla popolazione araba che vive sul loro territorio. La loro è una vera e propria ‘’ansia’’. Devo ammettere di sentirmi a disagio, quando chiacchierando, mi paventano apocalittiche situazioni di ‘’arabi’’, chiamati spregiativamente ‘’bugnul’’ che prendono il sopravvento numerico su di loro.
Non riesco nemmeno impegnandomi, a condividere questa loro insana paura.
Anzi, a me verrebbe da pensare che, in un certo senso favorire l’immigrazione potrebbe invertire la tendenza della ‘’vecchiaia’’ nelle cosiddette società ‘’ricche’’. Il problema è: ‘’come controllarla/gestirla questa ‘’immigrazione’’? Non ci siamo ancora riusciti.

2021 bambini nei campi profughi.

2021 bambini nei campi profughi.

Dovremmo farlo il prima possibile. Favorire ed inserire l’immigrazione potrebbe essere un ‘’valore aggiunto’’ per la società occidentale, e nel contempo, potrebbe essere un aiuto per le popolazioni più demunite del pianeta. Da sempre esiste l’immigrazione. Da quando eravamo ‘’cacciatori/raccoglitori’’ e seguivamo le mandrie che si spostavano a loro volta alla ricerca di cibo.
Il mondo è complicato ma va affrontato per quello che è … l’immigrazione non si può fermare. E poi chissà … magari sarà la nostra salvezza, chi può dirlo allo stato attuale delle cose?

Alla prossima

Elena

Dio esiste? Ci crediamo tutti vero? Oppure no?

Io non lo so se Dio esiste.  Come faccio a saperlo io, misero granello di sabbia, misero sputo sulla terra? Ma ciò non toglie che, da sempre, vorrei che un ”Supremo” esistesse.  E non sono certo l’unica. Da quando l’uomo ha iniziato a ”pensare” ‘sto dilemma lo assale. Non possiamo accettare di essere alla stessa stregua degli animali. La cosa ci disturba parecchio ed questo forse il motivo per cui abbiamo creato Dio?  Oppure è Dio che ha creato ”noi” a sua immagine e somiglianza?

Su quest’ultima ipotesi fosse quella vera, bisogna ammettere che non è stato molto ”preveggente”. Tutto sommato infatti non ha fatto un gran che. Fin da bambina mi sono chiesta perchè mai non ci avesse fatto con le ali. Pensate a quanti problemi avremmo risolto. A quanto meno ”inquinamento” avremmo creato sul pianeta. Se ci avesse fatti a ”sua immagine e somiglianza” perchè lui vola e noi no? Mah …

Ma torniamo a ”cose serie” … noi vorremmo tutti che Dio esista perchè non è possibile che non esiste un mondo, una giustizia e una verità migliore delle nostre. Meglio di quell’Ambaradam fallimentare che noialtri abbiamo messo su.

Quella giustizia e quella verità che noi continuiamo a cercare sapendo che non la raggiungeremo mai.

Troppo spesso il dubbio dell’esistenza di Dio prevale sulla speranza ma, nonostante ciò, qualche volta avviene il contrario. Quindi per un attimo, a volte, ho la certezza che Dio esista! E quel momento è pace totale.

Questo ”sali e scendi” , questo credere e non credere … è qualche cosa che mi disturba, ma mi consola il fatto che niente è eterno. E che è meglio vivere alla giornata senza scaldarsi troppo le meningi.  Per fortuna, grazie a ”Dio”, o grazie al ”Caso” , o grazie all ”ordine delle cose” si muore.

La morte … che cos’è? Si tornerà a ”prima del big bang”? All’inizio del tutto? In un univeso parallelo e contrario che non riusciamo nemmen ad immaginare? Oppure vagheremo come corpuscoli senza nè arte nè parte, senza memoria e senza dolore,  in giro per il ”nulla”?  Mah … va a sapere …

Alla prossima

 

Elena

Capsula Mundi ovvero: La sepoltura ecologica! 

Beh … se piantare alberi è uno dei migliori sistemi per ‘’bonificare’’ il pianeta dalle quantità industriali di Co2 che lo stanno distruggendo … quale sistema migliore se non ‘’piantare alberi’’? 

Quindi, sotto questo punto di vista, perché non sfruttare l’idea della ‘’capsula mundi’’?  Che cos’è ‘sta ‘’Capsula Mundi’’? E’ un interessante progetto innovativo di sepoltura! 

Anna Citelli e Raoul Bretzel gli ideatori della Capsula Mundi

Bè che c’è da rabbrividire? Che dobbiamo morire lo sappiamo no? Quindi prendiamo provvedimenti ‘’ecologici’’ per tempo con la ‘’eco-sepoltura’’.

 Mò vi spiego … in Italia ogni anno si abbattono 50 km quadrati di bosco per costruire bare che, una volta interrate, iniziano a inquinare il suolo e falde acquifere con sostanze come: vernici, lacche, zinco, etc … Per non parlare poi dell’impatto sull’ambiente dei loculi cimiteriali in cemento e del consumo di suolo. E il pericolo viene anche da metodi apparentemente “innocui” come la cremazione (brrrrrr…)  che rilascia però nell’aria gas serra e sostanze tossiche. 

Da queste considerazioni nasce il progetto di Capsula Mundi, doppiamente “eco”.  Offre una sepoltura molto più economica per la famiglia del defunto e risparmia la deforestazione e il consumo di suolo. L’idea sta avendo un grande successo in Paesi come Gran Bretagna, Canada e Australia. Solo nel Regno Unito, ad esempio, sono più di 200 le aree adibite a cimiteri “verdi”.

In che cosa consiste? Semplice … il corpo del defunto viene disposto in posizione fetale all’interno di una “bara” a forma di uovo, realizzata con materiali totalmente biodegradabili come la plastica di amido, bambù o vimini. Una volta piantato nel terreno, il “seme” diventerà il piedistallo di un albero, scelto in vita dal defunto, che crescerà grazie alla decomposizione naturale delle spoglie. Sarà poi cura dei parenti o dagli amici, far crescere l’albero sano e rigoglioso.

L’eco-sepoltura porta ovviamente con sé tutta una serie di riflessioni etiche e socio-religiose. L’idea di base di Capsula Mundi è quella di limitare al massimo il nostro impatto sull’ambiente anche dopo la morte, invitando a considerare la vita umana in maniera “biologica”, come parte integrante della natura e della terra stessa. 

I due designers Anna Citelli e Raoul Bretzel, ideatori del progetto, stanno lavorando per realizzare un “bosco sacro” formato da alberi piantati su tante Capsule Mundi.

Bè … la sottoscritta, rompiscatole di natura, ha sempre fatto ridere marito, figli ed amici, sul fatto che la propria sepoltura avrebbe creato enormi problemi per quelli che rimanevano. Vi chiedete perché? Ebbene il motivo è molto semplice:  io non voglio esser chiusa sotto terra in una bara ermetica  non voglio esser chiusa dentro un loculo, non voglio esser bruciata – mi fa troppa impressione l’idea – ma, fino a poco tempo fa peroravo,  a chi si sarebbe dovuto occupare delle mie spoglie, di darmi come cibo ad un ‘’animale nobile’’ ! 

Avete presente i cimiteri dei pellerossa … dove i corpi venivano adagiati su piattaforme poggianti su palafitte, dove aquile e falchi  si sarebbero nutriti dei  corpi? Ecco … la era una visione di quel tipo. I miei figli ovviamente mi ricordano ridendo che anche corvi  ed avvoltoi avrebbero approfittato della situazione e che in quanto a ‘’nobiltà’’ i corvi non è che siano proprio tanto famosi e quindi suggerivano, per farla breve, che avrebbero potuto lasciarmi in un prato qualsiasi alla mercé delle ‘’pantegane’’! 

Mio marito invece proponeva di portarmi in uno zoo-safari e di buttarmi nel recinto delle tigri o dei leoni. 

Ma la cosa non è che mi entusiasmasse tanto … ormai, grazie alla prigionia a cui sono sottoposti, nemmeno i grandi felini hanno ancora qualche parvenza di ‘’nobiltà’’! Quindi ciccia …

Ecco quindi che, la Capsula Mundi, mi risolve il problema: Il mio povero corpo verrà disposto in posizione fetale all’interno di una “bara” a forma di uovo, realizzata con materiali totalmente biodegradabili come la plastica di amido il bambù o il vimini.  Una volta piantato nel terreno, io “seme” diventerò il piedistallo di un albero, scelto in precedenza da me e che crescerà grazie alla mia decomposizione naturale. Diventerò un albero! Sarò davvero ”parte del tutto”! Sarà poi cura dei parenti o degli amici, far crescere  l’albero sano e rigoglioso,  quindi conoscendo quanto mia figlia annaffia le piante di casa, dovrò optare per un albero ‘’resistente’’ a situazioni climatiche impervie!

Ma pensate che bello … un ‘’bosco’’ fatto dai nostri corpi, dove ci saranno tra tutti gli altri il nonno Olmo e la nonna Betulla! 

E così uniamo l’utile a dilettevole … non inquiniamo con bare con verniciature tossiche, non sprechiamo terreno prezioso, non sprechiamo energia per incenerirci e, nello stesso tempo,  contribuiamo alla riduzione del Co2! Cosa volere di più? 

Alla prossima

Elena 

Per maggiori informazioni sulla Capsula Mundi: 

https://www.capsulamundi.it/en/designers/

https://www.capsulamundi.it/it/

https://www.youtube.com/watch?v=0Y-u-tL3Y3E